venerdì 5 ottobre 2018

Il Mito di Cristo — IL GESÙ CRISTIANO (II): Il Gesù dei Vangeli (“Gnosticismo e il Gesù Giovanneo”)

IL GESÙ CRISTIANO

II

IL GESÙ DEI VANGELI

(d) GNOSTICISMO E IL GESÙ GIOVANNEO.

Il cristianesimo si sviluppò originariamente dallo gnosticismo (Mandeismo). La religione paolina era solo un'espressione dei tanti sforzi sincretistici di soddisfare il bisogno di redenzione dell'umanità contemporanea mediante una fusione di concezioni religiose  derivate da fonti diverse. Così tanto maggiore era il pericolo che minacciava di scatenarsi su questo fianco della Chiesa nascente.
Lo gnosticismo concordava con il cristianesimo nella sua valutazione pessimistica del mondo, nel suo credo nell'incapacità dell'uomo di ottenere da solo la salvezza religiosa, nella necessità di una mediazione divina della “Vita”. Al pari del cristianesimo, aspettava la liberazione delle anime oppresse degli uomini da parte di un Redentore soprannaturale. Lui discese dal Cielo sulla terra ed assunse una forma umana, stabilendo, attraverso un'unione mistica con sé stesso, il legame tra le sfere del cielo e della terra. In tal modo garantisce all'umanità una vita eterna in una felicità a venire. Lo gnosticismo implica anche una filosofia completamente dualistica nella sua opposizione tra Dio e mondo, tra spirito e materia, tra anima e corpo, ecc.; ma tutti i suoi sforzi sono diretti a superare quelle contraddizioni tramite una mediazione soprannaturale e accorgimenti magici. Tratta la “Gnosi”, la conoscenza il giusto avvistamento nella coerenza delle cose, come la condizione necessaria di redenzione. L'individuo deve sapere che la sua anima viene da Dio, che è confinata solo temporaneamente in questa prigione del corpo, e che è destinata a qualcosa di più elevato rispetto ad essere perduta qui nell'oscurità dell'ignoranza, del male e del peccato; così che egli è già liberato dalle pastoie della “carne” e trova per sé una vita nuova. Il Dio-Redentore discese sulla terra per impartire questa conoscenza all'umanità; e lo gnosticismo si impegna, sulla base della “rivelazione” ricevuta direttamente da Dio, ad aprirsi a coloro che agognano alla conoscenza più elevata di tutte le altezze e le profondità del Cielo e della terra.
Questo gnosticismo del primo secolo dopo Cristo era una struttura meravigliosamente opalescente e intricata — per metà speculazione religiosa, per metà religione, una miscela di Teosofia, acritica superstizione mitologica e profondo misticismo religioso. In esso credenze babilonesi quanto a Dèi e stelle, mitologia persiana e dottrine indiane della metempsicosi e del Karma erano combinate alla teologia ebraica e ai riti misterici del Medioriente; e attraverso il tutto soffiava un soffio di filosofia ellenica, che si adoperava principalmente per sistemare le fantastiche creature della speculazione in una forma comprensibile, e per elaborare la confusione della libertà e della stravaganza di pensiero orientale nella forma di una visione filosofica del mondo. Gli gnostici a loro volta chiamarono “Gesù” la loro divinità mediatrice, come abbiamo già  visto a proposito della setta mandea dei Naasseni, e si abbandonavano ad una vivida raffigurazione della sua pre-esistenza al mondo e della sua divina maestà sovrannaturale. Concordavano coi cristiani sul fatto che Gesù era stato “umano”.
