mercoledì 13 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Conclusione»

(segue da qui)

Conclusione

La morte di Gesù sulla croce è quindi ben lontana dal costituire un fatto storico. Più si analizzano i testi, più si arriva a convincersi che quel racconto non aveva, all'origine, che un valore simbolico. 

Parecchie idee sembrano aver contribuito alla lenta elaborazione del tema della crocifissione. 

Negli ambienti ebraici, si ha tendenza a credere che Gesù sia stato lapidato, e che il suo corpo sia stato appeso all'albero. È solamente quando la sua morte sarà riferita ai Romani che si penserà al supplizio romano per eccellenza, la morte in croce.

Paolo la ignora ancora, e non dà alcun dettaglio: per lui, il Cristo è l'agnello pasquale, il cui sacrificio ha un valore puramente simbolico. Tuttavia, gli Gnostici concepivano il Logos come collocato al centro di una croce che rappresentava l'universo, ma non poteva morirvi. Forse altre influenze hanno giocato un ruolo. 

È solamente con Marcione, intorno al 140, che si vede apparire il racconto di una crocifissione: ancora Gesù non poteva morirvi, ciò non fu che un'apparenza. Valeva lo stesso per Basilide.

In ambiente romano, dove si amano le idee chiare, si passerà da una crocifissione simbolica o apparente ad un racconto commovente: così si darà soddisfazione alla tendenza popolare contro le tesi gnostiche, che erano sostenute solo da alcuni intellettuali.

Come sempre, nella vita di Gesù, passiamo gradualmente da un puro simbolo ad un fatto: più si avanza nel tempo, più il fatto prende consistenza.

Nessun commento: