domenica 26 dicembre 2021

IL DIO GESÙLa crocifissione, rito sacrificale

 (segue da qui)

II

LA CROCIFISSIONE, RITO SACRIFICALE

Il pubblico letterato non immagina nella crocifissione altra cosa rispetto ad un supplizio; Salambò corrobora i vangeli. Se però la morte di Gesù è stata un sacrificio espiatorio nel senso esatto, e non un'esecuzione giudiziaria alla quale si sarebbe accordato più tardi il valore di un sacrificio, occorre che la crocifissione sia stata in certe epoche e in certe regioni un rito sacrificale; e la cosa non sembra contestabile; all'origine, e in particolare in Palestina tra i Semiti antichi, essa è stata un complemento dei sacrifici espiatori. Dopo essere stata sgozzata, la vittima del sacrificio era a volte bruciata; altre volte era immediatamente sepolta; ma, altre volte, era messa in croce per alcune ore prima di essere sepolta. La crocifissione era allora un rito di esposizione.

Si avrebbe torto a rappresentarsi la croce alla maniera del crocifisso di Place Saint Sulpice, come un pezzo di legno ben squadrato sul quale il corpo del crocifisso è inchiodato simmetricamente. L'antichità, in fatto di croce, conosceva solo l'assemblaggio grossolano di due pezzi di legno intrecciati e spesso un albero sul quale si attaccava il corpo. Di là l'espressione: Infelix arbor, infelix lignum, e semplicemente, il legno. L'essenziale era che il corpo fosse elevato al di sopra del suolo e che non toccasse la terra. È in questo senso che si dice che il crocifisso era appeso al legno.

La crocifissione è menzionata diverse volte nella Bibbia. Il testo celebre del Deuteronomio [1] fissa le regole della crocifissione; quelli del libro di Giosuè [2] riportano la crocifissione del re di Ai, dei cinque re di Makkedah e del re di Gerico. È, in ebraico, la talah.

La iaqah menzionata altrove [3] sembra essere stata piuttosto l'impalamento.

Infatti, l'intero testo di Deuteronomio 21 contiene, al completo, il rituale semitico palestinese della crocifissione.

Se un uomo avrà commesso un delitto degno di morte e tu l'avrai messo a morte e appeso a un albero, il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull'albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno, perché l'appeso è una maledizione di Dio.

Nei testi del libro di Giosuè, i re sono prima messi a morte, crocifissi, rimossi al tramonto e sepolti sotto le pietre.

Nessuno dei modi di crocifissione sopra enumerati, a dire il vero, è dato come facente parte di un sacrificio rituale, ma non c'è da dubitare che rappresentano le sopravvivenze di una pratica sacrificale. Si sa, infatti, che in un'epoca anteriore e primitiva ogni esecuzione criminale è stata un sacrificio espiatorio; all'epoca in cui i racconti jahvisti ed elohisti sono scritti, l'esecuzione criminale non è più un sacrificio, ma ne ha conservato il processo. Il carattere di esposizione delle crocifissioni bibliche è ancora attestato dal fatto che sono praticate post mortem, fatto sul quale dovremo ritornare e che è esplicitamente affermato dai testi sopra indicati. Infine, il testo legislativo del Deuteronomio 21, ancora più chiaro degli altri, nel dire che il crocifisso è «maledizione di Dio», testimonia che originariamente la vittima è stata consacrata al dio; si sa che, nelle religioni primitive, maledizione equivale a consacrazione.

Nessun testo post-biblico, almeno a mia conoscenza, menziona la crocifissione come parte di un rituale sacrificale. Infatti, la crocifissione sacrificale non poteva più praticarsi, in epoca post-biblica, se non in oscure sopravvivenze come quella che dobbiamo studiare. 

Per contro, la crocifissione-supplizio era fiorita tra i Persiani, gli Egiziani, i Cartaginesi; i principi asmonei ne avevano fatto un orribile uso, e i Romani l'avevano adottata. Non c'è bisogno di ricordarne le descrizioni. La crocifissione-supplizio si differenzia essenzialmente dalla crocifissione sacrificale in quanto, come abbiamo appena visto, la crocifissione sacrificale, almeno in Palestina, si praticava dopo la morte, mentre, nella crocifissione penale, si crocifiggeva vivo; ed è una cosa atroce immaginare che la morte non arrivasse così presto. Nessuna ferita grave era fatta; l'inchiodatura stessa (quando si inchiodava) non toccava nessun organo vitale, e il disgraziato poteva agonizzare per diversi giorni.

Un'altra differenza, egualmente essenziale, tra l'antica crocifissione sacrificale palestinese e la crocifissione penale: nella prima, il cadavere era staccato il giorno stesso, prima del tramonto del sole; i testi dell'Antico Testamento sono formali e unanimi. Al contrario, nel secondo, il crocifisso, attaccato vivo alla croce, non era staccato se non dopo la sua morte e restava così più spesso diversi giorni sul patibolo. 

E quella osservazione ci fa toccare concretamente, nei racconti evangelici, la prima traccia di una tradizione sacrificale primitiva.

Gesù, nei racconti evangelici, crocifisso al mattino, muore alla sesta ora, vale a dire a mezzogiorno, ed è rimosso la sera stessa, come precisano i vangeli secondo San Matteo e secondo San Marco. [4] Ora, la cosa è del tutto inverosimile.  La leggenda evangelica non lascia indovinare alcuna ragione per la quale non sarebbe vissuto uno o più giorni sulla croce come gli altri condannati. Ciò, ognuno lo sapeva, nel primo secolo; non senza ingenuità, San Marco lo testimonia raccontando che Pilato è «stupito» di quella morte rapida.  

Perché i due primi vangeli si sono sentiti obbligati a riportare un fatto che uno di loro riconosceva improbabile?

Perché una tradizione, ed era precisamente l'antica tradizione sacrificale, riportava che il corpo della vittima era stato rimosso prima del tramonto del sole.

Il vangelo secondo San Giovanni ha sentito la difficoltà; racconta che gli ebrei chiesero a Pilato che si affrettasse la morte dei suppliziati, al fine di non lasciare in croce i loro corpi un giorno di Sabato; come se i Romani ne fossero imbarazzati! Ma la cosa più strana è che Pilato mette dei legionari al servizio della «judaica superstitio».

L'antica tradizione secondo la quale gli dèi che morivano e risorgevano dovevano percorrere in tre giorni il ciclo che li conduceva dalla morte alla resurrezione, è legata all'obbligo legale di rimuovere prima del tramonto del sole i corpi dei crocifissi. Così come la tradizione sacrificale, essa ha costretto gli evangelisti, contro ogni verosimiglianza, a far morire Gesù appena messo in croce. 

NOTE

[1] Deuteronomio 21:22-23.

[2] Giosuè 8:29; 10:26-27 e 10:1 e 28-30.

[3] Numeri 25:4 (Baal-Peor); 1 Samuele 31:10 (Saul) e 2 Samuele 21:6-9 (i sette figli di Saul).

[4] Matteo 27:59 e Marco 15:46. 

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