giovedì 13 giugno 2019

«La Bibbia è una zona di guerra, e i suoi autori sono i combattenti»


Voglio che i miei lettori facciano precisamente due cose:
  • prima devono leggere il seguente articolo di David Madison, che ho liberamente tradotto dal blog Debunking Christianity di John Loftus;
  • ...e poi devono leggere la mia traduzione del commento che ha riportato Robert Conner allo stesso articolo. 
Una sarcastica e nel contempo liberatoria risata contro la cosiddetta “Verità” che i folli teologi sotto mentite spoglie di storici vogliono propinarci (e non mi riferisco solo al demente credente di turno, ma precisamente a discutibili personaggi del genere), mi sembra proprio d'obbligo, ma solo al termine della seguente lettura! Ha ha ha ha ha!!!


Quella Volta che San Pietro Ricevette una Retrocessione


Di David Madison, 6/07/2019 [traduzione di G. Ferri]

“La Bibbia è una zona di guerra, e i suoi autori sono i combattenti”

È solo un dato di fatto che i libri del Nuovo Testamento non coesistono insieme. In questa disparata collezione di documenti, differenze teologiche e discrepanze nelle storie diventano ovvie... beh, per coloro che prestano attenzione. Così Randel Helms ha avvertito:
“... la Bibbia è un artefatto autodistruttivo... Ciò che i lettori disattenti chiamano l'unità della Bibbia è in realtà una grande, ed estremamente fragile, finzione culturale — o piuttosto un gruppo di fazioni concorrenti, poiché non c'è mai stato nemmeno un consenso sul numero di piccoli libri a cui la parola ‘Bibbia’ si riferisce” (Randel Helms, The Bible Against Itself: Why the Bible Seems to Contradict Itself, pag. i)

In un articolo qui di alcune settimane fa, ho fatto notare che è stato un grosso errore pubblicare i quattro vangeli fianco a fianco; i lettori attenti possono vedere gli errori e le incongruenze. Probabilmente è troppo duro dire che gli autori erano bravi bugiardi; dovremmo essere gentili e accettare solo che hanno scritto un pio romanzo. Non dovremmo nemmeno cercare frammenti di storia nei vangeli; non c'è modo di essere sicuri circa quali versi preservano autentici ricordi degli eventi di Gesù.

I problemi abbondano quando i vangeli vengono studiati contro lo sfondo delle epistole. L'apostolo Paolo, per esempio, scrisse le sue lettere molto prima che i vangeli esistettero, e sembra aver conosciuto molto poco di Gesù — e non aveva interesse a scoprirlo. Paolo andava avanti a tutta velocità, scrivendo risme di teologia, senza sospettare di star minando le storie che i successivi scrittori dei vangeli avrebbero raccontato.

Considera, ad esempio, un estratto della Lettera di Paolo ai Romani, 13:1-4:
“Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio. Perciò chi resiste all'autorità si oppone all'ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l'autorità? Fa' il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene”.
Le autorità governative sono dei bravi ragazzi. Per Paolo, ciò significava le autorità romane. Sembra non aver saputo che Gesù fu crocifisso dalle autorità romane, spinte a farlo dalle autorità governative religiose, almeno secondo la storia che l'autore del vangelo di Marco avrebbe resa così famosa, e sulla quale gli altri scrittori dei vangeli ci avrebbero costruito sopra.

In effetti, ci sono così tante improbabilità in Marco 15, dove troviamo la storia di Gesù interrogato da Pilato, seguita dalla crocifissione; possiamo essere sicuri di star leggendo teologia, non storia. C'è così tanta fantasia, folclore, superstizione e pensiero magico nel vangelo di Marco, che saremmo sorpresi se ci imbattessimo in Storia reale. 

Questo è un altro dei miei articoli su ciascuno dei capitoli del vangelo di Marco. L'introduzione alla serie è qui; i miei commenti su Marco 14 sono qui.

I versi iniziali del capitolo 15 dovrebbero suscitare sospetti cristiani:
“La mattina presto, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, tenuto consiglio, legarono Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù gli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose; e Pilato di nuovo lo interrogò dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!» Ma Gesù non rispose più nulla; e Pilato se ne meravigliava”.
I cristiani potrebbero voler chiedere, per cominciare,

• “Chi stava prendendo appunti?”

