martedì 29 marzo 2022

GRANDEZZA E DECADENZA DELLA CRITICACONCLUSIONE

 (Questo è l'epilogo della traduzione italiana di un libro del miticista Édouard Dujardin, «Grandeur et décadence de la critique: sa rénovation; le cas de l'abbé Turmel». Per leggere il testo precedente, segui questo link)


INDICE

PREMESSA

PRIMA PARTE. — LE EPISTOLE DI SAN PAOLO

I. COME SI PONE LA QUESTIONE

Alcune date

II. PRIME OBIEZIONI ALLE TESI ESTREMISTE

La datazione delle dottrine

Paolinismo e marcionismo

Gesù nelle epistole

Gli eventi della fine del primo secolo e dell'inizio del secondo

Il paolinismo dei vangeli

Critica esterna

SECONDA PARTE. — LA CRITICA INTERNA O GRANDEZZA E DECADENZA DELLA CRITICA

I. GLI AVATAR DELLA CRITICA

II. IL PRINCIPIO DI CONTRADDIZIONE

III. IL PROFESSOR SCHMIEDEL E I SUOI FOUNDATION PILLARS

IV. LO SPIRITO RAZIONALISTA (INTENDIAMO SEMPRE: PSEUDO-RAZIONALISTA)

TERZA PARTE. — GLI STRUMENTI DELLA CRITICA

I. IL CRITERIO ESTETICO E SPIRITUALE

II. I FATTI DELLA STORIA

Il testo autentico delle epistole

III. CONCLUSIONE


III. 

CONCLUSIONE

Chi può dire, abbiamo scritto nella prefazione del Dieu Jésus, che in storia delle religioni esista altro rispetto a ipotesi momentaneamente verificate? Il saggio che si è appena letto non può condurre ad un'altra conclusione. La questione è sapere quali metodi ci permettono di arrivare ad un'ipotesi di quella qualità.

Per capire come è nato il cristianesimo, bisogna tenere gli occhi aperti sul mondo vivo, vale a dire guardare ciò che succede e ciò che è successo nelle società, e sforzarsi di afferrare qualcosa di quelle leggi sociologiche che la Chiesa chiama i disegni della Provvidenza; bisogna, inoltre, cercare di situare i fatti nel loro momento storico e nel loro luogo geografico; bisogna, infine, domandare alle Scritture come tutto ciò si è tradotto nel pensiero dei contemporanei. Ma, se nessun metodo è capace di ottenere risultati assoluti, questo lo è meno di ogni altro che, rifiutando il concorso di altri mezzi di indagine, si isola nel più incerto di tutti. Per contro, se la critica testuale esercitata indipendentemente dalla critica esterna e dal metodo comparativo non può che condurre a detestabili avventure, il metodo comparativo che si priva del controllo dei testi sarebbe esso stesso condannato in anticipo. Il metodo comparativo fornisce i principi guida; lo studio dei testi insegna come, in tale e tal momento, in tale e tal altra circostanza, questi principi si sono realizzati.

Così associate, le discipline introdotte dall'antropologia inglese, quelle che ha magnificamente sistematizzato la scuola sociologica, le discipline storiche e le discipline scritturali sembrano poter gettare qualche luce nel caos delle origini cristiane. E non sembra che possa per altri mezzi essere oggi edificata un'ipotesi degna di attenzione.

Oggi, ho detto. Perché la caratteristica dell'«ipotesi momentaneamente verificata» è di corrispondere allo stadio dell'intelligenza che le è contemporaneo.

Nessuno negherà che dei testi possano essere scoperti la cui autenticità sarebbe evidente; nessuno negherà neppure che la verità storica esista in sé, che i fatti sociologici stessi siano delle realtà indipendentemente dalla conoscenza che ne abbiamo. Tutti, per contro, sono sempre stati d'accordo, anche all'epoca in cui la scienza delle religioni si fabbricava a colpi di critica interna, che i testi del cristianesimo primitivo tali come noi li possediamo sono troppo brevi e troppo controversi perché si possano ricavarne delle conclusioni certe; i fatti storici che vi si riportano sono essi stessi troppo rari (e constatiamo che nelle epoche in cui sono numerosi, essi obbligano ad una scelta che è sempre soggettiva); nello studio comparativo e sociologico delle religioni, infine, la parte di interpretazione resta considerevole. Noi ci siamo sollevati contro ciò che vi era di terribilmente soggettivo nella critica interna, non perché quest'ultima interpreta i testi, ma perché rifiutando di allargare il suo orizzonte, il critico arriva ad imprigionarsi nella sua propria mentalità. Ma bisogna ben convenire che la scienza è solo un'interpretazione della realtà da parte dell'intelligenza.

Ora, l'intelligenza è, attraverso i secoli, in un perpetuo divenire. L'intelligenza ha il destino dell'uomo stesso; in tale epoca della nostra vita, tale necessità è per noi una necessità vitale, e quella necessità vitale si trasformerà man mano che gli anni si succederanno. L'intelligenza umana ha oggi le sue necessità, che non sono quelle dell'antichità, né quelle del medioevo, e nemmeno quelle di cento anni fa, e che sono le sue leggi. Ed ecco perché possono sembrarci assurde certe concezioni che saranno state quelle di tutta una serie di grandi menti. Tentare di disimpegnarsi è permesso solo se è per anticipare il domani. I metodi oggi screditati e che sono stati buoni ai loro tempi, diventano cattivi non per il fatto della loro antichità, ma perché non corrispondono più alle nuove necessità dell'intelligenza, e abbiamo spiegato per quale processo conducono colui che vi si accanisce alle peggiori aberrazioni.

È da questo punto di vista che abbiamo voluto far toccare col dito i pericoli di certe pratiche superate, e nello stesso tempo spiegare a persone non specializzate in queste questioni ma curiose delle cose della mente, quale fosse la grandezza della critica, quale ne è stata la decadenza, e quali metodi nuovi ne hanno assicurato il rinnovamento. Questo intermezzo terminato, cercheremo di vederci chiaro, mediante l'opera di questi metodi, nella storia della prima generazione cristiana. 

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