La stravagante concezione metafisica che avevano di Gesù allo stesso tempo impediva loro di trattare seriamente l'idea della sua umanità. Così che o mantenevano che il Cristo celeste si fosse associato all'uomo Gesù in una maniera puramente esteriore, e in effetti, per prima in occasione del battesimo nel Giordano, e solo temporaneamente, cioè fino alla Passione — essendo soltanto “l'uomo” Gesù  a soffrire la morte (Basilide, Cerinto); oppure pensavano che Gesù avesse assunto solo un corpo spettrale — e di conseguenza pensavano che tutte le sue azioni umane si fossero svolte semplicemente come una pura apparizione (Saturnino, Valentino, Marcione). Ma quanto poco riuscirono a penetrare nel centro della dottrina cristiana della redenzione e a valorizzare il significato fondamentale della figura di Cristo, è illustrato dal fatto che ritenevano Cristo semplicemente un solo mediatore tra innumerevoli altri. È illustrato anche dalla descrizione fiorente e romantica degli spiriti o “eoni” che si immaginava viaggiassero avanti e indietro tra il cielo e la terra, portando in salvo le loro vite. Quelli giocavano un ruolo importante nei sistemi gnostici.
Era naturale che la fede cristiana dovesse fare eccezione a un trattamento così fantastico ed esteriore dell'idea del Dio-uomo. Il cristianesimo paolino era distinto dallo gnosticismo, col quale era più strettamente legato, proprio in questo, che esso predicava sul serio l'“umanità” di Gesù. Era un problema ancora più serio il fatto che gli gnostici combinavano il loro estremo dualismo con un carattere apertamente anti-ebraico. Infatti questo nella stretta relazione tra gnosticismo e cristianesimo avrebbe necessariamente allontanato gli ebrei dal vangelo, e incitato solo fin troppi contro la giovane religione. Ma gli ebrei costituivano il fattore con cui il cristianesimo primitivo doveva prima di tutto fare i conti. Oltre a questo gli gnostici, dal punto di vista della loro concezione spiritualistica di Dio, si volgevano al disprezzo del mondo e all'ascetismo. Lodavano la continenza sessuale, respingevano il matrimonio, e desideravano non sapere nulla della resurrezione corporea né di Cristo né dell'uomo. Ma in Occidente nessuna propaganda di una religione ascetica avrebbe potuto avere successo. Eppure anche con gli gnostici, come spesso accade, l'ascetismo fin troppo di frequente degenerava in sfrenata voluttà e libertinaggio, e l'orgoglio spirituale di quelli scelti da Dio alla conoscenza, che erano elevati al di sopra della Legge mosaica, minacciava di lacerare completamente il legame  con l'ebraismo per la sua critica radicale all'Antico Testamento.
In questo lo gnosticismo non solo indebolì la condotta morale delle comunità, ma portò anche discredito sul vangelo in altre parti del mondo. In quanto una religione indipendente, che si opponeva espressamente a tutti gli altri culti, e i cui seguaci si trattenevano dalle pratiche religiose dello Stato, perfino da qualsiasi attività di sorta, il cristianesimo attirò su di sé il sospetto delle autorità e l'odio della gente, e incorse nel divieto di nuove religioni e sette segrete (lex Julia majestatis). [126] Così che lo gnosticismo, portandolo dal suo suolo nativo ebreo, trascinò il cristianesimo in un conflitto con le leggi civili romane.
Tutti quei pericoli, che minacciavano il cristianesimo dal movimento gnostico, furono messi da parte in un colpo solo dal riconoscimento della vera “umanità” di Gesù, l'asserzione del Gesù “storico”. Questo preservò il legame, così importante per la diffusione senza ostacoli del cristianesimo nell'Impero Romano, con l'ebraismo e la sua legalità “rivelata” — la cui natura eteronoma e ritualistica era stata effettivamente denunciata da Paolo, e il cui contenuto morale fu nondimeno accettato dai cristiani anche dopo. Fu reso possibile, in assenza di ogni precedente documento scritto di rivelazione, ancora di nuovo considerare l'Antico Testamento in essenza il libro autorevole della nuova fede e una testimonianza preparatoria della rivelazione finale che apparve in Gesù. E soprattutto, pose un freno alla fantasia gnostica, nel derivare assieme la pluralità imbarazzante degli eoni gnostici nell'unica figura del Redentore del mondo e del Cristo Salvatore, nel rendere la morte sacrificale redentrice del Messia il dogma principale, e nel concentrare