(segue da qui)
L'ASPERSIONE DEL SANGUE
Possiamo portare, questa volta, una traccia positiva, e per nulla congetturale, dell'antico rito sacrificale nei racconti evangelici e dell'immolazione preliminare.
Nel corso di certi sacrifici di espiazione il sangue della vittima era asperso dopo l'immolazione sulla testa dei presenti, secondo il rito dell'Esodo 24:8.
Mosè prese il sangue (dei tori che erano appena stati immolati) e ne asperse il popolo, dicendo: ecco il sangue dell'alleanza, che Jahvé ha concluso con voi.
Si ricordino i testi di San Paolo e dei primi tre vangeli, nel racconto della Cena:
Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. [1]
San Matteo precisa:
Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, che è versato per molti. [2]
Ma non si parla di aspersione.
Se la morte di Gesù è stata un supplizio penale, è evidente che l'aspersione del sangue è inimmaginabile; al contrario, se essa è stata originariamente un sacrificio rituale, nulla si oppone al fatto che l'aspersione del sangue sia stata praticata, almeno simbolicamente; ma in questo caso il redattore evangelico, trovandola nella tradizione, non ha potuto comprenderla, e il suo imbarazzo si riconoscerà, anche questa volta, dall'improbabilità e dalla goffaggine della sua disposizione.
Riportiamoci dunque al testo del vangelo secondo San Matteo 27:24-25; Pilato si è appena lavato le mani; ha detto che era innocente del sangue di Gesù, e il popolo risponde:
— Che il suo sangue sia su di noi e sui nostri figli!
Ecco qualcosa di inaudito.
L'accusato è davanti al giudice; attorno al tribunale, un popolo furioso grida; si immagini l'orrore di una gentaglia scatenata; figuriamoci Luigi XVI davanti alla Convenzione, la moltitudine che urla nelle tribune... Quali saranno le grida di quella terribile folla?
— A morte!
Evidentemente... E probabilmente:
— Giustizia!
Perché la bestia umana denominerà sempre giustizia la soddisfazione della sua rabbia. Ma si può concepire che questo popolo delirante confessi di esigere la testa di un innocente e, così facendo, dichiari di prendersi la responsabilità della sua iniquità fino ad accettare che il sangue del giusto ricada sulla sua testa e su quella dei suoi figli! È assurdo.
Al contrario, ricostruiamo col pensiero l'ambiente sacrificale; i fedeli sono là; la vittima è portata; un'eccitazione mistica agita l'assemblea; il sacrificatore ha preso nella sua mano il coltello; e i fedeli con una sola voce, con tutto il fervore della fede, gridano:
— Che il suo sangue rigenerativo sia, per la nostra salvezza, su di noi e sui nostri figli!
...A meno che questa non sia la formula stereotipata di un responso rituale:
Τὸ αἷμα αὐτοῦ ἐφ’ ἡμᾶς καὶ ἐπὶ τὰ τέκνα ἡμῶν.
Ma non ci si deve accontentare di leggere le nostre buone traduzioni falsarie; si deve leggere il testo greco o, in sua mancanza, la traduzione perfettamente corretta del signor Loisy. E io trovo qui la prima occasione per segnalare ai non-specialisti gli «errori» tendenziosi di ciò che io chiamo le nostre buone traduzioni falsarie. Dopo molti altri, Segond, che cito perché gli si è fatta una ridicola reputazione di precisione, e che è letto, ahimè, in centinaia di migliaia di copie, si guarda bene dal tradurre onestamente:
— Che il suo sangue sia su di noi e sui nostri figli...
Oppure, se gli piace approssimare la frase, poiché il verbo è assente nel testo greco:
— Che il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli...
Oppure: che il suo sangue sia versato...
Egli sceglie di proposito il termine peggiorativo, che implica il carattere di una maledizione:
— Che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli.
Non ci si poteva aspettare da Segond che riconoscesse che il sangue di Gesù sarebbe stato versato sulla testa dei peccatori come benedizione? Sembra che ci si poteva almeno aspettare da lui che egli si dispensasse dall'inserire nel suo testo una maledizione che non vi è affatto. [3]
NOTE
[1] 1 Corinzi 11:25.
[2] Matteo 26:28, e paralleli di Marco e Luca.
[3] A discolpa di Segond, si sosterrà che lui non è l'inventore del falso significato: ma, presentando una traduzione «nuova», doveva seguire gli errori dei suoi predecessori?
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