domenica 4 novembre 2018

«Gesù, il Dio fatto uomo»Le Apocalissi (168 A.E.C. — 40 E.C.) (II): Il Tempio profanato

Introduzione  


LE APOCALISSI
(168 A.E.C. — 40 E.C.)

II

IL TEMPIO PROFANATO

È un curioso presagio che la Storia antica del Dio Gesù dovesse cadere tra due convulsioni parallele dell'ebraismo, due rivolte furiose e sanguinose, che, tre secoli più tardi, sembrarono molto simili ad una ripetizione l'una dell'altra. La prima è la resistenza sotto Giuda Maccabeo all'ellenizzazione decretata da Antioco Epifane, re di Siria. La seconda è l'opposizione sotto Bar-Kokheba [1] alla romanizzazione imposta dall'imperatore Adriano. Ogni volta — le sole volte nella Storia — il Tempio fu profanato e venne installato un idolo nella sede del dio invisibile. Entrambe le volte una Gerusalemme prostrata ricevette un nuovo nome. Nominata secondo Antioco, essa diventò Antiochia Hierosolyma. Nominata secondo Elio Adriano e il dio della città di Roma, essa diventò Aelia Capitolina. Le due rivolte differivano in questo: la prima fu vittoriosa, laddove nell'ultima gli ebrei furono sconfitti per sempre. Nel delirio di un trionfo Gesù prese forma, e nella depressione di una disfatta il suo ritratto, metà della terra e metà del cielo, fu completato.

Tra quali circostanze si sviluppò l'embrione di una nuova divinità?

Antioco, principe bizzarro, prodigo, e frivolo, fece della Gerusalemme antica una piccola città greca, simile a molte altre. [2] Dal perimetro del Tempio si ascoltava l'applauso al teatro della Musa di Euripide il Razionalista e di Aristofane lo Sbeffeggiatore, e nello stadio i giovani preti lottavano, saltavano e correvano nudi, vergognosi della loro circoncisione. Essi deponevano da parte il turbante sacerdotale per indossare il petaso cadente degli efebi. Essi accoglievano il re, lo stratega della città, con fiaccolate e urla bacchiche. Il sommo sacerdote Giasone aveva pagato per il suo ruolo alle casse avide di Antioco. Egli mostrò la grandezza del suo spirito inviando denaro nel nome di Jahvè al dio Eracle per i giochi tenuti in suo onore a Tiro ogni cinque anni. [3] Ancora un poco e il sinistro Dio degli ebrei sarebbe stato assimilato, come così tanti altri, ad una divinità greca e assorbita nel compiacente pantheon degli elleni.

Ma Antioco affrettò le cose. In necessità di denaro, egli licenziò Giasone e vendette i diritti al pettorale e ai campanelli d'oro ad un Menelao, che non era della famiglia di Aronne, neppure della tribù di Levi. [4] Giasone, alla testa dei suoi partigiani, si aprì la strada per Gerusalemme e si ribellò. Il re pensò di mettere fine alla faccenda. Egli inviò le sue guardie macedoni e i suoi mercenari di Misia contro la città. Egli aveva profanato l'altare di Jahvè con sangue di maiale, e pose al suo posto l'altare del Zeus Olimpio, Portatore di Vittoria, del cui dio Antioco pretendeva di essere una manifestazione terrestre. [5] Una copia della statua di Zeus ad Olimpia, l'opera più raffinata di Fidia, fu installata nel santuario. I sacrifici consueti dovevano essere offerti a Zeus. Durante le feste dionisiache le solite ghirlande di edera dovevano essere obbligatorie. Il compleanno del re si doveva celebrare ogni mese secondo riti greci. Gli dèi greci erano insediati nei villaggi, dove le nascenti sinagoghe furono consegnate alle fiamme, i rotoli sacri stracciati o profanati di immagini, mentre la circoncisione e tutte le pratiche del culto ebraico furono bandite sotto pena di morte.

Questo andò troppo lontano. In questa arena limitata Zeus gareggiò con Jahvè. Se egli avesse tenuto il suo terreno, egli ora sarebbe stato forse Dio dell'Occidente. Ma Jahvè vinse la partita.