• E, “In che modo questo scambio è stato registrato e tramandato accuratamente per diversi decenni, fino a quando non è finito nel vangelo di Marco?”
• O addirittura: “È plausibile che Pilato avrebbe intervistato un delirante predicatore contadino che aveva sconvolto i burocrati religiosi?”

Marco stava costruendo il suo eroe del culto. Sì, abbiamo il diritto di essere scettici, specialmente dal momento che il resto di questo episodio di Pilato — il rilascio di Barabba al posto di Gesù (versi 8-15) — fallisce nel qualificarsi come Storia.

C.F.D. Moule, nel suo commentario del 1965 su Marco, mostrò un misurato scetticismo:

“Sembra altamente improbabile che la gente possa davvero richiedere un rilascio e scegliere il proprio uomo, e non ci sono prove esterne di questa usanza” (pag. 124, enfasi aggiunta) Questo ci porta al cuore del problema — per coloro che desiderano che Marco sia storia: non conosciamo le fonti di Marco e, in mancanza di ciò, non stiamo trattando di storia.

Richard Carrier definisce la storia di Barabba “un buon esempio” di Marco “che crea finzione”:
“Questo è sicuramente un mito, non un fatto. Nessun magistrato romano (meno di tutti il ​​famigerato Pilato), lascerebbe libero un ribelle omicida, e nessuna cerimonia romana del genere è mai attestata come esistita; né è del tutto plausibile” (On the Historicity of Jesus: Why We Might Have Reason for Doubt, pag. 403).
Marco vorrebbe farci credere, a quanto pare, che il suo Re dei Giudei fosse stato crocifisso per errore e malvagità. Lui è costretto a spiegarlo in qualche modo, dal momento che, secondo la sua sceneggiatura, Gesù aveva predetto quelli eventi per tre volte (e tuttavia i suoi discepoli erano troppo ottusi per ‘comprenderlo’).

I lettori curiosi e scettici dovrebbero anche soffermarsi a considerare il verso 21: “Costrinsero a portare la croce di lui un certo Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che passava di là, tornando dai campi”. Coloro che afferrano come è scritta la storia reale vogliono sapere: 

• Ci fu un reporter a portata di mano che chiese a Simone il suo nome, da dove veniva, e il nome dei suoi figli, Alessandro e Rufo?

• Quando Matteo e Luca hanno copiato la storia di Marco, perché hanno omesso i nomi dei figli?

• Perché l'autore del vangelo di Giovanni manca di menzionare del tutto Simone (per non parlare dei suoi figli)? Riferisce che Gesù portò la “sua” croce. Il suo Gesù, dopo tutto, era “uno con il Padre” e Giovanni non avrebbe avuto nulla a che fare con l'idea che Gesù fosse troppo debole per portare la sua croce.

Ma scaviamo un po' più a fondo. Cosa sta succedendo davvero qui? Ricorda che il nostro famoso discepolo Simon Pietro è praticamente un fallimento nel vangelo di Marco. Egli meritò il rimprovero “Va' dietro a me, Satana!” e, quando arrivò il momento della prova, rinnegò Gesù. Ci sono state infinite e infruttuose speculazioni su chi ha scritto il vangelo di Marco, ma R. G. Price ha escluso qualsiasi amico di Pietro:
“Che il Vangelo di Marco sarebbe stato scritto da un confidente di Pietro sembra assurdo, dal momento che il Vangelo chiamato Marco descrive molto male Pietro. Pietro è raffigurato come un pazzo e fondamentalmente come un traditore di Gesù” (pag. 89, Deciphering the Gospels Proves Jesus Never Existed).
Ricordiamo che la sceneggiatura di Gesù da parte di Marco includeva quelle parole in 8:34, indirizzate alle folle e ai discepoli — e subito dopo il suo rimprovero di Pietro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

Richard Carrier ha identificato il senso dell'ironia di Marco:
“Così questo è ciò che Pietro è stato incaricato di fare. Ma le nostre aspettative sono invertite: invece di essere Simon Pietro ‘a prendere la sua croce e a seguire Gesù’, a farlo è Simone il Cirenaico. Questo è un completo sconosciuto, mai menzionato prima o mai di nuovo. Appare proprio in questo singolo verso. Nel frattempo, Simon Pietro non solo abbandona Gesù, ma lo nega.

