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LA RICOSTITUZIONE DELLA PARENTELA
La distruzione di una società e l'edificazione di una nuova ha senso solo se il legame sociale, vale a dire la parentela, è scomparso dall'una e deve rinascere nell'altra. In quali termini, sotto quale simbolo, il cristianesimo primitivo ha formulato questo programma di reintegrazione del Sociale, di ricostituzione della parentela? Proponendo al mondo, sotto la denominazione di regno di Dio, uno stato dove tutti gli uomini sarebbero stati dei fratelli e, immediatamente, riconoscendosi reciprocamente come fratelli. Ma la cosa si comprenderà solo se si è precisato quale significato aveva nelle loro parole e nei loro scritti quella nozione di fratellanza.
Non il significato metaforico e utopico, impreciso e proprio perciò inefficace, che ha nel famoso motto: Libertà, Eguaglianza, Fraternità.
Nemmeno il significato non meno metaforico ma idealizzato che il protestantesimo liberale si è estenuato a conferire alla fratellanza degli uomini.
Nemmeno, c'è bisogno di dirlo, la nullità di ogni significato di quell'espressione «miei cari fratelli» del predicatore che sarebbe stata così vantaggiosamente sostituita da «miei cari signori».
Il significato restituito alla nozione di fratellanza dal cristianesimo primitivo è il significato concreto e realistico delle origini, quando i membri del clan si consideravano tra loro «della stessa carne» e (nei gruppi totemici) della stessa carne del loro totem, e quando si credevano usciti dallo stesso antenato divino.
Nessuno evidentemente praticava il totemismo nell'impero romano del primo secolo, e nessuno dei primi cristiani si vantava di essere disceso da un antenato divino. Il ritorno ad altrettante antiche concezioni non poteva dunque farsi se non sotto delle formule modernizzate. Non tenterei di stabilire qui che Gesù fosse (mediante quella trasposizione) il totem dei primi cristiani; ma come interpretare queste parole di San Paolo:
Noi siamo un solo corpo in Cristo, e gli uni verso gli altri siamo i membri di questo corpo. [1]
Vano chiacchiericcio di parole, se non ci riportiamo alle concezioni primitive. I cristiani sono «della stessa carne» tra di loro e «della stessa carne» di Cristo, il quale è per loro un primogenito tra i fratelli. [2]
Come interpretare, d'altra parte, il testo in cui professa che i cristiani diventano i figli del dio Padre per «adozione», [3] se l'adozione non è il processo giuridico per mezzo del quale costoro, non essendo nati figli del dio Padre, lo diventano?
Altrove, San Paolo contrappone la discendenza spirituale di Abramo, vale a dire la famiglia cristiana, alla sua discendenza fisica, vale a dire al giudaismo. [4] Nelle epoche antiche, la famiglia naturale nel costituirsi non aveva soppresso la famiglia spirituale, e le due si svilupparono a lungo fianco a fianco, altrettanto bene tra gli Israeliti dopo l'ingresso in Palestina come tra le popolazioni della Grecia e dell'Italia. Per i primi cristiani, la famiglia naturale e la famiglia spirituale si sovrappongono parallelamente; [5] ma quest'ultima è, per loro, altrettanto se non più reale della prima.
I primi cristiani si chiamavano tra loro «fratelli» e «sorelle» e la moglie è una «moglie sorella». [6] L'espressione nelle loro bocche e nei loro scritti non è più metaforica, è tanto concreta e tanto realistica quanto quelle di «cittadini» e «cittadine» che usavano gli uomini del 91 e di «compagni» che usano i comunisti; ma quanto più profonda ne è la risonanza! Non si tratta di affermare che si fa parte di uno Stato libero, o che si è i compagni del lavoro comune, ma che si è esseri della stessa carne.
Quando i vangeli dovevano lasciar cadere così tanto delle grandi cose della prima generazione cristiana, noi li vedremo [7] mantenere e persino esagerare la realtà e il primato della parentela spirituale, e crederei volentieri che, così facendo, vale a dire salvaguardando il principio essenziale del cristianesimo primitivo, essi abbiano salvato da una immediata decadenza il cristianesimo stesso.
Così si congiungono, si penetrano e si completano le due tesi che sono alla base del presente volume, e che uno sguardo superficiale potrebbe ritenere contraddittorie. Il cristianesimo primitivo è allo stesso tempo:
un ritorno ai principi (evidentemente modernizzati) delle religioni primitive, vale a dire ai principi stessi della cosa sociale,
e una rivoluzione,
perché la Rivoluzione (distruzione di un mondo superato ed edificazione di un mondo nuovo) ha per scopo, in ultima analisi, la ricostituzione tra gli uomini di quella parentela spirituale che è nel contempo il punto di partenza e il fondamento della società umana.
Ma è ben chiaro che quel significato rivoluzionario del cristianesimo primitivo è soggiacente alla fondazione della nuova religione, vale a dire che esso si nasconde sotto la veste di cui si è rivestito, senza che i primi cristiani stessi abbiano potuto prenderne coscienza. È dunque quella forma religiosa del cristianesimo primitivo che va studiata nei testi dove si è espressa, rassegnandoci a scoprirne solo lentamente e poco a poco, si sarebbe detto in passato, l'anima sotto il corpo, io preferisco dire la nudità dei corpi sotto la veste.
NOTE
[1] Romani 12:5. Si veda egualmente Colossesi 3:11.
[2] Romani 8:29.
[3] Ibid., 15.
[4] Galati 4:22 e seguito; Romani 9:6 e seguito.
[5] Si veda sotto, pagine 249 e seguenti, la sfumatura che distingue a questo proposito la prima generazione cristiana dalle generazioni successive.
[6] Si veda sotto, pagina 213 e pagina 220.
[7] Sotto, pagine 249 e seguenti.
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