domenica 29 novembre 2020

IL CRISTIANESIMO SENZA GESÙPONZIO PILATO SENZA GESÙ

 (Questo è l'epilogo della traduzione italiana di un libro del miticista Guy Fau, «Le Christianisme sans Jésus». Per leggere il testo precedente, segui questo link).


TABELLA DEI CONTENUTI

Introduzione

Capitolo I° — Sopravvivenza dell'anima e immortalità

La Preistoria. — L'antico Egitto. — Zoroastro. — L'inferno secondo Omero. — Platone e il mondo ideale. — La metempsicosi. — Veduta d'insieme.

Capitolo II° — Gli dèi salvatori

La salvezza dell'anima. — Salvatori e misteri. 

1° — Riti esteriori. 

2° — Riti di salvezza. 

3° — Il battesimo di rinascita. 

4° — Comunione ed eucarestia. 

5° — Il ruolo del Salvatore. 

Adone. — Attis. — Dioniso o Bacco. — Iside. — Mitra. — Serapide. — Analogie e sincretismo. — Degli dèi mortali ? — Il Salvatore ebreo. — Il Figlio di Dio. — Conclusione.

Capitolo III° — La Gnosi e i Doceti

La Gnosi. — Gli Eoni. — Il Logos. — La Vita. — La Sapienza. — Il demiurgo. — Il Cristo. — Gli Arconti. — I doceti. — Scritti gnostici o doceti. — Prestiti cristiani alla Gnosi.

La grande rottura del 144.

Capitolo IV° — Le fonti ebraiche

1° — Il popolo della Bibbia. 

2° — Gli Esseni. 

I. — Documenti antichi.

II. — Testi di Qumran.

III. — La morale essena.

IV. — Il Maestro di Giustizia.

V. — La fuga a Damasco.

3° — Il Messia.

4° — La nuova alleanza.

Capitolo V° — Il Cammino di Damasco

Paolo di Tarso — Chi è Paolo? — La via per Damasco. — Paolo a Damasco. — Il Cristo di Paolo.— Paolo e Gesù. — I viaggi di Paolo. — La fine di Paolo. — Il paolinismo.

Capitolo VI° — I Primi cristiani

1° — L'origine del nome. 

2 — La comunità di Gerusalemme.

3° — La comunità di Antiochia.

4° — Le fondazioni di Paolo.

5° — Le comunità dell'Apocalisse.

6° — La comunità di Bitinia.

7° — La comunità di Roma.

8° — Marcione e Valentino a Roma.

9° — L'Evangelion.

Capitolo VII° — I vangeli canonici

1° — Datazione dei vangeli

2° — Fonti dei sinottici

3° — Selezione dei canonici

4° — Natura dei vangeli

5° — Il Gesù dei sinottici

Luogo di nascita. — Data di nascita. — La natività. — L'uomo. — L'insegnamento.

6° — Alterazioni e interpolazioni.

I danni di Taziano.

7° — Il Gesù del IV° vangelo.

Il logos. — La leggenda di Natale.

Capitolo VIII° — La crocifissione

1° — Improbabilità storiche.

2° — Improbabilità nella condanna.

3° — Improbabilità nell'esecuzione.

4° — Improbabilità successive.

5° — La croce cosmica di Paolo.

6° — La croce gloriosa.

7° — La leggenda del labarum.

Capitolo IX° — Dal II° al IV° secolo

Modifiche dei testi. — L'editto di Milano.— Controversie dogmatiche. — Le decisioni di Nicea. — Il ruolo di Eusebio.

Capitolo X° — La resurrezione

1° — La resurrezione del dio.

2° — La resurrezione dei morti.

A — La reincarnazione.

B — L'anima senza corpo.

C — La resurrezione dei corpi.

Capitolo XI° — Gesù nella Chiesa

Il Gesù popolare

Gesù megalomane.

Il Gesù che uccide

Un Gesù zelota?

Gesù e le sette

Dio senza Figlio

Epilogo — Ponzio Pilato senza Gesù


Epilogo

PONZIO PILATO SENZA GESÙ


Citerò da Anatole France la battuta finale di questo libro.

In definitiva, tutto il mio lavoro tende a rispondere a questa domanda: vi è veramente stato un Gesù crocifisso al tempo di Ponzio Pilato?

Per rispondere a quella domanda, io ho dimostrato che alcun testo accettabile ci permette di rispondere affermativamente. L'unico storico di questo periodo, Flavio Giuseppe, ci parla proprio del procuratore Ponzio Pilato, che governò la Giudea dal 26 al 36, sotto il regno dell'imperatore Tiberio: egli non attribuì a Pilato alcuna crocifissione. L'apostolo Paolo parla proprio di una crocifissione celeste e gnostica di cui gli Arconti sarebbero stati responsabili all'origine del mondo; ma le «colonne» della piccola comunità di Gerusalemme non gli hanno insegnato «nulla», nemmeno che essi avrebbero conosciuto un Gesù, e ancor meno un Gesù crocifisso. Il racconto della crocifissione non figura che nei vangeli, che sono stati scritti più di centoventi anni dopo i fatti che sono creduti raccontare, dunque senza altro appoggio che delle frasi attinte dall'Antico Testamento.

È comprensibile come Couchoud sia arrivato a negare l'esistenza del Gesù storico, soprattutto quando ha dimostrato che questo personaggio non era che una umanizzazione successiva di un dio Cristo preesistente.

Couchoud era l'amico e il medico personale di Anatole France. Sarebbe impensabile che non abbia detto una parola al suo eminente amico della nuova tesi che aveva appena lanciato. Anatole France non intendeva ovviamente schierarsi in quella disputa che non poteva mancare di manifestarsi, e il suo sorridente scetticismo gli consigliò piuttosto di farne un racconto. Questo fu Il Procuratore della Giudea. [1]

Non posso che raccomandare la lettura, molto piacevole, di questo piccolo racconto immaginario, che riassumerò.

Dopo un'intensa carriera, Ponzio Pilato ha preso il suo congedo e si è ritirato in Sicilia con sua figlia vedova. Lì incontrò per caso Lelio Lamia, che ha conosciuto in Giudea, ed entrambi evocano dei ricordi. Pilato ha custodito un brutto ricordo degli ebrei, sempre ostili ai Romani. Previde facilmente il futuro: «Non potendo governarli, bisognerà distruggerli...  Sempre ribelli, covando la rivolta nei loro animi accesi, essi faranno esplodere un giorno contro di noi un furore... Bisogna distruggere Gerusalemme da cima a fondo...».

Ma a queste difficoltà si mescolarono dei momenti felici. Pilato evoca il ricordo di una prostituta in cui possiamo riconoscere Maria di Magdala. Il suo amico lo informa che lei avrebbe seguito un giovane taumaturgo galileo, che si faceva chiamare Gesù il Nazareno.

— «Ponzio, ti ricordi di quell’uomo?

— Gesù? Gesù il Nazareno? No, non me ne ricordo».

IL CRISTIANESIMO SENZA GESÙGESÙ NELLA CHIESA

 


Capitolo XI

GESÙ NELLA CHIESA

Nei capitoli precedenti ho tentato di mostrare come la storia delle origini del cristianesimo possa scriversi senza far intervenire un Gesù umano. Considerato come fondatore e iniziatore del cristianesimo, Gesù non ha potuto svolgere alcun ruolo, per la semplice ragione che non è esistito. Storicamente Gesù resta un mito, una «favola» come ho scritto, o ancora un «presta-nome» come diceva Couchoud.

Ma questo mito o presta-nome ha giocato un ruolo importante nella teologia del cristianesimo, poiché è intorno al suo nome che tutto è stato costruito. Nell'analisi di questa costruzione ideologica si trovano molte influenze fuse, a volte contraddittorie. In questo senso è vero dire che il cristianesimo ha «avuto successo» perché, arrivando ultimo, ha mutuato dagli altri culti quello che ciascuno aveva di meglio. Ma è chiaro che nessuno ha concepito né realizzato questa costruzione, che si è elaborata a seconda delle circostanze. Ad esempio, avremmo un cristianesimo molto diverso, se Costantino non fosse divenuto imperatore: il cristianesimo attuale è il risultato di una rielaborazione arbitraria operata nel IV° secolo, che ha avuto per conseguenza imprevista di restituire a Gesù la natura divina che aveva nella Gnosi primitiva, un essere perfino superiore a quell'origine, da quando lo si è reso parte di Dio. Questo è tutto il contrario di quello che si aspettavano gli ebrei e i primi cristiani di Roma: gli ebrei volevano un Messia guerriero, un capo militare trionfante; gli umili adepti delle prime comunità bramavano un dio che fosse vicino a loro, familiare, consolatore, attento alle loro sofferenze e alle loro aspirazioni. Quelle due concezioni erano incompatibili.

