(segue da qui)
2° Il contesto religioso
L'Oriente è sempre stato un focolaio di intensa religiosità. È in Oriente che sono nate tutte le religioni, ivi compreso il cristianesimo, che si sono diffuse nel bacino del Mediterraneo col favore dell'unificazione romana. Il cristianesimo è, in essenza, una religione orientale, con cui lo spirito positivo dei Romani e degli occidentali si accomoderà piuttosto male. È dunque in Oriente che si devono cercare gli elementi che hanno determinato i caratteri essenziali e il successo del cristianesimo.
TRACCE DEL PAGANESIMO — A Roma, la classe colta non credeva più del tutto alle favole del paganesimo; è molto probabile che fossero in declino anche in Oriente, a giudicare dall'opera di Luciano di Samosata, che si è giustamente chiamato il Voltaire del paganesimo. Si venerava certo ancora la grande dea ad Efeso, ma non era che una divinità locale, appena ellenizzata. I culti pagani sussistevano ufficialmente, ma nessuno può dire se avessero ancora molti fedeli sinceramente credenti, anche nel popolo.
Tuttavia la mitologia greca, anche se aveva perso la sua credibilità, aveva abituato gli spiriti ad un'idea peculiare dell'ellenismo: la familiarità tra gli dèi e gli uomini. È soltanto in paese greco che si vedono gli dèi incarnarsi così facilmente, vivere con i mortali, come Demetra, serva del re Celeo, [13] o Apollo nato nell'isola di Delo, [14] unirsi alle mortali e fecondarle, a volte rispettando la loro verginità, [15] in breve umanizzarsi al punto che gli uomini li trattavano quasi da eguali.
Quella concezione era scandalosa per gli ebrei, che si facevano del loro dio un'idea molto elevata e non avevano mai smesso di spiritualizzarla. Era anche estranea allo spirito dei Romani, piuttosto portati alla superstizione e che mantenevano, nei confronti dei loro dèi, un timore un po' ostile. In paese greco, al contrario, la leggenda degli dèi si era talmente umanizzata che li si distingueva appena dagli umani, se non per l'immortalità. Tra le divinità superiori e gli uomini, esisteva una moltitudine di semi-dèi terreni, di cui si raccontavano le imprese terrene: Ercole, Teseo, Perseo, Polluce, Achille, Enea, e beninteso la bella Elena.
Ma, all'epoca in cui dobbiamo collocarci, un fatto importante si è verificato: grazie ai contatti che avevano seguito le conquiste di Alessandro, le assimilazioni avevano condotto ad un vasto sincretismo. Ci si era reso conto che, sotto nomi diversi, si adoravano dèi simili, e non si aveva esitato a identificare le loro persone e i loro nomi. I culti stessi si erano fusi, e un'interpretazione allegorica della mitologia si sforzava di soddisfare gli spiriti scettici.
Malgrado questi tentativi di sopravvivenza, il paganesimo propriamente detto era in declino, e nulla poteva rianimarlo.
I CULTI MISTERICI — Questo declino lasciava il campo libero a nuovi credi, favoriva lo sviluppo di culti che rispondevano meglio alle aspirazioni. Ma non bisogna credere che si dovevano allora inventare nuovi culti, quelli che prenderanno il primo posto esistevano già in seno al paganesimo, prenderanno semplicemente la forza necessaria per soppiantare i culti ufficiali. Questi sono per la maggior parte culti antichissimi, dove si si è potuto discernere le vestigia di arcaici miti agricoli che celebravano il potere generativo del chicco di grano [16] e più generalmente il mistero della vita e della generazione. [17] Ma fino alla conquista romana essi avevano conservato la loro natura segreta, non erano accessibili che agli iniziati tenuti a non rivelarne nulla.
Quella segretezza era così formidabile che Platone stesso, iniziato ai misteri di Eleusi (e probabilmente ai misteri dell'Egitto) non aveva osato parlarne apertamente, benché vi abbia attinto l'essenziale della sua teoria dell'anima. Ancora nel II° secolo, Apuleio, iniziato ai misteri di Iside, non ci racconterà che le cerimonie esterne, ciò che può «rivelare a mente umana senza commettere sacrilegio» ma che non può «comprendere». [18]
Ma bruscamente vediamo tutti questi culti evolvere allo stesso modo: essi si diffondono fuori dal loro ambiente di origine, invadono l'impero [19] e Roma stessa, e allo stesso tempo perdono molto della loro natura occulta, osando apparire in pieno giorno. Ho spiegato altrove [20] che era lo stesso per il cristianesimo: Paolo si presenta come il rivelatore di un mistero fino ad allora nascosto, [21] e per molto tempo ancora il cristianesimo rimarrà una dottrina segreta, il che favorirà le assurde leggende raccontate contro i cristiani. La questione di sapere se questa natura segreta sussista nei vangeli sarà l'oggetto di un esame successivo.
