lunedì 1 maggio 2023

Origini Sociali del CristianesimoI Simoniani

 (segue da qui)


III. — LA GNOSI SIMONIANA

I Simoniani.

Per farsi accettare dai circoli colti, i culti più rozzi e arcaici assunsero sulle rive dell'Oronte un aspetto dottorale. Si presentarono come i felici detentori di una gnosi trascendente, che poteva essere compresa solo da un'élite di iniziati. Un esempio caratteristico di quell'evoluzione ci è fornito dalla setta dei Simoniani di cui è menzione negli Atti degli Apostoli [32] e da vari autori ecclesiastici, in particolare da Giustino, Ireneo, Ippolito ed Epifanio. Il suo Dio salvatore, Simone, pare essere stato solo un nuovo avatar dell'antico Esmun, molto onorato in Siria, la cui leggenda aveva già subìto molte trasformazioni. Ma nella sua ultima evoluzione si distingue da tutte le sue precedenti metamorfosi per il suo carattere nettamente greco. Ha rivestito il mantello dei filosofi. Egli è divenuto il più saggio degli Dèi, meglio di ciò, il protettore designato della sapienza divina.

In principio, secondo i Simoniani, c'era il Dio Altissimo, il Crono dei Greci, Spirito puro in cui non esisteva alcuna particella di materia, Bene supremo che non deturpa nemmeno l'ombra stessa del male, Essere perfetto secondo l'ideale di Platone. Da lui nacque prima di tutti i tempi un Figlio, in cui si rifletteva la sua ricca natura e che possedeva, di conseguenza, la pienezza o il «pleroma» della divinità, in particolare la sua potenza sovrana, che, d'altra parte, portava in sé l'archetipo dell'universo, e particolarmente dell'uomo, conformemente alla dottrina platonica del Logos, identificato dagli stoici con Zeus. Da questo primogenito procedette il «Pensiero» o «Ennoia», forma iniziale della «Sapienza» o «Sophia», identica all'«Atena» di Omero, che scaturì improvvisamente dal cervello di Giove, «Spirito» femminile che realizzò col Padre e il Figlio la sacra triade. A sua volta, quell'augusta persona si diede una discendenza. Con gli occhi fissi sull'Archetipo ideale del Logos, generò gli Angeli, in cui la sua natura spirituale si trovava ancora, ma ormai frammentata, per ciò stesso imperfetta. Così limitati nel loro essere, questi spiriti inferiori si trovarono nella morsa della materia, che, secondo l'insegnamento dei filosofi, non è che un «non-essere» estraneo al pleroma divino, erano perduti nell'immensità del vuoto o «kenoma». Si insediarono nella sua parte superiore, la organizzarono a loro piacimento e fecero i sette cieli dove fissarono la loro dimora. Ma la discordia si generò tra loro perché ognuno, rinnegando la sua origine, si atteggiava a Dio supremo e voleva dominare sugli altri. La Luce rischiava di essere soffocata dalle Tenebre. Per scongiurare questo pericolo, la Sapienza divina fece apparire il Sole, dove il Logos stabilì la sua residenza, poi la Luna, dove essa stessa si insediò. Da qui accade che i sapienti identificano Zeus con Elios e Atena, in cui il suo splendore si riflette, con Selene. Dalla sua dimora eterea, quella stessa Ennoia, o piuttosto, si spiegava, un'immagine della sua pura sostanza staccata come «Messaggero»«Prounikos», si recò dagli Angeli ribelli, divenuti i padroni o gli «Arconti» del cielo, per richiamarli all'ordine. Ma essa fu trattenuta da loro, sottoposta a ogni sorta di abusi e imprigionata in un corpo di donna, dove era, secondo la formula di Platone, come in una prigione. Soggetta ormai alle leggi della generazione, dovette, come insegnava già Pitagora, trasferirsi senza fine da un corpo all'altro, tramite un ciclo continuo di nascite che, frammentandola, la indebolì senza posa e la fece decadere sempre più. La sua bellezza continuava nondimeno a risplendere tra le figlie di Eva. Diede luogo in molte occasioni a lotte micidiali, perché i Padroni di questo mondo se ne disputavano il possesso. È ciò che avvenne in particolare nella guerra di Troia, il cui racconto, fatto da Omero, è molto istruttivo. L'eroina per la quale si batterono Greci e Troiani e il cui nome greco, Elena, ricorda quello di Selene, finì di caduta in caduta per cadere, nel corso di un'ultima metempsicosi, in un bordello di Tiro.

