mercoledì 6 gennaio 2021

IL PUZZLE DEI VANGELIDio e suo Figlio

 (segue da qui)

1° Dio e suo Figlio

Rispetto anche ad alcuni apocrifi, la teologia dei vangeli canonici è molto povera, e ci vorrà molto ingegno, e l'aiuto di dotti eruditi, per ricavarne dogmi precisi. Se mettiamo da parte alcuni passi inseriti tardivamente in Giovanni, gli autori dei vangeli non sono chiaramente dei filosofi: le speculazioni di un Platone o di un Aristotele sono loro estranee, e la loro concezione della divinità è molto vicina all'immaginario popolare.

Si parla abbastanza poco di Dio nei vangeli, e su questo punto le rivelazioni che si mettono in bocca a Gesù sono molto in ritardo, per esempio, rispetto alle meditazioni di un Filone di Alessandria, che scriveva comunque all'epoca in cui Gesù è ritenuto aver vissuto. Esse sono ancora molto inferiori a quelle che si trovano nelle Epistole attribuite a Paolo, benché gli autori dei vangeli abbiano certamente conosciuto queste Epistole; sarà quindi necessario, per formare la sua propria teologia, che il cristianesimo prenda molto dall'esterno, soprattutto dal neoplatonismo.

Il Dio supremo è definito, nei vangeli, da alcuni tratti caratteristici: è buono, conosce i bisogni delle creature, degli uccelli [1] come degli uomini, e vi provvede. [2] Accoglie le preghiere, ma alle cerimonie ufficiali preferisce l'umile preghiera del cuore; giudica «ipocriti» [3] i culti pubblici nelle sinagoghe, detesta le litanie [4] e la verbosità alla maniera dei pagani. [5] Siccome egli è e vede «nel segreto», [6] è meglio, per pregare, chiudersi nella propria camera e chiudere la porta, come aveva detto Isaia. [7] Si sa che i Protestanti, condannando la pompa delle cerimonie romane, sono ritornati a quella semplicità.

IL DIO PADRE — Una parola riassume la concezione di Dio nei vangeli, quella di «Padre». Dio è il padre delle creature, ha per loro la bontà di un padre. L'espressione è impiegata spesso, [8] generalmente senza commentario. Si ha voluto vedervi la rivelazione essenziale di Gesù: questo non è esatto, il termine «Padre» era già impiegato nella Bibbia a proposito di Dio, [9] ma si deve convenire che questo non era, nell'Antico Testamento, il suo attributo principale.

Nei vangeli, è più frequente in Matteo, che l'aggiunge ai versi paralleli di Luca che non recano questo termine, [10] come se Matteo avesse voluto insistere di più sulla paternità di Dio. Ma è egualmente molto comune nel IV° Vangelo. Non mi soffermerò qui a distinguere i versi in cui Gesù è ritenuto appropriarsi il Padre [11] e quelli dove, al contrario, parla di Dio come del Padre di tutti gli uomini: [12] non mi sembra per nulla certo che quella sottile distinzione possa essere mantenuta, attraverso dei testi che i copisti hanno potuto modificare nella forma. [13

Può sembrare più inquietante che la preghiera del Pater non sia conosciuta che da due evangelisti, che la danno peraltro in circostanze diverse [14] e con variazioni di forma: il testo di Luca, che deriva da Marcione, comincia solamente con la parola «Padre»; Matteo, che ricama sempre, ha sviluppato: «Padre nostro che sei nei cieli». Nondimeno i due testi tradiscono una concezione simile della divinità, poco familiare a Marco.

In tutta evidenza, il Dio dei vangeli non deriva da quello della Bibbia, e si è spesso opposto, a giusto titolo, la bontà provvidenziale del Dio cristiano alla crudeltà, spesso sanguinaria, di Jahvé. Se fosse lo stesso Dio, sarebbe necessario prestargli l'evoluzione che segnala Anatole France: «Benché immutabile per essenza, nella misura in cui io duro, inclino di più alla dolcezza. Questo cambiamento di carattere è evidente a chi legge i miei due testamenti». [15]

Però si trova nella Bibbia quella stessa evoluzione: il Dio di Isaia non è più quello di Mosè; ma sappiamo che Isaia è stato largamente utilizzato nei vangeli, e non ne saremo sorpresi, né consideriamo l'importanza che aveva questo libro tra gli Esseni.