Non è un caso che ha presieduto a quella evoluzione comune: ci sono, tra il cristianesimo e i culti misterici, profonde analogie nella dottrina e nei riti. Ma quando si scriveranno i vangeli, la fusione sarà già realizzata: il battesimo di rinascita, la comunione per mezzo del pane e del vino saranno diventati riti cristiani, il Gesù dei vangeli sarà un dio «salvatore» che morirà per il riscatto degli uomini, come le altre divinità misteriche. Dal punto di vista delle fonti, è molto importante discernere ciò che, nel cristianesimo, proviene dai culti ellenistici, attraverso il paolinismo di Antiochia; ma i vangeli non rifletteranno che uno stato successivo dell'evoluzione, dove il cristianesimo si sarà appropriato dell'essenziale dell'iniziazione ai misteri per farne un «mistero cristiano».
È perché egli è uno degli dèi salvatori dell'ellenismo che il Gesù salvatore morirà in primavera, e rinascerà il terzo giorno come Marduc o Attis. La sua vita terrena sarà raccontata allo stesso modo di quella dei suoi concorrenti. Prima di morire, in un ultimo pasto con i suoi discepoli, egli istituirà un sacramento di comunione dove gli autori cristiani del II° secolo saranno sorpresi di trovare tante analogie con la comunione del sacrificio di Attis (mediante il pane e un liquido), di Osiride (mediante il vino simbolo del sangue) o di Mitra (mediante il pane e la coppa). Diranno allora che il Demonio ha ispirato queste analogie, ma noi penseremo più volentieri che il cristianesimo si è largamente ispirato a culti molto anteriori ad esso.
L'espansione del cristianesimo si spiega dunque per le stesse ragioni che hanno fatto, nello stesso tempo, il successo dei culti di Attis, di Osiride o di Mitra. Per almeno due secoli, esso dovrà combattere contro di loro, prima di sconfiggerli prendendo la loro dottrina, e fino a molti dettagli passati nei vangeli. A chi non terrebbe conto di queste influenze, il cristianesimo rimarrebbe inspiegabile.
Tutti questi culti (e il cristianesimo) ottennero tanto più successo nel popolo perché avevano elaborato una dottrina di uguaglianza e di fraternità, molto seducente per gli umili. Allo stesso tempo, i loro riti permettevano agli iniziati una comunicazione diretta con il dio; i culti pagani avevano ignorato l'estasi mistica (salvo casi eccezionali, come quello della Pizia), mentre i culti misterici sapranno sfruttare quella via, provocare visioni, [22] «carismi», nei quali si manifestava lo Spirito divino. Le divinità misteriche facevano i miracoli, guarivano i malati e i posseduti, proprio come farà Gesù, o come lo si raccontava anche di quel Simone, detto Mago, che il cristianesimo si sforzerà di annettere.
È in questo ambiente dalla forte atmosfera mistica che il cristianesimo è nato e si è dapprima sviluppato. Non saremo quindi sorpresi di trovarne numerosi esempi nei vangeli.
Oggi che tutti questi culti sono stati dimenticati, si ha troppa tendenza a sottolineare l'originalità del cristianesimo, opponendola alla mitologia. Vi è certo una notevole differenza tra Zeus e Gesù, ma è molto più difficile discernere come il salvatore Gesù si distingua da Attis o da Mitra, che mancarono di conquistare il mondo romano al suo posto: non c'è dunque bisogno di alcun miracolo per spiegare il successo del cristianesimo, favorito da Costantino.
PERSECUZIONI — Gli autori cristiani del III° secolo, che vissero in un periodo di persecuzioni (peraltro discontinue) da parte delle autorità romane, hanno immaginato che anche la Chiesa cristiana primitiva fosse stata perseguitata. Hanno moltiplicato a volontà il numero dei martiri nei primi due secoli. Siccome quell'atmosfera di persecuzioni si traduce nei vangeli sotto forma di profezie, [23] ci si deve chiedere rapidamente se corrisponda alla verità storica. [24]
I Romani, si sa, erano molto tolleranti in materia religiosa: non solo lasciavano ai popoli vinti il libero esercizio dei loro culti, ma annettevano volentieri gli dèi stranieri. Ci si può quindi chiedere perché, avendo accolto a Roma (nonostante alcune reticenze) un culto così crudele come quello di Attis, con le sue mutilazioni volontarie, lo strano culto della dèa-madre o quello della vergine-madre Iside, avrebbero perseguitato soprattutto i fedeli del dio Gesù.
Ma non vi è un esempio certo, prima della metà del III° secolo, di una persecuzione sistematica e puramente religiosa ascrivibile ai Romani.
