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COME SANNO VIVERE E MORIRE LE DONNE DI RIVOLUZIONARI
Sulla moglie di San Pietro possediamo solo le due informazioni, terribilmente succinte, che abbiamo catalogato sotto i numeri 12 e 15 nelle pagine dedicate a costui; ma sono sufficienti per evocare la figura commovente di queste donne di rivoluzionari, diciamo se si preferisce: di queste donne di grandi santi. Lei lo accompagna nelle sue peregrinazioni attraverso il mondo; [1] muore con lui, o più esattamente, lo precede al supplizio quando scatta la repressione imperiale. [2]
Si pensi alle forti compagne che, al tempo degli zar, seguivano i loro compagni nei loro innumerevoli viaggi, o talvolta in Siberia, e condividevano tutto della loro vita e della loro opera, o a quelle che, dopo la guerra, sono state fucilate accanto ai loro uomini, in Germania.
Il suo nome? Nel nono secolo, il martirologio di Usnard menziona il 4 novembre «la nascita in cielo di Santa Perpetua, moglie del beato Pietro». Ma monsignor Duchesne ha mostrato quanto il dato sia soggetto a cautela. [3] Nel decimo secolo, una nota di Metafraste riferisce che portava questo nome di Perpetua, era la nipote di San Barnaba e aveva sposato San Pietro a Cafarnao, tutte informazioni da cui è impossibile trattenere qualcosa. Il nome latino di Perpetua, in ogni caso, avrebbe potuto esserle dato solo a Roma alla fine della sua carriera.
L'agiografia è un po' più esplicita su una Santa Petronilla, che sarebbe stata la figlia dell'apostolo, ma non è più verificabile.
Non chiediamo quindi alla storia del cristianesimo primitivo altra cosa, quanto alla «sorella sposa» di San Pietro, se non l'evocazione che completa l'immagine di una generazione che ha realizzato tutto ciò che è permesso concepire in fatto di grandezza.
La moglie del costruttore di tende Aquila, Priscilla, accompagna suo marito nelle sue peregrinazioni, come quella di San Pietro accompagna il suo. Abbiamo sulla fine dei due coniugi solo leggende.
La moglie di San Paolo, alla quale verremo nel prossimo capitolo, e su cui per fortuna le informazioni sono molto più numerose, sarà una degna controparte della moglie di San Pietro. Non muore con lui; ma continua la sua opera dopo la sua morte. Questa volta pensiamo a Krupskaya, la moglie di Lenin, o alla moglie di Sun-Yat-sen.
Altro profilo suggestivo, non più della compagna associata alla vita di un eroe, ma della lavoratrice che modestamente svolge con fedeltà al cento per cento il compito che le è stato affidato dal capo, quell'impiegata della comunità di Corinto, Febe, di cui ignoriamo di quale «fratello sposo» lei fosse la «sorella sposa». Non ricevette forse da San Paolo la gloriosa e formidabile missione di portare alla gente di Roma il voluminoso rotolo sul quale aveva scritto l'epistola che fu la prima e definitiva formulazione del cristianesimo primitivo? Ci si domanda quale imprevedibile direzione avrebbe preso la storia degli uomini e degli dèi se Febe avesse smarrito il suo bagaglio nel corso del cammino.
L'innocente battuta che ci permettiamo non ha altro scopo, qui come altrove, se non di evitare di situare la storia del cristianesimo primitivo in un'atmosfera di solennità teatrale. Accanto agli uomini del popolo, e più spesso del popolino, che esercitano poveramente i loro umili mestieri (gli uni sono pescivendoli, gli altri guaritori, gli altri fabbricanti di tende), le donne sono là non meno umili, ma di cui ciascuna ha fatto propria la missione che si sono date; e se alcune di loro sono più fortunate (come la madre di Giovanni Marco, di cui si ricorda che riceveva la comunità nella sua casa), questo sarà per il profitto di tutti.
E questo completa il quadro che abbiamo abbozzato della prima generazione cristiana, Collegio dello Spirito, Gerusalemme, Antiochia, Corinto, Ginevra, Parigi o Londra.
Si è visto come (salvo un'eccezione) i testi ci forniscano poche informazioni individuali sui personaggi che abbiamo appena nominato. Esempio trionfale per il metodo storico che rifiuta di interessarsi alle individualità. Né i tre Galilei, né gli Ellenisti, né le donne stesse sono minimamente qui caratterizzati dai tratti che convengono al gruppo. L'eccezione è San Paolo, la cui personalità si manifesta perché ha lasciato scritti in cui, come tutti i veri scrittori, si è senza volerlo descritto... E quella sola considerazione basterebbe a confutare gli stupidi dell'erudizione che nell'opera sono incapaci di riconoscere l'uomo.
Ma la concezione anti-individualista della Storia riprende presto i suoi diritti. Nello stesso momento in cui caratterizza sé stesso, lo scrittore caratterizza il movimento che lo porta; nello stesso momento in cui esprime sé stesso, San Paolo esprime il cristianesimo primitivo. Altra legge della sociologia che gli stessi studiosi ignorano irrimediabilmente! Da un certo punto di vista, l'opera di San Paolo è solo un momento dello sviluppo di cui l'opera di San Pietro, San Giovanni e San Giacomo è un altro momento, e, per quanto viva ci appaia la sua personalità, San Paolo è per noi un nome sintetico, come lo sono i tre compagni.
In realtà, San Pietro, San Giovanni e San Giacomo si completano con San Paolo. Questo colossale trio si comprende solo sotto la specie di un quartetto. Come i tre moschettieri, le Tre Colonne erano quattro.
NOTE
[1] 1 Corinzi 9:5 e Clemente di Alessandria, Stromati 3:52-53 e 7:43-44.
[2] Clemente di Alessandria, ibidem, 7:11.
[3] Fastes, Ep. 3, pag. 189, nota 5.
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