mercoledì 22 giugno 2022

LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANARIFERIMENTO AD ANDRÉ GIDE

 (Questo è l'epilogo della traduzione italiana di un libro del miticista Edouard Dujardin, «La première génération chrétienne, son destin révolutionnaire». Per leggere il testo precedente, segui questo link)

INDICE

PREMESSA

ALCUNI PUNTI PARTICOLARI

Prima parte.  LE ORIGINI 

IL SACRIFICIO PRIMITIVO

IL DIO SACRIFICATO

LA PASSIONE DEL DIO


L'ANTICA RELIGIONE DI GESÙ

I REVIVAL

IL DRAMMA SACRO

IL PASTO SACRO

Seconda parte.  LA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANA ENTRA IN SCENA

L'ORDINE DELLA PERPETUITÀ E L'ORDINE DELL'EVENTO

L'ESODO GALILEO

LA CELEBRAZIONE DEL DRAMMA E DEL PASTO SACRO

L'APPARIZIONE

I TESTI RELATIVI ALL'APPARIZIONE E AL PASTO SACRO

L'EVENTO

LA RIASCESA DEL SACRIFICIO PRIMITIVO

BREVE INCURSIONE NELLA PSICOLOGIA BIOLOGICA

I PRIMI RUOLI

PRIMO SGUARDO SUL SIGNIFICATO RIVOLUZIONARIO DEL CRISTIANESIMO PRIMITIVO

LA RICOSTITUZIONE DELLA PARENTELA

Terza parte.  L'AMBIENTE

L'INDOMANI DELL'APPARIZIONE

IL CONFORMISMO DEI PRIMI CRISTIANI

IL «POPOLO GIUDEO»

GALILEA, GELIL HAGGOYIM

LA SPERANZA MESSIANICA

LA SPERANZA MISTERICA

LA SPERANZA RIVOLUZIONARIA

LA CHIESA «GALILEA» DI GERUSALEMME

VISTA PANORAMICA SUGLI EVENTI DELLA PRIMA GENERAZIONE CRISTIANA

LA BUONA NOVELLA

LA PRIMA DISPUTA

I VIAGGI DI SAN PAOLO

I VIAGGI DI SAN PIETRO

LA FINE DELL'ETÀ APOSTOLICA

Quarta parte.  I GRUPPI

COME RAPPRESENTARSI I PRIMI CRISTIANI

LA VITA DI TUTTI I GIORNI

I DODICI ANNI DI APOLLONIO

LA PACE DELLA CHIESA

COLLEGIO DI PROPAGANDA FIDE

COLLEGIO DELLO SPIRITO

LA MORALE DELL'EROISMO

Quinta parte.  LE FIGURE RAPPRESENTATIVE

LE TRE COLONNE

SAN PIETRO

SAN GIOVANNI

SAN GIACOMO

ALCUNI COMPAGNI

COME SANNO VIVERE E MORIRE LE DONNE DI RIVOLUZIONARI

SAN PAOLO ovvero LA QUARTA DELLE TRE COLONNE

IL FABBRICANTE DI TENDE

LA CONVERSIONE

I QUINDICI GIORNI QUANDO SI È DECISA LA STORIA DEL MONDO

LA VITA DI UN CAPO

LO SCRITTORE

IL MESSAGGERO DELLO SPIRITO

I MITI RIVOLUZIONARI

LA REPRESSIONE

CONCLUSIONE

Appendici.

L'AUTENTICITÀ DELLE EPISTOLE DI SAN PAOLO

SAN PAOLO E I GALILEI

PER LA PREISTORIA PALESTINESE DELLA RELIGIONE DI GESÙ

SUB PONTIO PILATO

NOTE SU ALCUNE VARIETÀ DEL PRE-CRISTIANESIMO E SULLA GNOSI

I PRECRISTIANI DI CORINTO, DI ROMA E DI EFESO

DATA DEI TESTI, DATA DEL LORO CONTENUTO

I VERSI 7 E 8-9 DI 1 CORINZI 7

IL CRISTIANESIMO HITLERIANO

RIFERIMENTO AD ANDRÉ GIDE



APPENDICE X

RIFERIMENTO AD ANDRÉ GIDE

Oltre a ciò che con tutti gli uomini del mio tempo io gli devo, personalmente devo molto al signor André Gide. Personalmente, gli devo di essere intervenuto due volte, la prima all'inizio della mia carriera, la seconda volta alla sua fine, per darmi l'incoraggiamento poi il conforto che avranno incorniciato la mia vita letteraria.