In seguito all'evoluzione che ho cercato di descrivere, la concezione del personaggio di Gesù ha subito dei cambiamenti, i cui principi risultano da tre grandi crisi:

1°  La rottura, realizzata a Damasco, con l'ebraismo: all'alleanza iniziale con il popolo ebraico è stata sostituita una «nuova alleanza» universale, aperta a tutti i Gentili, e che non tarderà a concretizzarsi in un anti-giudaismo permanente. Non c'è più un popolo eletto, ma i cristiani, beneficiari della nuova alleanza, si considereranno i nuovi privilegiati. Certamente l'apostolo Paolo, quando predicava la sua nuova alleanza, [1] non aveva voluto ciò, ma la natura intollerante della nuova religione era iscritta nella nuova alleanza.

2° — La rottura sopraggiunta a Roma nel 144 tra la comunità romana e gli Gnostici: alla concezione di un Gesù puramente divino si è sostituito un Gesù umano crocifisso, e questa immagine si imporrà provvisoriamente.

3° — La rottura con gli ariani al Concilio di Nicea del 325, con l'ammissione di un Gesù ridivenuto divino, elevato fino alla divinità suprema come seconda persona di una Trinità, creando così l'insolubile problema della riconciliazione in una sola persona di un dio e di un uomo.

 Per cercare di risolvere questa contraddizione, fu necessario riunire diversi concili. Un concilio è una riunione di alti prelati, vescovi e monaci in vista di risolvere un problema riguardante la legge o la disciplina della Chiesa: è un dogma di fede che tutti i concili sono infallibili, anche quando ammettono decisioni contraddittorie. In questo furono a lungo superiori ai papi, che sono infallibili solo dal XIX° secolo.

Come risolvettero il problema di Gesù? Ario aveva dimostrato, con una logica apparente, che il Padre e il Figlio non potevano essere della stessa natura, poiché il Padre è eterno e il Figlio è stato «generato». Ma questa logica era troppo semplice, e Ario fu condannato. Ci si orientò allora verso l'idea di una «consustanzialità». Ma cediamo la penna a Voltaire, che, meglio di me, si è ben assimilato quelle astrazioni: [2]

«Dopo il primo concilio di Nicea, composto da trecentodiciassette vescovi infallibili, se ne tenne un altro a Rimini; e questa volta il numero degli infallibili fu di quattrocento, senza contare un cospicuo distaccamento a Seleucia di circa duecento. Questi seicento vescovi, dopo quattro mesi di liti, privarono unanimemente Gesù della sua consustanzialità. Essa gli è stata restituita in seguito, tranne che dai sociniani: così tutto è sistemato.

Uno dei grandi concili è quello di Efeso, nel 431; il vescovo di Costantinopoli Nestorio, grande persecutore di eretici, fu lui stesso condannato come eretico per aver sostenuto che, a dire il vero, Gesù era proprio Dio, ma che sua madre non era affatto madre di Dio, bensì madre di Gesù. Fu san Cirillo che fece condannare Nestorio; ma, nel corso dello stesso concilio, anche i partigiani di Nestorio fecero deporre san Cirillo: cosa che creò grande imbarazzo allo Spirito Santo.

Nota bene, a questo punto, lettore, che il Vangelo non ha mai detto una parola né della consustanzialità del Verbo, né dell’onore toccato a Maria di essere madre di Dio, e nemmeno delle altre questioni che hanno indotto a riunire concili infallibili.

Eutiche era un monaco che aveva molto strepitato contro Nestorio, la cui eresia si spingeva fino a supporre che Gesù fosse dotato di due nature: cosa spaventosa. Per confutare più efficacemente il proprio avversario, il monaco assicura che Gesù aveva una sola natura. Un certo Flaviano, vescovo di Costantinopoli, sostenne invece che era assolutamente necessario che in Gesù vi fossero due nature. Nel 449, viene riunito un affollato concilio a Efeso; questo si tenne a bastonate, come il piccolo concilio di Cirta, nel 355, e una certa conferenza tenutasi a Cartagine. La natura di Flaviano fu pestata di botte, e a Gesù furono assegnate due nature. Al concilio di Calcedonia, nel 451, Gesù fu ridotto a una natura.

Tralascio alcuni concili tenutisi per delle quisquilie, e vengo al sesto concilio generale di Costantinopoli, riunito per sapere esattamente se Gesù, che, dopo aver avuto per qualche tempo una natura, ne aveva a quell’epoca due, avesse anche due volontà. Ognun vede quanto ciò sia importante per piacere a Dio.

Questo concilio fu convocato da Costantino il Barbuto, come tutti gli altri lo erano stati dagli imperatori precedenti: i legati del vescovo di Roma furono sistemati a sinistra; il patriarca di Costantinopoli e quello di Antiochia a destra. Non so se i caudatari a Roma sostengano che la sinistra sia il posto d’onore. Comunque sia, Gesù, in questa circostanza, ottenne due volontà».

Andate dunque a raccapezzarvi! E si noti che tutto questo è imposto sotto pena di eresia. Si aveva uno spirito complicato nel IV° secolo, quando fu così fissato il dogma ancora in vigore. Ma in che modo i fedeli del dio Gesù lo concepiscono realmente? In che modo, attraverso le contraddizioni dei testi e le dispute dei monaci, i cristiani hanno ricevuto, immaginato Gesù?

Bisogna ricordare che, per molti secoli, il testo dei vangeli non è stato messo in discussione, e che per la quasi-unanimità dei fedeli i vangeli erano come la parola di Dio. Anche quando nel XVI° secolo uno scisma ha diviso la Chiesa, la disputa, sollevata da Lutero a proposito della vendita delle indulgenze si è estesa solo al ruolo del papa, dato che i protestanti non avevano messo in dubbio l'esistenza di Gesù. Bisognava aspettare la fine del XIX° secolo perché una critica razionale ponesse il problema al di fuori dell'affermazione dei dogmi; e le critiche formulate da Strauss non hanno raggiunto che una minuscola minoranza di intellettuali. Ancora oggi, molti ammettono l'insegnamento della Chiesa senza porre domande. 

Tuttavia, ad attenersi alle manifestazioni esteriori, sembra che nel corso dei secoli si possano identificare due diverse nozioni del Gesù evangelico: 

 per le masse popolari, l'immagine che prevale, ci sembra, è quella del Gesù pacifista, vicino ai poveri, che lascia venire a lui i bambini piccoli, [3] quella immagine popolare che la Chiesa mantiene con cura per la sua propaganda

— Ma se si guarda al capo della Chiesa, al suo comportamento nella storia, ciò che appare è l'immagine di un Dio crudele, più implacabile di quanto lo fosse il vecchio Jahvé, che ordina al pari di lui dei massacri.

Questi due aspetti del Gesù cristiano coesistono senza nuocersi a vicenda. Solo una infima minoranza si pone il problema della natura, del potere di quella seconda persona di una Trinità. Ad esempio, come conciliare quella nozione di una parte della Trinità con i testi che sembrano imporre un'inferiorità del Figlio rispetto al Padre: «Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre». [4]

Pochissimi di coloro che pregano Gesù pensano di porsi questa domanda, per quanto essenziale: qual è il vero potere di un dio che confessa la sua ignoranza? Trascuriamo questo aspetto del problema, e vediamo come possono coesistere le due concezioni di Gesù che ho appena distinto.

Il Gesù popolare. — Non c'è quasi bisogno di mostrare come l'immagine del mite Gesù portatore di pace, consolatore, sia stata in grado di controbilanciare la paura dell'Inferno. Questa immagine, che si ricava facilmente dalla maggior parte dei testi evangelici, ha creato un dio amabile e familiare. La prova migliore di ciò è la creazione, nel XVII° secolo, del culto del «sacro cuore» di Gesù, anche se la rappresentazione delle viscere sanguinolenti era un po' ripugnante.

A questo aspetto del culto di Gesù si è facilmente associato quello di Maria, vergine col bambino. Da questo punto di vista, i due prologhi sulla natività hanno contribuito di più a commuovere i fedeli che non i racconti dei miracoli.

Ci è voluta però molta buona volontà perché l'immagine della bontà divina possa resistere all'insegnamento del dogma dell'Inferno, accompagnato dalla terribile minaccia: «Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti». In realtà, non si credeva molto a questa minaccia a causa della stessa bontà divina, ciascuno ben sperando di far parte tra gli eletti per favore speciale. E oggi chi crede all'inferno?

