domenica 18 novembre 2018

«Gesù, il Dio fatto uomo»I Vangeli (130 E.C. — 150 E.C.) (II): Conflitti


I VANGELI
(130 E.C.—150 E.C.)

II

CONFLITTI

Il primo grande problema fu colmare il vuoto lasciato dai profeti. 

Nelle istituzioni primitive il profeta è la persona principale nella Chiesa. In Siria le Chiese avevano i loro propri profeti particolari, che essi sostentavano, vestivano, e curavano secondo la Legge per il mantenimento dei sacerdoti ebrei. “Prenderai perciò le primizie di tutti i prodotti del torchio e della messe, dei buoi e delle pecore e le darai ai profeti, perché essi sono i vostri Sommi Sacerdoti. ... Se fai il pane, prendi la primizia e dà secondo il precetto. E così, se apri un'anfora di vino o di olio, prendi le primizie e dalle ai profeti. Del denaro, del vestiario e di tutto quello che possiedi, prendi poi le primizie come ti sembra più opportuno e dà secondo il precetto”. [1]
Inevitabilmente si denunciarono abusi. Si rese necessario dichiarare falsi profeti coloro che nella possessione spirituale volevano profittare di un pasto, oppure di nuovo che nella loro possessione spirituale cercavano denaro. Se, comunque, il denaro si domandava per i poveri, il “profeta” non doveva essere giudicato. Se il profeta opera “per il mistero terrestre della chiesa” — ossia, probabilmente simboleggia l'unione della Chiesa e del Signore tramite uno strano matrimonio come fece Osea — egli non deve nè essere giudicato nè imitato. [2] Quanto al titolo di apostolo, così orgogliosamente rivendicato da San Paolo, era caduto in disgrazia. Ci furono fin troppi mendicanti itineranti che si definivano apostoli. “Ogni apostolo che venga presso di voi sia accolto come il Signore. Però dovrà trattenersi un giorno solo; se ve ne fosse bisogno anche un secondo; ma se si fermasse tre giorni, egli è un falso profeta. Partendo, poi, l'apostolo non prenda per sé nulla se non il pane (sufficiente) fino al luogo dove alloggerà; se invece chiede denaro, è un falso profeta”. [3] Che ironia dire di qualche seccatore espulso fuori così che egli sia “accolto come il Signore”! Il Peregrino di Luciano, libertino, sodomita, e parricida, fu per qualche tempo un profeta cristiano e capo di una chiesa. Gettato in prigione, egli fu guardato come un martire e rifornito di parecchie ceste ricolme di vivande. [4]
Il capo di una chiesa siriana condusse il suo gregge — uomini, donne, e bambini — nel deserto per incontrare Cristo. Perduti e vagabondi nelle montagne, essi furono per poco catturati e messi a morte come briganti. In Ponto un altro profeta annunciò che gli era stato rivelato in visioni che il Giudizio sarebbe accaduto l'anno seguente. I suoi degni seguaci, in lacrime e tremore, vendettero tutti i loro beni e lasciarono le loro case. Arrivò l'anno successivo, ed essi dovettero fare del loro meglio per riottenere ciò che avevano venduto, rinunciato, o perduto (Ippolito, Comm. su Dan., 3:18; scritto nel 202-204).

Ermas racconta di come a Roma un profeta avrebbe offerto consultazioni in qualità di mago; la qual cosa lo mosse all'ira, dal momento che lui non pronunciava profezie “negli angoli” (Ermas, Mand., 11). La rivalità tra profeti logorava la pazienza delle Chiese. Diventò troppo difficile per i fedeli distinguere un vero profeta. 