“Questo è il senso del motivo per cui Marco ha inventato un secondo Simone che figurasse al posto di Simon Pietro, non solo come estraneo (a differenza di Pietro che è il discepolo numero uno di Gesù) ma anche come straniero (dalla lontana terra di Cirene, una provincia dall'altro lato dell'Egitto e quindi nemmeno al confine con la Palestina), una perfetta rappresentazione del fatto che ‘gli ultimi saranno i primi’. Contrariamente alle aspettative, è Simone di Cirene, tra tutte le persone che si possano immaginare, ad essere il primo a prendere la sua croce e a seguire. Un potente messaggio in effetti” (OHJ, pag. 446).
E che dire di quei due figli? Rimando i lettori all'estesa analisi di Richard Carrier (OHJ, pag. 447-451), ma questo è un assaggio della creatività di Marco — come mitografo, non come storico; intendeva questo riferimento come un simbolo di potenza e di sapienza asservite a Gesù:
“Ho il sospetto che siano intesi riferirsi agli uomini più famosi di tutti i tempi che possedettero quei nomi: Alessandro Magno e Musonio Rufo. Alessandro Magno fu il conquistatore divinizzato più famoso del mondo, l'esempio della vittoria militare e dell'uso della violenza per ottenere il potere, l'ideale che qualsiasi messia militarista avrebbe voluto emulare. Musonio Rufo fu il pacifista più famoso del mondo, un filosofo di grande fama, secondo solo a Socrate...” (OHJ, pag. 447).
Sembrerebbe che l'autore del vangelo di Matteo sia stato infastidito dalla negatività di Marco circa Simon Pietro, così se ne venne con questa sceneggiatura (Matteo 16:18-19):  
“...tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Wow! Cosa potrebbe volere più di così Pietro? Matteo  si impegnò a promuovere Pietro, dopo averne letto la retrocessione di Marco. Ad ogni modo, questo testo non si trova da nessun'altra parte. Manca a Marco (nessuna sorpresa), a Luca e a Giovanni. E quelle parole sono un chiaro indizio che questa sceneggiatura è stata inventata: “su questa pietra edificherò la mia chiesa. Matteo scrisse dopo che la chiesa era stata creata, ma il Gesù di Marco non stava pensando ad una “chiesa”. Marco raffigura Gesù che anticipa ardentemente un Regno di Dio che era prossimo ad accadere. Interrogato dal sommo sacerdote in Marco 14, Gesù afferma di essere il messia e...
“...vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo” (verso 62)
La storia sarebbe arrivata a finire — non più governi e autorità terrene. E nessuna chiesa: il Regno sarebbe presto arrivato di corsa.

Sembra chiaro che Matteo scrisse per una comunità che aveva le sue radici nella fazione ebraica più conservatrice della chiesa primitiva che teneva in grande considerazione Simon Pietro. Quindi sospettiamo che questa sia più politica che religione, una fazione della chiesa che gareggia con un'altra: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
“...a Matteo non interessa ricavare i corretti fatti storici. Fabbrica solo ciò che vuole o sente necessario” (Carrier, OHJ, pag. 460).
Marco ha usato citazioni dell'Antico Testamento per creare la sua storia della crocifissione:

Marco 15:24: “Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere”.

... si basa sul Salmo 22:18: Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica.

Marco 15:31: “Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: Ha salvato altri, non può salvare se stesso!”

...si basa sul Salmo 22:7-8: “Tutti quelli che mi vedono si fanno beffe di me, allungano il labbro e scuotono il capo, dicendo: «Egli si è affidato all'Eterno; lo liberi dunque, lo soccorra, poiché lo gradisce»”.

Marco 15:34: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

... si basa sul Salmo 22:1: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

[Per ulteriori informazioni sull'uso di questa tecnica nel creare la storia di Gesù, si veda  Jesus Eclipsed: How Searching the Scriptures Got in the Way of Recounting the Facts di David Chumney]