Aggiungiamo a questo che la maggior parte dei credenti non leggeva più — e ancora non lo fa — i vangeli. A parte i brani letti a messa, i passi che avrebbero potuto impressionare sono sempre discretamente evitati: il piccolo Gesù nella mangiatoia, il buon pastore, la predica delle beatitudini, la lezione sul perdono [5] e soprattutto l'assoluzione data così facilmente nel confessionale hanno sempre prevalso sulle minacce più terribili. Chi dunque ha mai creduto che sarebbe stato più difficile ad un ricco entrare in paradiso che ad un cammello passare per la cruna di un ago (anche di un grosso ago), quando la Chiesa stessa dava un così tal spettacolo di ricchezza che chiaramente nessun Papa ha potuto aver paura di questo insegnamento?

Gesù il megalomane. — C'è tutta un'altra immagine di Gesù che ci offrono talvolta i vangeli nel suo ruolo celeste... Egli afferma sé stesso come il giudice supremo di tutta l'umanità al momento del suo ritorno in gloria: «Quando il Figlio dell'Uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri...». [6]

«Io come Luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre». [7]

Tali propositi, se provenissero da un uomo, dovrebbero essere considerati passibili del regime della doccia fredda. Così è ben evidente che non si ha potuto prestarglieli al momento della sua umanizzazione, possono solo essere contemporanei della divinizzazione a Nicea.

Il Gesù che uccide. — Ma nello stesso tempo in cui è assiso alla destra del Padre, il dio Gesù sarà responsabile, nella sua stessa Chiesa, di molti crimini. Non intendo farne un bilancio, mi limiterò a ricordare i principali.

A — Le prime vittime saranno gli ebrei, dalle origini fino alla metà del XX° secolo. Nei loro confronti, e in nome di Gesù trionfante, si inventeranno i pogrom, e persino campi di sterminio, sotto l'assurda accusa di «deicidi». Gli autori di queste persecuzioni saranno papi, re, dittatori, ma sempre per la gloria di Gesù.

B — In secondo luogo verranno i pagani: nel 392 l'imperatore Teodosio proclamò un editto che condannava il paganesimo e ordinava persecuzioni contro i suoi ultimi praticanti. Questo imperatore sarà chiamato «il grande» per questa impresa, ma sarà comunque solo il rappresentante sulla terra del dio Gesù.

C — Intollerante per natura, il cristianesimo si scontrerà con un nuovo monoteismo, l'Islam. Piuttosto tollerante alle origini, questo diventerà altrettanto fanatico e crudele, ma lo eguaglierà solo in seguito. All'inizio del conflitto, sono i cristiani ad essere gli autori degli orrori delle Crociate. Mi limiterò a ricordare la presa di Gerusalemme nel 1099, dove, secondo il cristiano Guglielmo di Tiro, si camminò fino alle caviglie nel sangue delle vittime massacrate nella grande moschea. Più tardi, la quarta crociata prenderà e saccheggerà la città cristiana di Costantinopoli. 

 Gli «eretici» — ovvero coloro che hanno osato professare un credo diverso da quello di Roma — saranno, nei secoli, le vittime designate di persecuzioni sanguinose. Ricordo solamente la crociata lanciata in Linguadoca contro i Catari, eredi dello gnosticismo, il massacro della popolazione rifugiatasi nella chiesa di Béziers, — dove un vescovo in armatura diede il famoso ordine: «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», — il rogo di Montségur. I Valdesi, ben dimenticati, precederanno i protestanti.

Il grande dottore della Chiesa, Tommaso d'Aquino, giustificava i roghi con questo ragionamento: gli eretici sono così odiati da Dio che equivale a fare opera pia sterminarli, ed è solo per carità cristiana che si risparmiano le loro mogli e i loro figli. Questo erudito dottore fu ovviamente canonizzato. Da questo ragionamento scaturiscono logicamente i roghi dell'Inquisizione, il massacro di san Bartolomeo (ordinato e pianificato dal papa Pio V a Caterina de Medici), i dragoni delle Cévennes dopo la revoca dell'Editto di Nantes, ecc... Tutto questo nel nome di Gesù.

I cattolici, che leggono così male i vangeli, non possono fingere di ignorare che Gesù aveva annunciato in anticipo questa missione: «Io non sono venuto a portare la pace sulla terra ma la spada». [8]

Certamente oggi la Chiesa non è più abbastanza potente da ordinare tali azioni. Ma ogni volta che può, le consiglia, vi si associa. Nel 1914, è con l'assenso di papa Pio X che il cristianissimo imperatore Francesco Giuseppe d'Austria attaccherà la Serbia ortodossa, scatenando il grande conflitto il cui annuncio, si dice, fece morire il papa di gioia. Nel 1939, il papa Pio XII, alleato di Hitler, lasciò invadere senza protestare l'Austria e poi la Polonia; benedisse gli eserciti hitleriani che stavano per attaccare la Russia, e tacque sull'esistenza dei campi di sterminio di cui era ben informato dai suoi vescovi. [8 bis]

In occasione di ogni conflitto mortale, si vedono i fedeli pregare Dio, non per la pace, ma per la loro vittoria: il loro Dio è quello degli eserciti, e ciascuno ne rivendica la protezione. La Chiesa, avendo sostenitori in ciascun campo, canta sempre lo stesso inno: Te Deum laudamus

Ah! Quanto è lontano dalle realtà storiche, il dolce Gesù che diceva che recava la pace! Tutte le religioni, fin dai tempi primitivi, hanno apprezzato il sangue; è del tutto giusto sostituirlo con del vino, più piacevole da bere.

Quanto allo spirito di tolleranza, non andate a cercarlo nei vangeli, dove Gesù dice, ve lo ricordo: «E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e scannateli davanti a me». [9]

Coloro che non vogliono che io regni su di loro, che non accettano il mio dominio, che non osano pensare secondo i miei dogmi... o più semplicemente i nemici dei miei interessi, non è questa la politica tradizionale della Chiesa? Dunque quella che è voluta da Gesù?

Così non dobbiamo stupirci che certi siano andati a cercare, sollevando un capovolgimento dei vangeli, il vero Gesù tra gli assassini facendo di lui un capobrigante per prestargli un'esistenza reale, non si esiterà a vedere in lui il capo dei sicari del tempo della guerra degli ebrei.

Un Gesù zelota? — Tra i tentativi fatti per dare una base storica al personaggio di Gesù, il più originale è quello che ne fa un capobrigante. L'inventore di questa tesi sembra essere Daniel Massé, [10] fu ripresa dal professor Rougier [11] e da J. Lehmann. [12] Ecco il riassunto.

Durante la guerra contro i Romani, un partito di nazionalisti ebrei condusse una lotta clandestina. Li si chiamò gli «zelanti» o i «fanatici di Dio», da cui abbiamo derivato «zeloti». Flavio Giuseppe li chiama i «sicari», ossia portatori di pugnali (sica), e non simpatizza minimamente per loro: «Li si nominava sicari, e non era di notte ma in pieno giorno, e specialmente in occasione delle feste più solenni, che facevano sentire gli effetti del loro furore. Essi si mescolavano alla folla, nascondendo sotto le vesti dei piccoli pugnali, e con questi colpivano i loro avversari... Il primo ad essere assassinato da loro fu il sommo sacerdote Gionata e, dopo di lui, ogni giorno numerose furono le vittime, ma il terrore era più grande delle uccisioni perché ciascuno, come in guerra, si sentiva ogni momento in pericolo di vita...». [13]

Sono disposto ad accettare che, come fu il caso da noi per i Partigiani dal 1941 al 1945, essi siano stati annientati. La loro causa era giusta, ma senza speranza. 

Il fondatore di questa setta era stato un certo Giuda, detto il Galileo o il Gaulonita: aveva levato il vessillo della rivolta nell'anno 6-7 contro il primo censimento imposto in Giudea dai Romani, [14] essendo questo censimento a scopo fiscale il segno della servitù — lo stesso che, nei nostri vangeli, serve a far nascere Gesù a Betlemme. [15]

Sarebbe stato suo figlio, che, dopo la morte di Giuda, avrebbe ripreso la lotta, e sarebbe stato... il nostro Gesù. Avrebbe provocato disordini a Gerusalemme, a capo di una banda armata di 5000 uomini (?), ed è lui che Pilato avrebbe condannato ad essere crocifisso per aver voluto farsi «re dei Giudei». Così la condanna a morte di Gesù non sarebbe solamente un fatto reale, ma un giudizio ben motivato.

