venerdì 29 marzo 2019

LE TESTIMONIANZE SULLA STORICITÀ DI GESÙ di Arthur DrewsLa Testimonianza della Tradizione.

Le Fonti dei Vangeli.

2. LA TESTIMONIANZA DELLA TRADIZIONE.

Su quale terreno generale i teologi affermano che i vangeli contengono Storia? Su nessun altro terreno che non sia quello che è l'opinione generale. “Ci viene chiesto”, esclama Weinel, “di dimostrare che Gesù era un personaggio storico; in altre parole, dobbiamo sacrificare una tradizione storica di secoli, contro la quale nel suo complesso ... non una sola obiezione fu portata fino a Bruno Bauer nel 1841 e fino ad Albert Kalthoff nel 1902” (pag. 10). Dice che costituisce un “deprezzamento della tradizione” mettere in discussione la storicità delle narrazioni evangeliche (pag. 10). Weinel sembra non aver mai sentito parlare degli gnostici, la cui resistenza alla tradizione nascente di un Gesù storico ha procurato così tanti problemi alla Chiesa nel secondo secolo. Non sembra sapere che non sono stati Bruno Bauer e Kalthoff a mettere in discussione o a negare per primi la storicità di Gesù, ma filosofi che vissero cento anni prima di Bauer, Bolingbroke e i Deisti inglesi. Abbiamo sentito parlare del detto di Papa Leone X, all'inizio del sedicesimo secolo sulla “favola di Cristo”. Anche un governante così illuminato come Federico il Grande non sembra essere stato interamente convinto della storicità di Gesù . Parla della “commedia” della vita e della morte e ascensione di Cristo, e dice: “Se la Chiesa può sbagliare riguardo ai fatti, vedo una ragione per dubitare se ci sia una Scrittura e un Gesù Cristo”. [1] Weinel non ha mai sentito parlare di Dupuis e di Volney, che hanno avanzato una spiegazione mitico-astrale della “storia” evangelica nell'ultimo decennio del diciottesimo secolo?

Difatti, l'esistenza di Gesù è stata assalita dal momento in cui l'indagine storica ha cominciato a opporsi ai modi di pensare ecclesiastici prevalenti — vale a dire, dal diciottesimo secolo. Ciò è del tutto naturale, poiché nessuno aveva fino ad allora creduto in un Gesù puramente storico, e il Cristo dogmatico della tradizione ha dato poche occasioni per contestare la sua realtà storica; potrebbe essere accettato o rifiutato, ma non per motivi storici. “Proprio perché la teologia liberale ha costruito”, dice Ernst Krieck, “il suo Gesù in opposizione all'intera tradizione cristiana, abbiamo il diritto di chiederne prove; proprio perché, come ammette Weinel (pag. 22), i documenti sono carenti riguardo al loro Gesù, in confronto a come sono generalmente usati per provare la realtà di personaggi storici, l'esigenza di prove non è così assurda come Weinel la rappresenta”. [2]

