lunedì 18 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Marcione»

(segue da qui)

Marcione

Per certi versi, Marcione si collega alla Gnosi, ma ne ha semplificato la teoria, oppure conosce una Gnosi primitiva, meno erudita. Abbiamo già visto che, anche per lui, il Cristo non è che un essere celeste che discende dal cielo, prende una rassomiglianza d'uomo [7] e non subisce che in apparenza la passione e la morte.

Ora, Marcione fu dapprima molto bene accolto dalla comunità di Roma: non solo a causa del dono di 200000 sesterzi (la Chiesa assicura che gli furono restituiti al momento della sua espulsione; io ne sono meno sicuro di lei). È lui che rivelò a Roma le epistole di Paolo. Veniva dalla Siria, aveva dunque qualche possibilità di saperne di più degli scrittori dei vangeli successivi, uno dei quali (lo pseudo-Luca) non sarà che un ritocco del suo. L'influenza di Marcione fu certamente considerevole, a giudicare dall'accanimento con cui ci si mise a confutarlo: un mezzo secolo più tardi, Tertulliano doveva ancora dedicargli un intero trattato.

Tertulliano ci informa che è Marcione ad essere intravisto, sotto il nome di Anticristo, nelle due epistole attribuite all'apostolo Giovanni: ciò permette di datare le epistole (dopo la condanna di Marcione nel 144, quindi intorno al 150, ma prima del IV° vangelo, attribuito allo stesso Giovanni, poiché Gesù vi è ancora qualificato solo come «Verbo di vita» senza essere assimilato al Logos). Quelle epistole potevano ben essere di un Giovanni, come l'autore si nomina all'inizio della seconda: non l'apostolo, che non è probabilmente mai esistito e che, in ogni caso, non poteva conoscere Marcione, ma il Presbitero, conosciuto da Papia intorno al 150.

Ora, qual è il grande rimprovero che quelle epistole fanno a Marcione? Esse mettono in guardia contro «coloro che non confessano che Gesù sia venuto nella carne» (2 Giovanni 7). Colui che lo nega è già di questo mondo (1 Giovanni 4:3) è l'Anticristo, è Marcione, precisa Tertulliano.

Stesso aspetto della controversia con il vescovo Policarpo, che, secondo Ireneo, nella sua lettera ai Filippesi, avrebbe condannato Marcione in questi termini: «Chiunque non ammette che Gesù Cristo è venuto in carne è Anticristo». [8]

Così dunque, è intorno al 150, e per opposizione agli Gnostici e a Marcione, che è nata la grande controversia sull'esistenza di Gesù. È solamente dopo il 144 che la Chiesa (e soprattutto quella di Roma) condanna coloro che negavano che Gesù fosse venuto nella carne. Fino ad allora, quella tesi aveva potuto essere sostenuta, predicata senza contraddittori da Basilide, da Marcione, da Valentino,— senza dimenticare l'autore dell'Apocalisse che attende ancora la venuta del Cristo sulla terra. È soltanto intorno al 150 che la comunità romana si distacca dagli Gnostici ed elabora il mito di un Gesù crocifisso nella carne, mito sconosciuto fino ad allora (anche da Paolo); è soltanto a quell'epoca, e secondo i bisogni della controversia, che si redigono, nei nostri vangeli, i racconti della vita terrena di un Gesù ben diverso dall'essere puramente celeste solo conosciuto prima del 150.

NOTE

[7] «Dicunt (Marcionitae) corpus Salvatoris nostri speciem quamdam fuisse ut corpus angelorum qui in domo Abrahae ederunt» (Ephrem, Evangelii concordantis expositio).  

[8] Lettera di Policarpo ai Filippesi 7:1. — Si veda DELAFOSSE (Turmel): «Lettres d'Ignace d'Antioche», Rieder, pag. 27.

2 commenti:

Marco Marchini ha detto...

Grazie per l’ottimo lavoro divulgativo; mi permetto di fare un paio di domande da inesperto su questioni che non mi sono chiare:
1. Non è più probabile che il Vangelo più simile all’Evangelion di Marcione sia il Vangelo di Marco? Considerando infatti che il Vangelo di Luca è servito ad armonizzare Marco e Matteo ed è il vangelo più lungo, come fa ad essere simile all’Evangelion, che dovrebbe essere il più corto? Forse gli eresiologi potrebbero averci tratto in inganno (come hanno fatto altre volte) facendoci credere che il Vangelo di Marcione fosse simile a quello di Luca.
2. Considerato che Marcione era contro l’AT, perché nell'Evangelion la discesa di Cristo sarebbe stata ambientata in Galilea? Capisco perché l’autore del Vangelo di Marco potrebbe averlo voluto ambientare là (per sottolineare che gli ebrei non avevano compreso chi realmente fosse Gesù, scambiandolo per il Messia terreno e poter reclamare perciò il diritto all’utilizzo dell’AT) ma all’autore dell’Evangelion non interessava l’AT; perciò non potrebbe essere che in realtà l’Evangelion fosse un insieme di loghia non ambientati in Galilea?

Giuseppe Ferri ha detto...

Grazie del complimento.

Rispondo in breve alla prima domanda. Il vangelo di Marco probabilmente fu scritto da separazionisti o da adozionisti, non da doceti come Marcione. Quindi personalmente sono molto scettico su Marco essendo proprio Mcn. Al massimo un proto-Marco che arriva fino all'episodio della Trasfigurazione (l'originaria Crocifissione di gloria del Cristo di Marcione?) e ovviamente privo dell'episodio del Battesimo nell'incipit potrebbe essere il vangelo dei simili di Satornilo, Cerdone, Marcione. Un miticista tedesco che sostiene che Marco sia Mcn, Hermann Raschke, ha trovato quella che forse è una semplice coincidenza, forse la firma del reale autore di pseudo-Marco:

Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; [κεράμιον] seguitelo (Marco 14:13)

Ora, l'ANAGRAMMA di κ(ε)ράμιον è proprio: Μαρκίων.

Quanto al motivo della discesa del Figlio del Dio Buono in Galilea, e precisamente a Cafarnao, questo lo spiega il primo autore di un commentario di un vangelo, lo gnostico Eracleone (Frammento 11, su Giovanni 2:12):
(In Giovanni 2:12, "Dopo questo egli discese a Cafarnao, con sua madre e con i suoi fratelli e con i suoi discepoli, e lì rimasero per qualche giorno".) Le parole "Dopo questo discese a Cafarnao ", indicano l'inizio di una nuova dispensazione, poiché "discese" non è detto per nulla. Cafarnao, significa le parti più remote del mondo, il regno materiale in cui egli discese. E poiché il luogo gli era alieno, non è stato riferito né che egli vi avesse fatto qualcosa e neppure che vi avesse detto qualcosa.

Flavio Giuseppe (Guerra Giudaica, 3:10:8) associa al luogo "una sorgente quanto mai fecondatrice", ed è curioso che anche Emmaus, l'ultimo luogo citato in Mcn, sia associata ad una sorgente nella sua etimologia. Evidentemente, il Cristo di Marcione non aveva bisogno di recarsi alle acque del Giordano, magari da un Battezzatore adoratore del demiurgo, per associarsi all'acqua salvifica che scaturisce in un luogo altrimenti deserto. Inoltre Marco concorda con Marcione nella scelta della Galilea: era chiamata "Galilea dei Gentili" (Isaia 8:23) quindi allegoria dell'intero mondo pagano, al quale in primo luogo Marcione stesso avrebbe voluto rivolgersi, lasciando gli ebrei al loro dio tribale e all'attesa del loro messia davidico.