Va benissimo che si trovino nei vangeli alcuni passi che possono evocare la violenza, [16] ma ciò equivale a far buon mercato di tutti i passi contrari e soprattutto della verosimiglianza. Riassumo qui ciò che ho scritto contro questa tesi. [17]

a) Bisogna innanzitutto ammettere che il personaggio reale che servì da fondamento ai vangeli sarebbe stato completamente stravolto: il pacifista non sarebbe stato altro che un capobrigante, colui che insegna a perdonare le offese non sarebbe stato altro che un assassino... Questo equivale a domandarci un sacco di concessione: io non nego che i vangeli siano stati riscritti, ma chi avrebbe potuto realizzare questo completo stravolgimento? Nel IV° secolo, gli Zeloti non esistevano più. [18

b) Quando si decise, nel III° secolo, di dotare Gesù di una vera nascita, si aggiunsero ai vangeli di Matteo e di Luca due prologhi che riportano quella natività, fu proprio necessario allora dare al bambino dei genitori. Giuseppe e Maria giocano, nei vangeli, un ruolo molto discreto, e si può senza alcun problema sopprimere questi esseri fittizi. Ma aggiungere a questi vangeli, come sostituto, un riferimento ad un capobrigante morto da almeno duecento anni e voler farci credere a questa paternità, in assenza di ogni testo, ciò eccede i limiti del credibile. 

c) Daniel Massé non aveva sufficientemente la nozione della cronologia. Che si sia perso nelle date della natività e della crocifissione è perdonabile, poiché i testi sono molto contraddittori. Ma quando attribuisce l'Apocalisse al suo capobrigante, [19] sta dimenticando che l'Apocalisse, opera di guerra, fu scritta durante la guerra degli ebrei, e molto probabilmente nell'anno 69, come ha stabilito Renan. È quindi impossibile attribuire quest'opera, per di più ebraica, ad un uomo che era vissuto durante il regno di Tiberio.

d) Ponzio Pilato ha governato la Giudea dal 26 al 36, dunque sotto Tiberio. Tacito assicura che «la Giudea fu calma sotto Tiberio» [20] e Flavio Giuseppe segnala, a carico di Pilato, solo alcuni incidenti rapidamente repressi, ma nessuna crocifissione. E questa è l'epoca in cui si vorrebbe farci credere che egli avrebbe condannato e ucciso un pericoloso perturbatore dell'ordine che aveva voluto farsi re! Questo capo d'accusa è, per giunta, ridicolo: per rivendicare la regalità, il candidato al trono avrebbe dovuto stabilire di essere un discendente di Davide, e di aver ricevuto l'unzione regale: questo non era ovviamente il caso di un brigante nato in Galilea. [21]

e) I vangeli, è vero, prestano a Gesù un discepolo chiamato Simone lo zelota, ma lui non gioca alcun ruolo, e non si sa se si tratta di un soprannome ironico, o semplicemente di uno «zelante». Diventa per contro assolutamente improbabile, come fa Daniel Massé, classificare tutti i discepoli tra i briganti della stessa banda. Leggiamo, per esempio, che Pietro si comporta come un codardo. [22] E se gli undici (Giuda avendo tradito) si trovavano con Gesù al momento del suo arresto da una truppa di 1500 uomini, come ammettere che sia stato l'unico arrestato, e che abbia lasciato partire il resto della banda ?

f) Il movimento degli Zeloti è nato dalla resistenza al tributo imposto dai Romani. Come si può far dire ad uno zelota «Rendete a Cesare quel che è di Cesare» ? [23] Ancora uno stravolgimento, dice Massé, la cosa comincia a farsi pesante, cosa resterebbe del testo iniziale?

g) Infine l'aspetto più improbabile della tesi è quello che farebbe di un criminale giustamente condannato il fondamento del cristianesimo. Come mai Flavio Giuseppe, così ostile agli Zeloti, non avrebbe segnalato questo grave errore? Come mai nessuno avrebbe replicato alle predicazioni di Paolo, il quale non predicava che un Cristo celeste, che egli parlava in favore di un capobrigante? E come mai questo Gaulonita avrebbe potuto essere chiamato «Cristo», poi assimilato al Logos e infine divinizzato per un terzo, senza che nessuno ricordasse l'origine del condannato? 

La tesi del Gesù zelota soffre di troppe improbabilità perché si possa accettarla, indipendentemente da ogni sostegno in un testo. O più ancora, contro l'unico testo che ci informa su Giuda il Galileo, che si vuole identificare a Gesù: «Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi». [24]

Mal si comprende come mai Daniel Massé, che è stato uno dei primi a fare una nuova diagnosi delle origini cristiane, abbia potuto affezionarsi a quel mito da lui creato, di un Gesù terrorista, dopo aver scritto: «Durante tutto il primo secolo e fino alla distruzione della nazione ebraica da parte di Adriano (135), nessun autore greco o romano, nessuno scriba della Chiesa, né tantomeno uno scriba della Chiesa, checché se ne dica, ha conosciuto il Gesù Cristo dei vangeli e delle Scritture cristiane... Il II° secolo non è stato che una serie di controversie che ruotavano attorno all'Apocalisse, alle favole di Cerinto, alle favole gnostiche... Tutti erano d'accordo su quella verità che il Cristo-Messia, il Crocifisso di Ponzio Pilato, non è Gesù — dio fittizio — né Gesù Cristo che non è meno inventato». [25]

Come ha potuto il lucido autore di queste righe affezionarsi ad un uomo che è probabilmente esistito nel I° secolo, ma che non ha lasciato alcun ricordo che permettesse di sospettare di aver voluto fondare una nuova religione?

La tesi di Daniel Massé si scontra, per giunta, contro un argomento testuale. Flavio Giuseppe segnala proprio la fondazione del partito degli Zeloti da parte di Giuda il Galileo, ma gli associa il fariseo Sadoc. [26] A questi due capi Massé assimila i due «testimoni» che, nell'Apocalisse, saranno uccisi dalla bestia che sale dall'abisso. [27] Che cosa sarebbe divenuto Sadoc in questa concezione delle origini cristiane? 

«I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto (?)... Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro». [28]

Non vedo nulla, nei testi cristiani, che possa collegarsi a questo sanguinoso episodio. Ma un'interpolazione ha aggiunto alla città designata da Sodoma-Egitto: «dove il loro Signore è stato crocifisso». Tutti ammettono che quella città sarebbe Roma, ma la crocifissione di Gesù è data come avvenuta a Gerusalemme: ciò non concorda più! E la morte di Giuda il Galileo dovrebbe logicamente essere data come precedente al supplizio del suo figlio Gesù: come mai l'autore dell'interpolazione può scrivere che il loro Signore È STATO crocifisso prima della morte dei due testimoni? È impossibile trovare in tutto ciò qualcosa di coerente, ma Flavio Giuseppe si oppone all'interpretazione del Gesù zelota: egli non racconta la morte di Giuda e di Sadoc, ma dopo aver enumerato i loro crimini conclude: «La vanità che ebbero Giuda e Sadoc di stabilire una quarta setta fu la causa di un così gran male. Non turbò solo la Giudea, ma gettò i semi di tanti mali di cui essa fu ancora afflitta da allora».

Sembra che questa sarebbe stata una buona occasione per parlare del figlio di Giuda e della sua crocifissione: il silenzio di Giuseppe su Gesù è un argomento inconfutabile contro l'identificazione proposta.

 Gesù e le sette. — Oggi il cristianesimo, in tutte le sue forme, è in declino: si crede sempre meno nel Gesù dei vangeli: secondo un sondaggio recente, [29] il 40% di coloro che frequentano le chiese o i templi non crede più alla vita eterna, e almeno uno su quattro non crede più alla resurrezione di Gesù. Ma avremmo torto a gioire di questo declino, che non è un progresso della ragione, poiché quel che le chiese perdono va a beneficio di sette molto più ridicole e talvolta pericolose. [30]

Se sollevo questo problema è perché alcune di queste sette hanno preso per emblema un Gesù, non quello dei vangeli, ma un Gesù immaginato secondo le loro aspirazioni è talvolta un apostolo della non violenza, ma più spesso un rivoluzionario precursore di Karl Marx, perfino un ispirato che vieta di rivolgersi dai medici in caso di malattia, un avversario delle trasfusioni di sangue, ecc..... Si vede sui poster un'immagine ingrandita di questo personaggio immaginario. 

Si è visto, meno di cinquant'anni fa, a Montfavet (Vaucluse), un semplice postino proclamarsi improvvisamente Gesù Cristo reincarnato, raccogliere molti seguaci e realizzare una grande fortuna. 

