lunedì 10 giugno 2019

Gesù è vissuto? — Controversia religiosa su “IL MITO DI CRISTO” (Berlino, 31/01/1910 e 1/02/1910, secondo discorso di Arthur Drews)

(per il primo discorso del prof. Drews, si veda qui)

Il Dr. Arthur Drews, professore all'Università.

SIGNORE E SIGNORI,

È naturalmente una missione difficile rispondere alle molte obiezioni che mi sono state fatte questa sera. Non aspettatevi da me un'opera oratoria così brillante come quelle che i miei predecessori vi hanno offerto stasera. Voglio tentare di trattare molto semplicemente qualcuno dei punti principali sollevati dagli oratori opposti, e quelli soltanto di cui il pastore Steudel non ha parlato. E se dovessi dimenticare a volte le transizioni tra le diverse parti dei miei sviluppi, considerate, vi prego, che non si tratta affatto qui di fare un bel discorso, ma semplicemente di rispondere alle obiezioni che sono state fatte.

Prima di tutto mi si è criticato di non aver per nulla dimostrato che sia esistito il culto del Gesù precristiano. Signore e signori, io potrei dire, con il pastore Steudel, che in fondo ciò non ha importanza. L'intero problema mi sembra consistere nel determinare se si può spiegare Paolo senza ammettere un dio Gesù, oggetto di un culto precristiano. Lo si può fare certamente; e io, con il pastore Steudel, sono dell'avviso che, perfino se non si potesse dimostrare l'esistenza di un simile culto precristiano di Gesù, la totalità della mia tesi non ne sarebbe modificata. D'altra parte, tuttavia, ritengo, fondandomi sulle ricerche storiche religiose più recenti, di poter dimostrare che in effetti si possono scoprire le tracce di un simile Gesù precristiano e rendere sensibili queste tracce, se si rivolge l'attenzione da questa prospettiva. Se il professor signor Stärk di Jena, che il signor von Soden ha invocato, non ha trovato una traccia simile nei suoi venticinque anni di ricerche, è probabilmente dovuto al fatto che non ha guardato al di fuori del dominio di conoscenza dell'Antico Testamento, e al fatto che non ha cercato delle tracce che non sarebbero esistite nell'Antico Testamento. Ma il signor von Soden afferma che non si sa assolutamente nulla delle sette segrete ebraiche, che avrebbero avuto un culto simile. Sono sorpreso di queste affermazioni pronunciate dal professor von Soden; perché in un lavoro di Gunkel, molto stimato egualmente nel mondo teologico,  Pour l'intelligence du Nouveau Testament au point de vue de l'Histoire religieuse (1903), si mostra con un sacco di dettagli che non potremmo in alcuna maniera comprendere il Nuovo Testamento, se non ammettessimo l'esistenza di sette ebraiche pre-cristiane, che professavano una fede del tipo che, secondo me, si lega al nome del dio del culto Giosuè o Gesù. Voglio sottolineare qui che l'intera Apocalisse di Giovanni si mostra influenzata da delle idee che non hanno nulla a che fare con il cristianesimo e con la concezione cristiana del dio Gesù. Ma, secondo l'opinione di alcuni ricercatori moderni, l'Apocalisse di Giovanni è primariamente un'opera ebraica, derivata dalla cerchia di queste sette precristiane, che hanno avuto questo dio, chiamato o meno Gesù tra loro; si tratta di un'altra questione. Credo, tuttavia, che si possa dimostrare che il dio cultuale di queste sette portasse  anche il nome di Gesù. È così che William Benjamin Smith, nel suo libro sul Gesù pre-cristiano (1905), cita un grimorio su papiro, che si trova a Parigi, nel quale vi è menzione del “dio degli ebrei Gesù”, e uno dei nostri migliori intenditori in materia di papiri, il professor Dietrich, ha attribuito queste parole del grimorio parigino alle sette ebraiche degli Esseni e dei Terapeuti. Signore e signori! Gesù, così come lo ho sottolineato ieri, non è un semplice nomen proprium, ma un'espressione generale per designare il dio salvatore e liberatore, com'è anche il caso del semplice nome “Gotthilf” (salvatore). Troviamo già un Gesù simile nell'Antico Testamento. Là, infatti, si presenta a noi, sotto il nome di Giosuè, una figura dietro la quale si cela ovviamente un dio, e in verità un antico dio efraimita del sole. Gli Efraimiti possedevano un libro speciale di Giosuè, che conteneva delle cose che non si trovano nel nostro libro di Giosuè. Non si può fare a meno di fare certe riflessioni quando si cerca di confrontare questo Giosuè dell'Antico Testamento, successore di Mosè, con il Gesù del Nuovo Testamento. Allo stesso modo in cui il suo predecessore Mosè aveva condotto gli Israeliti attraverso il mar Rosso, Giosuè li avrebbe condotti al di là del Giordano, e, arrivato sull'altra riva di questo fiume, avrebbe consumato con loro l'agnello pasquale. Ma nell'Antico Testamento figura ancora un altro Giosuè, un sommo sacerdote con questo nome, nel profeta Zaccaria. Questo