Una lenta e saggia rivoluzione elevò al di sopra dei profeti coloro che Paolo aveva collocato più in basso — i didascaloi o maestri — e alla posizione più elevata coloro che Paolo aveva collocato ancor più in basso — gli amministratori o episcopoi. Abbiamo un caso particolare di uno scontro tra il profeta e il maestro. In un tempo di severa persecuzione, probabilmente quella in cui il vescovo Telesforo perì gloriosamente durante il regno di Adriano, [5] molti cristiani commisero apostasia. Come si diceva allora, essi “abbandonarono il dio vivente”. [6] Potevano venir riammessi alla Chiesa? I maestri risposero “no”; ciò era contro la dottrina, poichè la Chiesa è un'assemblea di Santi, e la remissione di peccati concessa mediante battesimo non si può rinnovare. Mediante l''autorità di una visione e in opposizione ai maestri, Ermas dichiarò che si sarebbero potuti riammettere. [7] Una Donna dal cielo gli aveva donato uno scritto, che lui aveva copiato, in cui vi era promulgato un perdono speciale dei peccati; quest'essere celeste simboleggiava la Chiesa. Clemente, com'era suo dovere, lo inviò alle altre chiese, Grapta lo insegnò alle vedove e agli orfani; ed egli, Ermas, lo lesse agli Anziani della Chiesa di Roma. [8]

C'era un didascalus, un pensatore, un filoniano di alti conseguimenti, che esponeva ai pochi eletti che sarebbero diventati didascali come lui, le ragioni dottrinali e scritturali per una stretta osservanza. [9] Quale autorità poteva essere maggiore di quella di un profeta? Quella di un Apostolo. Aggiungi un pò di righe che recano notizie di Timoteo e un saluto ai fratelli in Italia, e una raffinata omelia diventa un'epistola di Paolo agli Ebrei di Gerusalemme. San Paolo fu un'autorità di gran lunga maggiore di Ermas. In questa maniera venne rianimata la letteratura pseudepigrafica che la parola vivente dei profeti aveva portato ad una fine. Secondo la necessità del momento si pubblicarono un'epistola di Giacomo, tre di Giovanni, due di Pietro, una di Giuda, e numerose di Paolo, per menzionare solo quelle che sono accettate generalmente. I tre “pilastri” di Gerusalemme e il loro avversario precedente fornirono un'istruzione postuma, proprio come Daniele, Enoc e Mosè avevano rivelato le loro profezie. 

Questo ricorso ai morti famosi fu, comunque, solo un espediente; il metodo era scoprire un libro che avrebbe dovuto contenere l'intera dottrina cristiana e neutralizzare così i profeti. Un problema associato a questa scoperta era l'approccio da tenere verso la Bibbia ebraica. I salmi e i Profeti dell'Antico Testamento erano il cibo della fede e il nutrimento della pietà. Dove rientrerebbe il Pentateuco? Come dovrebbe venire interpretato? Dovrebbe esserci in parte, o in tutto, oppure per nulla affatto? Un Libro non può essere rivelato da Dio, e poi venir ignorati i suoi comandamenti. 

Le Chiese siriane erano chiare sul punto, come potremmo leggere nell'epistola di Giacomo 2:10: “Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti”. Quella è la legge per i cristiani di nascita ebraica. Quanto agli altri, la Didachè ci dice che è bene per loro osservare la legge per quanto possano, “Se infatti puoi sostenere interamente il giogo del Signore, sarai perfetto; se non puoi fa' almeno quello che puoi”. [10] Questa soluzione è adatta a questi cristiani che sono indistinguibili dagli ebrei in superficie e per cui gli sforzi di Paolo sono stati vani. 

La soluzione dei didascali romani appare nell'epistola agli Ebrei, succinta ed elegante. Essa si riferisce al passo di Geremia in cui Dio annuncia che egli realizzerà col suo popolo un nuovo patto; il cristianesimo è questo Nuovo Patto. Il primo è perciò “diventato antico”. [11] Il vecchio ordine era mutato. L'antico sacerdozio dei Leviti doveva fare strada al sacerdozio di Cristo. La Legge era debole, carnale, inefficace; poiché proveniva dagli angeli, e non direttamente da Dio, essa “non ha portato nulla alla perfezione” (Ebrei 7:19). Dev'essere sostituita dalla Parola di Dio, e il Dio Vivente non richiederà sacrifici, ma lode e opere di carità. Le macchie che una volta erano state purificate al Tempio furono spazzate via una volta per tutte dal battesimo. I cibi proibiti erano non più proibiti. La Legge aveva fatto il suo tempo. Il Nuovo Patto era nello stesso tempo il completamento e la conclusione dell'Antico. La Bibbia doveva essere rispettosamente disobbedita.