La leggenda delle torce viventi di Nerone, che forse è stata aggiunta a Tacito nel XV° secolo secondo Sulpicio Severo. è in ogni caso senza fondamento: essa è sconosciuta a tutti gli autori cristiani. Tertulliano dice che Nerone avrebbe fatto uccidere alcuni cristiani per la spada, [25] il che è ben diverso, ma ci sono molte altre vittime pagane ai tempi di Nerone, e nulla ci permette di pensare che questo fosse per un motivo religioso.
Il martirio degli apostoli Pietro e Paolo è anch'esso solo una leggenda. Nessuno sa come Paolo ha finito i suoi giorni: l'autore degli Atti, che lo conduce fino a Roma, non ve lo fa morire, e nel 140 circa Clemente lo manderà a morire in Spagna. Quanto a Pietro, la sua venuta a Roma è una leggenda tardiva, destinata a giustificare la preminenza del vescovo di Roma. Tutto ciò sarebbe troppo lungo da dimostrare qui, e fuori dal mio soggetto.
È da lungo tempo che si è denunciata la natura artificiale del racconto della lapidazione di Stefano, [26] che figura negli Atti. [27] In ogni caso, si tratterebbe di una vittima del Sinedrio, non delle autorità romane.
Se il Tempio di Gerusalemme è bruciato, questo non fu che uno sfortunato incidente dell'assedio: mai i Romani se la presero col culto di Jahvè, l'imperatore Augusto aveva addirittura istituito nel Tempio delle cerimonie in suo nome. [28]
Si deve quindi accettare l'idea che la maggior parte dei martiri cristiani, prima del III° secolo, sono immaginari. Questo è ciò che confesserà Origene: «Un piccolo numero di cristiani, tanto pochi che potevano facilmente contarsi, è morto, al tempo segnato, per la la religione del Cristo». [29] All'occasione, e più spesso vittime degli ebrei che dei Romani.
Tuttavia, verso la fine del II° secolo, quando Celso scrive il suo Discorso vero contro i cristiani, li presenta come «una nuova razza d'uomini nati ieri, senza tradizioni e senza patria, coalizzati contro tutte le istituzioni civili e religiose, perseguitati dalla giustizia». [30] Vi erano dunque, ai suoi tempi, procedimenti legali contro i cristiani. Non si deve concluderne che essi si terminavano tutti con una condanna a morte, ma il problema non è meno posto: per quale motivo, in virtù di quali testi la giustizia romana perseguiva i cristiani?
Si spiega talvolta che a causa della guerra ebraica, l'ostilità verso gli ebrei avrebbe raggiunto i cristiani confusi con gli sconfitti. Ma se varie misure di natura politica furono prese contro gli ebrei turbolenti dagli imperatori, questo non fu mai per un motivo religioso. Allo stesso modo, la Chiesa annette alcune vittime di Diocleziano, [31] di cui nulla permette di farne dei cristiani.
Il primo testo relativo ai processi contro i cristiani in quanto tali è la lettera di Plinio a Traiano (112 circa), se se ne ammette l'autenticità. Ancora la risposta dell'imperatore dimostra che non era questione di ricercarli in quanto tali, ma soltanto di evitare disturbi dell'ordine pubblico in una provincia lontana. E chi sono questi singolari cristiani, che ignorano ancora l'incarnazione del dio Christos, e che Plinio non accusa di essere ebrei, di legarsi all'insurrezione ebraica?
Beninteso, quando annunciano le persecuzioni, gli evangelisti non parlano a caso: si può ammettere che si ebbero alcune uccisioni in Oriente. Ma non si dovrebbe credere che il cristianesimo si sia sviluppato in un'atmosfera cruenta, e che il coraggio dei suoi martiri lo abbia imposto all'ammirazione delle folle. Quando si scrivono i vangeli, sotto l'imperatore filoso Marco Aurelio, l'idea di una persecuzione religiosa è meno accettabile che mai, e Tertulliano definisce Marco Aurelio «protettore dei cristiani». [32]
Non dimentichiamo infine che, sebbene i Romani fossero tolleranti in materia religiosa, sapevano essere crudeli quando si trattava di alimentare i giochi del circo. Che i cristiani, tra le altre vittime, siano stati consegnati alle bestie è molto plausibile, ma ciò non era in relazione con il loro credo. Seneca aveva potuto condannare moralmente i giochi del circo, [33] è fin troppo vero che il popolo si dilettava di queste atrocità; era necessario raccogliere le vittime per offrirle alle bestie, le si sceglievano generalmente tra gli schiavi, ma nulla permette di pensare che ciò fosse secondo un criterio religioso.
