venerdì 8 febbraio 2019

«Il Dio Gesù» (di Paul-Louis Couchoud) — La leggenda umana di Gesù (XXVII): ORIGINE DEI VANGELI

(segue da qui)

PARTE QUINTA

LA LEGGENDA UMANA DI GESÙ

ORIGINE DEI VANGELI

Gli elementi evangelici erano fluttuanti nelle chiese. Come si sono riuniti e fusi nei vangeli? I bisogni della catechesi e quelli della liturgia sembrano aver determinato la creazione della narrazione sacra. “I vangeli sono la leggenda che era necessaria a Gesù, oggetto del culto cristiano” (Dibelius).
Nelle chiese stabilite, il compito di formare dei nuovi cristiani era esercitato da coloro che avevano ricevuto dallo Spirito il dono dell'evangelista (Efesini 4:11, 2 Timoteo 4:5), carisma inferiore a quello dell'Apostolo, del profeta, del maestro. Questi catechisti ispirati, sottufficiali dello Spirito, sono innanzitutto degli esorcisti. Espellono, per il Nome di Gesù, Satana e i suoi cortei infernali di spiriti immondi. Strappano all'impero dei falsi dei, demoni autentici, i pagani pentiti. In secondo luogo sono lettori (un'altra funzione che sussiste negli ordini minori). Ai loro penitenti leggono i testi profetici: i salmi, Isaia, Daniele (per Daniele Gesù, in Marco 13:14, domanda l'attenzione del lettore). Illuminano e completano queste antiche rivelazioni con quelle che lo Spirito ha donato e dona ancora ai profeti degli ultimi giorni: le epistole di Paolo, l'Apocalisse, le visioni, gli oracoli del Signore, le parabole, tesoro sempre crescente della Chiesa. Hanno il difficile compito di far entrare il mistero cristiano e le sue recenti acquisizioni nella testa dei greci, ardenti e fantasiosi, nei crani spessi e duri dei romani. Dopo che gli Spirituali hanno riconosciuto che il Figlio di Dio ha condotto una vita terrena e ha sofferto sotto Ponzio Pilato, si apre una cornice di leggende dove può fluire l'abbondante materiale evangelico. Non potrebbe tutto ciò che riguarda Gesù tenersi in una narrazione sobria e bella? Nell'anticamera semi-secolare, semi-sacra, dove sono istruiti i candidati al battesimo e al martirio, a Roma in primo luogo, il vangelo prese la forma di una storia commovente, quella del passaggio sulla terra del Dio martire e redentore. Alla fine del loro noviziato, nella notte di Pasqua, il vangelo sarà letto ai catecumeni, che lo ascolteranno in piedi (Duchesne).
Il vangelo raccontato era una scoperta troppo possente e troppo bella per rimanere nell'atrio della chiesa. Entrò con onore nella sala del culto. Prese un posto importante nella liturgia. Servì da unione tra due uffici originariamente separati. I cristiani avevano infatti due tipi di riunioni liturgiche. Da un lato, una funzione di lettura e di canto, un'estensione diretta delle funzioni della sinagoga. Si leggono parti (parasha, pericopae) dei libri di Mosè. Qualcuno canta salmi solisti di Davide, dialoghi con Dio, di cui il pubblico riprende con fervore gli adattamenti finali. Prima del congedo (missa), risuonano le promesse dei Profeti (haphtara, dimissiones, missae), da cui deriva la parola messa. I fedeli fanno l'acclamazione degli osanna, degli alleluia, l'acquiescenza degli amen. Il culto cristiano conserva queste parole ebraiche, come quello di Mitra ha custodito alcune parole persiane.
D'altra parte, in un altro momento si celebra la Cena del Signore, il  sacrificio misterioso a cui è legata la salvezza. Gesù è reso presente dall'invocazione del suo nome. La fede sale allo stesso livello in tutti i petti. Un incantesimo solenne introduce l'assemblea davanti al trono di Dio. Con gli angeli, gli arcangeli, l'intera milizia dell'armata celeste si canta il Trisaghion (Sanctus). Le donne dovrebbero recare un velo sui capelli per proteggere gli angeli dal desiderio impuro. Un profeta, oppure in sua assenza il presidente, improvvisa la preghiera di ringraziamento al Padre (eucarestia). Lo Spirito Santo, disceso sul pane e sul vino, li cambia nel corpo e nel sangue del Figlio. L'eterno Redentore dei mondi, Gesù, è immolato e muore misticamente. “Gesù, nell'Eucaristia, è in uno stato di morte” (Pascal). Nell'inno del silenzio, ogni fedele consuma la sua carne e beve il suo sangue per acquisire da lui la vita eterna. Tra i due tipi di funzioni vi era la stessa distanza che occorre tra l'austerità del culto ebraico e la santa ebbrezza di un culto misterico.
Quando la raccolta delle epistole di Paolo e di altri apostoli fu ricevuta nelle chiese, la prima funzione fu estesa con la lettura di  un'epistola o di un pezzo dell'Apocalisse. Il vangelo, quando esisteva, permetteva di riunire le due funzioni in una sola. Pose tra due parti una cerniera perfetta, perché da un lato è il compimento degli scritti profetici, dall'altro il preludio per il racconto della morte di Gesù alla realizzazione liturgica di questa morte. Meglio della sola invocazione del Nome, mette il pubblico in presenza di Gesù prima di fargli ricevere il corpo e il sangue divini. Più tardi verranno operati dei miglioramenti opportuni. Le letture dell'Antico Testamento saranno rimosse (tranne nelle funzioni arcaiche della Settimana santa), i canti si ridurranno a questi canti rudimentali che sono il graduale e il tratto, il vangelo sarà diviso in pericope. Ma con la bella interposizione del vangelo, le attività della Messa sono già poste. La costruzione pressappoco definitiva sarà fatta nel III° secolo. Il vangelo resterà il legame necessario.
Il ruolo che tiene il vangelo come perno della liturgia  si riconosce dalle prime parole. Quando Marco esordisce il vangelo con: “Come sta scritto nel profeta Isaia...” Matteo con: “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo...” Giovanni con: “In principio era il Verbo…”, Luca con una nascita leggendaria ispirata a quella di Samuele, tutti si riferiscono a scritture che sono ancora nella mente degli ascoltatori e nelle loro orecchie e di cui vangelo è la continuazione diretta. Dall'altro lato il vangelo è rivolto al sacrificio eucaristico mediante la storia della Passione e della Resurrezione. Più si avvicina alla sua fine, più si fonde nella liturgia. Gli ultimi discorsi di Gesù, in Giovanni, sono inni della veglia pasquale. L'intero vangelo è illuminato in anticipo dai barlumi dall'immolazione rituale, alla maniera di quelle strisce chiare di luce e di colore che precedono il sorgere del sole. Il profumo della morte redentrice lo attraversa da parte a parte. Gesù dal primo momento è il Dio crocifisso e risorto. Perché la redenzione è virtualmente acquisita, rimette i peccati, resuscita i morti, istituisce i sacramenti. Il tempo, nel vangelo, non è una durata autentica. Le strutture sono immobili (Guitton). Sullo sfondo ritroviamo l'atemporale di Paolo. Lo stesso atto di fede avvolge le profezie lette prima del vangelo, il vangelo stesso e l'Eucaristia celebrata dopo di esso, nella stessa ora purificata dalla liturgia, dove l'eternità sembra percepita e vissuta.

