martedì 20 novembre 2018

«Gesù, il Dio fatto uomo»I Vangeli (130 E.C. — 150 E.C.) (III): Il sommo sacerdote celeste

Conflitti 

I VANGELI
(130 E.C.—150 E.C.)

III

IL SOMMO SACERDOTE CELESTE

Il problema che presentò la difficoltà più grande fu la presentazione di Gesù.  Si ricercò a stento un ritratto definito chiaramente.

Nell'epistola di Giacomo, Gesù è il Signore la cui venuta è imminente, il Giudice che è alle porte (Giacomo versi 7-9): Egli è anche il “Buon Nome” invocato dai cristiani (Giacomo 2:7). Non si fa nessuna allusione, comunque, alle sue sofferenze. Il siriano che scrisse quest'epistola quando egli avrebbe consigliato pazienza nell'avversità, si riferiva alle sofferenze di Giobbe, e non di Cristo (Giacomo versi 10-11; si veda 1 Pietro 2:19-25).

Il Gesù del romano Ermas non aveva nulla in comune con il Gesù di san Paolo. Nessuna menzione di una passione, neppure della sua morte. Il suo nome non è neppure menzionato. Egli è l'angelo assai venerabile, l'angelo santo, l'angelo glorioso (Ermas, Vis., verso 2; Prec., verso 7: ὁ ἄγγελος ὁ σεμνότατος; Sim., verso 4, 4: ὁ ἃγιος ἄγγελος; Sim., 7:1 e 3; 9:1, 3: ὁ ἔνδοξος ἄγγελος;). Egli è proprio un arcangelo superiore di statura colossale. Ermas ci chiede di comprendere, senza dirlo precisamente, che egli è l'arcangelo Michele. [1] Sei altri arcangeli lo seguono alla sua destra e alla sua sinistra, e neppure si avvicinano a Dio senza di lui (Ermas, Sim., 9:12, 8). Gli angeli sono ai suoi ordini; Penitenza, che assume l'aspetto di un pastore; Punizione; Tegri, che chiude le fauci di mostri. Altri angeli sono suoi avversari: l'angelo di Voluttà e di Menzogna, l'angelo del Male. Se non è il figlio unigenito di Dio, egli è diventato suo figlio per adozione, grazie alle sue meritorie fatiche. Il Primogenito di Dio, il figlio ed erede prediletto, è lo Spirito Santo che manda ai profeti l'Angelo dello spirito profetico (Sim., 5 e 6; Prec., 11:9; egli appare anche ad Ermas come una donna anziana, la Chiesa). Il secondo figlio è la Carne. Ermas parla di come Dio scelse per sè stesso una “carne”, un “servo fedele, scelto e stimato”. Egli gli fornì l'incarico di stabilire angeli sul suo popolo come guardiani. Il Servo non era soddisfatto di questo soltanto. Al prezzo di una grande fatica, egli purificò il popolo dei suoi peccati, e Dio gioì dell'opera del suo Servo. Col consenso del suo Figlio prediletto e dei suoi angeli, egli rende il Servo coerede col Figlio prediletto, facendo “abitare nella carne che volle lo Spirito Santo”. Il Servo, promosso ad essere Figlio di Dio, diventò “il Signore del popolo perché ha ricevuto ogni potere dal Padre”. Egli è colui che trasmette le istruzioni che Dio dà al popolo (Sim., verso 2 e 5-6). Nessuno, a meno che non abbia ricevuto il suo Nome, potrebbe entrare nel regno di Dio (Sim., 9:12, 8).

Il mistero di Gesù si deve riconoscere a malapena in questa insipida, debole storia. Gesù ha perso non solo la croce potente e scandalosa che egli doveva a san Paolo, ma anche gli aspetti primitivi che egli doveva ad Isaia. La sua morte espiatoria è diluita in un'opera di purificazione. Ogni cosa intorno a lui è così vagua e informe come un sollievo cancellato. Nondimeno egli ha ottenuto un nuovo tratto, il solo a cui tiene Ermas. Egli personifica la Carne, che è diventata associata con lo Spirito Santo. Ermas indica chiaramente la morale in virtù della quale la carne mal si adatta ad un arcangelo. “Vedi di non insinuare mai nel tuo cuore che questa carne sia corruttibile e di non abusarne per qualche colpa. Se tu contamini la carne, contamini lo Spirito Santo” (Sim., verso 7, 2). In questa maniera il mistero di Gesù è modificato per essere un fondamento alla dottrina della resurrezione della carne e per forgiare un'arma contro gli spirituali che pretendevano che la contaminazione della carne lasciasse inviolato lo spirito.

Il buon Ermas era in buona compagnia qui. Il grande dogma della Chiesa romana del secondo secolo era la resurrezione del corpo. [2] Il glorioso corpo spirituale, che Paolo aveva promesso con entusiasmo e di cui Cristo era il nuovo Adamo, non era sufficiente. Proprio come gli ebrei, i cristiani desideravano la resurrezione della carne. La carne non fu più disprezzata, come lo era da Paolo. Essendo passata attraverso uan tribolazione, era diventata santificata e meritava una ricompensa. Da qui il conferimento di un corpo a Gesù.

La teologia trionfante, la corruzione degli angeli, di questo profeta inesauribile richiedeva una risposta; e il maestro nell'epistola agli Ebrei la diede in una maniera olimpica. Egli presentò una nuova interpretazione di Gesù, derivata dagli scritti di san Paolo e dall'Apocalisse.