Nell'epistola di Barnaba si trovò una soluzione in Egitto che fu ancor più radicale e più scioccante dal punto di vista della legge ebraica. L'Antico Testamento non era mai stato imposto. Il giorno quando Mosè, alla vista dell'idolatria degli ebrei, ruppe le tavole della Legge, gli ebrei persero la Legge. Il Pentateuco non fu mai scritto per gli ebrei, ma per i cristiani come un mistero. Esso non fu neppure comune ad entrambi; fu soltanto “nostro” (Barnaba 4:6-7, η͑μω̑ν μέν). I comandamenti ivi contenuti non hanno in sè stessi nessun valore, neppure temporaneo. Essi nascondono nascosti precetti spirituali che soltanto l'iniziato può comprendere. Per esempio, il maiale è proibito. Questo significa che l'iniziato dovrebbe evitare coloro che, al pari di maiali viziati, chiamano loro padrone Dio solo quando hanno bisogno di lui. Lo sparviero significa che a uomini rapaci si dovrebbe dire “va' via”. La lepre allude ai pedofili, dal momento che ogni anno la lepre sviluppa un ano aggiuntivo. La donnola significa quelle donne che agiscono in modo impuro con le loro bocche, dal momento che la donnola concepisce tramite la sua bocca (Barnaba 10). [12] In breve, il giudaismo è semplicemente un'assurdità. L'iniziato dovrebbe ignorarlo con disprezzo, ma tenersi la Bibbia che era un'allegoria destinata in particolare ai seguaci di Cristo. Questa risposta, un paradosso generato da san Paolo, fu intollerabile. Era meglio respingere del tutto la Bibbia piuttosto che interpretarla in una maniera così strana.

NOTE

[1] Didachè,, 13.

[2] Ibid., 11.

[3] Didachè, 10.

[4] Luciano, De morte Peregr., ed. Jacobitz, 3. pag. 274. προϕήτης καί θιασιάρχης καί ξυναγώγευς, scritto nel 165 circa.

[5] Ireneo, Haer., 3:3; ε͗νδόξως ε͗μαρτύρησεν.

[6] Ermas, Vis., 2, 3, 2 ed 3, 7, 2; Ebrei 3:12; α͗ποστη̑υαιί α͗ποί θεου̑ ζω̑ντος.

[7] Ermas, Mand. 4:3, 3. “Signore, ho inteso da alcuni maestri che altra penitenza non si ha [se non quella del battesimo].

[8] Ermas, Vis, 2:2-3.

[9] Ebrei 6:4–8; 10:26–31; 12:16–17. L'insistenza dell'autore su questo punto è rimarchevole. Si veda Ebrei 5:12: “Infatti, dopo tanto tempo dovreste già essere maestri”, e 13:7, in cui i dominatori (η͑γουύ μενοι) e non i profeti, “vi hanno annunciato la parola di Dio”.

[10] Didachè, 6:2. Nel Talmud si presenta questo: “Colui che fa tutte le cose, ma ne omette una sola, è colpevole nei confronti di tutte” (Shabbath, 72:2).

[11] Ebrei 8:13; πεπαλαίωκεν.

[12] L'autore fa uso contro gli ebrei del metodo di esegesi impiegato nella Lettera di Aristeo e da Filone. Paolo lo utilizzò: “Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano” (1 Corinzi 9:9-10) significa che l'apostolo cristiano ha un diritto alla sua condivisione di “beni materiali” (9:11). Il libro dell'Esodo fu scritto per i cristiani (1 Corinzi 10:1-11).

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