l'attenzione dell'uomo religioso su questo punto di svolta principale di tutti gli eventi storici. Questa era la ragione per cui gli Apologeti e i “Padri” del cristianesimo, Ignazio, Policarpo, Giustino, Ireneo, ecc., si pronunciarono con tale decisione a favore della realtà e della vera umanità di Gesù. Non era forse una migliore conoscenza storica ad indurli a fare questo, ma l'istinto di sopravvivenza della Chiesa, che sapeva fin troppo bene che la sua posizione e il perseguimento del suo compito religioso, in contrasto alle emozioni dello gnosticismo e ai suoi tentativi seducenti di spiegare il mondo, erano dipendenti dal credo in uno storico Redentore. Così il Gesù storico era dal principio un dogma, un'invenzione, prodotto dai bisogni religiosi e pratico-sociali, della Chiesa cristiana nascente e combattente. Questo Gesù la ha condotta, difatti, alla vittoria; non, tuttavia, come una realtà storica, ma come un'idea; o, in altre parole, non un Gesù storico, nel senso proprio della parola, un individuo veramente umano, ma la pura idea di un tale personaggio, è il santo patrono, il genio del cristianesimo ecclesiastico, l'uomo che gli permise di superare lo gnosticismo, il mitraismo e le altre religioni degli Dèi-Redentori del Medioriente.
L'importanza del quarto vangelo consiste nell'avere portato ad una conclusione finale quelli sforzi della Chiesa nel fabbricare una Storia reale della figura del Redentore Cristo. Cominciato sotto l'influenza visibile della concezione gnostica del processo di redenzione, incontra in seguito lo gnosticismo come un altro vangelo; anzi, sembra ricolmo fino in fondo dell'attitudine e della prospettiva gnostica. Ad una certa misura condivide con lo gnosticismo la sua natura anti-ebraica. Ma allo stesso tempo aderisce, con i sinottici, all'attività storica di Gesù, e cerca di stabilire una sorta di mediazione tra la concezione essenzialmente metafisica degli gnostici e la concezione essenzialmente umana dei vangeli sinottici.
L'autore che scrisse il vangelo nel nome di Giovanni, il “discepolo prediletto di Gesù”, probabilmente nel 140 E.C. circa, concorda con lo gnosticismo nella sua concezione dualistica dell'universo. Da una parte c'è il mondo, il regno di tenebre, falsità, e male, in letale inimicizia al divino regno della luce, il regno della verità e della vita. Alla testa del regno divino è Dio, che è lui stesso Luce, Verità, Vita e Spirito — seguendo il pensiero persiano. A capo del regno della terra è Satana (Angromainyu). Nel mezzo, tra di loro, si colloca l'uomo. Ma l'umanità è divisa a sua volta, come tutto il resto dell'esistenza, in due tipi essenzialmente diversi. Le anime di una parte dell'umanità sono derivate da Dio,  quelle dell'altra parte da Satana. I “figli di Dio” sono per natura destinati al bene e sono pronti per la redenzione. I “figli di Satana” — tra cui Giovanni, in accordo con gli gnostici, annovera gli ebrei prima di tutto — non sono suscettibili di alcunchè di divino e sono destinati alla dannazione eterna. Per realizzare la redenzione, Dio, mosso dal puro “Amore” per il mondo, sceglie Monogene, il suo Figlio unigenito, cioè, l'unico essere che, in quanto il figlio  di Dio, non fu prodotto da altri esseri, ma da Dio stesso. L'autore del vangelo fonde Monogene con il Logos di Filone, che nella concezione gnostica era solo uno tra innumerevoli altri eoni, ed era un figlio di Monogene, la ragione divina, e quindi solo un nipote di Dio. Allo stesso tempo, trasferisce l'intero “pleroma” — la pluralità degli eoni in cui, nella concezione gnostica, la realtà divina venne divisa — al singolo principio del Logos, definisce il Logos come l'unico portatore dell'intera pienezza della gloria divina, come il preesistente creatore del mondo; e lo chiama anche, dal momento che egli è essenzialmente identico a Dio suo “Padre”, la fonte di vita, la luce, la verità e lo spirito dell'universo.