La prima volta nel 1891. Avevo appena fatto rappresentare Antonia, mia prima opera drammatica. Conoscevo appena André Gide, che doveva ancora darmi il suo primo ordine di stampa. La mano che mi tese fu quella di un poeta di meno di ventidue anni ad uno più grande che non ne aveva ancora trenta. [1]

La seconda volta, quello stesso anno 1935. E basterà aver intuito ciò che vi sia a volte di inquietudine nel cuore di un vecchio uomo che, avendo lavorato per più di mezzo secolo, si domanda se non abbia fatto un passo falso, per apprezzare la portata che potevano prendere in certi momenti certe testimonianze di interesse; ma se evoco questi ricordi e pubblico qui quell'ultima corrispondenza, non è solo per rendere al giovane poeta divenuto uno scrittore illustre l'omaggio che gli devo, ma in ragione della portata generale della testimonianza che porta.

Nelle Pages de Journal che dà alla Nouvelle Revue Française, il signor André Gide aveva citato [2] le «parole» di San Paolo che si trovano nell'epistola ai Romani 13:1-2, (e alle quali ho fatto allusione qui stesso, a pagina 246: «Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è affatto autorità che non venga da Dio; ecco perché colui che si oppone all'autorità resiste all'ordine che Dio ha stabilito...» e osservava che «Hitler non avrebbe parlato diversamente» e aggiungeva che si potrebbe «mettere in opposizione Paolo o Pietro e il Cristo stesso».

In seguito a cui, gli scrissi la lettera seguente, il 1° maggio 1935:

Leggo con tanto emozione quanto ammirazione le pagine che date alla N. R. F., e a questo titolo vi domando di permettere ad uno «specialista» una rettifica (?) in merito alla frase che avete attribuito a San Paolo e avete confrontato al cosiddetto insegnamento del Cristo.

Avete certamente letto le epistole di San Paolo. Non siete stati colpiti dal vedervi fianco a fianco delle cose che sono letterariamente tra le più forti che siano mai state scritte e alcune insipide sciocchezze, e, fianco a fianco, egualmente, uno spirito rivoluzionario che doveva abbattere il mondo antico e un conformismo di cui la frase che citate non è l'unico esempio?

In un libro che uscirà l'autunno prossimo (e che rappresenta dieci anni di lavoro) — si chiamerà «la Prima generazione cristiana, suo destino rivoluzionario» — mi domando perché le epistole non abbiano preso posto tra le grandi opere dello Spirito. L'insufficienza del lessico e della grammatica non è una ragione. La verità è che, come ce le presenta il testo canonico, la mano degli interpolatori li ha ingombrati di queste sciocchezze e di questo conformismo... Sarà mai possibile operare un giorno la ripulita? In linea di principio, la cosa sembra possibile; ma temo che ci si arresterà ad ogni angolo di pagina per le difficoltà dei dettagli. [3]

Quanto alla frase che citate dall'epistola ai Romani, essa fa parte di un brano che è uno dei più sicuramente apocrifi del libro. Rappresenta uno stato d'animo che si è sviluppato mezzo secolo o tre quarti di secolo dopo la morte di San Paolo, quando alcuni tra i cristiani hanno tentato di riconciliare la rivoluzione cristiana con l'Impero, nello stesso tempo in cui altri si rifugiavano nell'ascetismo tolstoiano del Sermone della Montagna; infatti non ignorate che i due vangeli in cui si legge quest'ultimo risalgono al primo terzo del secondo secolo. Ecco perché l'interesse mi sembra essere di opporre, non San Paolo al Cristo, ma lo sforzo rivoluzionario della prima generazione cristiana come lo hanno espresso le epistole, al movimento controrivoluzionario ed evangelico che lo ha in gran parte sabotato. [4]

La questione è di sapere se vi sia là disputa tra studiosi o chiarimento di uno dei problemi dell'uomo.

EDOUARD DUJARDIN.

A quella lettera il signor André Gide rispose, 3 maggio 1935:

Grandemente interessato alla sua lettera.