sommo sacerdote Giosuè riconduce, come l'antico Giosuè, gli israeliti nella terra promessa, nella “terra dei loro padri”. Dovrebbe riportarli dalla prigionia babilonese a Gerusalemme, la loro antica patria. Nei capitoli 3° e 6° del profeta Zaccaria, questa figura di Giosuè ci appare sotto una tale luce che diventa evidente che si tratta qui di qualcosa di più che di una semplice figura storica. Si tratta qui del Messia, e questo messia Giosuè è chiamato nel profeta Zaccaria “Zemah”, vale a dire “ramo”. Ora, vi era una setta che, con ogni probabilità, derivava il suo nome dalla parola “ramo”. Allo stesso modo, i Nazareni, dai quali fuoriuscì il cristianesimo, derivarono il loro nome, come lo ha mostrato l'inglese Robertson, da nazar o netzer, che ha anche il significato di “ramo”. Se, in molte religioni antiche, gli dèi liberatori sono simboleggiati da un ramo —  si ricordi Apollo, con il suo sacro ramo di alloro, Dioniso, Mitra, Attis, Osiride — sembra che ci siano relazioni tra questa setta e il “dio-ramo Gesù”, e queste relazioni meritavano di essere studiate da vicino. È così che William Benjamin Smith, in un libro che il professor Schmiedel ha giudicato degno di una sua prefazione, ha segnalato nel Nuovo Testamento, e in particolare negli Atti degli Apostoli, un gran numero di tracce di questo dio-ramo precristiano Giosuè o Gesù. Inoltre, si celebrava in Asia Minore, specialmente nelle isole del Mediterraneo, a Samotracia, un culto di misteri, la cui essenza era legata proprio ad un dio dal nome di Giosuè — si chiamava in realtà Jasios in greco — e al culto di questo dio erano annessi il sacrificio di un agnello sacro e un pasto serale, composto di pane e di vino. Questo stesso dio era onorato sul Mar Nero, sotto il nome di Giasone, vale a dire Salvatore, e questo nome è ben noto a tutti noi in quanto quello del capo degli Argonauti. Proprio come Giosuè, successore di Mosè, oltrepassò il Giordano con dodici assistenti, e consumò l'agnello pasquale sull'altra riva, allo stesso modo in cui anche Giosuè, il sacerdote di Zaccaria, ricondusse gli ebrei nella Terra Promessa, a Gerusalemme, così Giasone condusse i suoi dodici eroi, attraverso il mare, fino alla Colchide. E cosa fa laggiù? Conquista il vello d'oro. Quindi, di nuovo qui, connessione della traversata con l'ariete o agnello. Ora, vediamo Gesù viaggiare nello stesso modo attraverso la Galilea, [1] con i suoi dodici apostoli, arrivare a Gerusalemme, la città promessa, e là a sua volta offrire un agnello in sacrificio, per compiere la “cena” con i suoi dodici discepoli. In tutti questi casi, si tratta di un culto del sole, vale a dire del passaggio del sole attraverso lo zodiaco, un cerchio di dodici figure di animali e del suo ingresso nel segno dell'ariete o dell'agnello, in primavera, dopo aver attraversato il regno della pioggia durante i mesi di gennaio e di febbraio, cioè durante i mesi piovosi dove regnano in cielo l'acquario e i pesci: in ultima analisi, abbiamo là un mito astrale. Ah! Vedo un'espressione di sgomento su tutti i volti! perché la mitologia astrale non ha affatto cessato di essere, per la critica moderna (eccezion fatta per la scuola di Winckler, a Berlino) e per la teologia storico-critica, la piccola pianta di cui si dice: “Chi si avvicina si punge”; ma io credo, signore e signori, che un giorno sarà necessario accordare a questo oggetto più attenzione di quanto è stato fatto finora. Si arriverà a convincersi che non si tratta, in realtà, che di solo uno e dello stesso evento, il corso annuale del sole, e che l'intera storia del salvatore, del “figlio di Dio” fatto uomo, non è altro in fondo che la storia del viaggio del sole attraverso lo zodiaco, dalla sua nascita, al solstizio d'inverno, fino alla sua morte e alla sua resurrezione in primavera. A questo proposito, vorrei segnalare un libro, che apparirà a breve, l'autore del quale è particolarmente interessato a questa questione e l'ha esposta in modo più dettagliato; questo autore è un polacco, il signor Niemojewski, oggi presente in quest'aula. Questo autore si basa tanto sulle ricerche di Winckler e dei moderni assiriologi, quanto su quelle del francese Dupuis, il quale, già nel 1970, ha studiato queste questioni in dettaglio. Queste ricerche sono state ignorate in seguito. Verso il 1820 o il 1830, ci si trovava a questo riguardo piuttosto sotto l'influenza del romanticismo e della mitologia allora fiorente. Poi ebbe luogo la rivoluzione del 1848; seguì la reazione clericale, e da essa furono soffocati tutti i risultati di queste ricerche, che tornarono alla luce solo molto recentemente. Credo che non arriveremo a nessun risultato certo, a nessuna concezione veramente sana... (Qui si è verificata un'interruzione a causa dell'indisposizione di una signora).