E in che modo allora il Logos effettua la redenzione? Diventa carne, cioè assume la forma dell'“uomo” Gesù, senza, tuttavia, cessare di essere il Logos soprannaturale, e come tale porta agli uomini la “Vita” che lui stesso è, rivelando la sapienza e l'amore. Come rivelatore di saggezza è la “luce del mondo”; lui svela agli uomini il segreto della loro relazione filiale con Dio; insegna loro, tramite la conoscenza di Dio, a conoscere sé stessi e il mondo; raccoglie intorno a sé i figli di Dio, che sono sparsi per il mondo, in una società unita e fraterna; e dà loro, in imitazione della sua stessa personalità, la “luce della vita” — cioè, li innalza e li eleva interiormente. Come rivelatore di amore non solo assume la forma umana e la rinuncia alla sua divina beatitudine ad essa relativa, ma come un “buon pastore” offre la sua vita per il suo gregge; li salva dal potere di Satana, dai terrori delle tenebre e si sacrifica per il suo popolo, allo scopo attraverso questa più alta testimonianza del suo amore per gli uomini, attraverso la rinuncia completa della sua vita, a riconquistare la vita che egli è veramente, e a ritornare alla sua gloria celeste. Questo è il significato dell'opera di redenzione di Cristo, che gli uomini per fede e amore si uniscano interiormente con lui e così con Dio; per cui ottengono la “vita” nello spirito superiore. Poichè sebbene Cristo stesso potrebbe tornare a Dio, il suo spirito vive ancora sulla terra. Come il “secondo Paraclito” o avvocato, lo Spirito procede con l'opera di redenzione del Salvatore, suscita e rafforza la fede in Cristo e l'amore per lui e per la Fratellanza, quindi mediando per loro la “Vita” e guidandoli dopo la loro morte nella beatitudine eterna.
In tutto ciò l'influenza dello gnosticismo e della dottrina filosofica del Logos è inconfondibile, ed è molto probabile che l'autore del quarto vangelo fosse influenzato dal ricordo, ancora vivo ad Efeso, del Logos dell'efesino Eraclito, nella sua associazione a Filone e alla sua esposizione più dettagliata della Filosofia ellenica del Logos. Ma differisce fondamentalmente da Filone e dallo gnosticismo nella sua affermazione che il Logos “si fece carne”, soggiornò sulla terra nella figura di Gesù di Nazaret e patì la morte. È vero, tuttavia, che l'evangelista è più coerente in questa affermazione di quanto lo sia nel delinerare con successo un uomo reale, nonostante il suo uso dei racconti sinottici del fato personale di Gesù. L'idea della natura divina del Salvatore è quella che prevale nei suoi scritti. Il “ritratto storico” che gli pervenne fu corretto artificiosamente, e la personalità di Gesù fu elaborata in qualcosa di così meraviglioso, straordinario, e soprannaturale che, se fossimo in possesso del quarto vangelo soltanto, con ogni probabilità a malapena sarebbe venuta in mente a qualcuno l'idea che si trattasse di un trattamento della storia della vita di un individuo storico. Eppure in questo la differenza tra il vangelo giovanneo e i vangeli sinottici è solo una leggera differenza. Infatti anche il Gesù sinottico non è veramente un uomo, ma un “superuomo”, il Dio-uomo dell'originaria comunità cristiana, eroe del culto e mediatore di salvezza. E se è stabilito che la disputa tra i maestri della Chiesa e gli eretici gnostici verteva, non sulla divinità di Cristo, circa la quale concordavano, ma piuttosto sul tipo e sul grado della sua umanità, allora questo “fatto paradossale” è di per sé sufficiente a corroborare l'affermazione che la divinità del mediatore della redenzione fosse l'unico  presupposto originariamente determinato ed auto-evidente dell'intera fede cristiana; e che, al contrario, la sua umanità era dubbia perfino nei primissimi tempi, e per questa ragione soltanto avrebbe potuto diventare un oggetto del conflitto più aspro.