Che il Dio-Padre dei vangeli sia quello degli Esseni, è facile da rendersene conto alla lettura degli inni del Maestro di Giustizia, e per esempio di passi come questo: 

«Infatti tu sei un Padre per tutti i figli della verità

 E hai messo la tua gioia in loro 

Come quella che ama il suo lattante, 

E, come una nutrice (che sostiene il bambino) nel suo seno, 

Ti prendi cura di tutte le tue creature». [16]

È egualmente un brano esseno quello di Matteo sulla preghiera nel segreto e il disprezzo del culto pubblico e delle ostentazioni. Sappiamo da Giuseppe [17] che gli Esseni non compivano sacrifici nel Tempio, e gli scritti di Qumran, confermando quella discussa lettura, ci hanno portato espressioni molto vicine a quelle di Matteo:

«...Senza la carne degli olocausti e il grasso dei  sacrifici: ma il tributo delle labbra, nel rispetto della legge, sarà come un gradito odore di giustizia e  la sua via perfetta sarà come l’offerta spontanea di una gradevole oblazione». [18]

Si noterà, una volta di più, che è in Matteo che si trova questa esposizione della dottrina essena.

A queste rare osservazioni sulla divinità, aggiungiamo l'espressione di Giovanni: [19] «Dio nessuno l'ha mai visto», che non ha nulla di originale, ma sembra almeno più ebraica che pagana.

IL FIGLIO DI DIO — Ciò che non è ebraico, per contro, è attribuire un figlio a Dio: il monoteismo degli ebrei è rigoroso, e quello del Corano, che ne è ispirato, non lo sarà meno: «Dio ha un figlio, dicono i cristiani: lontana da lui questa blasfemia». [20]

L'espressione «Figlio di Dio», applicata a Gesù, si trova 27 volte nei Sinottici, e bisogna aggiungervi 9 volte la sola parola «Figlio», presa nello stesso senso. Il prologo di Giovanni vi aggiungerà l'espressione «Figlio unico». [21] Non servirebbe a nulla prendere questi termini nel loro senso comune, dicendo che tutti gli uomini sono figli di Dio: chiaramente quell'appellativo, nei vangeli, conferisce a Gesù una dignità particolarmente eminente, un rango elevato.

Ma quella nozione è totalmente estranea all'Antico Testamento: anche il Messia non può essere chiamato «figlio di Dio», perché è il figlio di Davide. Gli dèi pagani, al contrario, non ripugnavano dal procreare. È però difficile paragonare il «Figlio di Dio» dei vangeli ai figli di Giove. Tertulliano può ben paragonare la concezione verginale di Maria a quella della vacca madre del dio Api, in Egitto, fecondata da un raggio di luce; ma non è perché egli sarebbe stato concepito dallo Spirito Santo che Gesù è chiamato «Figlio di Dio», è in un senso diverso, più spirituale, che dobbiamo cercare nella Gnosi.

La teologia e la cosmologia della Gnosi sono piuttosto mutevoli. Ma il fondamento stesso della Gnosi è l'introduzione, tra il Dio supremo e il mondo materiale (creato da un demiurgo inferiore) di una gerarchia di Eoni spirituali. Alla loro testa, e procedendo direttamente dal Dio supremo, si trova talvolta un solo Eone, che è il Figlio, talvolta una coppia formata dal Figlio e dalla Sapienza (sophia). Dal Figlio o da questa coppia procedono gli Eoni successivi. Ma la missione del Figlio è di discendere dal cielo superiore, per venire a salvare o redimere il nostro mondo. Lo stesso ruolo viene talvolta attribuito alla Sapienza, ma capita che essa si perda moralmente in quella degradazione: quella idea, cara a Simon Mago, non è stata trattenuta nei canonici, ma la Sapienza personificata figura in alcuni apocrifi.

Dal Dio supremo procede dunque, nella Gnosi, il Figlio, che prende volentieri due appellativi che ci riportano ai vangeli: egli è il Cristo, egli è anche talvolta il Logos, o il Logos-Cristo.