SIGNORE E SIGNORI,

Ho dovuto soffermarmi su questo argomento, perché non è solo stasera, ma in tutte le discussioni, che il culto precristiano di Gesù mi è rimproverato come una cosa particolarmente “anti-scientifica”, e ciò per la verità da una teologia, che segue tutt'altre vie rispetto a quella alla quale si fa qui allusione. Oggi il timone è nelle mani di una teologia che fa unicamente la critica dei testi. È tempo che le ricerche mitologiche riprendano il loro posto in primo piano, anche in teologia, e allora ci si dovrà anche occuparsi delle origini pre-cristiane e pagane di Gesù, di cui io non posso qui che segnalare l'esistenza. 

Il professor von Soden crede veramente di aver dimostrato, mio libro in mano, che tutto ciò è insostenibile e inventato di sana pianta. A proposito, mi permetto di esprimere il mio stupore del fatto che il signor Von Soden cita il mio “Mito di Cristo” secondo la sua prima edizione e dice: le cose non sono state provate. Se avesse letto la seconda edizione, che è apparsa sei giorni fa, avrebbe trovato più prove a supporto della mia affermazione.

Il professor Von Soden domanda dove sarebbe stato completato il legame tra i diversi sistemi, dove si sarebbe fatta la fusione della figura del messia della setta ebraica con il dio-salvatore dei pagani. Gunkel ha già sottolineato la presenza di questi due diversi ordini di idee, quando ha detto: “Il cristianesimo primitivo assomiglia a un fiume proveniente da due grandi fonti; la prima è soprattutto israelita e deriva dall'Antico Testamento, ma la seconda attraversa il giudaismo e proviene da religioni orientali straniere” (pagine 35 e seguenti). E per quel che è dell'esistenza del credo, menzionato in precedenza, della setta ebraica, ha detto: “È molto importante ricordare questo: di tutto l'ebraismo, comprendente una grande varietà di specie al tempo di Gesù, noi non conosciamo che una certa parte. Un sacco di tradizioni, proprio perché erano delle tradizioni segrete, non hanno potuto mai essere messe per iscritto. Questo è di estrema importanza, poichè gli studiosi moderni sono spesso portati troppo in fretta ad ammettere che i pensieri e le idee di cui gli scritti ebraici non portano, per il momento, alcuna testimonianza, non si sono affatto manifestati”. Sì, proprio Gunkel riconosce che, già prima di Gesù, vi è esistito un credo nella morte e nella resurrezione di Cristo nelle cerchie ebraiche sincretiche (pagina 82).

Ecco il salvatore della setta ebraica pre-cristiana! Questa è precisamente la tesi che anch'io ho tentato ieri di esporvi, e che il mio avversario cerca di presentare come una creazione di pura fantasia.