Dio fu commosso, nella sua bontà, dallo spettacolo di una tale miseria. Inviò in soccorso dell'Ennoia decaduta, il suo proprio figlio, che era, invece, rimasto in piedi, e aveva meritato per questo motivo di essere chiamato l'«Estos» o lo «Stante». «Obbediente» agli ordini del Padre, cosa che gli valse il nome di «Simone», [33] il Salvatore divino discese attraverso le sfere celesti. Siccome non doveva attirarvi l'attenzione, prese in ognuna la forma dei suoi abitanti. Rivestì, in altri termini, le figure dei vari animali che popolano, secondo i resoconti degli spiriti, queste regioni eteree. Poi apparve quaggiù come un uomo e cominciò il suo apostolato in un villaggio modesto di Samaria. Ma sotto queste apparenze modeste si rivelò con i suoi atti miracolosi come la Grande Potenza di Dio e con i suoi discorsi come l'Autore della Sapienza. Andando come un buon Pastore in soccorso della Pecorella smarrita, si volse alla prostituta di Tiro, ultimo avatar dell'Elena di Omero e della sublime Selene. Le ricordò la sua origine celeste, le rese la coscienza della sua alta missione e la prese con sé. Poi, così accompagnato, continuò la sua opera salutare presso i poveri umani in cui sopravvivevano i frammenti dell'Ennoia. 

I principi celesti, gli «Arconti», si erano ingegnati, per mantenere i popoli sotto la loro autorità, a imporre loro precetti arbitrari. Come hanno visto gli Stoici e anche i Cinici, le leggi che reggono le nazioni si basano su pure convenzioni; sono contrarie alla natura, che dovrebbe essere la nostra sola guida. Simone le ripudiava tutte, a cominciare da quelle dei giudei, il cui Dio era denunciato da lui come uno degli Angeli ribelli, e persino il più malvagio di tutti, il più ambizioso, e il più irascibile, in cui esistevano fin dall'origine, allo stato d'archetipo, tutti i difetti che si ritrovano nella sua razza. Le osservanze legali, era spiegato a questo proposito, non servano a nulla. Non fanno altro che mantenere l'uomo in uno stato di schiavitù. Come insegnano ancora gli stoici, solo il saggio è libero. Lo si diventa vivendo secondo la propria natura. Siccome l'uomo è per essenza un puro spirito che una colpa originale ha fatto cadere nei lacci della carne, può liberarsi solo facendo uno sforzo continuo per sbarazzarsi delle tendenze carnali. Gli occorre ritornare ai precetti di Pitagora, praticare una continenza assoluta e un'astinenza severa. È Dio che gli ha dato i mezzi per sfuggire alle potenze del Male e per salvarsi, rivelandogli la «gnosi» redentrice. Ci si è salvati solo per la sua «grazia», nella misura in cui si ha in lui una fede fiduciosa.

Simone illustrava quella dottrina col suo esempio personale. Mostrava ad ogni occasione come lo spirito trionfi sulla materia. Lottava senza sosta contro le potenze malvagie. Sottoposto da loro alle prove in apparenza più dure, trionfò con una facilità sovrana. Infine, risalì al cielo davanti agli occhi stupiti di numerosi spettatori, mostrando a tutti la via che occorreva seguire, per ritrovare il paradiso perduto. 

È un autentico Vangelo che rappresentano la vita meravigliosa e la dottrina liberatrice di questo Dio Salvatore. Un autore siriaco del IV° secolo ne segnala una versione che si intitolava «il libro dei quattro angoli del mondo», e che si presentava dunque come un appello a tutte le Nazioni. [34] Un'opera di questo tipo deve essere alla base dei testi più antichi che possediamo su Simone. Senza dubbio è stata scritta verso l'inizio della nostra era, in un tempo in cui si custodiva il ricordo vivo delle lotte che furono combattute a turno da Cesare, Antonio e Ottaviano attorno a Cleopatra. Si comprende meglio così il ruolo attribuito alla bellezza femminile nello scatenamento delle guerre. Il Vangelo di Simone fu secondo ogni apparenza ben anteriore a quello di Gesù.  essere molto precedente a quello di Gesù.

Attorno a esso si costituì di buon'ora una Comunità religiosa che aveva molte affinità con quella degli Esseni. Secondo la testimonianza non sospetta del libro degli Atti, essa era fortemente insediata in Samaria prima che vi apparisse un apostolo. Secondo il resoconto di Ireneo, la setta aveva un sacerdozio organizzato. I suoi sacerdoti praticavano alcuni riti, definiti da lui «magici» a causa della virtù sacramentale che attribuisce loro. Essi si dedicavano particolarmente agli «esorcismi», agli «incantesimi» per scacciare gli spiriti maligni e per conciliarsi i buoni. Secondo le idee che erano diffuse tra loro, un culto speciale era reso alle immagini che rappresentavano Simone ed Elena sotto i tratti di Zeus e di Atena. All'uno si dava il titolo di Kyrios o Signore, all'altra quello di Kyria o «Sapienza».

