mercoledì 22 gennaio 2020

La Favola di Gesù Cristo — «Il Messia degli Esseni»

(segue da qui)

Il Messia degli Esseni

Tenuto conto della loro dottrina e del loro modo di vita, era fatale che gli Esseni si facessero del Messia un'idea molto diversa da quelle degli altri ebrei. Distaccati da questo mondo, non si interessavano al dominio universale. Per loro, il Messia non poteva avere che un ruolo morale e spirituale; non poteva essere un capo militare; doveva portare la consolazione ai poveri e ai «santi».

Ancora più degli altri, gli Esseni avevano cercato di farsi un'immagine del Messia attraverso i testi dell'Antico Testamento. Sappiamo che leggevano i libri sacri, che ne facevano delle copie e dei commentari. Ma non attribuivano lo stesso valore agli stessi testi degli altri; per loro Isaia era un libro profetico, e il Libro di Enoc (almeno nella sua parte delle Parabole) potrebbe benissimo essere un'opera essena. 

Attraverso questi testi, quale concezione potevano avere del Messia?

A) Identificato con il «Figlio dell'Uomo» nel Libro di Enoc, «per il quale fu fatta la Giustizia e col quale è stata fatta la Giustizia», il Messia è prima di tutto il giudice sovrano. Egli possiede la sapienza, nessuna azione segreta può sfuggirgli. È lui che giudicherà e condannerà i potenti, i re, coloro che possiedono «la forza» (la terra); ma è lui che ricompenserà anche i giusti e i santi. Alla fine dei tempi, egli apparirà su un trono di gloria per il giudizio finale. Severo verso i malvagi, verso coloro che hanno fatto di questo mondo una terra di iniquità, egli sarà indulgente verso gli infelici. Egli è la speranza di tutti coloro che soffrono.

B) Ma fino al giorno della sua venuta, il Messia resta nascosto, per la volontà di Dio. La sapienza di Dio lo ha senza dubbio rivelato ai giusti e ai santi, affinché, per il suo Nome, essi siano salvati. Ma, a parte gli iniziati, nessuno conosce il Figlio dell'Uomo, e nessuno deve conoscere il suo Nome, quel terribile Nome che ha un potere spaventoso. 

La natura segreta del Nome era, nella Bibbia, riservata a Dio (Jahvé è solo una specie di pseudonimo). Gli Esseni la hanno estesa al Maestro di Giustizia, e al Messia che si confonde (o si confonderà presto) con quest'ultimo: nessuno deve pronunciare o scrivere questo Nome.

Ora, questa natura segreta del Messia e del suo Nome richiede un doppio confronto: innanzitutto con il segreto imposto agli iniziati dei culti misterici; ma anche con alcuni passi dei vangeli dove Gesù impone un segreto difficile da giustificare. Così, dopo la trasfigurazione, egli comanda: «Non dite a nessuno quel che avete visto» (Matteo 17:9). A Pietro, che lo ha proclamato Cristo, egli «impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno» (Marco 8:30). Come interpretare queste esortazioni al silenzio in un ministero pubblico? La rivelazione del Messia, in una concezione primitiva di cui alcune tracce sono passate nei vangeli, doveva essere riservata agli iniziati, — come tra gli Esseni.

C) Avendo fatto voto di povertà, gli Esseni non potevano concepire che un Messia povero, spietato verso i ricchi, e predicatore di un regno puramente spirituale.

D) Ma i poveri e i giusti sono sempre perseguitati: quindi anche il Messia lo sarà. Siccome è pacifico, risponderà alla violenza solo con rassegnata mitezza, come in Isaia. E Giuseppe ci mostra gli Esseni che soffrivano le persecuzioni (romane): «Ridono nei loro tormenti e rendono l'anima con gioia, come se dovessero riprenderla presto». Non siamo già in pieno clima cristiano?

È comprensibile che l'idea di un Messia povero e umiliato sia sembrata ridicola o scandalosa agli ebrei che attendevano una regalità terrena. Tuttavia, i testi profetici di questo tipo esistevano nell'Antico Testamento: tutto dipendeva dall'enfasi che si metteva su alcuni tra loro.

Agli occhi degli Esseni, nessun dubbio che Isaia abbia avuto un valore particolare, e che abbiano meditato questo ritratto:

«Ecco il mio Servo (è Dio che parla), il mio Eletto di cui mi compiaccio. Io ho messo il mio Spirito su di lui, egli manifesterà la Giustizia alle nazioni... Egli non griderà, non alzerà la voce... non frantumerà la canna rotta» (42). 

«Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca, come un agnello condotto al macello» (53:7).

Poco importa l'origine di questi testi: attraverso di loro, come con l'aiuto di certi Salmi, per analogia anche con i personaggi di Giuseppe (tradito dai suoi fratelli) o di Giobbe, era relativamente facile, per mezzo di un'interpretazione mistica, creare l'immagine di un Messia sofferente e rassegnato, il cui regno non sarebbe stato di questo mondo, comprensivo verso gli umili e che prometteva loro la Giustizia nel suo regno spirituale.

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