lunedì 15 ottobre 2018

GESÙ CRISTO è esistito? — Il vangelo è un rituale


IL VANGELO È UN RITUALE


Ma il vangelo non è soltanto la catechesi che ci rivela la vita e l'insegnamento di un dio.
È anche il rituale della sua passione redentrice e della sua morte che dà immortalità.
È soprattutto qui che ci deve apparire la natura mitica del libro sacro.
In effetti, il processo, la passione e la morte di Cristo sono al di fuori di ogni realtà.

Si identificano un centinaio di volte le inverosimiglianze del processo di Gesù. È inconcepibile che il Sinedrio violasse una doppia proibizione riunendosi alla Pasqua ebraica e quel che è peggio, durante la notte santa, allorché l'Esodo (12:22) vietava di uscire fino al mattino. Tutti dovevano prepararsi in famiglia all'Agnello pasquale. Ora, vediamo qui gli ebrei di Gerusalemme, compresi quelli del Sinedrio, passare la notte a correre per le strade.

Sappiamo anche dalla Misnà  e dal Talmud babilonese che non si poteva emettere una condanna a morte lo stesso giorno dell'interrogatorio: Eppure questo è ciò che sta accadendo qui, nonostante un'interruzione di un paio d'ore. Tutto precipita a un ritmo vertiginoso, si vola da tribunale in tribunale e questi che vivono d'orgoglio: Caifa e Pilato, si alzano dal loro letto e vengono sbadigliando agli ordini della plebaglia.

Infine, per chiudere dignitosamente questo processo incomprensibile, si crocifigge Gesù in quelle ore della Pasqua quando ogni esecuzione era proibita. E Gesù muore così rapidamente in croce che Marco (15:44) previene l'obiezione.

C'è, naturalmente, una ragione per questo incalzare di avvenimenti. Quando il Cid, in un giorno, uccide il conte, sconfigge i Mori, piega Don Sanche, compare al re e calma Chimene, lo sappiamo incalzato dal passare del tempo ma nessuno crede a questa corsa ad ostacoli che gli impone il signor Pierre Corneille.
Allo stesso modo qui. “Il Cristo è nostra Pasqua” aveva detto Paolo (1 Corinzi 5:7) assimilandolo all'Agnello pasquale. Tutto è venuto di là. Per ridurre a qualche ora della Pasqua ebraica la Cena, il processo e la morte di Cristo, ci si sarebbe dovuto persuadere di dieci improbabilità.

Si è già indovinato che questa “fantasmagoria giudiziaria” è un dramma sacro, una liturgia. In questa luce di vetro colorato tutto va a chiarirsi.
In primo luogo una contraddizione tra i tre sinottici da una parte e Giovanni dall'altra. Per i primi, Gesù muore il 15 di Nisan (aprile del calendario lunare) alla terz'ora del pomeriggio; per Giovanni, il 14 alla sest'ora. Da dove viene questa divergenza? Ecco rapidamente la spiegazione:
Ci sono due sacrifici nella liturgia della Passione. Uno è mistico: l'Ultima Cena; l'altro è di apparenza storica: la Crocifissione. Ma siccome il secondo avveniva solo all'indomani del primo, era impossibile farli coincidere entrambi con l'immolazione dell'Agnello pasquale da parte degli ebrei: era necessario scegliere.
I sinottici hanno scelto l'Ultima Cena e Giovanni la Crocifissione: la loro Pasqua, di conseguenza, varia di un giorno.

Li si era scelti, a dire il vero, prima di loro. Giovanni ratifica, infatti, il rituale delle comunità asiatiche; la liturgia dell'Africa e di Roma ispira, al contrario, i sinottici. Questa differenza di un giorno lacerò la chiesa: i cristiani stavano già cantando la resurrezione quando altri stavano ancora singhiozzando alla crocifissione. Spettacolo doloroso per i cuori delicati. Non senza difficoltà, il papa Vittore (190-198) imporrà l'unità; nonostante gli Asiatici (tra i quali Ireneo) i sinottici prevarranno su Giovanni.
Le contraddizioni evangeliche riconosciute da tutti gli uomini di buona fede, provengono così da liturgie pasquali differenti. [1] Abbiamo quindi là delle pagine di rituale e non di Storia.

Inoltre, il simbolismo liturgico informa tutta il racconto. Non si spezzano le gambe di Gesù sulla croce, constata Giovanni (19:36) se non al fine che si realizzi la Scrittura; “Nessun osso gli sarà spezzato”. Si trattava, infatti, dell'Agnello pasquale (Esodo 12:46). [2] E Gesù è sepolto nel luogo stesso del supplizio perché era necessario consumare l'Agnello sul posto (Esodo 12:46).
Precisiamo che prima degli evangelisti nessuno aveva parlato del Golgota, una parola ebraica che significa cranio. Era il cranio di Adamo seppellito lì, secondo il credo dei primi secoli cristiani. Si concretizzò così la teologia paolina: “Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati” (1 Corinzi 15:22). [3]

I personaggi sono più reali?
Il Pilato dei vangeli non rassomiglia affatto a quello della Storia che fu dispotico e crudele secondo Flavio Giuseppe, pronto a vessare gli ebrei secondo Filone. Carattere tutto d'un pezzo, non gli piacevano le mezze misure. Ma vedermi questo Pilato evangelico che esita, oscilla, discute, condanna il Cristo che dichiara innocente e lo abbandona agli ebrei che egli disprezza. “Prendetelo voi e crocifiggetelo!” (Giovanni 19:6). Raccontalo a un altro!