Gesù non fu più un super-angelo; essi non sono altro che vento e fuoco. E nè c'è qualche altro Figlio di Dio più potente di lui. Egli è il Primogenito, riflesso della Gloria di Dio, Immagine del suo Essere. Gesù non è un co-erede, ma il solo legatario di Tutto. Spirito eterno, tramite lui Dio creò il mondo. Solo Mediatore, egli soltanto può redimere i peccati degli uomini, e ciò col suo sangue soltanto, poiché “senza spargimento di sangue, non c'è perdono” (Ebrei 9:22) — un'assioma fondamentale del cristianesimo.

Laddove gli ebrei, per ottenere la remissione dei peccati, versavano il sangue di animali, Gesù verso il suo stesso sangue una volta per tutte e quando egli entra nel Santo dei Santi del Tempio Celeste, egli è fissato per sempre in quest'atto augusto. Il Cristo della lettera agli Ebrei è l'Offerta Eterna proprio come il Cristo di san Paolo era il Crocifisso Eterno.

Per essere questo, Gesù non venne semplicemente sulla terra in una parvenza umana, come aveva insegnato Paolo, ma assunse un corpo reale di carne e di sangue. Su questo punto il profeta e il didascalus sono concordi, ma il didascalus supporta la sua opinione con testi. “E il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (Salmo 8). Perciò Gesù fu per qualche tempo come un uomo.

Di nuovo: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato” (Ebrei 10:5; Salmo 40:6). Dio aveva reso a Gesù un corpo autentico. Nel Salmo 22: “Io annuncerò il tuo nome ai miei fratelli” (si veda Ebrei 2:12), Gesù tratta gli uomini come suoi fratelli. Segue, allora, che “Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele... Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Ebrei 2:17-18); e di nuovo, “Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (Ebrei 4:15).

Insegnare che Gesù possedeva un corpo reale di carne e di sangue terreni non poteva che condurre ad un'inevitabile conclusione — che egli era esistito realmente e storicamente. Tuttavia un'idea del genere non è quella dell'autore della lettera agli Ebrei. Egli non osserva Gesù illuminato dalla dura luce della verità storica, ma immerso nella morbida luce eterea della Bibbia. Ecco, Gesù è il misterioso Melchisedec, senza padre, senza madre, senza origine o fine, eterno sommo sacerdote a cui Abramo prestò tributo. Ecco, egli è la stella che sorge da Giuda a dispetto del privilegio di Levi. Egli è il Crocifisso del Salmo 22 che offrì preghiere e suppliche (Ebrei verso 7) a lui che era in grado di salvarlo. L'autore dell'epistola agli Ebrei considera la Crocifissione, che è allo stesso tempo il sacrificio sacerdotale, un evento che accadde nel cielo. Poiché le vittime espiatorie dovevano essere bruciate fuori del campo (Ebrei 13:11), Gesù soffrì fuori della porta — vale a dire, non in questo mondo. “Andiamo a Lui fuori del campo... Poiché qui non abbiamo una città stabile” (13:13-14). Qui è la terra. Gesù soffrì nella carne, ma non sulla terra.

Per portare Gesù sulla terra, egli doveva con un mezzo o l'altro essere strappato dalla Bibbia in cui si originò. Gli strumenti erano a portata di mano.

Gesù non era più la figura mistica con cui san Paolo poteva identificarsi così appassionatamente. Lo scrittore dell'epistola agli Ebrei non pensa di diventare parte di Gesù, ma di seguire Gesù, di imitarlo nel suo atto di sacrificio. Gesù fu allora materializzato per metà; egli doveva cessare di essere vento e fuoco al pari degli angeli, ed essere un uomo come noi, sebbene un uomo di un altro mondo.

Paolo non poteva mai riconoscere che il Salvatore fosse sia carne che spirito, poichè, disse lui in 1 Corinzi 15:50, “carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né la corruzione può ereditare la incorruttibilità”. Ma ora la fede lo richiedeva, e in Egitto il falso Barnaba scoprì nella Bibbia dimostrazioni nuove e curiose dell'esistenza carnale di Cristo e una strana informazione relativa alla sua Passione in un rituale ebraico. Per lui Gesù è la terra promessa ad Abramo, e terra significa carne. Nel Salmo 69 Cristo sulla croce dichiara che gli fu dato del fiele per cibo, e aceto da bere. Egli è il Capro Espiatorio su cui tutti sputarono, che fu avvolto da un manto scarlatto e condotto nel deserto (Barnaba 6-8: l'autore fa uso di un testo di un rituale ebraico che è a noi ignoto). In questa maniera stravagante quest'autore cerca per mezzo della gnosi di penetrare il mistero del Gesù di carne e di sangue.

Tuttavia fu un paradosso sorprendente che colui che avrebbe collocato il Figlio di Dio su un piano storico doveva spogliarlo di questo corpo carnale, perfino negarlo in opposizione a Roma e ad Alessandria.

Il corpo carnale di Gesù e la sua esistenza storica sono due tesi separate che in seguito diventarono fuse in una. 

NOTE

[1] Michele nell'ottava Similitudine realizza la stessa funzione del Figlio di Dio nella quinta e nella nona Similitudine.

[2] Si veda la strana dimostrazione che Clemente deriva dalla favola della fenice (Clemente, 25).

Nessun commento: