domenica 5 dicembre 2021

IL DIO GESÙIl Gesù spirituale

(segue da qui)

IL GESÙ SPIRITUALE

Preliminarmente ad ogni altra ricerca, il nostro compito dovrà essere di stabilire, secondo i documenti, che la morte di Gesù è stata originariamente, non un'esecuzione giudiziaria, ma un sacrificio espiatorio praticato ritualmente e periodicamente in un dramma sacro. Così sarà confermata nei testi la storicità spirituale di Gesù. E conviene rendersi conto fin d'ora delle conseguenze di una tale dimostrazione.

Se la morte di Gesù, sin dall'origine, è stata rappresentata come un supplizio penale, la conclusione s'impone: Gesù non è stato, per i primi cristiani, un essere spirituale; è stato un uomo tra gli uomini, un uomo che sarebbe stato condannato dalle autorità romane o ebraiche per aver predicato, se non la rivolta, almeno un messianismo pericoloso. Ho solo da citare qui il riassunto che il signor Loisy ha dato della tesi. [1]

«Gesù non predicava una religione nuova, ma il compimento della speranza di Israele... Paolo predica una religione», la quale «è un'economia di salvezza fondata sul valore mistico della morte di Gesù... Si tratta per noi di vedere come si è potuta fare la trasposizione della dottrina e dell'opera, della vita e della morte di un predicatore ebreo crocifisso per sentenza di Ponzio Pilato, in una religione universale, culto di un essere divino che era ritenuto aver realizzato, da solo e volontariamente, l'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, ciò che raccontavano delle loro divinità mitologiche. ... i settari di Dioniso, gli iniziati di Eleusi, i fedeli della Madre, quelli di Iside e quelli di Mitra».

Tutt'al contrario, se, sin dall'origine, la morte di Gesù è stata rappresentata come un sacrificio espiatorio rituale, la conclusione s'impone: Gesù è stato per i primi cristiani l'essere spirituale che è rimasto per le generazioni che hanno seguito. E dirò pertanto, prendendo strettamente il contropiede del signor Loisy:

I primi apostoli e San Paolo stesso hanno predicato un'economia di salvezza fondata sul valore mistico del sacrificio espiatorio... I loro successori, mezzo secolo più tardi, dopo la rovina del giudaismo, hanno adattato a quella economia di salvezza la buona novella del prossimo compimento della speranza ebraica. Si tratta per noi di vedere come ha potuto effettuarsi, non la trasposizione, ma l'evoluzione della vecchia religione sorella delle religioni di Dioniso, della Madre, di Iside e di Mitra, in una religione complessa che univa questi principi ad un messianismo ebraico rinnovato.

Ho citato il signor Loisy; citerei egualmente il signor Guignebert. Sotto una forma di arringa polemica che copre una dottrina del tutto altrettanto sicura di sé, il signor Guignebert, al proposito del Mystère de Jésus del signor Couchoud, ha esposto [2] la tesi evemerista in termini che riassumo come segue:

Il cristianesimo è primitivamente «la speranza cristiana», in quanto è «uscita dal suolo palestinese»... «Si deve andare a cercarla nei vangeli sinottici», benché vi sia «distorta, mutilata, frammentata, penetrata di miti e di leggende, perché vi ha ricevuto una messa in forma relativamente tardiva; ma, in sé, è molto anteriore alle immaginazioni e alle rivelazioni di Paolo.... Il paolinismo non è, in alcuna misura, la forma primaria del cristianesimo; esso raffigura una tappa della sua evoluzione, compiuta in un ambiente molto diverso da quello in cui la nuova fede è nata».

Allo stesso modo in cui ho preso il contropiede della tesi del signor Loisy, prendo il contropiede della tesi del signor Guignebert, e dico:

Il cristianesimo è diventato solo un mezzo secolo dopo la crocifissione  l'espressione rinnovata dell'antica speranza ebraica, come si deve andare a cercarla nei vangeli sinottici, benché vi sia amalgamata con i dati primitivi della religione misterica da cui ha cominciato ad essere. Il paolinismo è sicuramente solo una tappa della sua evoluzione, ma è in ogni caso anteriore alla combinazione evangelica. 

Alcune parole di spiegazione sembrano qui necessarie.

Durante i primi due terzi del primo secolo, il giudaismo era nel contempo una chiesa considerevole e una imponente nazionalità con una capitale di prima importanza, Gerusalemme. Sostituire il giudaismo è una chimera che non può venire in mente a nessuno tra i cristiani; e San Paolo intravede solo la «riforma», vale a dire la cristianizzazione del giudaismo. Nel 66, rivolta degli ebrei contro la dominazione romana. Dal 66 al 70, guerra fino alla morte. Nel 70, presa e distruzione di Gerusalemme, del suo tempio, dello stato ebraico. Evento di una portata incalcolabile. E, come conseguenza, questo: un posto da prendere per il cristianesimo.

Già San Paolo aveva compreso, con l'intuizione di un genio, che per far accettare il cristianesimo e dargli i titoli che gli mancavano, doveva supportarlo sui libri sacri del giudaismo. Quando, dopo il 70, si tratterrà di sostituire il giudaismo stesso, i cristiani dovranno presentarlo come suo erede, come il «nuovo Israele», e giudaizzarlo fino all'estremo limite delle sue possibilità.

Una delle nostre tesi principali sarà che l'idea messianica, nel senso comunemente usato di liberazione di Israele, non entrò nel cristianesimo fino a dopo il 70, e gli specialisti possono attendersi di vedere utilizzare qui, benché da un altro punto di vista, i lavori celebri tra loro di Wrede, il quale, nel 1901, ha già stabilito che l'idea messianica era, nel vangelo secondo San Marco, sovrapposta alle tradizioni primitive, e altrettanto bene quelli, del tutto recenti, del signor Bultmann. E così apparirà che i famosi giudeo-cristiani, di cui sin da Baur ci bombardano, sono cronologicamente solo un'eresia posteriore, come l'avevano benissimo compreso i Padri della Chiesa, e aggiungerei: un'esagerazione di giudaizzazione nel cristianesimo primitivo.

Gli studiosi ammettono che due concezioni di Gesù sono esistite nel cristianesimo primitivo, una paganeggiante (ed ellenistica), l'altra giudaica, le quali, prima di fondersi, si sono opposte; e questo è ciò che i signori Couchoud e Stahl hanno appena stabilito una volta di più. [3] A quella veduta la nostra teoria apporta nel contempo una conferma e un rinnovamento invertendo l'ordine cronologico delle due concezioni, vale a dire ponendo all'origine la concezione di un Gesù misterico palestinese e ad un'epoca successiva quella di un Gesù giudaizzato in messia d'Israele.

Se però dell'antico dio sacrificale la generazione evangelista ha fatto il liberatore promesso a Israele, essa ha saputo conservarne tutt'intera la spiritualità concentrando la sua fede, la sua speranza e il suo amore nella figura che immaginò; ma, siccome le cose più divine hanno esse stesse il loro rovescio, ha aperto la strada a Renan e all'evemerismo.

Tentiamo di dimenticare un po' il messia e di ritornare al dio sacrificale.

NOTE

[1] Mystères Païens, 205-206.

[2] Impartial Français, 25 ottobre 1924.

[3] Jésus Barabbas, nel Hibbert journal, ottobre 1926. 

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