domenica 10 febbraio 2019

«Il Dio Gesù» (di Paul-Louis Couchoud) — La leggenda umana di Gesù (XXIX): MATTEO

(segue da qui)
PARTE QUINTA

LA LEGGENDA UMANA DI GESÙ

MATTEO

Il vangelo secondo Matteo ha assorbito la totalità, o quasi, del vangelo secondo Marco. Potrebbe essere considerato un'edizione corretta e aumentata di Marco, se le aggiunte e i rimaneggiamenti non avessero modificato molto sensibilmente la natura aspra dello scritto di base.
L'autore è molto diverso dall'eroico e rigido catechista romano. Si tratta di un uomo sobrio, e assiso, probabilmente il capo di una chiesa (ha per eccellenza il senso ecclesiastico), certamente uno scriba (grammatico) esercitato e nutrito nelle Scritture. Un buon rabbino cristiano che, barba in mano, medita la parola di Dio, l'antica e la nuova. Ha messo il suo ritratto in un punto del suo libro quando fa dire a Gesù (13:52): “Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. È attaccato con tutta la sua fede alla speranza cristiana. Tuttavia porta la piena lealtà verso l'eterno e divino comandamento di Mosè. Ha corretto il radicalismo di Marco. Traccia una linea di demarcazione tra la Legge stessa e le aggiunte umane. Riconosce alla chiesa rappresentata da Pietro (non da Paolo) il diritto di infrangere i piccoli comandamenti della Legge. Codifica la legge nuova mantenendo tutto ciò che può dell'antica. Accetta il rifiuto dei digiuni, che sono di recente istituzione. Egli osserva il Sabato, pur riconoscendo che Gesù ne è il padrone. Non rifiuta affatto il divorzio, ma gli impone forti restrizioni. Dappertutto cancella o attenua le antitesi che alcuni (come per esempio Marcione, discepolo radicale di Paolo) vogliono mettere tra la vera religione di Israele e il cristianesimo.
Lungi dal credere, come Marco, gli ebrei non convertibili, scrive espressamente per convertire coloro che sono sinceri. Intende mostrare loro che Gesù è il Messia di Israele, il figlio di Davide promesso dai profeti. Devono riunirsi ai cristiani: quando verrà il Messia, che i Giudei si aspettano, essi vedranno che non è altri che Gesù. Matteo dispone gli oracoli del Signore in serie di sentenze, sotto la luce che può renderle più accettabili a degli spiriti formati nelle scuole rabbiniche. Raggruppa i miracoli di Gesù per renderli compatti, dimostrativi, anche a costo di accorciarli, svuotarli, scolorirli. Ha un pathos ed un uso del meraviglioso che sembrano venire dalle omelie della sinagoga.
Il Figlio di Dio non ha, in Matteo, il passo frenetico e teso che Marco gli ha dato. Ha dei tempi d'arresto per pronunciare i suoi oracoli, organizzati in discorsi. Si siede sulla montagna, apre la bocca e pronuncia il sublime Sermone dalle cadenze indimenticabili. Presenta ai cristiani con delicatezza il libro della Legge nuova. Egli non viene affatto ad abolire la Legge antica, ma viene a perfezionarla per la Grazia e per realizzarla. Si prende il tempo di imprimere nei suoi discepoli le regole della loro fede, della loro condotta, della loro pazienza, la speranza della loro ricompensa. Tutto in lui è penetrante e grave, familiare e maestoso. Si sottomette nobilmente al supplizio. Dopo la sua resurrezione invia i suoi discepoli ad insegnare a tutte le nazioni la dottrina di cui li ha muniti. Lui non è il Dio martire solamente. Lui è il Dio legislatore, proprio come il suo Padre celeste lo fu su un'altra Montagna. È il grande Maestro, il Cristo insegnante, il bel Dio robusto e dolce del portico di Amiens che, con due dita alzate nell'atto di benedire, annuncia le Beatitudini.
Nel prologo al vangelo, Matteo ha dato una soluzione a un problema difficile che si pone davanti alla coscienza cristiana. In quale maniera il Figlio di Dio si è fatto uomo? Il credo cantato da Paolo definiva che: Colui che è nella forma di Dio ha preso forma di schiavo, è diventato in apparenza umana e nell'aspetto è stato trovato come un uomo (Filippesi). Si tratta di una trasfigurazione mistica, il contrario di ciò che Marco descriverà. D'altra parte, l'Apocalisse di Giovanni ha rivelato che il Messia nascerà da una Donna celeste che piange nei dolori del parto. Appena nato, viene portato presso il Trono di Dio, sfuggendo così al Drago suo antico nemico. La Donna si rifugia nel deserto, portata dalle ali della grande Aquila. Matteo sceglie la visione di Giovanni, che traspone in leggenda. Gesù nasce da una vergine terrena resa incinta per l'effetto dello Spirito. Sfugge al suo nemico Erode con una fuga nel deserto, organizzata da un angelo. Quale modo migliore per fare di Gesù un uomo che collegarlo a una donna? Inoltre, un discendente autentico di Re Davide è il marito della vergine, il padre legale di Gesù, che mostra in Gesù il Messia figlio di Davide atteso dagli ebrei.