Mi si domanda dove si è verificata la fusione? Ebbene! È proprio in queste sette ebraiche pre-cristiane; che i Naasseni hanno già appartenuto a queste sette, questa è una cosa relativamente indifferente. In verità, essi ci appaiono solo dopo Cristo, ma ciò non prova che non avrebbero potuto esistere prima di Cristo. [2] Forse sappiamo così poco sulle sette ebraiche perché il cristianesimo successivo ha avuto delle ragioni per cancellare il più possibile dalla memoria degli uomini il ricordo di queste fonti primitive della sua esistenza. La citazione di Tacito, si pretende, è sicuramente autentica. Signore e signori, si è detto che nessun critico di fama dubita dell'autenticità di questo passo. Certamente gli studiosi tedeschi, in gran maggioranza, lo tengono per autentico. Ma molti studiosi francesi hanno un'altra opinione su questo argomento. Non si può affatto dire allora che ci siano qui “delle tracce certe di autenticità”. Per citare solo una cosa, una folla di persone sarebbe stata condotta al supplizio. Domando da dove viene questa folla di cristiani nell'anno 64? Erano accusati di “odio per l'umanità”. Accusati? Dall'autorità romana? Di odio per l'umanità? I cristiani? Questa non mi sembra affatto la concezione di Tacito, il quale svolse lui stesso un ruolo attivo nella giurisdizione romana. È piuttosto la concezione di un cristiano posteriore, per il quale i suoi compagni di fede erano realmente odium generis humani, perché minacciavano il governo romano, perché danneggiavano il sentimento nazionale romano, perché erano in effetti dei nemici del genere umano, vale a dire dell'umanità politica di quel tempo. Ma secondo il professor Von Soden, questo passo non può affatto essere stato scritto da un cristiano, a causa della testimonianza di indignazione contro i cristiani che contiene. Ma se io volessi fare un'interpolazione, non cercherei solo di conformarmi allo stile dell'autore di cui si tratta, ma sceglierei anche le mie espressioni in maniera di farle passare per autentiche. Perchè Tacito avrebbe dovuto aver scritto il passaggio, era necessario che il falsario dichiarasse colpevoli i cristiani; e più avrebbe espresso fortemente il suo disprezzo per questa setta, più le parole interpolate sarebbero sembrate autentiche e scritte nello spirito di Tacito. Le espressioni impiegate in questo passo di Tacito non dimostrano in alcun modo la sua autenticità. [3

Arrivo ora a ciò che  mi ha obiettato il pastore Hollman. Mi ha chiesto di spiegare perché il Vangelo contiene dei passi che rappresentano Gesù non come un dio, ma come un uomo: “Le 9 colonne fondamentali di una Vita di Gesù realmente scientifica”, così come le ha definite il teologo Schmiedel. Signore e signori, voi avete già imparato a conoscere queste “colonne fondamentali”. Il mio avversario parte, a questo proposito, dall'ipotesi che Gesù debba essere rappresentato nei Vangeli come Dio. Ma questa non è per nulla affatto la mia opinione; inoltre, io ho formalmente affermato che Gesù deve essere raffigurato proprio come un uomo dagli evangelisti. Un Dio che deve essere ritratto come un uomo, come un Dio-uomo o uomo-Dio, non deve risaltare su un fondo completamente dorato, senza alcuna ombra; sarà ovviamente necessario aggiungere ai tratti divini alcuni tratti umani, e sono proprio questi ultimi a trovarsi nelle “colonne fondamentali”. Del resto, ciò che si deve pensare di queste colonne fondamentali risulta già dal fatto che contengono questo passo: “Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonato?” Credete, signore e signori, che un uomo sulla sua croce, nei suoi momenti finali, tra i tormenti dell'agonia, abbia ancora voglia di citare dei salmi? Perché questa espressione proviene semplicemente dal salmo 22. Questo salmo inoltre ha avuto ancora un'altra azione storica; i tratti della scena della crocifissione, nei loro minimi dettagli, la cornice, la folla derisoria, i soldati che tirano il mantello a sorte, i piedi trafitti, ecc..., tutto ciò si trova già in questo salmo. Se, in una maniera evidente, tutto il resto del salmo è stato introdotto nella storia della Passione, perché allora queste parole: “Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonato?” sarebbero state realmente pronunciate da Gesù?