Quella religione, così fondamentalmente ellenizzata, manteneva nondimeno legami stretti con la terra siriana. Aveva la sua metropoli ad Antiochia. Vari autori ecclesiastici — Ireneo, Ippolito, Epifanio — [35] parlano di una scuola di teologia simoniana che esisteva in quella città. Essi ci danno come suo primo rappresentante dopo Simone un certo Menandro, la cui personalità non si distingue minimamente da quella del Maestro e potrebbe ben essere egualmente mitica. Da lui sono derivate, secondo i loro resoconti concordanti, varie «eresie» che si ispirano alle sue dottrine, pur appellandosi al Vangelo, e che hanno reclutato molti adepti. Ciò equivale a dire che, secondo la loro stessa testimonianza, la dottrina simoniana ha influenzato molto quella del cristianesimo.

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È non senza interesse notare che uno dei pilastri della Chiesa di Gerusalemme, «Cefa» o «Pietro», menzionato sotto questo nome tra Giacomo e Giovanni nell'Epistola ai Galati, porta piuttosto il nome di «Simone» nel Vangelo nazareno e nei racconti posteriori che ne derivano. Cefa o Pietro è un semplice soprannome. Questo cambiamento è abbastanza sorprendente. Sarebbe strano se l'autore dell'Epistola ai Galati, chiamando Giacomo e Giovanni col loro nome, non avesse fatto lo stesso per il loro compagno. Ci si può domandare se non sia piuttosto l'autore del Vangelo nazareno ad aver dato all'apostolo in questione il nome di Simone, facendo di Pietro un semplice soprannome. Con ciò, riutilizzava a suo modo il prestigio del cristianesimo. Mutava in discepolo del Cristo il grande taumaturgo, il Maestro eminente venerato dai Simoniani come un Dio fatto uomo. È quanto fa, sotto una forma nuova ma in uno spirito simile, l'autore del libro degli Atti, che ci presenta Simone come un mago di Samaria convertito alla nuova fede dai primi discepoli del Cristo. [36

Non è solo il salvatore samaritano che si è infiltrato in modo indiretto nella Vita di Gesù. Pure la sua compagna vi ha ottenuto un posto d'elezione. Già il Vangelo nazareno metteva in scena una donna di malaffare che era stata portata a causa della sua condotta davanti a Gesù e aveva ottenuto da lui il suo perdono. L'episodio ha conosciuto varie vicissitudini. Molto apprezzato da alcuni lettori, che ne gustavano lo spirito misericordioso, malvisto da altri, che temevano il contagio del cattivo esempio, talvolta accolto con favore dai copisti, talvolta scartato da loro come un argomento scabroso, esso infine è finito in un punto del Quarto vangelo [37] dove non è chiaramente al suo posto, poiché si trova senza relazione con il contesto. Nella prima versione del Vangelo secondo Luca, si parla anche di una peccatrice notoria che si gettò ai piedi del Maestro, bagnandoli con le sue lacrime, asciugandoli con i suoi capelli, ungendoli con il suo profumo, e che ottenne da lui la remissione dei suoi numerosi peccati. [38] Poi il narratore mostra Gesù scortato da donne che sono state strappate da lui alla morsa delle Potenze del male, in particolare da Maria di Magdala, dalla quale ha fatto uscire sette demoni. Questa è la storia dell'Elena decaduta che era ritrovata da Simone e che cammina ora al suo seguito.

Alla luce di questo episodio particolarmente significativo, altre scene evangeliche si illuminano di una nuova luce. Esse lasciano percepire l'impronta originale della leggenda simoniana.  

NOTE DEL CAPITOLO 8
[32] Atti 8:9-11. GIUSTINO, Apologia 1:26; IRENEO, Haer., 1:23; IPPOLITO, Philosophoumena 6:19-20; EPIFANIO, Haer. 29. [Su Simone, si veda volume 2, pag. 183]. 
[33] «Obbediente».
[34] Si tratta del trattato siriaco «Del santo concilio di Nicea», redatto dal vescovo Maruta di Maiferqat; si veda volume 2, pag. 186-187.
[35] IRENEO, Haer. 1:24, 1. IPPOLITO, Philos., 6:19-20; EPIFANIO, Haer. 29.
[36] Atti 8:18-24.
[37] Giovanni 8:3-11.
[38] Luca 7:36-50 e 8:1-8.

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