martedì 22 ottobre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Lo pseudo-Luca»

(segue da qui)

Lo pseudo-Luca

Ancora sconosciuto al tempo di Papia, questo vangelo è citato per la prima volta solo da Ireneo intorno al 180. Ma la cosa più importante è che riproduce (modificandoli) dei brani interi di Marcione, che ha per scopo di confutare e di sostituire: è quindi necessariamente posteriore al 144, data della condanna di Marcione.

L'attribuzione a Luca è ovviamente fantasiosa, a causa della data stessa di composizione. Il nostro pseudo-Luca fu scritto a Roma per soppiantare il vangelo di Marcione.

Beninteso, la Chiesa (invocando l'autorità di Tertulliano, che non ne sapeva nulla) ha tutto l'interesse a sostenere che è stato Marcione ad aver copiato Luca. Ma l'anteriorità di Marcione è stata ben stabilita da Couchoud, [21] e si basa su numerosi argomenti di cui ecco i principali:  

— noi sappiamo che il vangelo di Marcione è anteriore al 140, mentre nel 150 Papia ignora ancora quello di Luca;

— il vangelo di Marcione era di gran lunga più breve dello pseudo-Luca: ma, in questo dominio, non si riduce mai, si aggiunge sempre;

— molti passi di Luca hanno un pronunciato carattere anti-marcionita;

— Loisy, nella sua analisi minuziosa di Luca, è portato a concludere che questo vangelo è stato scritto in due fasi: egli accetta di attribuire a Luca, per tradizione, la stesura iniziale, ma conclude chiaramente l'esistenza di un rimaneggiamento e di aggiunte nel II° secolo. Egli non ha visto che la stesura originale era quella di Marcione, ma ha nondimeno sospettato la verità: «Il rapporto del nostro vangelo con quello di Marcione potrebbe essere meno semplice di quanto si ammette comunemente... Il terzo vangelo e gli Atti... riflettono lo sviluppo anti-gnostico della fede e l'espansione variegata di questa fede tra l'anno 125 e l'anno 150». [22

Couchoud, al contrario, ha ben visto che Luca deriva da Marcione. Per delle analogie e degli accostamenti di stile, ha creduto dapprima di poter affermare [23] che il 3° vangelo fosse stato l'opera di un certo Clemente, che visse a Roma sotto Aniceto (155-166). Clemente è l'autore indiscusso di una celebre epistola ai Corinzi, ma gli sono state attribuite molte altre opere: non si presta che ai ricchi, e nella comunità cristiana di Roma, a quel tempo, egli era probabilmente l'unico capace di comporre un'opera del genere. La Chiesa ne ha d'altronde onorato la memoria facendo di lui, a posteriori, un vescovo della fine del I° secolo: egli figura nella lista fantasiosa dei primi «papi», immaginata intorno al 179 da Egesippo, se si crede a Eusebio..... a meno che non sia stata immaginata da Eusebio stesso. Comunque sia, l'attribuzione dello pseudo-Luca a Clemente non era che un'ipotesi, e nel suo ultimo libro Couchoud la ha attenuata proponendo solamente «un prete di Roma». [24]

Per la data, necessariamente posteriore al 144, si ricorderà ancora che lo pseudo-Luca conosce anche la guerra e la disfatta di Bar-Kokhba nel 135: «Guardate di non farvi sedurre», dice (21:8). Modera la speranza di coloro che credevano che il regno di Dio si sarebbe manifestato presto (19:11). Questo approccio è simile a quello di Clemente, nella sua epistola ai Corinzi: «Udiamo queste cose  già dal tempo dei nostri padri: ma per quanto abbiamo atteso di giorno in giorno, non abbiamo veduto nulla di tutto questo». Siamo dunque in un tempo in cui la disfatta del 135 è stata accettata e meditata.

Tutti quei riferimenti incrociati ci riportano attorno al 150-160: non si potrebbe precisare di più.

NOTE

[21] COUCHOUD: «Jésus, le dieu fait homme», et «Premiers écrits du Christianisme», pag. 7-31.

[22] LOISY: «L'évangile selon Luc», introd., pag. 62.

[23] COUCHOUD: «Jésus, le dieu fait homme», pag. 306.

[24] COUCHOUD: «Le dieu Jésus», pag. 236.

Nessun commento: