domenica 20 ottobre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Lo pseudo-Marco»

(segue da qui)

Lo pseudo-Marco

Quasi tutti concordano nell'attribuire al cosiddetto vangelo di Marco la priorità in ordine di tempo, per il motivo che gli altri lo citano o lo copiano. In realtà, tenuto conto dei provvedimenti successivi, questa prova non è decisiva, e la Chiesa forse non ha torto a collocare Matteo in testa. Poco importa, perché la differenza nel tempo è minima. 

Noi non sappiamo nulla del presunto Marco, al quale si attribuisce un vangelo. Per dargli qualche credito, se ne è fatto un compagno di Pietro, ma è improbabile: non solo il suo racconto è piuttosto sfavorevole a Pietro, ma ignora la missione speciale di cui questo apostolo sarebbe stato investito (e che figura solo in Matteo). Sembra certo che l'opera fosse stata scritta a Roma. [14]

Fatte tutte le riserve sulle modifiche che ha subito in seguito, a quando risale lo pseudo-Marco nella sua prima versione? Due elementi ci permettono di datarlo approssimativamente:

a) È certamente posteriore al 135, poiché conosce la disfatta di Bar-Kokhba in quella data. Fa un'allusione, molto chiara per gli iniziati, ad un evento che, non essendo di alcun interesse successivo, certamente non è stato aggiunto al testo originale. La rivolta ebraica di Bar-Kokhba nel 132 è stata provocata dalla decisione dell'imperatore Adriano di edificare proprio sul sito del tempio di Gerusalemme (distrutto nel 70), una statua pagana. Orbene, il nostro vangelo intende chiaramente, anche se in uno stile prudente, quello che gli ebrei hanno allora qualificato «l'abominio della desolazione». Gli iniziati del tempo non potevano sbagliarsi sul significato di questa profezia in ritardo: «Quando vedrete l'abominio della desolazione stare là dove non conviene, — colui che fa la lettura (pubblica) capisca — (vedremo che lo pseudo-Matteo sarà ancora più preciso), allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti» (13:14).

b) Papia, vescovo di Frigia intorno al 150, scrisse: «Marco, interprete di Pietro, redasse esattamente ma senza ordine ciò che si ricordava dei detti del Signore». Siamo proprio obbligati a concludere che la nostra versione attuale di Marco non corrisponde più a questa descrizione: è quindi successiva a quella che Papia conosceva intorno al 150.

Il nostro testo di Marco è lontano dall'essere «senza ordine», sarebbe piuttosto troppo ordinato: «Nessuno dei vangeli ha un piano più coerente e ragionato di quello di Marco. Le suddivisioni nel suo racconto sono nettamente marcate», constata Goguel. [15] Alfaric ha notato che tutto si presenta in tre o in multipli di tre: l'opera è in tre parti, ciascuna suddivisa in tre sezioni; Gesù è condotto al Calvario prima della 3° ora, oltraggiato prima della 6°, muore prima della 9° ora... Questa composizione è lontana dal disordine conosciuto da Papia, per non parlare delle «strofe» altamente distinguibili. Quindi era necessario che qualcuno rimettesse l'ordine nel testo conosciuto nel 150.

Inoltre, il nostro vangelo contiene ben altra cosa che dei «detti» di Gesù: qualcuno vi ha dunque aggiunto, dopo il 150, una biografia di cui Marco non può essere l'autore. 

Si ricorderà che Marco sarebbe stato il primo redattore di quei «detti» di Gesù, che avrebbero servito alla composizione dei quattro vangeli: pura ipotesi. Resta da vedere se questa raccolta di affermazioni, i «Logia» come la si è chiamata, sia realmente esistita. Alfaric pensa che i «Logia» si sarebbero confusi con una raccolta di «Testimonianze» (messianiche) che raggruppavano i testi della Bibbia che si riferivano al Messia, e che è servita indubbiamente alla composizione della vita di Gesù. [16] È possibile, ma avrebbero potuto esistere due raccolte separate. In ogni caso, l'autore del nostro Marco attuale ha attinto da entrambe le fonti, senza nemmeno verificarle: accade così che, credendo di citare Isaia, cita in realtà altri due profeti (Esodo e Malachia) che in precedenza erano stati raggruppati con Isaia (Marco 1:2-3).

Notiamo che, in Marco, Gesù appare bruscamente all'età adulta: non scende più dal cielo, come in Marcione, ma la leggenda della sua nascita non si è ancora formata.

NOTE

[14] Couchoud pensa addirittura che sarebbe stato scritto dapprima in latino. Si veda infra, II° Parte, Capitolo 9, nota 7.

[15] «Introduction au Nouveau Testament».  

[16] «Aux origines du christianisme», Cahier du Cercle E. Renan, 3° trim. 1961. Alfaric si riferisce ad un'opera inglese: «Testimonies» di RENDEL HARRIS (Cambridge, 1916-20).

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