venerdì 2 maggio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — L'ORIGINE DEGLI ATTI

 (segue da qui)


SEZIONE I.
L'ORIGINE DEGLI ATTI 

I. L'UNITÀ DELL'OPERA.
Non abbiamo davanti a noi l'opera di un testimone oculare degli eventi narrati. Questi sono fin troppo lontani nel tempo e nel luogo perché l'unità sia di questo tipo. Eppure non c'è nessun dubbio circa l'unità stessa. Il libro non è un un accostamento casuale di resoconti o di tradizioni provenienti da varie fonti, ma ha un ordine e un piano ben definiti. Ci sono riferimenti nelle porzioni successive alle porzioni precedenti della narrativa, e quando il collegamento è stato interrotto esso è ripreso esplicitamente. Pure la storia ha un movimento definito. Vediamo il cristianesimo diffondersi in cerchie sempre più ampie, dagli ebrei ai samaritani, ai pagani timorati di Dio come Cornelio, e poi ai greci comuni, finché alla fine la sua destinazione universale è resa visibile. Gli apostoli ne prendono coscienza per gradi. È vero che possiamo parlare di una parte “petrina” e di una parte “paolina” degli Atti, ma queste hanno numerose interconnessioni. Al pari del terzo Vangelo, questo secondo libro di Luca — come possiamo chiamare lo scrittore per comodità [1] — è un tutto omogeneo. L'apparenza di incompletezza, dovuta alla brusca conclusione, è solo apparente. Che Paolo sarebbe morto a Roma era già stato accennato (20:22—24, 21:4, 11—14, 27:23—24). La ragione per non menzionare la sua morte, che avvenne lì secondo la tradizione, era molto probabilmente che lo scrittore non voleva suscitare pregiudizi da parte dei Romani, che aveva l'obiettivo di sensibilizzare a favore del cristianesimo. 
L'insistenza con cui questo obiettivo è tenuto presente è un'altra prova dell'unità dell'opera. Gli ebrei sono raffigurati intenti a rifiutare e perseguitare la nuova “via”, i Romani invece disposti benevolmente verso di essa e a prendere sotto la loro protezione i suoi missionari. Nessun difensore della causa del cristianesimo manca di chiarire che, sebbene Pilato desse il suo assenso alla morte di Gesù, la colpa fu degli ebrei. La persecuzione del cristianesimo, si premura di mostrare lo scrittore, non aveva mai avuto origine in quei giorni dai Romani. Come si può dunque, si sostiene implicitamente, intraprendere ora un'altra linea d'azione contro quelle persone, per quanto “dappertutto ne parlano male”, il cui grande Apostolo si era costantemente mosso nel mondo pagano ed era stato egli stesso un cittadino romano? [2]
Non è rappresentata alcuna differenza tra Pietro e Paolo per quanto riguarda la destinazione universale del Vangelo. Pietro parla di sé come di un prescelto fin dai giorni antichi (ἀφ᾽ ἡμερῶν ἀρχαίων) per predicare il Vangelo tra i pagani (15:7). Nessuno dei capi solleva obiezioni alle azioni non—giudaiche di Paolo e di Barnaba. D'altro canto, Paolo non manifesta alcuna ostilità nei confronti dei fratelli di Gerusalemme. Puntualmente egli si rivolge ai pagani solo se costretto dall'ostinazione degli ebrei. Fin dall'inizio egli è in relazioni vitali e costanti con la comunità madre e si sottomette alle sue decisioni; e in ogni passo avanti che intraprende egli è stato preceduto da qualcun altro. A tutti lui proclama coerentemente la sua fede nella Legge. [3] 
Lo stile, che rimane lo stesso con poche eccezioni anche nei discorsi delle diverse persone, è un'altra prova dell'unità del libro. Questa riconduzione di tutto a una certa forma, però, non prova che il tutto sia un'opera di riflessione poetica o le persone siano una “libera creazione”. Né si tratta semplicemente di storia contemporanea sommata alla tradizione. Luca aveva anche fonti scritte.

NOTE
[1] Non c'è motivo, come Van Manen osserva, di respingere la tradizione che assegna il terzo Vangelo e gli Atti degli Apostoli allo stesso autore. L'autore, però, non era Luca, il compagno di Paolo menzionato nelle Epistole. Una congettura è data in seguito per spiegare l'attribuzione del suo nome alle due opere.
[2] Ciò, come vedremo più tardi, fu probabilmente una finzione di “Luca”. L'apologia rivolta ai Romani punta, naturalmente, al secondo secolo, il che è indicato da varie altre circostanze come il periodo in cui il libro assunse la sua forma attuale. 
[3] È questa rappresentazione in particolare che è in così vistosa contraddizione con quella di Galati, e conduce direttamente, essendo le Epistole ritenute autentiche, all'assunzione dell'inaffidabilità generale degli Atti.  

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