Cosa opporre a loro? Si trova tutto ciò che si vuole nei vangeli, e ciascuno può attingervi sommariamente l'immagine della propria scelta: ogni finto guaritore non può approfittare del precedente di Gesù guaritore dei malati: «È il destino dell'uomo crearsi dèi sempre più credibili ai quali crederà sempre meno». [31]

La tesi più originale è senza dubbio quella, di origine americana, che fa di Gesù il nome di un fungo tossico, adorato in certe sette perché provoca allucinazioni. Non è forse così sbagliato paragonare la fede ad una droga, ma non esiste della droga miracolosa.

Stavo per chiudere questo capitolo, quando ho avuto la sorpresa di scoprire su Le Monde, del 15 ottobre 1992, il seguente piccolo comunicato: 

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In Corea del Sud

Le scuse della setta

Il capo della Chiesa missionaria di Davera, che aveva annunciato la fine del mondo per il 10 ottobre, si è scusato, martedì 13 ottobre, di aver disturbato la gente per nulla.

La setta ha messo un annuncio su un giornale, dichiarandosi dispiaciuta, «ora che Gesù non è tornato entro il termine annunciato. Noi ci scusiamo sinceramente», ha aggiunto, «con la società e gli ambienti religiosi coreani per aver sollevato una controversia». Circa 5.000 fedeli riuniti a Seoul avevano pregato intensamente, alcuni gridando o piangendo.

Ma dopo mezzanotte, quando non è successo nulla, sono andati a casa. Davera è solo una delle duecentocinquanta sette sudcoreane che annunciano l'arrivo del Cristo per ottobre e la fine del mondo nei prossimi sette anni. 

Le predizioni variano da setta a setta. La più numerosa, la Missione dei giorni a venire, attende l'Apocalisse per il 28 ottobre. Alcuni credenti si sono dimessi dal lavoro e ritirato i loro figli dalla scuola. Altri hanno lasciato le loro famiglie che si sono rifiutate di seguirli. Secondo la polizia, 20.000 persone attendono così la fine del mondo.

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Duecentocinquanta sette nella sola Corea per attendere il ritorno di Gesù, ecco che l'Europa impallidisce rispetto all'Oriente. La fine del mondo, i primi cristiani, secondo i nostri vangeli, la stavano già aspettando per «questa generazione». Poi ci furono le persone in preda al panico dell'anno 1000... Ancora una volta, lo spettacolo è tornato in onda. Ma non è curioso vedere, per mezzo di questo lontano détour, Gesù ridivenuto quello che era alle origini: un fantasma? Almeno ha avuto la cortesia, nell'anno 15 del regno di Tiberio, di discendere dal cielo alla data fissata! Ora non viene nemmeno più all'appuntamento. Se si credesse ancora nei vangeli, lo si scuserebbe dicendo che non gli era riuscito bene la prima volta.

Ma, sebbene i vangeli annuncino il suo ritorno per «questa generazione» e noi lo aspettiamo da diciannove secoli, la Chiesa di Roma non ha ancora presentato le stesse scuse per questa defezione.

Dio senza Figlio. — Si sarà senza dubbio notato, nel corso delle mie precedenti evocazioni, quanto una religione come il cristianesimo, che si proclama monoteista, tenda, nelle sue varie forme, a ingombrare il cielo di personalità secondarie, emanazioni del Padre, e meritevoli più o meno del titolo di «figli di Dio»: dèi salvatori, Eoni gnostici, Logos, Cristo, e infine il Figlio unigenito racchiuso in una Trinità, il tutto senza contare gli angeli. Perché il Dio unico, immateriale, il «Vertebrato gassoso», come lo chiamava Aldous Huxley, ha bisogno di così tanti subalterni per esercitare il suo potere? Perché questo Logos, da cui tutto è stato fatto, perché questi Eoni celesti più o meno incarnati? Nel paganesimo, era normale attribuire i figli alle divinità dell'Olimpo, concepite sul modello umano. Ma cosa c'è di più assurdo che immaginarsi un Dio onnipotente che, per salvare le sue creature, ha bisogno di sacrificare il suo unico figlio, — il quale si ritroverà infine a far parte di sé stesso ?

I teologi hanno una mente complicata, e le eresie non sono altro che litigi tra monaci. Quindi io ho voluto, per finire, ricordarvi che esiste un Dio unico che fa agevolmente a meno di tutto quell'entourage, e che non sembra soffrire di questo isolamento: è Allah, il dio dell'Islam. 

Maometto ha ispirato alla Bibbia e ai testi cristiani una buona parte di quel che compone il disordine del suo Corano. Ma egli è intransigente su un punto: «Credete dunque in Dio e nei suoi messaggeri e non dite “Tre”: egli è un.... Avrebbe un figlio? Gloria a lui! A lui appartiene tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla terra. Allah è sufficiente come garante». [32]

Ecco finalmente un Dio che si fa distinguere per la sua semplicità. Aggiungete che è onnipotente, che nulla accade senza la sua volontà. E infine, che è così tollerante che non impone nemmeno la sua religione: «In verità coloro che credono e i giudei, nazareni o sabei, tutti quelli che credono in Allah e nell’ultimo giorno e compiono il bene riceveranno il compenso presso il loro signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti». [33]

Si sarebbe pronti a gridare bravo, se non vedessimo come i fanatici dimenticano dei così saggi precetti.

In ogni caso, nessun bisogno più di un Figlio, nessun bisogno più di un Gesù: vedete bene che se ne può fare a meno. 


NOTE

[1] 1 Corinzi 11:25; 2 Corinzi 3:6 e 14-6; Galati 3:15-17; 4:24; Efesini 2:12.

[2] Voltaire, Dizionario filosofico, v° Concili.

[3] Matteo 19:14.

[4] Matteo 24:36.

[5] Matteo 6:12-15 (nel Pater).

[6] Matteo 25:31-32; si veda egualmente Matteo 14:28.

[7] Giovanni 12:46.

[8] Luca 12:51.

[8 bis] Si veda Henri Fabre: «L'Eglise catholique face au fascisme et au nazisme», éditions EPO, 1944, Bruxelles.

[9] Luca 19:27.

[10] Daniel Massé, L'énigme de Jésus, ed. Siècle.

[11] Louis Rougier, La genèse des dogmes chrétiens, ed. Albin Michel.

[12] J. Lehmann, Dossier Jésus, ed. Albin Michel 1972.

[13] Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, Libro 2, § 23.

[14] Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, Libro 2, § 12:1.

[15] Luca 2:1-4.

[16] Matteo 10:34; 26:51; Luca 19:27; 22:36.

[17] Guy Fau, Jésus et les Zélotes, in Cahiers du Cercle Ernest Renan, n° 51, maggio 1973.

[18] J. Lehmann, nel Dossier Jésus, ammette che vi è, tra i due Gesù, una contraddizione così profonda che non ne rimane nulla in comune se non... il nome. 

[19] Daniel Massé, L'Apocalypse et le royaume de Dieu, ed. Sphinx.

[20] Tacito, Storie 5:9, 7: «Sub Tiberio quies».

[21] Ancor meno di colui che disse: «Il mio regno non è di questo mondo».

[22] Matteo 26:69-74.

[23] Matteo 22:21. Espressione conforme alla dottrina essena.

[24] Atti 5:37.

[25] Daniel Massé, L'énigme de Jésus-Christ, (1926), Introduzione.

[26] Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche, libro 18, capitolo 1.

[27] Apocalisse 11:7.

[28] Apocalisse 11:8-9.

[29] Sondaggio de l'Express, analizzato nel Canard enchaîné, del 22 aprile 1992.

[30] Si veda Roger Ikor, Je porte plainte (éd. Albin Michel, 1981), lettera aperta al presidente della Repubblica dopo la morte di suo figlio (lettera rimasta senza risposta e senza seguito). Dello stesso autore Les sectes et la liberté, in Cahiers rationalistes, n° 364, dicembre 1980.

[31] Jean Rostand, Pensées d'un biologiste.

[32] Il Corano, 4:169.

[33] Il Corano, 2:59. Confesso che le mani mi tremano un poco. 

sabato 28 novembre 2020

IL CRISTIANESIMO SENZA GESÙLA RESURREZIONE

 


Capitolo X

LA RESURREZIONE

L'apostolo Paolo insegnava: «Se non esiste resurrezione dai morti, neanche Cristo è resuscitato. Ma se Cristo non è resuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.

Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha resuscitato Cristo, mentre non lo ha resuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede». [1]

Questa insistenza prova quale importanza l'apostolo attribuiva a questo dogma della resurrezione. Questo è comprensibile: è l'assicurazione che tocca di più i credenti, senza la quale la maggior parte di loro si disinteresserebbero senza dubbio della religione. Ma ben pochi riflettono su questa nozione di resurrezione.