Il caso è stato fatto anche che l'autore di Marco era ben versato nei classici greci. Un'opera cruciale per comprendere il Vangelo di Marco nel suo antico contesto è The Homeric Epics and the Gospel of Mark di Dennis MacDonald. Richard Carrier fa riferimento a un'altra delle opere di MacDonald, ‘Imitations of Greek Epic’, in questo passo di OHJ:
“Nel costruire il suo vangelo, il primo a nostra conoscenza ad essere stato scritto, Marco unì Omero con la mitologia biblica per creare qualcosa di nuovo, un sincretismo mitico, centrato attorno al dio salvatore del suo culto, il Signore Gesù Cristo... Abbiamo già osservato come Marco ha creato la crocifissione narrativa a partire dalla Bibbia ebraica, per esempio; come la abbia anche perfezionata attingendo da aspetti dell'epica di Omero è ciò che ha mostrato Dennis MacDonald...” (OHJ, pag. 437).
MacDonald: “... praticamente tutto di Marco 15:22-46 sembra essere stato generato da testi biblici e da Iliade 22 e 24...” e quindi “non ha bisogno di aver conosciuto una coerente narrazione orale della morte di Gesù... si possono far risalire tutte le storie nel Nuovo Testamento riguardanti la morte di Gesù alla creatività letteraria di Marco” (OHJ, pag. 437, enfasi aggiunta).

Sembra che abbiamo un altro personaggio inventato in Marco 15, oltre a Simone di Cirene. Gli studiosi sono stati a lungo disorientati da Giuseppe di Arimatea, che emerge dal nulla per seppellire Gesù nella sua stessa tomba (ancora una volta la famiglia e i discepoli di Gesù non si fanno vedere):
“... Giuseppe d'Arimatea non è solo una ricreazione fittizia di Priamo, che in Omero cerca il corpo di Ettore (come mostra MacDonald), ma anche un tipo di Giuseppe il Patriarca, che in Genesi 50 4-6 chiede al Faraone il permesso di seppellire Giacobbe (cioè, Israele), e metterlo in un sepolcro vuoto che Giacobbe aveva scavato, proprio come la tomba in cui il parallelo Giuseppe depone Gesù. Così, Marco ha derivato il nome del seppellitore come “Giuseppe”. Il resto della sua descrizione deriva dall'uso di Omero da parte di Marco e dalla sua propria immaginazione simbolica” (OHJ, pag. 438-439, enfasi aggiunta).
E, non a caso, gli altri tre scrittori dei vangeli che hanno copiato la storia di Giuseppe di Arimatea hanno estratto dettagli dalla loro propria immaginazione per renderla più plausibile. Devo ripeterlo? Non c'è documentazione contemporanea per nessuno dei loro accrescimenti alla favola essenziale di Marco. Come sottolinea Carrier, “... ciascuno dei vangeli che abbiamo è in diretta competizione con gli altri, ciascun autore non è d'accordo con il suo predecessore e riscrive la narrazione... ” (OHJ, pag. 437).

Come ha sottolineato Randel Helms, i lettori disattenti della Bibbia sentono la mancanza di tutto questo. In realtà è piuttosto fatale che i vangeli siano finiti legati assieme. I loro autori avevano diversi destinatari e diversi programmi teologici —  e un gran casino rimane nella loro scia.

È per questo che gli studiosi del Nuovo Testamento non sono assolutamente riusciti a concordare su chi fosse Gesù e su cosa ha detto e ha fatto. Non sorprendentemente, ovviamente, i lettori disattenti della Bibbia rimangono inconsapevoli di questa confusione negli studi di Gesù. Quindi non hanno modo di cogliere un'altra frecciatina di Helms, “La Bibbia è una zona di guerra, e i suoi autori sono i combattenti”.

David Madison è stato un pastore nella Chiesa Metodista per nove anni e ha conseguito un dottorato in studi biblici presso la Boston University. Il suo libro, Ten Tough Problems in Christian Thought and Belief: a Minister-Turned-Atheist Shows Why You Should Ditch the Faith, è stato ristampato l'anno scorso dalla Tellectual Press, con una nuova prefazione di John Loftus.

The Cure-for-Christianity Library © è qui.

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Il commento di Robert Conner:
“... le discrepanze nelle storie diventano ovvie ... beh, per coloro che prestano attenzione”.

L'attenzione selettiva è cruciale per la fede e difficilmente si limita ai credenti praticanti che non leggono criticamente il Nuovo Testamento. Chiedete a dieci “esperti” del Nuovo Testamento ciò che Gesù “ha insegnato” e probabilmente otterrete almeno una dozzina di risposte incompatibili, una caratteristica ben nota della “ricerca scientifica” del Nuovo Testamento. Perché tutto in virgolette, chiedete? Non solo gli “esperti” non possono essere d'accordo su ciò che Gesù “ha insegnato”, ma non possono neppure concordare sul fatto che sia esistito. Ho paragonato questa ricerca del Gesù “autentico” alla ricerca di un fantasma nebbioso attraverso una nebbia fitta.