È una completa perversione dei fatti quando Weinel e i suoi colleghi sostengono che la tradizione sia dalla loro parte. La tradizione dei primi diciotto secoli del cristianesimo conosce solo un dio-uomo, non l'uomo Cristo. Lublinski giustamente richiama l'attenzione al fatto che “nei primi secoli il sangue dei martiri cristiani era versato principalmente perché i cristiani primitivi fanatici e rabbiosi consideravano il culto degli imperatori l'orrore degli orrori, dal momento che significava l'adorazione di un uomo. Tuttavia, essi adorarono il loro Cristo e morirono per lui perché lo consideravano non un uomo, ma un dio-uomo. Chi è più vicino alla tradizione, colui che fa di Gesù un uomo terreno, oppure colui che si accontenta di dire che era fin dall'inizio un essere mitico, un simbolo in una parola, l'uomo-Dio?” [3] È proprio una delle obiezioni sollevate dagli ortodossi contro i cristiani liberali il fatto che essi sono in opposizione a tutta la tradizione cristiana! Quali antichi scritti cristiani ci sono, a parte i vangeli, che mostrano l'esistenza di un Gesù storico? Non c'è un solo antico documento cristiano che parli, non del dio-uomo Gesù Cristo, ma inequivocabilmente del semplice uomo Gesù quale lo concepisce essere stato la moderna teologia liberale. Weinel fa appello ai vangeli apocrifi, ai testi dei “padri apostolici”, agli apologeti del secondo secolo (Giustino, per esempio); tutti mostrano il contrario di ciò che afferma (pag. 103). È proprio uno degli argomenti più forti di coloro che negano la storicità di Gesù il fatto che né gli Atti né l'Apocalisse, né le epistole, né gli apologeti, ecc., riportano il minimo fatto che possa riferirsi con sicurezza ad un Gesù puramente storico. Per quanto riguarda gli apologeti, in particolare, loro non sanno, dice il professor W. B. Smith nel suo Ecce Deus, “nulla di nulla circa la pura esistenza umana miracolosa in Galilea e in Giudea. Non un singolo evento è menzionato, né una singola prova, né una singola spiegazione, né un'esortazione, né un suggerimento, né un singolo motivo hanno derivato dalla vita incomparabile che avrebbe dovuto affascinare i discepoli e persino il sanguinario Saulo. Il moderno predicatore, perfino il critico moderno, a distanza di 1900 anni, riempie tutti i vasi del suo discorso presso questa fonte pura e inesauribile della personalità e della vita di Gesù. Ma gli antichi apologeti, che vissero sotto gli Antonini e prima della definizione del canone del Nuovo Testamento, non conoscono nulla di questa fonte nei loro dibattiti con re e imperatori, con filosofi e rappresentanti del loro stesso gruppo. Non ne attingono una sola goccia d'acqua; la  menzionano raramente, persino lontanamente. Sembrerebbe quasi che, se mai esistette, fosse confinata a una fonte esoterica, non essoterica. È vero, troviamo un po' di scarsi riferimenti a certi insegnamenti che sono “conosciuti”, ma sono tutti di una natura più o meno meta-empirica, come ad esempio il mistero di 1 Timoteo 3:16. Non troviamo alcuna conoscenza di una vita umana come quella che i teologi moderni e ortodossi rendono la base della loro teoria del Nuovo Testamento”.

Basare la storicità di Gesù sulla tradizione equivale semplicemente a fare della tradizione il fattore decisivo nel problema perché è tradizione. “La storia”, dice Weinel (pag. 22), “dipende dalla tradizione”. Ma quando la tradizione è così isolata come nel caso dei vangeli, abbiamo tutto il diritto di chiederci se alla sua base ci siano dei fatti storici di sorta. Persino Weinel ammette che la storicità di una tradizione non può essere mostrata da “qualche semplice logica”. Tale dimostrazione può essere data solo “per mezzo di documenti”. Tuttavia, non ce ne sono nessuno per la vita di Gesù. È stato detto che Socrate e Platone potrebbero essere eliminati dalla Storia con la stessa facilità di Gesù, dal momento che ci sono opere spurie tra coloro che recano il nome di Platone, ed è impossibile dimostrare che le altre siano autentiche. Ma noi siamo certi dell'esistenza di Socrate, non solo grazie a Platone e a Senofonte, ma anche al commediografo Aristofane, e non c'è il minimo motivo per dubitare della sua esistenza storica. E l'esistenza storica di Platone è accreditata, non semplicemente dalle opere a lui attribuite, ma in altri modi, come pure quella di qualsiasi personalità nella Storia. Non dovremmo nemmeno avere motivo per dubitare della sua storicità se tutte le opere del filosofo fossero spurie. Quanto all'esistenza di Lutero, di Federico il Grande, di Goethe o di Bismarck, non abbiamo solo documenti di loro propria mano, la cui genuinità non è soggetta a discussione, ma una marea di prove da parte dei contemporanei. [4] Tutto questo è mancante nel caso di Gesù. Egli non ha lasciato dietro di sé una sola riga. Ha, come dice Jülicher, “scritto nella sabbia”, e non esiste un solo documento affidabile che ci permetta di fidarci dei vangeli, dai quali soltanto apprendiamo qualcosa intorno alla sua vita. È perciò proprio altrettanto lecito dubitare come ammettere l'esistenza di una tale persona; ed è un'indizio infelice della superficialità e del pensiero frivolo del nostro tempo il fatto che persino i leader della scienza non hanno esitato a introdurre nel campo, per dimostrare la storicità di Gesù, questo folle riferimento alle personalità storiche. [5]

NOTE

[1] Friedrichs des Gr. Gedanken über Religion, 1893, pag. 87 e 92.

[2] Die neueste Orthodoxie u. d. Christusproblem, pag. 47.

[3] Das werdende Dogma, pag. 82.

[4] Si veda Jülicher, pag. 14.

[5] Steudel, Wir Gelehrten vom Fach, pag. 6, Lublinski, Das werdende Dogma, pag. 47. 

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