— “Si dovrebbe sapere, figlio mio, che cos'è un vangelo”, mi ripeteva il signor France. Cosa vi è là perché io gli risponda? — Mio buon padre, non si può capire che cos'è un vangelo prima di aver compreso cosa sia Gesù. Ora, Gesù è il Dio-uomo la cui esistenza, sensibile al cuore, è rivelata da profezie, da visioni, da oracoli, da parabole. Ci è voluto un giorno per mettere in ordine tutto ciò che si conosceva su di lui. Lo si è fatto sotto forma di una storia per metà divina, per metà umana, dove egli passa sulla terra facendo del bene ed è crocifisso per ordine di Ponzio Pilato. Un vangelo non è né un documento storico, né una favola, né un poema, né una morale. È una breve storia sacra che racconta il più grande intervento di Dio nel destino degli uomini. Il vangelo è il veicolo della fede. È la fine di un'iniziazione, l'inizio di un sacramento. È esso stesso l'iniziazione, il sacramento. “Io mi rifugio nel vangelo come nella carne di Gesù”, dice Ignazio di Antiochia (Filadelfiani). Tra le mani del credente è la Parola e il Corpo di Gesù, il talismano della vita eterna. Tra quelle del miscredente si scioglie e si dissolve senza lasciare una traccia. Il signor France avrebbe ammesso una tale miscela di infinito e di nulla?
I vangeli sono stati scritti nella Chiesa, dalla Chiesa, per la Chiesa. I testimoni di Gesù sono irrefutabili perché sono divini. Questi sono lo spirito, il battesimo, l'eucaristia: “Lo spirito, l'acqua e il sangue” (1 Giovanni). L'esistenza terrena di Gesù è tutt'intera di fede. È attestata dalla vita eterna di Gesù e da quella del cristiano: “Voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (Giovanni 14:19). Ecco l'essenza delle cose. Il resto ne è la trasposizione su un piano leggendario.
I vangeli riportano dei fatti divini (facta divina, Concilio Vaticano). Sviluppano un tema che non è stato affatto affrontato prima di loro, che non sarà affatto trattato di nuovo: la manifestazione tra gli uomini di Dio Salvatore fatto uomo. Si tratta di far sentire che in un momento eterno della storia il Dio-uomo ha dominato la natura umana e ha vinto la morte, accettando le sofferenze e la morte. Le proprietà di questo  tema inaudito erano difficili da trovare, difficili da rispettare. Era necessario soddisfare nello stesso tempo la teologia, facendo risplendere in Gesù il Figlio eterno di Dio, e la credibilità mostrando un uomo. Giovanni risponde perfettamente alla prima esigenza, Luca perfettamente alla seconda, i quattro evangelisti a sufficienza all'una e all'altra. Hanno saputo iscrivere il Gesù dell'eternità in una certa epoca, in certi luoghi. Hanno fatto vivere un Essere in equilibrio tra la condizione divina e la condizione umana. Hanno riscritto nella Storia il mistero cristiano.
La diversità dei vangeli, su una base di unità, è dovuta alla diversità delle situazioni e delle circostanze nelle quali sono stati scritti. Dovremmo analizzare i quattro racconti, segnare in dettaglio i loro accordi e le loro discrepanze? Altri oltre a me l'hanno fatto. È sufficiente qui delineare la natura di ciascuno di loro.  

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