Inoltre, l'inglese Robertson si è già preso beffe del fatto che si sia voluto dimostrare la realtà di Gesù per mezzo di nove passi dei vangeli, che potrebbero essere storici. Secondo questo metodo, si pensi, si potrebbe altrettanto dire: se nella storia di Ercole ci fossero nove o dieci cose, che sarebbero potute realmente accadere, si potrebbe concludere che Ercole è una figura storica. Non proprio, queste “9 colonne fondamentali” non provano nulla a favore del Gesù storico. Sicuramente questa non è affatto una “roccia primitiva”, un “granito”. Senza contare che queste “colonne fondamentali” consistono solo in cose del tutto marginali nella vita di Gesù, mentre la fede religiosa in Gesù si appoggia proprio su quelli innumerevoli passi, che la stessa teologia liberale ha respinto in quanto mistici e non storici.

E Giacomo, “il fratello del Signore”! È in tutti i casi molto mal dimostrato. Il pastore Hollmann chiede perché questo Giacomo sia citato in un modo speciale.  Signore e signori, quando, nel secondo secolo dell'era cristiana, il partito giudeo-cristiano del cristianesimo e il partito paolino si posero nemici l'uno dell'altro, il primo di questi partiti cercò di servirsi di Giacomo contro Paolo. Fu così che Egesippo, il Vangelo dei Nazareni, ecc., collocarono Giacomo a capo del partito giudeo-cristiano, e lo glorificarono per opporlo a Paolo. Ma come si sarebbe potuto meglio arrivare a questo risultato se non dichiarandolo fratello biologico di Gesù? Del resto, egli figura come “fratello” di Gesù in un solo punto di Paolo, poiché l'altro passo (1 Corinzi 9:5) non prova assolutamente nulla quanto a dei fratelli biologici che avrebbe avuto Gesù; questo passo unico rassomiglia fortemente ad un'interpolazione posteriore, ed è quindi inadatto a servire da supporto al Gesù storico.

Parliamo ora delle apparizioni del Risorto; parliamo dei dodici apostoli e dei cinquecento, che avrebbero visto Gesù dopo la sua morte! Il pastore Hollman ha detto che questo racconto dimostra in ogni caso l'ordine secondo il quale il Risorto è stato visto. Signore e signori, ecco una prova del Gesù storico! Quindi, ora sappiamo in quale ordine le visioni del Risorto si sono succedute! Questo può essere molto interessante dal punto di vista psicologico; ma credo che il Gesù storico non troverà là alcun sostegno. [4]

Il pastore Hollmann domanda poi come un filosofo, come  il professor Drews, possa dire che i discepoli di Gesù, che Paolo, si siano offerti in sacrificio per la semplice “idea dell'incarnazione di Dio”? Come può essere? Bene! Signore e signori, noi ci sacrifichiamo costantemente per delle idee. Quando il bramino si siede a terra, contempla il suo ombelico e dice a sè stesso: “oum”, quando si priva di tutti i piaceri materiali, finché non diventa magro come uno scheletro, non lo fa per un'idea religiosa? Quando il buddhista respinge lontano da lui ogni gioia e ogni bellezza terrena, per percorrere il mondo mendicando, non lo fa a sua volta per l'idea del Nirvana? Quando gli adoratori di Bacco si tagliavano le loro carni, quando gli entusiasti di Attis si strappavano i genitali e facevano colare il loro sangue a fiotti, in onore del loro dio, che tuttavia non era per nulla apparso a loro, non lo facevano per una semplice idea religiosa? E quando gli ugonotti rinunciarono ai loro beni e alle loro vite, quando abbandonarono la loro patria, non era ancora un'idea che li guidava, e un'idea che potrebbe ancora appassionarci oggi? Signore e signori, i cristiani, durante le persecuzioni che ebbero luogo nei secoli successivi, non si sono mai sacrificati per un'idea, per l'idea che Cristo li ha salvati con la sua morte? Credere che non ci si possa sacrificare per un'idea, se non ha affatto qualche “realtà”, io lo chiamo materialismo religioso! Cosa intendete voi per realtà? Essere stato trasformato in un uomo di carne e di sangue? Io penso che il cristianesimo non avrebbe mai trionfato, se si fosse solamente detto che l'uomo-Gesù era realmente esistito; questo è il Gesù della teologia liberale.