In occasione della festa di Pasqua del 1992, un giornalista cattolico assicurava: «L'anima è una nozione pagana. Per i cristiani la sopravvivenza non può intendersi che come una resurrezione dei corpi». [2]

Si è potuto sostenere al contrario che l'immortalità dell'anima e la resurrezione fossero «due principi contraddittori», [3] e che un'anima immortale è prigioniera nel corpo e aspira a evadere da esso per ritrovare una piena libertà.

Su queste questioni aleggia una grande incertezza, a malapena risolta dai testi cristiani.

Bisogna distinguere due questioni:

 quella della resurrezione del dio;

 quella della resurrezione individuale dei morti.

1° — La resurrezione del dio

È un aspetto comune a tutti gli dèi salvatori che essi devono morire e risorgere, è anche la loro funzione essenziale. 

Allo stesso modo, si è potuto scrivere: «Gesù non è risorto per caso, ma per natura e necessariamente: egli è la resurrezione e la vita». [4]

Ma ci si è raramente preoccupati di sapere come il dio risorgeva: in tutti i culti ellenistici, è un'affermazione non accompagnata da commento: il dio era morto, tre giorni più tardi si festeggia la sua resurrezione, senza cercare di saperne di più.

Vista l'importanza della questione, si sarebbe potuto sperare che i vangeli siano più convincenti: bisogna ben convenire che questa è la parte meno elaborata dei racconti evangelici.

Innanzitutto, ricordiamo che tutti gli dèi salvatori dell'ellenismo risorgono: è con questa impresa che essi affermano il loro potere sulla morte e possono garantire la resurrezione dei loro iniziati. Osiride, Adone, Attis, Mitra risorgono, generalmente il terzo giorno, dopo una discesa agli inferi. Ma cosa bisogna intendere per resurrezione per degli esseri celesti che non avevano un corpo di carne? Nessuno può dirlo, poiché nessuno ha mai assistito alla resurrezione: si constata che il dio è tornato, ma non si conosce alcun dettaglio della sua morte, non si sa nulla del suo soggiorno nel frattempo (gli inferi sono una nozione molto vaga), infine nessuno ha visto il dio uscire dalla tomba.

Le stesse osservazioni possono essere fatte per Gesù, tranne che per il fatto che si hanno alcuni dettagli sulla sepoltura. Anche in questo caso, il luogo è discusso. Nessuno ha assistito neppure all'uscita dal sepolcro. Ci viene detto soltanto che un angelo [5] o due angeli [6] avrebbero aiutato il risorto a rimuovere la pietra dalla sua tomba. Ciò non può mancare di suscitare la derisione di Celso: «Il figlio di Dio, a quanto pare, non riuscì ad aprire la propria tomba, ma ebbe bisogno di un altro che smuovesse la pietra». [7]

La resurrezione, in definitiva, non scaturirà che dalla scoperta della tomba vuota, e gli avversari non mancheranno di ribattere che questa non è una prova, poiché i discepoli hanno potuto rimuovere il corpo.

Da questo punto di vista, non si può dunque ammettere il fatto della resurrezione: non si ha mai, nella storia, constatata alcuna resurrezione, nessuno ha assistito a quella di Gesù, nessuno lo ha visto uscire dal sepolcro. La scienza medica attuale non permette più di ammettere questo fenomeno, già Renan non vi credeva, e persino un vescovo anglicano, che crede alla vita e alla morte di Gesù, si pronuncia contro l'idea stessa della sua resurrezione: «Io sono convinto che un cristiano dovrebbe avere il diritto di dire che le ossa di Gesù giacciono da qualche parte in Palestina». [8]

I cristiani rispondono che la resurrezione di Gesù risulta dalle apparizioni dopo la sua morte. Ma i racconti evangelici, su questo punto, sono tutt'altro che convincenti.

Chi l'ha visto, o chi ha dichiarato di averlo visto? Sarebbe stato ragionevole se gli autori si siano messi d'accordo sul numero e sulle circostanze di quelle apparizioni, ma questo è ben lontano dall'essere il caso: «Le contraddizioni dei nostri testi canonici in questo racconto della resurrezione sono numerose e pesanti. È visibile, a prima vista, che attorno all'affermazione comune: il sepolcro dove Gesù era stato deposto la sera della sua morte è stato trovato vuoto il mattino di due giorni dopo, si organizzano progressivamente delle precisazioni destinate a realizzarla, e che, poiché esse variano seriamente da un racconto all'altro, sono tutte sospette». [9

Ci sono discrepanze o contraddizioni tra i testi sul numero, sui luoghi e sulle condizioni delle varie apparizioni.

A — Secondo la tradizione che sembra la più antica, Gesù, appena risorto, ascese al cielo, non vi erano dunque apparizioni, o pochissime: questo è ciò che sembra ammettere Luca, per cui l'ascensione avrebbe avuto luogo il giorno stesso della resurrezione. [10]

B — Ma quella soluzione non permetteva di giustificare la resurrezione. Si immaginò così una versione secondo la quale il risorto avrebbe vissuto per un certo tempo con i suoi discepoli: questo sarebbe durato per quaranta giorni, secondo gli Atti degli Apostoli. [11] Si potevano collocare in questo intervallo delle istruzioni dimenticate nella stesura dei vangeli, e imitare il dio Mitra che aveva, a sua volta, ritardato la sua ascensione ben dopo la sua resurrezione. 

Durante questi quaranta giorni, Gesù si sarebbe nascosto, mostrandosi solo ai suoi discepoli. Cosa che susciterà ancora la critica di Celso: «Se Gesù voleva davvero manifestare un potere divino, avrebbe dovuto farsi vedere da quelli che lo avevano oltraggiato e da chi lo aveva condannato: in una parola, da tutti. Infatti, dopo morto, ed essendo, come voi affermate, Dio, non temeva più uomo alcuno; e neanche in principio era stato mandato allo scopo di non essere notato». [12]

C — Tra le apparizioni posteriori alla resurrezione, ci sono nei vangeli due tradizioni opposte: secondo quella che sembra la più antica, le apparizioni sarebbero state situate in Galilea, in applicazione della promessa: «Ma, dopo la mia resurrezione, vi precederò in Galilea». [13]

Ma si trovò senza dubbio preferibile situare le apparizioni nel luogo dell'esecuzione, a Gerusalemme: diventava allora inutile spostare tutti in Galilea, ma per non far mentire la promessa si sono accumulate le due versioni, le prime apparizioni a Gerusalemme, le altre in Galilea. 

D — I beneficiari di queste apparizioni sono in numero molto limitato. Come dice Celso: «Quando era in carne e ossa e nessuno gli credeva, egli diffondeva il suo messaggio a tutti senza restrizioni; invece quando, con la sua resurrezione, avrebbe potuto rinsaldare la fede, apparve di nascosto a un'unica donnicciola e ai propri seguaci». [14]

I sinottici menzionano infatti alcune «donnicciole», ma mai le stesse. La più costante è Maria Maddalena, sempre citata ma a volte con «l'altra Maria», madre di Giacomo, [15] a volte con Salomè, [16] o ancora con Giovanna, [17] o anche tutta sola. [18] Si noterà che Gesù risorto non si mostra nemmeno a sua madre. Per gli uomini, solo gli antichi discepoli sono menzionati, sia individualmente che in gruppo. Per le apparizioni in Galilea, Matteo menziona solo un brevissimo colloquio, [19] Luca vi aggiunge un pasto a base di pesce [20], Giovanni vi aggiungerà una nuova pesca miracolosa [21] di 153 pesci. [22] Marco non sa ancora nulla di tutto ciò.

Ammettiamo che tutto questo non ispira una grande fiducia!

E — Sotto quale forma il risorto si manifesta ? È ancora molto variabile: a Maria Maddalena egli proibisce di toccarlo, [23] ma lascerà toccare le sue ferite da Tommaso; [24] per penetrare in una stanza chiusa dove i discepoli sono riuniti, passa attraverso il muro, [25] ma questo fantasma mangia con loro.

F — Ciò che suscita ancora più il dubbio su queste apparizioni è che l'apostolo Paolo, che non ha mai conosciuto Gesù da vivo e a cui i discepoli non hanno insegnato nulla, sa molto di più. In una delle sue grandi epistole [26] egli trasmette ciò che ha ricevuto (non dice da chi), ossia che Gesù risorto è stato visto dapprima da Cefa (nessuna menzione di donne), poi dai dodici (che però non erano più di undici dopo il suicidio di Giuda), poi a «più di cinquecento fratelli in una sola volta» e infine a Giacomo. È assolutamente improbabile che Paolo abbia scritto ciò, e che una riunione di più di 500 fratelli sia passata inosservata e ignorata dagli evangelisti.

