martedì 28 aprile 2020

Profeti e profezie



PROFETI E PROFEZIE

Ai tempi del Nuovo Testamento, gli ebrei, in generale, credevano che l'era della profezia fosse terminata. [74] Per Gesù, Giovanni il Battista era l'ultimo della linea dei profeti (Matteo 11:11). Il precursore personificava la fine della Legge mentre il Cristo inaugurava l'era del Regno di Dio. Gesù diceva: «Fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il Battista; eppure il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui» (Matteo 11:11). Giovanni era d'accordo: «Colui che viene dall'alto è sopra tutti, colui che è della terra parla come uno che è della terra» (Giovanni 3:31-33); egli marcava così la superiorità celeste di Gesù.

Di conseguenza, la profezia non poteva applicarsi al Cristo, e costui non poteva né considerarsi né proclamarsi profeta. Sono i suoi seguaci successivi ad aver creduto che lo fosse e ad aver corretto i vangeli in tal senso. Osserviamo nondimeno che gli evangelisti, pur riportando questa opinione, non ne tengono conto; da nessuna parte è indicato che Gesù stesso si sarebbe presentato come un o come il profeta. È in un secondo stato delle nostre scritture che quella pretesa fu introdotta.

Ma altri passi dei nostri vangeli stabiliscono che lo status di profeta fu allora rifiutato a Gesù da certi ambienti cristiani: «Nessuno è profeta nella sua patria». «Non è mai uscito alcun profeta dalla Galilea».

Per quanto riguarda le presunte profezie nel Nuovo Testamento, esse sono spesso di una natura troppo generica per costituire delle predizioni; alcune sono state scritte dopo l'evento. Di quelle che si collegano ad una citazione biblica, si può dire che gli evangelisti a volte le hanno viste dove non ve n'erano, a volte hanno alterato il significato dei testi per trasformarli in profezie, a volte hanno inventato da zero episodi evangelici al fine di realizzare antichissime profezie.

Era un'abitudine presso alcuni ebrei cercare e trovare nelle loro Scritture passi relativi ad avvenimenti più o meno simili a quelli di cui erano i contemporanei. Essi ritenevano allora che questi eventi fossero stati predetti da parecchi secoli. Si sa la parte che una setta essena ha tratto dalla «profezia» di Abacuc. Ancora oggi, esiste gente che crede che l'Apocalisse abbia predetto le due guerre mondiali e che ne annunci una terza; questo scritto è, almeno ai loro occhi, una profezia perpetua.

Era così al tempo della stesura dei nostri vangeli.

Alcuni esempi non saranno inutili. 

Secondo Matteo (1:21) un angelo dice a Giuseppe: «Maria partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù» e l'evangelista aggiunge: «Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: La Vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele». Ma l'oracolo non è per nulla realizzato con il bambino di Maria, poiché si chiama Gesù. D'altra parte, questa «profezia» ricavata da Isaia (7:14-16) parla di una giovane donna e non di una vergine; risale a sette secoli prima della nostra era e annuncia al re Acaz la nascita di un principe erede; non riguarda Gesù. Chi oserebbe, nel XX° secolo, far annunciare un papa o un generale contemporaneo dalle profezie di mago Merlino? Supponendo che gli evangelisti abbiano creduto a quella possibilità, perché hanno citato solo una parte della profezia? Il seguito indicava che il giovane Emmanuele avrebbe mangiato panna e miele e che ognuno avrebbe allevato una giovenca e due pecore, il che non era pertanto indegno di figurare in una biografia del bambino Gesù.

Si legge in Matteo (2:16-17) che Erode fece uccidere a Betlemme tutti i bambini sotto i due anni e che così fu compiuto un oracolo di Geremia (31:15). Questo oracolo dice così: «Si è udita una voce a Rama... Rachele piange i suoi figli perché non sono più». Si converrà che ci vuole una bella immaginazione per fare un collegamento tra i due fatti. Infatti sono gli uomini di Efraim, Manasse e Beniamino massacrati o deportati dagli Assiri che piange Rachele loro antenata. 

Matteo (21:4-5) dichiara che l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme ebbe luogo «per adempiere l'oracolo del profeta» Zaccaria (9:9): «Ecco il tuo re viene a te... montato sopra un'asina». Essa è molto imbarazzante per coloro che vi vedono una scena storica ma, se non fosse così, perché non avere citato il seguito dell'oracolo ? È tuttavia interessante; Jahvè ci annuncia che si accamperà attorno al Tempio di Gerusalemme con un'armata, che annuncerà la pace alle nazioni e che dominerà fino ai confini della terra. Chi si è sbagliato? Jahvé o l'evangelista?

Secondo Giovanni (3:14-15) «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'Uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna». Non si scorge oggi il rapporto che ha potuto esistere tra il Cristo morto sulla croce e il serpente di bronzo che, fissato su un palo, guarì coloro che lo guardavano (Numeri 21:4-9). Questo paragone ci orienta semplicemente verso una setta precristiana, quella degli Ofiti o Naasseni, per cui il serpente era l'amico dell'uomo.

Matteo (27:48) e Marco (15:36) fanno allusione al verso 22 del Salmo 69 : «Per dissetarmi, mi hanno dato da bere aceto» senza dare la loro fonte, in modo che si potesse credere che non vi sia alcuna correlazione tra questo salmo e il loro racconto, il quale per conseguenza sarebbe apparso storico. Orbene, l'utilizzo di questo salmo da parte dei nostri autori è indiscusso, ma rimane incompleto come sempre. Si prende ciò che corrisponde a ciò che si immagina; si lascia il resto. Si ignora così che il narratore diceva: «Salvami, o Dio, perché le acque mi sono penetrate fino all'anima... Sono affondato in un profondo pantano... O Dio, tu conosci la mia follia e le mie colpe... Liberami dai miei nemici... Riversa su di loro la tua ira... Che la loro dimora sia devastata...». Non si trattava di una morte sulla croce, né, naturalmente, di Gesù, ma forse di un'analogia con la situazione di Giona nel grande pesce.

Potremmo continuare a lungo questo esame di citazioni bibliche del Nuovo Testamento, ma ciò diventerebbe noioso; ci sia sufficiente assicurare che queste troppo famose profezie non riguardano il Cristo e che sono utilizzate in una maniera arbitraria. Se non si volesse considerare gli evangelisti come visionari o mistici traviati dalla loro fede, ci si indignerebbe per i loro «metodi» di esegesi.

Già diciotto secoli fa, Marcione sosteneva che le profezie erano false per quanto riguardava Gesù, e inutili. Egli ammetteva che si applicavano ad un Messia ebreo che non poteva essere Gesù Cristo e che questo Messia non era venuto. Dubitava persino che sarebbe apparso un giorno.

NOTE

[74] Il ruolo della profezia nel Nuovo Testamento o all'inizio della nostra era non è credibile; la profezia si era arrestata 400 anni prima di Gesù Cristo e si è potuto, già nel secolo scorso, sottolineare il proprio stupore. «È un'idea ammissibile quella di un movimento di pensiero e di opinione che si ferma per quattrocento anni e che, alla fine di questo tempo, si rimette a camminare improvvisamente per arrivare più in alto di quanto non si sia elevato fino ad allora ? Non è certo che un movimento che si interrompa così perisca interamente?» (De Broglie, Questions bibliques, Parigi, 1897, pag. 368). D'altra parte, come spiegare che delle profezie interpretate da un'intera nazione nel senso di un Messia temporale e glorioso abbiano suscitato in quella stessa nazione un messia spirituale e sofferente ?

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