Ma quando si è detto a questa gente che avevano bisogno di salvezza: un dio è disceso sulla terra, e si è sacrificato per voi; unitevi con lui nella fede, nell'amore, nella comunione, nel battesimo, ecc., e parteciperete alla sua morte e alla sua liberazione! — ecco l'idea che è stata il fattore della vittoria del cristianesimo. Per la verità non si rivendica la vittoria del cristianesimo. In verità, non si pretende affatto che Paolo abbia detto: “Nell'idea, Dio si è fatto uomo”! No, egli ha detto, “Dio si è fatto uomo” e ciascuno comprese cosa voleva dire. Ma Gesù, si dice, è stato docile, e per il pastore Hollmann, solo un uomo poteva essere stato docile. Ma, Signore e Signori, in altre sette incontriamo lo stesso dei docili! Docile è il servo di Dio, l'uomo dei dolori in Isaia, che ha contribuito con questo tratto a formare la natura di Gesù. Docile è Ercole, quando intraprese le sue dodici fatiche, e per questo docilità è esaltato da Giove e accolto nell'Olimpo come un figlio divino.

Concludo. Si è detto che il credo in un messia che soffre e che muore non esisteva affatto tra gli ebrei. Su questo punto, signore e signori, le opinioni degli studiosi differiscono, per quanto io posso giudicare. Non ho letto il libro del professor Hollmann, ma lo studierò e potremo tornarci a questa questione. Oggi io non posso dire che questo: quand'anche alcuno scritto fornisca direttamente una prova per questo messia che soffre e che muore, ciò non significa che l'idea di questo messia non abbia affatto potuto esistere. Ma è all'idea che io attribuisco importanza; è proprio perché vedo la  teologia storica liberale aggrapparsi alla tesi della “realtà”, per un “materialismo religioso”, ed è perché  sono convinto che la vita religiosa può fluire solo dalla fede nelle idee, che io combatto il Gesù puramente storico di questa teologia liberale. Perché — lo ripeto — questo non è affatto un personaggio storico qualunque, ma è l'idea del Dio salvatore, morente e risorgente, idea che può essere risvegliata in ciascuno di noi, è quest'idea che è l'essenza della religione, ed è essa che ha procurato al cristianesimo la vittoria sul mondo antico (Scroscio di applausi).

NOTE

[1] Galil (Gelil): cerchio.

[2] Hönig ha dimostrato nel suo libro Les Ophïtes (1889), l'origine pre-cristiana di questa setta ebraica; Baur aveva già situato l'origine della gnosi nell'era pre-cristiana, e l'aveva considerata proveniente da una compenetrazione di paganesimo e di ebraismo.

[3] I filologi affermano di solito che lo stile di Tacito non può essere imitato, il che esclude l'ipotesi dell'interpolazione. Ma per un abile falsario, non esiste stile che non possa essere imitato; e un monaco, copiando gli Annali, poteva benissimo abituarsi allo stile di Tacito, al punto da non avere alcuna difficoltà a riprodurlo. Inoltre, come ho già indicato in “Mito di Cristo”, non ha alcuna importanza, per la questione del Gesù storico, che il passo di Tacito sia autentico o meno; perché, in ogni caso, questo testo è stato scritto in un'epoca in cui la tradizione del Gesù storico si era già formata, e dove forse i primi tre vangeli erano già completamente terminati.

[4] Poco importa che la Prima ai Corinzi 11:23 e seguenti, presenti un'ulteriore interpolazione proveniente da Luca, come ammette la conferenza, d'intesa con il teologo Steck, con Robertson e numerosi teologi olandesi, come Straatmann, Bruins e Völter, o che Luca abbia attinto da Paolo le parole della Cena. Perché, in tutti i casi, i versi 23-26 (28) formano un'interpolazione nel testo primitivo. Ciò risulta in primo luogo dalla maniera in cui interrompono il corso dei pensieri di Paolo, maniera illogica e che confonde il significato del passo. Poi, le parole “nella notte in cui fu tradito”, facendo allusione ad un fatto reale della vita di Gesù, formano là una citazione assolutamente unica nel suo genere. Già per questo fatto, queste parole sono una base fin troppo sottile per supportare l'affermazione che Paolo abbia conosciuto un Gesù storico, quando per il resto del tempo egli non riporta che dei miti sul suo conto.

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