Ma Paolo non dà alcun dettaglio, né sui luoghi né sulle date di queste apparizioni. Vi ha di meglio: «Paolo non dice che Gesù è risorto nella carne, egli dice anche positivamente il contrario... In verità, resurrezione significa per lui elevazione a Dio, glorificazione». [27]

Aggiungiamo che, quando Paolo parla altrove dell'esaltazione di Gesù «al di sopra di ogni nome», [28] è sorprendente che egli ignori la resurrezione.

In conclusione, la resurrezione di Gesù non può evidentemente essere considerata un fatto storico stabilito: per i credenti, è un atto di fede, che Guignebert chiama «la fede di Pasqua».

Quanto all'ascensione che la seguiva, sia lo stesso giorno, sia quaranta giorni più tardi, essa è sempre ridotta allo stretto necessario: «Mentre essi guardavano, fu elevato e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi». [29]

Ne consegue che, per i credenti, vi deve esserci nello spazio interplanetario a —273°, un corpo che ruota attorno a qualche stella, poi un altro (quello di Maria). Queste due costellazioni devono lasciare scettici i cosmonauti.

Evidentemente, poiché la Chiesa insegna la resurrezione dei corpi, era impossibile privarne Gesù e Maria, ma la situazione di questi due asteroidi fino al giorno del Grande Giudizio è piuttosto imbarazzante per coloro che hanno qualche nozione della vita nello spazio. 

Per noi, la sola conclusione possibile sarà quella di Renan: «Noi non crediamo al miracolo, come non crediamo nei fantasmi, alla stregoneria, all'astrologia».

Si può ammettere la creduloneria dei primi lettori dei vangeli, che non avevano le nostre informazioni scientifiche. Ma oggi come si può spiegare che tanta gente creda ancora alle favole come un corpo che si solleva nell'aria (quando si sa quanta forza occorre impiegare per lanciare un razzo in aria), e che vi rimane?

La questione non si poneva quando Gesù non era che un inviato celeste, che aveva preso solo un'apparenza carnale: non essendo mortale, non doveva risorgere, ma soltanto ritornare alla sua dimora originaria. Sono i cristiani di Roma, nel dotare Gesù di una nascita carnale, nel fare di lui un uomo reale, che hanno, senza sospettarlo, posto il problema: era necessario farlo morire e risorgere. Certo, avevano i precedenti ellenistici o gnostici sotto gli occhi, ma nessuno di quei dèi era stato presentato come un uomo, come un essere di carne. Umanizzando Gesù, non si poteva più evitare l'assurdità della resurrezione. 

2° — La resurrezione dei morti

Per coloro che credono che alla morte del corpo un'anima sopravviva, diversi esiti sono possibili:

A — La reincarnazione. — Si può supporre che le nostre anime passino successivamente in più corpi, e conoscano così una pluralità di vite. Questa dottrina fu molto in favore nell'antichità, è quella che insegnò Platone, ispirata ai misteri di Eleusi e forse al buddhismo, dove resta ancora insegnata. Più recentemente, conobbe in Occidente un'ondata di popolarità in Occidente con lo spiritismo. Essa è oggi caduta in discredito nel nostro Occidente.

Ad ogni modo, essa non prevede l'aiuto di alcuna divinità. Secondo le religioni, l'anima, per mezzo di un perfezionamento graduale, perverrebbe sia alla beatitudine eterna, sia al nirvana, stato indefinito che mette fine ad ogni sofferenza, ma può comportare una certa perdita della personalità.

Queste teorie non hanno mai interessato il cristianesimo.

B — L'anima senza corpo. — Qualsiasi dottrina che insegni l'immortalità dell'anima implica che essa possa sopravvivere alla perdita del corpo. Ma questa sopravvivenza può comportare diversi aspetti:

a) è abbastanza eccezionale che una religione prometta la sopravvivenza eterna dell'anima disincarnata. Era pertanto la concezione di Platone che l'anima, dopo una serie di purificazioni, potesse accedere alla beatitudine eterna senza più aver bisogno di un supporto materiale.

Il cristianesimo non sembra avere una dottrina ben fissata su questo punto! Esso insegna senza dubbio la necessità della resurrezione dei corpi, ma sembra ammettere comunque che certe anime possano accedere direttamente alla beatitudine. È almeno questo che sembra ammettere per i beneficiari della canonizzazione.

Certo, sono gli uomini che concedono la canonizzazione, ma si ammette che i papi non la pronuncino senza una ispirazione. Non è mai stato detto che i santi e i beati non avrebbero beneficiato, nel giorno del Grande Giudizio, della resurrezione di un corpo. Ma sembra che la loro anima possa, da sola, essere dispensata dal lungo periodo di attesa imposto alle altre. [30

Al contrario, la dannazione potrebbe avere un effetto immediato, se si ammette l'esistenza di un Inferno. Un buon numero di teologi sono almeno esitanti su questo punto. Coloro che vi credono ancora sostengono che il dogma dell'Inferno è uno dei meglio assicurati nei testi. Ammettono che le sofferenze dei dannati non sono subordinate alla resurrezione dei loro corpi: vanno considerate dunque puramente leggendarie le immagini dei calderoni ribollenti o delle fiamme e altre procedure di tortura che hanno permesso a Dante di scrivere un bellissimo poema al quale nessuno crede più.

Resta la questione del Purgatorio. L'esistenza di uno stato transitorio di penitenza non figura in nessun testo cristiano, è un'invenzione tardiva dei concili. Questo tempo di penitenza non servirebbe a nulla, se l'anima disincarnata non potesse provare sofferenze. Ma un testo evangelico sembra proprio ammettere questa possibilità, si tratta dell'esempio del povero Lazzaro [31] che ha meritato, alla sua morte, di essere portato direttamente «nel seno di Abramo», mentre il ricco, nell'Ade, soffre «dei tormenti»: egli è probabilmente in Purgatorio, e lì soffre, benché il suo corpo non sia ancora risorto. Senza occhi, egli può vedere il beato Lazzaro... 

Tutto questo è una leggenda, a scopo educativo. Ma ci si può domandare a cosa servirà la resurrezione dei corpi, se l'anima sola non soffre per la sua assenza. 

 La resurrezione dei corpi. — La Chiesa cristiana è la sola che insegna la resurrezione dei corpi, e questo dogma è iscritto nel suo Credo. 

Risale a molto tempo fa, poiché si insegna che l'apostolo Paolo avrebbe cercato di convincere gli Ateniesi, ma senza risultato. A dire il vero, siccome questa resurrezione sembra dover accadere solo in un futuro molto lontano, non si è attribuita molta importanza ai problemi che pone. Ma ora che la sopravvivenza di un'anima disincarnata sembra resa molto improbabile per i progressi delle nostre conoscenze sul cervello, la Chiesa sta riscoprendo il vantaggio che le dà questo insegnamento. 

Ma il dogma della resurrezione dei corpi non è esente dal porre esso stesso delle difficoltà.

a) Quanto all'esistenza del dogma, non ci sono esitazioni possibili: «Quando il figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra». [32]

«Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno...». [33]

Bellissima messa in scena, è sorprendente che non abbia ancora tentato un regista americano. Quando vi si riflette, se ne vede l'assurdità: far rivivere i miliardi di esseri che hanno vissuto dall'alba dell'umanità! Quanto alla separazione delle pecore e dei capri, Robert Dalain faceva dire ai capri: finché non ci portano via le capre, ci è indifferente essere classificati a sinistra. [34]

La resurrezione dei corpi non ha sedotto i pagani, che si sarebbe potuto credere più legati alla materia. Celso era ben disposto ad ammettere l'immortalità dell'anima, come Platone l'aveva concepita, ma l'idea di una resurrezione del cadavere gli sembra ripugnante: «Quale anima umana, infatti, potrebbe continuare a desiderare un corpo putrefatto? Dio è l'iniziatore non di aspirazioni smodate o di disordini aberranti... All'anima egli potrebbe fornire una vita eterna; ma, come dice Eraclito, i cadaveri sono da gettar via più dello sterco». [35]

Tuttavia, poiché questo dogma sembra rivivere e prendere un nuovo slancio, io cercherò di prevedere le conseguenze, insospettabili per i credenti, alle quali condurrebbe questa sconcertante resurrezione dei morti, non soltanto uscendo dalle tombe, ma ricostituiti dopo la totale scomparsa delle ossa che gli archeologi scoprono solo in casi eccezionali. 

b) In quale stato ciascuno resusciterà? Nella carne, con l'identità delle molecole — si immagina la difficoltà di raccoglierle insieme o solamente nella persona, e in cosa consiste questa persona? Ad esempio, ciascuno resusciterà nell'ultima età della sua vita coi bambini piccoli che restano dei neonati e gli anziani dei «fatiscenti» ? Gli amputati senza l'arto reciso, i paralitici su una sedia a rotelle? Gesù non ha rivelato nulla di tutto ciò, tranne che su un punto: quando qualcuno gli aveva domandato, nel caso di una donna che avesse avuto sette mariti, quale sarebbe stato suo marito per l'eternità, Gesù risponde: «Quando resusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli». [36]

Ma allora vi sarà un cambiamento nella persona, poiché la sessualità giocava un ruolo molto importante nella vita terrena: non è più lo stesso corpo che risorgerà, non se ne vede quindi la necessità.