In aggiunta, le persecuzioni nelle province non provengono sempre dalle autorità romane, e i vangeli ci offrono una tutt'altra immagine: come i sommi sacerdoti ebrei vi sono resi responsabili della morte di Gesù, così si annuncia che i suoi discepoli saranno consegnati «ai sinedri e alle sinagoghe», [34] poi percossi, e soltanto allora portati davanti «a governatori e re». [35] Il parallelismo è impressionante, e il brano è diretto contro gli ebrei. È molto plausibile che cattivi trattamenti abbiano avuto per autori o istigatori i membri dell'alto clero ebraico, guardiano di una legge religiosa intollerante. Ben prima della nascita del cristianesimo, i sommi sacerdoti hanno commesso crimini di questo genere. È così che Alessandro Ianneo aveva fatto crocifiggere 800 Farisei intorno all'80 A.E.C. [35*] e il debole Ircano II avrebbe forse «sospeso al legno» altre persone [36] intorno al 65 A.E.C. E anche se il Maestro di Giustizia degli Esseni non figurava nel numero di queste vittime, è in ogni caso un «sacerdote empio» che viene accusato dei tormenti inflitti a questo uomo giusto. [37] I vangeli non mancano di sottolineare che è l'abitudine, a Gerusalemme, perseguitare i profeti. [38]
Fuori dalla Palestina, dove esisteva una «diaspora» importante, le sinagoghe hanno potuto giocare lo stesso ruolo nei confronti degli avversari che non erano pagani, ma pretendevano di appoggiarsi sull'Antico Testamento. Ciò doveva provocare, dal punto di vista romano, qualche agitazione locale senza importanza, ed era normale che ciascuno si rivolgesse «al governatore».
In sintesi, gli evangelisti, quando profetizzano a posteriori di persecuzioni, hanno probabilmente conoscenza di alcuni incidenti reali, ma è agli ebrei soli che ne attribuiscono la responsabilità, poiché la stesura finale dei vangeli è ostile agli ebrei. Quella visione sistematica delle cose è certamente artificiale per l'impero nel suo complesso, ci introduce nel cuore delle controversie del II° secolo tra Gnostici e giudeo-cristiani.
NOTE
[13] Si veda l'inno omerico a Demetra.
[14] Si veda l'inno omerico ad Apollo.
[15] Come Danae, fecondata da una pioggia d'oro, o la mucca madre del toro Apis, fecondata da un raggio di luce.
[16] Paolo riprende quell'immagine: 1 Corinzi 15:37.
[17] Si veda O. BRIEM, Les sociétés secrètes de mystères, Payot 1941; Paul CHALUS, L'homme et la religion (Albin Michel 1963), Capitolo 3, § IV.
[18] L'asino d'oro, ultimo capitolo.
[19] Talvolta grazie alle legioni romane, che hanno importato il culto di Mitra fino a Londra.
[20] Si veda il mio Fable de Jésus-Christ.
[21] Romani 16:25; 1 Corinzi 2:7; Efesini 3:4, 3:9; Colossesi 1:25.
[22] Si veda ciò che riporta Apuleio ne «L'asino d'oro».
[23] Marco 13:9-13, Matteo 24:9-14, Luca 21:12-19.
[24] Consultare specialmente su questo soggetto Ch. DELVOYE, Les persécutions contre les chrétiens dans l'empire romain, Cahier Rationaliste, novembre 1967.
[25] Apologetico 5:3. Allusione anche in Svetonio (Nerone, 16) che ignora a sua volta la storia delle torce.
[26] Si veda LOISY, Les Actes des apôtres, pag. 305 e seguenti.
[27] Atti 7:57-58.
[28] FILONE, Ambasciata a Caio (Caligola).
[29] Contra Celsum 3.
[30] Discorso vero, § 1.
[31] Il senatore Flavio Clemente, nipote dell'imperatore, ucciso, e sua moglie Domitilla ufficialmente esiliata a causa di ateismo (Dione Cassio 67:14). È Eusebio che legherà arbitrariamente al cristianesimo queste vittime puramente politiche.
[32] Apologetico 5:6.
[33] Lettere a Lucilio 1:7.
[34] Marco 13:9, Matteo 10:17. Luca (12:11 e 21:12) non parla che di sinagoghe.
[35] Marco 13:9, Matteo 10:18, Luca 21:12.
[35*] Flavio GIUSEPPE, Antichità Giudaiche 13:14:2.
[36] Commentario di Naum 7:8. È A. Ragot che propone quella identificazione del «sacerdote empio», suo zio Simeone ben Chetah essendo «l'uomo di menzogna».
[37] Commentario di Abacuc.
[38] Matteo 5:12 e 23:37, Luca 6:23 e 13:34.
Nessun commento:
Posta un commento