La parola «Cristo» è considerata equivalente a «Messia»: questo non è del tutto evidente, poiché significa «unto» (con olio), e non avvistiamo per il Messia nessuna unzione, nessuna cerimonia paragonabile all'unzione regale o sacerdotale. Si invoca a volte il verso: «Tu hai amato la giustizia e odiato l'iniquità, perciò ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza». [22] Ma quella espressione, che tenderebbe a far trattenere un'unzione simbolica, non è che una citazione del Salmo 45:8, che non poteva riferirsi al Messia, poiché riguarda un giovane principe reale che possedeva figlie di re tra le sue concubine. Da nessuna parte vediamo che si parla di un'unzione a proposito di Gesù o del Cristo, e l'origine del termine rimane enigmatica. [23]

L'armonizzazione successiva dei nostri vangeli ci impedisce di sapere quando il termine «Cristo» fu legato per la prima volta a quello di Gesù. Quel che è sicuro è che, in numerosi testi gnostici, estranei al giudaismo, lo vediamo impiegato con il significato di «Salvatore». È chiaramente così in questo senso che lo impiegano Paolo e Marcione, che intendeva dimostrare che il Cristo non era il Messia ebraico.

Che nei vangeli il Cristo o il Figlio di Dio sia il Salvatore del mondo, ciò risulta chiaramente dal IV° Vangelo: «Chi viene dall'alto, chi viene dal cielo» [24] ha una missione precisa, «infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui». [25] Il IV° Vangelo ritorna spesso su quella missione affidata dal Padre al Figlio, [26] ma bisogna convenire che quella nozione è molto meno chiara nei sinottici: si può notarvi che Gesù non si designa mai lui stesso col termine «Cristo», [27] e che a più riprese egli proibisce ai suoi discepoli di propagare quell'appellativo. [28]

Quella proibizione potrebbe sorprenderci se non sapessimo che proviene da Marcione: il Cristo di Marcione vietava logicamente che lo si designasse il Messia ebraico, egli era tutt'altra cosa. Il cieco di Gerico [29] può ben sbagliarsi, ma Gesù deve correggere quell'errore, egli è tutt'altra cosa che il «figlio di Davide», egli è di gran lunga superiore all'umanità e a Davide stesso. Ecco perché, anche nei sinottici, accanto alle affermazioni davidiche, molto male anticipate dalle genealogie di Giuseppe, Gesù proclama che egli non discende da Davide, che il Cristo è al contrario il «Signore di Davide». [30]

Da qui l'espressione, derivante da Marcione ma divenuta incoerente a proposito del Messia ebraico: «Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». Nessuno era in grado di rispondergli nulla». [31]

Vi è quindi contraddizione, nei sinottici, tra la nozione del Messia figlio di Davide e quella del Cristo-Salvatore proveniente dalla Gnosi e da Marcione. Quella contraddizione non è eliminata, e non poteva esserlo. Ma non si è partiti dal Messia ebraico per farne, mediante una generalizzazione successiva, un Salvatore universale: è l'idea del Salvatore gnostico che è primitiva. Per tentare di convincere gli ebrei, ci si è sforzato di applicare a questo Cristo-Salvatore le profezie ebraiche considerate riferentesi al Messia, ma non vi si è giunti in modo soddisfacente per gli ebrei. Dopo la rottura inevitabile, la nozione del figlio di Davide si è a poco a poco eclissata, e si è tornati alla concezione del Figlio di Dio, avente il rango più elevato nella gerarchia degli Eoni.