La questione è di sapere se vi sia là disputa tra studiosi o chiarimento di uno dei problemi dell'uomo, dite. È l'una e l'altra. La «disputa tra studiosi» solleva un problema vitale e della più alta importanza. Mi permetterete di riportare il testo della vostra lettera in appendice al mio prossimo contributo alla N. R. F.?

Ben attentamente e cordialmente vostro.

ANDRÉ GIDE.

La mia lettera apparve in effetti nel numero di luglio della Nouvelle Revue Française, a pagina 50, seguita da quella nota:

Lenin non ha mancato di essere sensibile a ciò che chiama lo «spirito democratico rivoluzionario» del cristianesimo primitivo (si veda Stato e Rivoluzione, pagina 51). 

A. G.

Riportiamoci a Stato e Rivoluzione. [5] Dopo aver spiegato, nel capitolo III, 2, come i volgarizzatori e falsificatori di Marx non facessero parola su una delle misure più notevoli prese dalla Comune nel 1871 e di cui quest'ultimo aveva sottolineato l'importanza, Lenin aveva scritto:

«.... È consuetudine tacere su questo punto, come su di una «ingenuità» superata, esattamente come i cristiani «dimenticarono», quando il loro culto divenne religione di Stato, le «ingenuità» del cristianesimo primitivo e il suo spirito democratico rivoluzionario». [6]

Lenin, lo si vede, ha colto il carattere rivoluzionario del cristianesimo primitivo; ma sembra averlo scoperto nella nozione schematica che si era fatta del comportamento dei primi cristiani in opposizione alla società antica, piuttosto che nello studio dei loro scritti e nell'analisi degli eventi; così si è attenuto ad una visione molto generale e non si è domandato in particolare se, per manifestarsi, la reazione avesse aspettato fino al quarto secolo e al trionfo della Chiesa.

Tutti ammetteranno che, tutto dedito alla sua opera, non si sia soffermato su questo problema; a noi basta che la sua intuizione geniale abbia scorto una rivoluzione in ciò che attorno a lui si fingeva di considerare una religione più o meno simile alle altre religioni, altrettanto nefasta e altrettanto «oppio del popolo» come le altre... Ma dobbiamo, quanto a noi, attenerci a quella visione generale?

È qui che il pensiero del signor André Gide riprende e completa quello di Lenin, per unirsi a quello che ha ispirato la presente opera.

Al punto di partenza del cristianesimo vi è, secondo la tesi adottata dal maggior numero degli studiosi razionalisti, l'insegnamento esclusivamente morale e religioso di un uomo di nome Gesù, insegnamento raccolto in ciò che si chiama «il vangelo» e che, sviluppandosi nel temporale, la Chiesa avrebbe tradito? Impossibile allora parlare di movimento rivoluzionario; ancor più degli scritti degli uomini che hanno tentato di far accettare il cristianesimo all'Impero, «il vangelo» (qualunque straordinario valore poetico vi si riconosca) è un'opera essenzialmente controrivoluzionaria e «oppio del popolo», i marxisti hanno ragione questa volta. Al punto di partenza del cristianesimo vi è, al contrario, come abbiamo tentato di dimostrarlo, l'annuncio rivoluzionario di un mondo nuovo destinato a rimpiazzare catastroficamente un mondo che deve essere distrutto? Importa allora alla conoscenza dell'uomo, alla comprensione della Storia, precisare dove, quando e come sia nato il movimento, quali ne fossero le origini, in quale senso si sia evoluto, ed esaminare se la reazione non sia cominciata quando alcuni tra i cristiani, nel secondo secolo, hanno voluto conciliare l'Impero e la Rivoluzione e altri si sono rifugiati nel grigiore della non-resistenza predicata dal vangelo. 

NOTE

[1] Lettera del 1° luglio 1891, seguita da una seconda lettera, 25 giugno 1892, pubblicata in Cahiers Idéalistes del febbraio 1923, pagina 14.

[2] Numero di aprile 1935, pagina 509.

[3] Per ciò che concerne i fatti qui riferiti, si veda in particolare sopra, pagina 339.

[4] Sopra, pagine 246 e 340.

[5] Scritto nel 1917, traduzione francese, Bureau d'Edition, anche volume 21 delle opere complete, Editions Sociales Internationales.

[6] Stessa idea, ma senza allusione al cristianesimo, prima pagina della stessa opera dove Lenin rimprovera ai successori dei grandi rivoluzionari di distorcere le loro dottrine.

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