In effetti, anche l'autore del quarto vangelo non arrivò a realizzare una vera fusione tra il personaggio umano Gesù e il personaggio mitologico, il Figlio di Dio gnostico, che con Filone oscillava, anche nella forma del Logos, tra l'essere impersonale e la personalità allegorica. Tutti gli sforzi per rendere comprensibile “l'interfusione del divino e dell'umano nell'unità del personale, per rendere la sua base (essenza) un essere divino, per rendere la sua apparizione una vita umana di Gesù”, sono frustrati anche con il il cosiddetto Giovanni da un unico fatto. Questo fatto è che un Logos considerato come una persona non può mai essere allo stesso tempo una personalità umana e tuttavia avere come sua base ed essenza una personalità divina, ma può solo essere posseduto in maniera demoniaca da quest'ultima, e non può mai essere quest'ultima stessa. E così, come dice Pfleiderer, il Cristo di Giovanni oscilla dappertutto “tra una verità sublime e una mostruosità spettrale; la prima, nella misura in cui rappresenta l'ideale del Figlio di Dio, e così la religione dell'umanità, separata da tutti gli accidenti e i limiti dell'individualità e della nazionalità, dello spazio e del tempo — e la seconda nella misura in cui egli è il rivestimento mitico di un Dio che soggiorna sulla terra in forma umana”. [127]
È vero che questa fusione del Figlio di Dio gnostico e del Logos di Filone con il Gesù sinottico stabilizzò per prima la nebbiosa incertezza della speculazione mitologica e del pensiero astratto nella forma chiara e nell'individualità vivente del mediatore personale della redenzione. Essa portò questa personalità ai cuori dei fedeli più di qualsiasi altra figura del credo religioso, e in tal modo procurò al dio del culto cristiano Gesù, nella sua pura umanità, nella sua travolgente bontà e benevolenza, un tale predominio sui suoi rivali divini, Mitra, Attis, e altri, che al fianco di Gesù quelli svanirono in vuote ombre. L'uomo ideale gnostico, cioè, l'idea platonica, e l'ideale morale dell'uomo si fusero in lui  direttamente in un'unità. Il miracolo dell'unione di Dio e dell'uomo, su cui il mondo antico si era rovellato così animatamente e così infruttuosamente, sembrava aver trovato la sua realizzazione in Cristo. Cristo era il “Sapiente” della filosofia stoica, in cui era infuso per loro tutto ciò che è più onorevole nell'uomo; più di questo, egli era il Dio-uomo, come era stato predicato e agognato da Seneca per l'elevazione morale dell'umanità. [128] Il mondo di conseguenza era così pronto a ricevere e così ben preparato per le sue idee fondamentali che constatiamo facilmente perché il cristianesimo della Chiesa si trincerò sulla personalità umana del suo principio salvifico con quasi più decisione che sul personaggio divino di Gesù. Tuttavia, nonostante la maestà e la sublimità, a dispetto del significato incommensurabile che l'accentuazione della vera umanità di Gesù ha avuto per lo sviluppo del cristianesimo, rimane vero che d'altra parte è proprio questo che è la fonte di tutte le contraddizioni insolubili, di tutte le difficoltà insormontabili di cui soffre la visione cristiana del mondo. Questa è la ragione per cui quella grande idea, che il cristianesimo portò alla coscienza degli uomini dell'Occidente, e attraverso la quale conquistò l'ebraismo — l'idea del Dio-uomo — fu completamente distrutta e il vero contenuto di questa religione fu oscurato, nascosto e travisato in maniera così disastrosa, che al giorno d'oggi non è più possibile assentire alla sua dottrina di redenzione senza il sacrificio dell'intelletto.

NOTE

[126] Si veda Hausrath, “Jesus und die neutestamentl. Schriftsteller”, 2. pag.  203 seq.

[127] “Entstehung d. Chr.”, pag. 239.

[128] Si veda sopra, pag. 31, seq.

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