Sarà quindi molto facile, per l'autore del prologo del IV° Vangelo, assimilare questo Cristo celeste al Logos ricavato dalle speculazioni alessandrine: già in Filone il Logos era detto il «Figlio primogenito di Dio», egli era creato dall'origine del mondo. Per identificarlo con il Cristo gnostico, non basterà che affermare: «Il Logos si è fatto carne». [32] Questo non è quello che dicevano Paolo e Marcione, il cui Cristo non aveva rivestito che un'apparenza carnale. Ma, sotto l'influenza dei culti misterici, bisognava che la morte del dio fosse reale, bisognava dotarla di umanità carnale. Anche qui la riconciliazione è molto imperfetta: il Gesù dei vangeli è dotato di un corpo dalle proprietà particolari, simili a quelle dei fantasmi: cammina sull'acqua, [33] passa attraverso i muri, [34] scompare improvvisamente agli occhi dei suoi commensali. [35] Tutto quell'ingenuo immaginario, in cui l'essere divino trabocca dal suo corpo umano, si completa con la scena della trasfigurazione, e con quella dell'ascensione: «Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo». [36] È proprio così che il Cristo gnostico ritornava alla sua dimora naturale, come ne era disceso.

Ritornerà nella gloria per il grande giudizio, alla fine dei tempi: [37] Questo è anche ciò che gli Esseni dicevano del Maestro di Giustizia, e questo è ciò che aveva descritto in anticipo il libro di Enoc, opera essena. Ma nei vangeli Gesù è ancora più il «Figlio dell'uomo» di Enoc che il «figlio di Dio», e la riconciliazione di queste due nozioni darà qualche imbarazzo ai commentatori.

CRISTOLOGIA — L'incertezza degli evangelisti, sul punto capitale della natura del Cristo, è tale che i titoli di Cristo o di Figlio di Dio non sono mai dati a Gesù che dall'esterno. Ancora al momento del giudizio finale, l'espressione è equivoca: Pilato domanda a Gesù se egli sia il «re dei Giudei», e Luca ci spiega che egli era accusato di essere «Cristo re»; [38] Gesù si limita a rispondere «Tu lo dici», il che può difficilmente passare per una rivendicazione categorica. Pilato insiste: «Non rispondi nulla?», il che prova che non ha considerato la frase precedente una ammissione. 

Così, salvo Giovanni istruito dalle speculazioni sul Logos, gli evangelisti sembrano incerti sulla natura stessa del loro personaggio.

Quello che è certo è che da nessuna parte si tratta nei sinottici di farne una persona divina eguale al Padre: dappertutto vediamo il Figlio subordinato al Padre. Certo, nessuno conosce l'uno se non attraverso l'altro, [39] ma il Figlio non può fare nulla da sé, [40] compie la volontà del Padre, [41] e il Padre solo conosce le cose che gli sono nascoste. [42] Siamo ben lontani dall'idea futura di una seconda persona della Trinità, consustanziale al Padre.

Le concezioni degli evangelisti sulla natura del Cristo sono così vaghe che permetteranno tutte le divergenze dottrinali, tutte le «eresie». Senza fare violenza ai testi, si può difendere la tesi secondo la quale Gesù, uomo comune, sarebbe diventato «figlio di Dio» con l'adozione fatta al battesimo di Giovanni. [43] Si può anche, come sembrano dire gli Atti degli Apostoli [44] e l'Epistola ai Romani [45], sostenere che solo la resurrezione ha rivelato la vera personalità di Gesù: l'episodio della trasfigurazione, in effetti, sembra quasi non aver illuminato i discepoli. Si può attingere dai vangeli tutti i dogmi che si vorrà, per l'eccellente ragione che queste opere non ne contengono, che si contraddicono, come è inevitabile nella fusione di nozioni di provenienze diverse.

LA MORTE DEL LOGOS — Almeno si deve convenire che subordinando il Figlio al Padre, i sinottici evitano l'assurdità di far soffrire e morire il Dio unico. Beninteso, essi non evitano il paradosso di far soffrire e morire il Figlio di Dio, ma l'idea era comune nei culti misterici. Giovanni aggraverà questo paradosso facendo soffrire e morire un essere così elevato come il Logos, emanazione diretta del Dio supremo; ma neppure il IV° Vangelo è esente da contraddizioni interne, e non è sempre facile discernere l'esatto rango che attribuisce al Logos, Figlio unico di Dio:

— In generale, egli subordina il Figlio al Padre, e gli nega ogni potere proprio: «Io non posso fare nulla da me stesso»; [46] egli è la vite e il Padre è il vignaiuolo; [47

— tuttavia il Logos è stato creato all'origine del mondo, [48] ben prima di Abramo; [49

