mercoledì 13 febbraio 2019

Il Cristo è esistito?Credulità generale (I)


Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

(Kent Murphy)

Le parole più silenziose sono quelle che portano la tempesta. Pensieri che incedono con passi di colomba, guidano il mondo.
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra
Sub Tiberio quies. 
(Tacito, Hist. 5.9.2)

Non c’è nulla di più rumoroso del silenzio di Paolo l'apostolo circa un Gesù storico. L’assenza, nelle lettere autentiche di Paolo, di ogni minima allusione a un tale ipotetico Gesù, crea un vuoto che è per i folli apologeti cristiani (e i loro amici) insostenibile, sicché ne parlano e ne argomentano di continuo, immaginandone innumerevoli ragioni e fantasiosi motivi. Alcuni gli prestano addirittura le loro parole, pretendendo che siano le sue, purchè “menzioni” l'oggetto tanto agognato dalla loro fede ridicola: un Gesù storico. Ma Paolo l'apostolo non protesta nè fa nulla per eclissarlo. Tace. Taceva prima, tace poi, ancora tace, tace sempre senza rimedio. Son forse i suoi occhi rivolti altrove? Silenzio.

Che c’è da stupirsi, argomenta, candido e compiaciuto, il miticista convinto.

Se uno non c’è, se non esiste, neppure può parlare. Tantomeno richiedere l'attenzione di chi non lo conosce. Di chi ne ignora perfino l'idea.

Ma a te chi lo ha detto che non c’è? Come lo sai?

Non vedi, non senti? Paolo tace. Non ne parla. Quindi non c’è.

Ma non c’è perché l'apostolo tace oppure l'apostolo tace perché non c’è? Deciditi: cosa davvero vuoi dire?

Io non ho da decidermi, perché è Paolo che si è già deciso per noi e la questione è troppo vitale per lui, Paolo l'Apostolo, perchè non rompa mai, neppure una volta, il SILENZIO: non dà segni di un Gesù storico e pertanto le lettere di Paolo sono evidenza che non c’è; e poiché non c’è, perché mai stupirsi che egli taccia e non dia segno alcuno dell'esistenza storica di un Gesù ? Certa gente è strana: perde tempo in chiacchiere.

Ma per quale ragione io, che sono ateo convinto, sento così sorprendente, così inatteso, dunque così improbabile, il silenzio di Paolo circa un Gesù storico, mentre lo stesso silenzio non turba affatto il folle apologeta cristiano di turno?
Il folle apologeta, il bugiardo per Cristo, ha cose più serie e più urgenti cui pensare, che provare l'esistenza di un Gesù storico in Paolo. O almeno così dice.

Non nascondo ovviamente il mio sommo, autentico disprezzo per il folle apologeta cristiano, soprattutto quando anche lui tace e serenamente si dimentica di sé, lasciando in silenzio le sue “logiche” argomentazioni. Ma una cosa mi turba, ed è la sua singolare quanto sorprendente differenza dallo stesso Paolo. La sua intima, malcelata convinzione che tra il cristianesimo primitivo e tutte le successive espressioni storiche del cristianesimo non vi sia alcuna, genuina continuità. Per me che sono ateo, questa frattura è puro e semplice tradimento delle Origini. Mentre per il folle apologeta cristiano, questa frattura è provvidenziale, proprio ciò che gli consentirebbe quel salto nel buio a fronte di qualcosa altrimenti pericolosamente mortale e mortifero, se rischiarato. E l'assunzione di base del miticismo è che Paolo, nel suo piccolo, abbia rischiarato abbastanza, delle Origini. Abbastanza per accettare o per negare un Gesù storico. Abbastanza per poter esprimere il verdetto finale sulla storicità o no di Gesù. 

Così il miracolo accade che il folle apologeta cristiano non sembra preoccupato del silenzio di Paolo intorno a un ipotetico Gesù del Passato reale, nonostante sia così evidente. Nel negare che quel silenzio sia evidente, il folle apologeta cristiano consuma definitivamente l'ultimo tradimento delle Origini, al risveglio della definitiva eresia: la negazione di un Gesù storico. 

Eppure, ogni lettera autentica di Paolo rompe già il silenzio sull'unico Gesù di sua conoscenza. Ma lo fa anche apparire. C'era già prima (si direbbe, almeno per Paolo), ma solo ora, che non c’è più, in qualche modo lo si avverte. Nel silenzio del suo silenzio intrinseco, di entità destata unicamente dall'immaginazione e dalla visione di Paolo. E dei primi cristiani. Visibile a loro, e solo a loro. E invisibile, inesorabilmente, a tutti gli altri.

Il terreno era scomparso sotto di lui, all'ennesima rivelazione. Era un viandante che aveva ricevuto un messaggio da un arcangelo celeste: la vita insignificante che aveva abbandonato non contava più niente per lui, né ora né in futuro. Sarebbe vissuto con quell'essere, sì, sarebbe vissuto con lui per guardarlo e bramarlo con gli occhi


...fino a scoppiare per l'eccessiva contemplazione.