Questo astuto midrash non guadagnò immediatamente l'approvazione unanime. Il vangelo di Giovanni non dà affatto la sua confessione alla nascita verginale, né forse per nulla a una nascita. I paolini intransigenti non ammettevano che il Figlio di Dio fosse stato partorito da un ventre umano. Egli era disceso dal cielo. “Una nascita di Dio”, disse Marcione, “è cosa vergognosissima (turpissimum Dei nativitas). Dio non avrebbe potuto prendere carne e rimanere puro... Gesù fu rivelato dal Cielo, subito cresciuto, subito adulto, immediatamente Cristo, semplicemente Spirito, Potere e Dio... Se Gesù è disceso senza nascere, è al fine di essere liberato da ogni male... Se fosse diventato veramente uomo, avrebbe cessato di essere Dio”. Al che il martire Ignazio replicava violentemente: “Gesù Cristo, nostro Signore, materiale e spirituale, generato e ingenerato, fatto Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile...  Egli è stato portato nel seno di Maria, secondo l'economia di Dio, del seme di Davide e dello Spirito Santo… Dopo la resurrezione egli era nella carne... Se è un'apparenza quanto è stato fatto dal Signore, anch'io sono in apparenza incatenato... Lui si è fatto uomo perfetto” (Efesini, Smirniani). Infatti, ora che a Gesù una vita terrena è unanimemente riconosciuta, è difficile non riconoscergli una nascita umana. Se quella solleva obiezioni di teologia (l'Incarnazione è il paradosso supremo), la discesa di un uomo celeste che circola come un fantasma tra gli uomini ne solleva, per la credibilità, di ben più grandi e sembra mettere in discussione la realtà della morte redentrice. Il sentimento cristiano propendeva definitivamente per la soluzione di Matteo. Doveva aprire nei secoli successivi dispute senza fine sulle due nature e sulla persona unica del Figlio di Dio. L'Oriente ne sarà appassionato. L'Occidente sarà grato al vangelo più serio e dottrinale per aver introdotto la tenera adorazione del Dio Bambino.
Questo vangelo ponderato, che ha avuto il privilegio di dare un'espressione al cristianesimo corrente è stato composto nel profondo Oriente, probabilmente più lontano di Antiochia, nel paese semitico, disseminato di enclavi greche, che si estendevano oltre  l'Eufrate e il confine dell'Impero (Bacon). I giudei molto organizzati (da cui uscirà più tardi il Talmud cosiddetto babilonese) e le chiese in espansione erano in competizione spirituale. I principi dell'Adiabene (l'antica Assiria) si erano convertiti al giudaismo; quelli di Edessa diventeranno ebrei e poi cristiani. Gli splendidi affreschi biblici della sinagoga di Dura mostrano il genio artistico e innovativo degli ebrei di queste regioni. In queste sabbie babilonesi in cui ci si ritrova contemporanei di Abramo e di Labano, non era affatto chimerico pensare che il futuro di Gesù fosse, in gran parte, nella conversione degli ebrei.
Il vangelo sarà datato al tempo di Adriano, se si ammette che predice la realizzazione integrale della profezia di Daniele mediante l'installazione di un idolo nel Luogo santo (24:15). Il fatto si realizzò quando, dopo che Gerusalemme ebbe ricevuto il nome di Aelia Capitolina, la statua equestre di Adriano contaminò, lordura abominevole, il luogo del Tempio, come aveva fatto in precedenza la statua di Zeus olimpio. Così fu scatenata la folle guerra messianica di Bar-Kokhba (132) ripetizione di quella dei Maccabei. Il vangelo fu probabilmente parlato e scritto in aramaico (Ireneo), poi tradotto o adattato in greco. Fu diffuso dalla grande chiesa di Antiochia (Streeter). Lo si pose sotto la paternità di un antico missionario, Matteo (Mattai), la cui tomba era venerata a Ierapoli-Bambice e il cui nome era incluso nella lista dei primi dodici Apostoli. Il vangelo secondo Matteo fu ricevuto dappertutto con favore, specialmente a Roma, dove fu forse importato da Antiochia dal martire Ignazio (Bacon). È stato sin dall'inizio ed è rimasto il vangelo citato più spesso, a cui si rifanno gli spiriti più riflessivi. È stato tradotto all'anima dalla musica di Bach. Ha condotto Bergson e Simone Weil fino alla soglia del cristianesimo.

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