Per di più, se dovessimo risorgere per morire di nuovo un po' più tardi, la cosa sarebbe di scarso vantaggio. Quando si parla di resurrezione, è con l'implicazione di una resurrezione definitiva, ovvero dell'immortalità. Ma allora occorrerebbe proprio che il nostro nuovo corpo sia molto diverso da quello attuale. Ci sarebbero necessariamente grandissime differenze tra un corpo mortale e un corpo immortale. Questo è d'altronde ciò che aveva compreso l'apostolo Paolo (o l'autore di quel brano): «In un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno INDISTRUTTIBILI e noi saremo TRASFORMATI». [37]

Ma se ci danno un corpo nuovo incorrotto, ciò non sarà più il nostro. Il nostro cervello sarà cambiato e con esso noi avremo perso tutti i nostri ricordi.

Si veda l'assurdità di questa concezione.

c) A cosa condurrà questa resurrezione? Non sembra che, su questo punto, le idee siano molto chiare:

 Gli eletti siederanno «alla destra» del Padre: non appena i corpi saranno risorti, bisogna proprio prendere questa immagine alla lettera, prospettare un luogo nello spazio dell'universo: dove collocare tutti questi miliardi di corpi?

 I dannati, da parte loro, saranno privati del regno dei cieli, [38] essi andranno «fuori nelle tenebre»: [39] lo stesso problema di localizzazione si pone, poiché ci saranno dei corpi. Dante si era sforzato di rispondere a questa domanda, ma localizzare l'inferno sotto la terra non è più possibile. Allora dove andranno? 

A questi problemi va oggi aggiunto che le stesse domande devono porsi nei milioni di pianeti che sono probabilmente abitati.

Basta sottolineare le assurdità di tali questioni per comprendere che la resurrezione dei corpi è nel contempo inutile e impossibile. Per di più, a cosa servirebbe?

d) Tutto questo riguarda il Giorno del Grande Giudizio, alla fine del mondo. Ma nel frattempo, e poiché ci sono stati dei morti, quale è il destino delle anime prima della resurrezione dei loro corpi in un corpo? Non c'è risposta a questa domanda nei testi, ma la Chiesa credeva di poterla insegnare ammettendo che si possano far messe (a pagamento) per il riposo delle anime in purgatorio, e persino vendere in anticipo indulgenze pagabili nell'aldilà: è noto che quella posizione provocò la rivolta di Lutero, con tutte le sue conseguenze.

I credenti ingenui che sperano di sopravvivere in un paradiso pieno di delizie non si pongono queste domande imbarazzanti, ma i teologi devono porsele: quelli che ho interrogato mi hanno risposto che non ne sapevano nulla, e che bisognerebbe aspettare di esservi per sapere esattamente ciò che succede in quel promesso aldilà. 

e) Ma in attesa di essere lì, possiamo almeno interrogare la scienza. Questa è oggi in grado di fornire alcune risposte, forse ancora incomplete, ma piuttosto illuminanti.

Ora la scienza ci insegna che, contrariamente ad una lunga illusione, non esiste una «sostanza pensante», come credeva Cartesio, ma che tutto ciò che si attribuiva ad un'«anima» distinta dalla materia dipende esclusivamente dal cervello materiale. La memoria, che costituisce la base della nostra personalità, è di natura chimica ed è immagazzinata nel cervello.

Se dunque si può credere alla resurrezione dei corpi, è la resurrezione del cervello che costituirebbe per noi la parte essenziale dell'operazione: senza cervello, niente più memoria, niente più pensiero, niente più di ciò che potrebbe attrarci. Ma la resurrezione delle cellule cerebrali è assolutamente impossibile: sono le uniche che non si rinnovano durante la vita terrena, la loro perdita è dunque definitiva. Nessun medico potrebbe seriamente credere alla resurrezione del cervello: se l'afferma, è vittima di un'illusione.

Jean Rostand ha scritto: «La sola cosa di cui io sono veramente sicuro è che noi siamo della stessa stoffa delle altre bestie; e se abbiamo un'anima immortale, bisogna che ve ne sia una anche negli infusori che abitano nel retto delle rane». [40

Ma perché questa anima degli infusori possa esistere, ecco che bisogna ammettere la resurrezione del corpo degli infusori, poi della rana con il suo retto, e di ciò che nutre la rana, e così di seguito... Allora, quando i successori di san Paolo verranno a parlarci della resurrezione dei corpi, non potremo che fare come gli Ateniesi del I° secolo, scrollare le spalle e rispondere loro: va bene, ne riparleremo un'altra volta. [41]


NOTE

[1] 1 Corinzi 15:13-17.

[2] Le réalisme inouï de Pâques, in Le Monde, del 19-20 aprile 1992.

[3] Charles Guignebert, Le Christ, pag. 478.

[4] Paul-Louis Couchoud, Le dieu Jésus, pag. 66.

[5] Matteo 28:2.

[6] Giovanni 20:12.

[7] Celso, Discorso vero contro i cristiani, 2:28.

[8] Il dottor John Robinson, vescovo anglicano di Woolwich.

[9] Charles Guignebert, Jésus, pag. 608.

[10] Luca 24:13-51.

[11] Atti 1:3.

[12] Celso, Discorso vero contro i cristiani, 2:28.

[13] Marco 14:28.

[14] Celso, Discorso vero contro i cristiani, 2:28.

[15] Matteo 28:1 e Marco 15:40.

[16] Marco 15:40.

[17] Luca 24:10.

[18] Giovanni 20:11-18.

[19] Matteo 28:16-20.

[20] Luca 24:42-43.

[21] Giovanni 21:10-11.

[22] 153 pesci a 10 o 11 pescatori non sembra una pesca miracolosa in un lago più pescoso di oggi, ma le dotte spiegazioni su questa cifra simbolica non mi hanno convinto.

[23] Giovanni 20:17.

[24] Giovanni 20:27.

[25] Giovanni 20:19.

[26] 1 Corinzi 15:3-8.

[27] Charles Guignebert, Jésus, pag. 648.

[28] Filippesi 2:9.

[29] Atti 1:9.

[30] Questa questione imbarazza molto i teologi, che sono costretti ad ammettere che l'anima, in attesa della resurrezione dei corpi, può sopravvivere, provare gioia o sofferenza. Se la cavano dicendo che l'anima, in questo lungo periodo, è in uno stato «violento», cosa che non significa nulla. Per quanto riguarda la «visione beatifica» delle anime dispensate dalla sofferenza, nessuno è mai riuscito a definirla, e anche un papa si è sbagliato in questa spiegazione (è Giovanni XXII, papa di Avignone nel XIV° secolo). In ogni caso, si vede a malapena il senso di far resuscitare i loro corpi se già godono delle delizie del paradiso, che è ovviamente il caso dei santi.

[31] Luca 16:19-33.

[32] Matteo 25:31-46.

[33] Giovanni 5:28. Si veda anche Matteo 12:41-42; Luca 1:14; 11:31-32; Giovanni 5:24-29, 12:31; 16:8, ecc.

[34] Robert Dalian, La vie de Jésus, a cura dell'autore. Il fatto che questo errore sia stato denunciato solo alla fine del XX° secolo ci fornisce informazioni utili sullo spirito critico con cui i credenti leggono i testi sacri.

[35] Celso, Discorso contro i cristiani, 58.

[36] Marco 12:25.

[37] 1 Corinzi 15:52.

[38] Matteo 25:11-12.

[39] Matteo 8:12.

[40] Jean Rostand, Pensées d'un biologiste.

[41] «Padre Malebranche dimostra la resurrezione con l’esempio dei bruchi che diventano farfalle. Questa prova, come si può vedere, è fragile quanto le ali degli insetti da cui egli la desume...». «Gli Ebrei dicono che la regina Cleopatra [...] chiese a un fariseo se si resuscitasse completamente nudi. Il dottore le rispose che saremmo stati bel vestiti, perché il grano che viene seminato, una volta morto in terra, resuscita come spiga con involucro e teste. Quel rabbino era un teologo eccellente» (Voltaire, Dizionario filosofico, v° Resurrezione).