Dopo di che ci volle poco. Paolo l'apostolo morì. Le ossa ingiallirono, le ossa si sgretolarono, presto restò uno spazio vuoto che un tempo aveva riempito di respiri e intenzioni. 

Ma lui era esistito. Il suo Gesù, l'unico da lui avvistato, nel silenzio di una allucinazione, NO.




  
E. MOUTIER-ROSSET

IL CRISTO È ESISTITO? 

Titolo originale: “Le Christ a-t-il existé?” (1922)


Tradotto da: Giuseppe Ferri



SILENZIO DELLA STORIA

CAPITOLO I

CREDULITÀ GENERALE

Non è strano che, tra tanti dotti storici che hanno ricercato le origini del cristianesimo, esaminato i vangeli con una lente d'ingrandimento, scrutato minuziosamente le cause del successo della nuova religione, nessuno abbia potuto mai mettere in dubbio la realtà dell'esistenza di Gesù? Su quali prove, su quali presunzioni, su quali probabilità, almeno, si sono appoggiati per ammettere così facilmente che, sotto il regno di Tiberio, un povero bifolco galileo organizzò una setta i cui dogmi si sarebbero presto imposti sull'Impero romano e divenire per esso uno dei fermenti più virulenti di decomposizione? Non sembrano neppure aver pensato per un momento che una domanda del genere possa essere posta.
Il fertile scetticismo della nostra epoca si è tuttavia attaccato a dei personaggi che hanno impresso delle tracce ben più numerose e meno impercettibili nella letteratura del loro paese: non si osa più affermare l'esistenza di Achille o quella di Ulisse; quella di Omero stesso è fortemente contestata; le avventure di Abramo e quelle di Giacobbe sono collocate al rango di favole; Mosè incontra ora solo degli increduli; non si crede più a Minosse, a Licurgo o a Numa; il nome di Pharamond fa sorridere financo i bambini delle nostre scuole primarie, e solo gli albergatori svizzeri si compiacciono di fingere di aver fede nelle gesta di Guglielmo Tell; Shakespeare ha, al giorno d'oggi, trovato degli eretici. Nel mezzo di questa marea montante di critica erudita e di libera ricerca, Gesù resta solo come una roccia incrollabile.
Per i fedeli che si rapportano alle lezioni della Chiesa o per le persone che queste domande lasciano indifferenti, quest'ultima credenza a priori si spiega facilmente; ma, il fatto che degli studiosi eruditi che sono abituati a controllare da vicino i documenti e i testi storici, che considerano il dubbio come il principio della sapienza, siano rimasti a parteggiare senza imbarazzo per la certezza comune, dovrebbe sembrare, che abbiano in mano delle prove schiaccianti; dovrebbe sembrare che possiedano una serie di testimonianze concordanti e indiscutibili che non permettono di lasciar trapelare nessuna esitazione, nessun scrupolo nella loro convinzione. Quali sono dunque queste prove? Quali sono queste testimonianze?
Certo, le persone non sostengono più, al giorno d'oggi, che Gesù abbia avuto nel mondo un ruolo clamoroso e che gli annali delle nazioni siano ripieni del suo nome. “Gesù (Havet, le Christianisme et ses Origines, tomo 4, pag. 67) non è né un filosofo, né un sapiente, né un politico, né un capitano, né un poeta”. Non ha affatto, come Epicuro o Lucrezio, contribuito al progresso della ragione; né, come Aristotele, a quello delle scienze; non ci ha affatto donato, come Maometto, un Codice scritto per intero da lui stesso; non ha affatto, come Cesare, scritto di sua mano, il racconto di imprese sanguinarie o, come Alessandro, riportato innumerevoli vittorie e diffuso il terrore del suo esercito nell'universo sottomesso; Gesù non ha affatto incantato il popolo con la magnificenza delle sue poesie; gli schiavi non hanno affatto spezzato le loro catene alla sua voce, come fecero all'appello di Spartaco; la Giudea, la sua patria, non si è affatto sollevata ai suoi proclami, come all'esempio di Simone bar Giora o di Bar-Kokhba. Nessun avvenimento, non importa quanto minimo, nessuna sua opera mette la sua vita in luce; nessuno storico, nessuno scrittore contemporaneo ha celebrato la sua intelligenza, la sua conoscenza, la sua eloquenza, le sue vaste concezioni; nessuno ha mai pronunciato il suo nome. Non ha affatto tracciato una sola riga e i suoi biografi, altrettanto nebulosi del loro eroe, non lasciano intravedere alcuna parte che lui solamente avrebbe potuto scrivere; [1] l'evangelista Giovanni (7:15) dice anche parlando di lui: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?” E si sa che in Oriente, ancora al nostro giorno, la prima istruzione data e, il più delle volte l'unica data, prima della lettura e della scrittura, è la recitazione dei Testi Sacri. Questa circostanza ha persino scioccato i devoti al punto che hanno fabbricato una lettera di Gesù al re Abgar, una lettera che la Chiesa, malgrado tutta la sua buona volontà, non ha osato affatto trattenere.
