domenica 20 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELICronologia dei vangeli

 (segue da qui)

IV — Cronologia dei vangeli

È importantissimo datare, almeno approssimativamente, la stesura dei vangeli. Molte soluzioni discendono da quella datazione: ad esempio, se si scopre, come cercherò di dimostrare, che essi sono tutti posteriori al 150 (vale a dire posteriori di più di 120 anni ai fatti che sono creduti riportare), non possono più essere attribuiti ai personaggi dei tempi apostolici di cui portano i nomi; non possono più riportare i ricordi dei testimoni, o le osservazioni raccolte dai contemporanei presso questi testimoni. Riflettono solamente la concezione che si aveva di Gesù verso la metà del II° secolo.

Questo problema è nuovo. Per secoli, si sono accettate, senza poterle mettere in discussione né verificarle, le affermazioni della Chiesa sugli autori e sulle date di stesura dei vangeli. Anche numerosi storici razionalisti hanno accettato queste affermazioni: Guignebert non osava ancora discostarsene significativamente. Questo perché è difficilissimo liberarsi da abitudini di pensiero, soprattutto se sono state acquisite nell'infanzia. Questo è anche perché i metodi della critica storica sono recenti, e perché la loro applicazione ai testi cristiani non ha potuto essere intrapresa prima che le menti non si fossero liberate dalla morsa dell'insegnamento religioso. 

Le conclusioni degli storici razionalisti si sono evolute recentemente: nella misura in cui progredivano le ricerche, l'evidenza di una stesura tardiva si imponeva su di loro.

La Chiesa ha ovviamente il massimo interesse a sostenere che i vangeli sono stati scritti nel I° secolo, da autori che avevano conosciuto Gesù o raccolto l'insegnamento da testimoni diretti. È quello che essa ha sempre fatto, e su questo punto, come su molti altri, le è impossibile fare la minima concessione. Il Concilio Vaticano II ha ribadito quella dottrina (in quella forma abilmente equivoca): «Che i quattro Vangeli abbiano un'origine apostolica, la Chiesa ovunque e sempre l'ha affermato e lo afferma». [1] Ma un'affermazione, per quanto sia antica, non è una prova.

Certo i problemi sollevano grandi difficoltà, e ammetto che occorrono, per distruggere una credenza così generale e antica, argomentazioni solide: la mia dimostrazione esporrà le principali.

Che non si creda soprattutto che la mia posizione sia influenzata da un pregiudizio, dal desiderio a priori di giustificare la tesi secondo la quale Gesù non sarebbe che un essere celeste e non un uomo che era vissuto. La soluzione cosiddetta «mitica» al problema di Gesù non è un'ipotesi arbitraria, discende al contrario da una lunga analisi dei testi, e in quella ricerca la data di stesura dei vangeli costituisce un elemento essenziale. Ma non è per negare l'esistenza storica di Gesù che si è indotti a ritardare fino alla metà del II° secolo la stesura dei vangeli; al contrario, è perché i vangeli sono stati scritti in quell'epoca tardiva che si rifiuta loro ogni valore quanto alla prova di un fatto storico.

Per di più, perfino la redazione tardiva dei vangeli non basta a giustificare la tesi mitica; motivo per cui lascerò qui questo problema da parte.

La data di stesura dei vangeli discende con certezza da due constatazioni fondamentali:

— da una parte, nessun autore cristiano menziona gli scritti evangelici prima del 150 (e anche, di fatto, prima di Ireneo intorno al 190);

— d'altra parte, possiamo spiegare perché e come i vangeli furono scritti, dopo il 150, quando il bisogno di quei testi apparve nella polemica con gli Gnostici, specialmente con Marcione.

Ciò non vuol dire che non siano esistiti, prima del 150, degli elementi che saranno utilizzati nella stesura finale. Al contrario, la datazione tardiva dei vangeli pone, in modo nuovo ma ancora più imperioso, il problema delle loro fonti. Ma quella questione sarà riservata fino al capitolo seguente: è infatti necessario  stabilire innanzitutto la data effettiva di stesura, prima di ricercare ciò che gli autori hanno utilizzato, da cui hanno attinto la loro informazione.

Che il lettore non si stupisca dunque di trovare qui idee che urteranno le sue abitudini di pensiero, e  contrarie all'insegnamento ricevuto: ogni novità sorprende, ma importa esaminarne le prove.

Una cosa, in ogni caso, appare certa: su una questione rilevante della critica storica, non è più possibile attenersi alle affermazioni della Chiesa, anche se fosse fondata su una tradizione antica. Il fatto che si sia ripetuto nei secoli lo stesso errore non basta a trasformarlo in verità. Conviene anche mettere in guardia contro tutte quelle opere che, nonostante i numerosi lavori storici contrari, si attengono alle risposte date dalla commissione biblica della Chiesa romana, e riprodotte come verità di fede, perfino nei trattati più recenti. [2]

NOTE

[1] Actes du Concile de Vatican II, tomo 2, Capitolo 5:18.

[2] Per esempio, Introduction à la Bible, di Robert e Feuillet (Ed. Desclée et Cie), tomo 2, pag. 153.

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