mercoledì 22 luglio 2020

La dea-madre



LA DEA-MADRE

Chi sospetta oggi che Gesù, come altri dèi, si sia impossessato dei miti di una dèa-madre? O, in ogni caso, che sia stato coinvolto molto da vicino in questi miti?

Ricorderemo nelle pagine seguenti il mito della discesa del dio Gesù sulla terra e negli inferi; ora, in questo mito Gesù sostituisce un'antica divinità femminile. 

Secondo la Sophia di Gesù, manoscritto copto di una setta gnostica, il Salvatore avrebbe detto: «Io ho sciolto le catene... Ho infranto le porte degli Impietosi e gli ho umiliati... io vi ho rivelato il nome del Perfetto e tutta la volontà della madre degli angeli». [134]

Nel Libro segreto di Giovanni, la potenza celeste che viene a liberare il primo uomo non è Gesù, ma è la madre celeste. Secondo i Philosophoumena, al momento del battesimo di Gesù, «il Logos della Madre in alto, di Sophia (la Sapienza) discese su di lui sotto forma di una colomba, il corpo psichico lo ricevette e ne fu risvegliato dai morti»

È esistito un mito femminile della creazione del mondo, ma quando il dio maschio divenne il padrone supremo, si impossessò della leggenda femminile e se la applicò, non senza portare a grossolani controsensi che oggi fanno sorridere.

È così che Visnù è rappresentato disteso sul serpente sulla superficie delle acque e che, dal suo ombelico, esce il loto da cui nascono Brahma, gli dèi, gli uomini e gli animali. Questo ritratto fu, indubbiamente, quello di una dèa-madre. Gli ebrei adottarono questo mito nella loro storia dell'albero di Iesse, che esce dal ventre del patriarca Abramo. Così, la dèa-madre primitiva fu trasformata in Dio-Padre o in Patriarca e il suo cordone ombelicale interpretato come un stelo vegetale e, più precisamente, come un loto o un albero.

Cogliamo sul vivo l'adozione da parte di una società patriarcale di un mito proveniente da società ginecocratiche.

Nel sistema simoniano, la caduta di Elena nel cosmo si spiega con il desiderio degli angeli di possederla o con la sua volontà di derubare agli arconti la loro parte di potenza. Rendendoli sensibili alla sua bellezza, lasciandosi desiderare da loro, li indusse ad uccidersi a vicenda e a svuotarsi della loro luce. Ma si può risalire ad un racconto più antico e più realista.  Mani ne ha custodito il ricordo e sant'Agostino ce lo ha trasmesso; grazie a loro, sappiamo che una vergine di luce sta sul sole e sulla luna; di tanto in tanto si mostra senza velo in tutto il fulgore della sua bellezza; gli arconti, afferrati da concupiscenza, si precipitano allora verso di lei ma non possono afferrarla, il vincolo dei loro pensieri si allenta e la vita sfugge al loro organismo corrotto.

Una storia simile ci è stata trasmessa da Epifanio (Panarion 25:2) a proposito di Barbelo, divinità gnostica che non è altro che Elena: «Lei non smise di manifestarsi agli arconti sotto una qualche forma maestosa, e quando ebbero eiaculato, sottrasse il loro sperma, al fine di riconquistare così la sua potenza disseminata nei diversi esseri».

Questo racconto si basa sul tema della grande dea della fertilità che scopre i suoi organi sessuali, tema che si è potuto seguire dall'Egitto fino al Giappone. Originariamente, il rito consisteva in una danza lasciva di una sacerdotessa, danza destinata a provocare il ritorno della dea-madre.

Secondo la leggenda giapponese «Ama-no-Uzume posseduta dallo spirito divino scoprì i suoi seni e si spogliò delle sue vesti fino a scoprire le sue parti sessuali. Allora, le ottocento miriadi di divinità si misero a ridere tutti assieme». [135]

Anche Visnù si è ispirato a questo episodio, ma deformandolo; si trasforma in una abbagliante cortigiana per riprendere agli Asura (Titani) il nettare che avevano rubato. E Gesù, a sua volta, doveva ereditare, in seno alle cerchie cristiane gnostiche, la leggenda della dea madre. 

NOTE

[134] Jean DORESSE, Les livres secrets des Gnostiques d'Egypte, Plon, pag. 218.

[135] N. Matsumoto, Essay sur la mythologie japonaise. Da osservare che gli dèi dell'Olimpo ridono egualmente quando sorprendono Venere e Ares nello stesso letto (Elena è una forma di Venere).

Vi è pure un'analogia straordinaria tra il nome della divinità giapponese e quello dell'aspetto femminino di Tammuz: Ama-Usumgal-ana (madre indiscussa del cielo). L'identità dei due nomi è impressionante e si riporta a Ishtar. 

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