Ma, almeno, così come Socrate, che non ha scritto nulla, Gesù avrebbe potuto formare allievi illustri per raccontare la sua vita o esporre chiaramente le sue dottrine. Tutt'al contrario, nessuno di quelli che avrebbero potuto conoscerlo, nessuno dei suoi cosiddetti discepoli, nessun apostolo ha composto la più piccola notizia sul suo conto, perché, a parte poche persone pie che accettano ad occhi chiusi tutte le affermazioni gratuite del clero e a cui il minimo dubbio sembrerebbe un crimine, non si troverebbe nessun pensatore che abbia così poco studiato i vangeli, da credere che il presunto Marco, Matteo, Luca e Giovanni la cui storicità è, del resto, più che dubbia, siano stati i contemporanei di Cristo e siano gli autori della leggenda sacra; tuttavia, i libri posti sotto la loro paternità sono gli unici scritti che, così vaghi, così meravigliosi, così incredibili come sono, ci offrono dei rari dettagli sulla carriera del Messia. L'apostolo Paolo, lui stesso, che, tuttavia, nelle sue Epistole Cardinali ci dà così fortemente l'impressione di una personalità possente, dall'attività straripante, di cui l'accesa predicazione  eclissa nel suo raggio intenso la luce fioca dell'azione del Salvatore, che ha svolto indiscutibilmente una tutt'altra figura e recitato un ruolo altrimenti importante; Paolo, il solo dei primi propagatori della religione nazarena le cui azioni hanno una qualche verosimiglianza (benché la sua esistenza sia stata messa in discussione da certi esegeti e di cui non rimangono altre prove se non quattro Lettere), non ci afferma da nessuna parte la realtà di Gesù fin tanto che uomo. Che cosa ci resta, quindi, per sostenere la convinzione così generale che il Cristo non è affatto un essere immaginario allo stesso titolo di Giove o di Brahma?
Tutto sommato, la certezza del personaggio di Ulisse ci è meglio assicurata dall'Iliade e dall'Odissea che quella di Gesù dai vangeli; chi oserebbe pertanto affermare che l'astuto re di Itaca non sia affatto una finzione? Tuttavia, i poemi di Omero contengono ancora meno impossibilità e miracoli rispetto ai racconti di Marco, di Matteo, di Luca e di Giovanni, e la paternità delle epopee della collera di Achille e delle disavventure dello sposo di Penelope, benché quella sia stata seriamente contestata al cieco di Chio, è infinitamente meno discutibile di quella delle opere degli evangelisti.
Se è passato del tutto sconosciuto nel resto del mondo, ci si potrebbe immaginare che in Galilea, per lo meno, il Redentore abbia fatto gran figura e che la sua predicazione abbia scosso profondamente le masse popolari di questo minuscolo angolo di terra così veloce da percorrere: nemmeno; il Salvatore si tiene a distanza dalle passioni che ribollono su tutta la Palestina e le ignora. Nel rileggere a sangue freddo il Nuovo Testamento, si realizza egualmente che Gesù è assolutamente estraneo alla rivoluzione che sta per arrivare sotto il suo nome e le cui cause sono da ricercare al di fuori di lui, prima e dopo la data presunta della sua nascita e della sua morte, tanto più che, se nulla ci garantisce indiscutibilmente che egli sia vissuto, tutto, al contrario, a quest'epoca, annuncia l'immenso cambiamento che si prepara e che è già cominciato.
Noi cercheremo dunque quali sono i documenti storici o leggendari che hanno potuto far ammettere per tanti secoli, la realtà di questo personaggio mitico, proveremo quindi a spiegarci la diffusione di questa credenza, di rendere conto dello stato di decomposizione del milieu ellenistico-romano e della miseria disperata del proletariato sotto i Cesari che ha determinato la formazione del cristianesimo e che ne ha facilitato l'estensione; poi, esamineremo fino a che punto la cosiddetta Morale del vangelo rifletta i sentimenti e le aspirazioni delle folle che, alla fine del primo secolo della nostra era e al principio del secondo, hanno abbracciato con tanto ardore le dottrine degli Apostoli; termineremo, infine, cercando di ricostruire l'azione dei primi cristiani, di Paolo soprattutto, scegliendo nel Nuovo Testamento tutto ciò che contiene di pressappoco accettabile. 

NOTE

[1] La storia della Donna Adultera dove si incontra il passo: “Ma Gesù si mise a scrivere col dito per terra” (Giovanni 8:6 e 8) non si trova affatto nei manoscritti più antichi ed è stata interpolata piuttosto tardi. Inoltre, la parola greca graphô può significare tracciare dei segni o disegnare, oltre che scrivere.

1 commento:

paolo ha detto...

Lettere autentiche di Paolo? Ma quali sarebbero? Sono tutte 'tarocche'...