Spacchettiamo brevemente questo. Innanzitutto le prove per Gesù sono documentarie: [1] alcune lettere occasionali di Paolo, solo sette delle quali sono ampiamente considerate come autentiche ma che potrebbero/probabilmente/possibilmente (a seconda di chi interrogate) contenere corruzioni testuali e [2] vangeli che quasi certamente non contengono testimonianze dirette oculari e si contraddicono ripetutamente anche sui “fatti” più basilari. Se le lettere di Paolo contraddicono i vangeli e i vangeli si contraddicono, su quale base ci si forma un'opinione “esperta” su ciò che Gesù “ha insegnato”?

C'è un altro problema con le prove documentarie di Gesù: il conto delle parole in tutto il corpo del Nuovo Testamento è più o meno lo stesso di quello in Harry Potter e il Calice di Fuoco, ma a differenza di HPATGOF, il Nuovo Testamento non ha un solo autore — se “Dio” era l'autore, allora “Dio” ha un grave caso di disturbo di personalità multipla e alcune di quelle personalità stanno vedendo cazzate che non ci sono. In realtà, nessuno sa quanti “autori” ha avuto il Nuovo Testamento; l'astratta “tradizione orale” conta come un “autore” o come più autori? Ora, ovviamente, imparare il greco, l'aramaico e i frammenti di storia comporta studio scientifico, studio della lingua ad essere precisi, e qui vado sullo specifico. Ma al di là della linguistica, che cosa significa precisamente “studioso”? Gli “esperti” si appellano a Flavio Giuseppe, altri scritti antichi — “Non dar calci contro i pungoli” è una citazione quasi parola per parola delle “Baccanti” di Euripide — ma nessuno di quelli appelli sembrano rispondere ad alcun interrogativo a completa soddisfazione di ciascuno (o di chiunque altro).

Ora molte discipline hanno quesiti irrisolti, ma nelle discipline reali, anche nelle discipline “soft” come gli studi sociali, c'è una chiara aspettativa che nuove ricerche, nuove scoperte, risolveranno almeno alcuni di questi quesiti. In breve, una disciplina accademica, ad esempio l'archeologia, ha una base di dati in costante espansione. Gli studi del Nuovo Testamento hanno davvero una tale base di dati? Direi che la risposta breve è no. La scoperta del Vangelo di Giuda, ad esempio, illustra l'accrescimento della leggenda in un particolare filone del cristianesimo primitivo, ma il consenso di coloro che sanno leggere il Vangelo di Giuda (in copto/greco) è che ci dice zero circa lo “storico” Giuda o circa Gesù. I famosi Rotoli del Mar Morto ci danno uno sguardo sul pensiero religioso di una setta ebraica particolare, ma ci dice qualcosa su Gesù oppure è un pio desiderio, cioè, disperato? Allora, cosa sono gli studi sul Nuovo Testamento alla fine della giornata? È davvero un'indagine del Nuovo Testamento oppure è qualcosa di più nell'ordine di “A ha creduto Z, ma B ha contrastato con Y, e poi C ha proposto X invece, e poi D è arrivato e ha riassunto tutto brillantemente” e così via ad nauseam, in breve, una litania di opinioni e opinioni circa opinioni e opinioni circa le opinioni circa le opinioni che rischiano di girare per l'eternità ma che in realtà non vanno da nessuna parte?

Quindi, come sottolinea David, che cosa deve fare in definitiva il credente? In pratica, il credente sceglie un testo che sembra adatto all'occasione/ al problema/bla bla e propone un'interpretazione ad hoc che trascura convenientemente le molteplici contraddizioni testuali, ipotesi illogiche, assunzioni culturali e opinioni contrarie e “ci crede”. Ti gira la testa? Ti senti un po' di mal di mare? Disorientato forse? Allora potresti fare “ricerca accademica del Nuovo Testamento”! Benvenuto a bordo! Spero che tu abbia portato il tuo Dimenidrato e, a proposito, gentilmente vomita dal fianco della nave e non sul capitano.

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