La potenza di Dio è la forza dei suoi campioni. I fanatici di Jahvè si precipitarono come una fiamma attraverso il deserto. Essi piombarono sui villaggi, massacrarono i rinnegati, e circoncisero i figli con la forza. Uno di loro, Giuda, fu soprannominato Maccabeo, il Martello, poichè tali erano i suoi colpi. 

Che tempesta! Il petaso fu spazzato via. Il sacerdote si rimise di nuovo le vesti tradizionali. La bellissima statua di Fidia fu scaraventata in un letamaio, tre anni dopo il suo insediamento, così selvaggia fu l'esplosione che travolse questa regione montuosa. Il Tempio e la città furono purificati di ghirlande e acqua di rose (cose appiccicose!). Un nuovo fuoco santo fu acceso, si rimise Jahvè nella sua dimora vuota, al canto dei salmi, tra l'odore di incenso, il suono delle arpi, il rumore di cembali, e l'ondeggiare di palme. Questa vittoria avvenne nell'autunno del 165 A.E.C. Le conseguenze durano ancora.

La furia sacra di quei giorni remoti è ancora percettibile. Proprio come una fiala di giada preserva una fragranza da parecchi anni addietro, così due salmi e il libro di Daniele preservano l'angoscia disperata della battaglia e l'esaltazione della vittoria.

Ascolta l'accento di angoscia, l'ansiosa invocazione di Jahvè (Salmo 74:7-11, 18-19): 
Hanno appiccato il fuoco al tuo santuario, [6]
hanno abbattuto e profanato la dimora del tuo nome.
Hanno detto in cuor loro: «Distruggiamo tutto!»
Hanno arso tutti i luoghi delle assemblee divine
[7] nel paese.
Noi non vediamo più nessun segno;
non c'è più profeta,
né chi tra noi sappia fino a quando...
Fino a quando, o Dio, ci oltraggerà l'avversario?
Il nemico disprezzerà il tuo nome per sempre?
Perché ritiri la tua mano, la tua destra?
Tirala fuori dal tuo seno, e distruggili!
Ricòrdati che il nemico ha oltraggiato il Signore
e che un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome.
Non abbandonare alle belve la vita della tua tortora,
non dimenticare per sempre il gregge dei tuoi poveri afflitti!
Ed ecco un frammento di un salmo trionfale (Salmo 118:10-18):
Tutte le nazioni m'avevano circondato;
nel nome del Signore, eccole da me sconfitte.
[8]
Mi avevano circondato, sì,
mi avevano accerchiato;
nel nome del Signore, eccole da me sconfitte.

Tu mi avevi spinto con violenza per farmi cadere,
ma il Signore mi ha soccorso.
Il Signore è la mia forza e il mio cantico,
egli è stato la mia salvezza.
Un grido d'esultanza e di vittoria
risuona nelle tende dei giusti:
La destra del Signore fa prodigi!
La destra del Signore si è alzata!
Tale fu l'esaltazione di coloro che Dio aveva appena salvato e che avevano appena salvato il loro Dio.

NOTE

[1] Anche Bar-cochebas, Bar-Kokhba e Bar Kochba.

[2] E. R. Bevan, The House of Seleucus; Londra, 1902, pag. 168–169.

[3] 2 Maccabei 3:18-19. Un “Niceta, figlio di Giasone di Gerusalemme” contribuì alle festività di Dioniso in Caria, attorno alla metà del secondo secolo (Le Bas e Waddington, Voyage Archéologique en Asie Mineure, 3, Numero 294).

[4] 2 Maccabei 4:23-24; si veda 3:4. Flavio Giuseppe (Antichità Giudaiche 14, 5, 1) cade in confusione (Th. Reinach, Oeuvres completes de Fl. Josèphe, volume 3; Parigi, 1904, pag. 94, Numero 1).

[5] Iscrizione sulle sue monete (E. Babelon in A. Burché-leclercq, Histoire des Séleucides; Parigi, 1914, pag. 655).

[6] Le porte del Tempio furono bruciate. 1 Maccabei 4:38.

[7] Una prima menzione di sinagoghe in Giudea. Esse erano esistite in Egitto per oltre un secolo (W. Bousset, Die Religion des Judentums, seconda edizione, 1906, pag. 72).

[8] Significa anche circoncise.

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