sabato 27 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AGLI EBREI (Opinioni diverse sulla sua origine)

 (segue da qui)

EPISTOLA AGLI EBREI

1. Opinioni diverse sulla sua origine.

L'Epistola agli Ebrei passava un tempo per essere stata rivolta alla comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme. Si credeva anche che fosse stata scritta primitivamente in ebraico o aramaico e tradotta più tardi in greco. Ma si è finito per osservare nel testo greco giochi di parole, allitterazioni di cui un traduttore è incapace. D'altronde le citazioni bibliche vi sono sempre fatte secondo la versione greca. In particolare in 10:5 l'incarnazione («tu mi hai formato un corpo») vi è provata con l'aiuto di un oracolo dei salmi che si basa su un controsenso della suddetta versione greca (si legge nel testo ebraico del salmo 10:4, 7: «Tu mi hai aperto le orecchie»). Ne consegue che l'Epistola agli Ebrei è stata scritta in greco. E, siccome i giudeo-cristiani di Gerusalemme non conoscevano il greco, si è obbligati ad abbandonare l'opinione degli antichi relativamente alla destinazione dell'Epistola agli Ebrei. Quel testo non è stato scritto per i giudeo-cristiani di Gerusalemme, e il titolo «agli Ebrei» sotto il quale lo si indica non ha alcun valore. 

All'epoca in cui si poneva alla base dell'epistola agli Ebrei una versione primitiva ebraica, se ne attribuiva la composizione a Paolo, e si aggiungeva che il suo lavoro era stato tradotto in greco da uno dei suoi discepoli, o Luca, o Sila, o Clemente Romano. Altri parlavano di Apollo. Oggi che la pretesa versione ebraica non è più ammessa da nessuno, non si crede più che Paolo sia responsabile per qualche cosa nella composizione dell'epistola agli Ebrei. Ma siccome si ammette unanimemente che la nostra epistola è stata, dall'anno 96, utilizzata da Clemente Romano nella sua lettera ai Corinzi (47 volte, dice Holtzmann, Einleitung in das Neue Testament 3, pag. 293), si dichiara senza esitazione che sia stata scritta, o prima della rovina di Gerusalemme (intorno al 66), oppure, al più tardi, negli anni che hanno seguito da vicino quella catastrofe (intorno al 72 o 75). 

Nel 1873, Renan, L'Antéchrist, pag. 17, attirò l'attenzione sul testo seguente del De pudicitia 5: Exstat enim et Barnabae titulus ad Hebraeos. «Queste parole», disse, «provano che il  manoscritto di cui si serviva Tertulliano presentava in testa all'epistola il nome di Barnaba. È a torto che si è presentata l'asserzione di Tertulliano come una congettura personale». E conclude: «L'attribuzione a Barnaba è la più probabile. Ha per sé l'autorità di Tertulliano che presenta il fatto come riconosciuto da tutti». Quell'osservazione di Renan è sembrata plausibile, e oggi si ammette molto comunemente che l'epistola agli Ebrei sia stata scritta da Barnaba. Apollo conserva ancora però alcuni sostenitori più o meno convinti. Nel 1900 Harnack, che si era pronunciato qualche anno prima per Barnaba, ha avanzato i nomi di Aquila e di Prisca (Zeitschrift für neutest. Theologie, I, 16) e ha portato diverse considerazioni che gli sembravano deporre a favore di quella attribuzione. In ogni caso, se sia stata scritta da Barnaba, o da Apollo, o da Aquila, o da Prisca, l'epistola agli Ebrei sarebbe stata indirizzata, si dice, alla comunità cristiana di Roma (a un piccolo gruppo della comunità romana, secondo Harnack). Questo è quanto si deduce da 13:24: «Quelli d'Italia vi salutano»