— A volte lo vediamo persino identificarsi con il Padre; parla come il Dio della Genesi e dice: «Prima che Abramo fosse, IO SONO», — [50] e non «io ero»: come Dio stesso, esiste dunque per essenza, e afferma: «Io e il Padre siamo UNO». [51]

Con queste contraddizioni, che non rivelano una dottrina coerente ma testimoniano le origini composite del IV° Vangelo, la Chiesa dovrà accomodarsi per creare un dogma: questo sarà la Trinità. Ma bisogna convenire che ponendo così alto il Logos, lo pseudo-Giovanni non evita lui stesso di far soffrire e morire una parte di Dio, quella assurdità sottolineata da Diderot: «Questo Dio che fa morire Dio per placare Dio». [52]

Gli Gnostici, più logici, non vi vedevano che un simbolo, e rifiutavano di ammettere che il Cristo celeste abbia potuto conoscere quella decadenza; questa sarà anche la dottrina ripresa dai Catari, per cui saranno «cotti tutti vivi», come disse Montaigne.

NOTE

[1] Matteo 6:26, Luca 12:24.

[2] Matteo 7:7-10, Luca 11:9-12.

[3] Matteo 6:5.

[4] Così piacevole alla Vergine Maria (il rosario).

[5] Matteo 6:7.

[6] Matteo 6:4.

[7] Isaia 26:20.

[8] Generalmente sotto la forma «Padre» e basta.

[9] Salmo 89:27: «Tu sei mio Padre, mio Dio e roccia della mia salvezza».

[10] Matteo 10:32 e Luca 12:8; Matteo 6:26 e Luca 12:14; Matteo 10:29 e Luca 12:6; Matteo 5:45 e Luca 6:35; Matteo 10:20 e Luca 12:12; Matteo 18:14 e Luca 15:7.

[11] Si veda 11:27, Luca 24:49.

[12] «Vostro Padre...», Luca 12:32.

[13] «Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato» (Giovanni 16:27). 

[14] Matteo 6:9, Luca 11:2.

[15] L'isola dei pinguini, capitolo 6.

[16] Inno P:35-36, traduzione Dupont-Sommer.

[17] Antichità giudaiche 18:1-5 § 19.

[18] Regola 9:4-5, traduzione Dupont-Sommer, op. cit. (Si veda in particolare la nota 2, pag. 108).

[19] Giovanni 1:18.

[20] Corano 2:110.

[21] Giovanni 1:14 e 1:18.

[22] Epistola agli Ebrei 1:9.

[23] Se non proviene dal Maestro di Giustizia esseno, che aveva ricevuto l'unzione sacerdotale.

[24] Giovanni 3:31.

[25] Giovanni 3:17.

[26] Giovanni 5:37, 6:38.

[27] Tranne in Marco 9:41, manifesta interpolazione.

[28] Marco 8:30, Matteo 16:20, Luca 9:21.

[29] Marco 10:47.

[30] Marco 12:35-37, Matteo 22:41-45, Luca 20:41-44.

[31] Matteo 22:45-46.

[32] Giovanni 1:14.

[33] Marco 6:45-52, Matteo 14:22-33, Giovanni 6:16-21.

[34] Giovanni 20:19.

[35] Luca 24:31.

[36] Luca 24:51.

[37] Marco 13:26, Matteo 24:30, Luca 21:27.

[38] Luca 23:2.

[39] Matteo 11:27, Luca 10:22 (sconosciuto a Marco).

[40] Giovanni 5:30 e 8:28.

[41] Marco 14:36, Matteo 26:39, Luca 22:42, Giovanni 14:31.

[42] Marco 13:32, Matteo 24:36.

[43] Si veda Luca 3:22; Ebrei 5:5.

[44] «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (Atti 2:36). 

[45] «Egli è stato costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la resurrezione dai morti» (1:4).

[46] Giovanni 5:30 e 8:28.

[47] Giovanni 15.1.

[48] Giovanni 1:2.

[49] Giovanni 8:58.

[50] Giovanni 8:58.

[51] Giovanni 10:30.

[52] Pensieri filosofici 40.

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