Sappiamo anche che egli dà a scegliere tra Barabba e Gesù. “È inverosimile”, dice Klausner, “che nel corso dei suoi quattro volumi, Flavio Giuseppe non abbia trovato il modo di citare un costume così particolare come quello di liberare un prigioniero in occasione della festa di Pasqua”. [4] Specialmente quando questo prigioniero è un bandito (Marco 15:7) che può subito ricadere nel crimine.
Questo incidente denuncia ancora l'irrealtà del raccolto. Barabba, inoltre, aveva un nome mancante nei vangeli ma conosciuto da Origene e letto nel Codex Bezae: era Gesù. E il suo nome Bar Abbas, che significa Figlio del Padre, ricorda ovviamente qualcun altro. Siamo alla presenza di due Gesù Bar Abbas: il brigante e il Cristo.
La sorpresa è ancora più grande per chi sa l'importanza del nome tra gli antichi: il nome era la persona stessa e poteva servire per degli incantesimi. Così Dio nasconde il suo a Mosè e il vero nome di Gerusalemme (Kedusha) era segreto. Si deve quindi vedere, nello spirito dell'epoca, un'identificazione quasi perfetta tra i due Gesù.
Si pensa al rito dei due capri descritti da Levitico nel capitolo 16. Si caricava l'uno dei peccati di Israele per un trasferimento mistico che lo rendeva colpevole; poi lo si lasciava andare nel deserto: era libero. Ma l'altro, che conservava la sua innocenza, era sacrificato e poi annientato “fuori dal villaggio”. (Levitico 16:27) Il parallelo è evidente: è il criminale Barabba che prende il largo e l'innocente Gesù che è immolato alle porte di Gerusalemme. L'Epistola agli Ebrei (13:12) nota l'analogia.
No, la tragedia [5] di Barabba non è accaduta affatto e mi congratulo con Pilato (a cui non importa nemmeno). Non ho riconosciuto l'amante di massacri in questa persona riluttante al lavabo. 

Un altro fantoccio: Giuda.
Secondo il Vangelo di Giacomo, non era un discepolo, ma un membro del Sinedrio e, da sempre, un nemico di Cristo. Gli si dà in seguito un altro pedigree altrettanto chimerico, tratto quasi interamente dalla Bibbia come dovrebbe essere. Diventa allora il familiare di Gesù (Salmo 55:13 e 14). Assiste all'Ultima Cena (Salmo 41:10). Lo tradisce con un bacio (senza dubbio Proverbi 27:6).
Tarda fu la sua leggenda e soprattutto quella della sua morte. Si raccontava a Papia, intorno al 150, che Giuda aveva trascinato una vita deplorevole dopo il suo crimine. Il suo corpo mostruosamente gonfio era troppo largo per le strade e il suo cadavere aveva appestato la città: l'aria era ancora irrespirabile al tempo di Papia. [6]  Si considerò questa leggenda di cattivo gusto e si raccontò che, non appena commise il crimine, si era impiccato. [7] Questa favola è passata nei sinottici.
La psicologia di Giuda è così anormale che il vangelo lo spiega a causa della possessione (Luca 22:31). Il suo ruolo è altrettanto strano: chi crederà che un bacio da melodramma sarebbe stato necessario per indicare il Cristo? In realtà, Giuda è un'arma sleale contro gli ebrei rimasti fedeli a Mosè. “Undici degli apostoli saranno galilei”, dice Rops. “Di Giudea è probabilmente il dodicesimo soltanto: Giuda”. [8] Giuda è l'ebreo: il suo nome lo indica.

Ecco finalmente l'Eroe del dramma. Tutto in lui stupisce e confonde. Per prima cosa, lascialo stare là.
Per cosa lo si incolpa?

Lui non è rivoluzionario. Dice: “Fatevi tesori in cielo” (Matteo 6:20) o “Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati” (Luca 6:21). Alcuni credono che il vangelo tenda al comunismo e all'egualitarismo: è un errore. L'uguaglianza davanti a Dio non sopprime le classi sociali più di quanto l'uguaglianza davanti della morte non elimini le classi di sepoltura. Gesù non predica la sommossa ma la rassegnazione. Dice ai ricchi di donare, non ai mendicanti di prendere. L'uomo del Gran Tramonto? No: dell'eterno Mattino.
Queste persone, noi non le uccidiamo: le sovvenzioniamo. Ai nostri giorni, avrebbero fiancheggiato la Croce (d'Onore).
Respinge l'occupazione romana? È necessario equipararlo a Giuda il Gaulonita, a Teuda o a Bar Cokhba ? È l'opinione di Turmel e di molti altri.
Ma tutto respinge questa ipotesi che si basa su un'idea preconcetta. Gesù, al contrario, accetta l'occupazione come un dato di fatto: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare...” (Matteo 22:21). Ignora gli zeloti che resistono e i sadducei che collaborano. Non si trova alcun motivo politico-sedizionista alla sua condanna. [9] Lo stesso Pilato lo ammette: “Non trovo nessuna colpa in quest'uomo” (Luca 23:4).
Allora perché muore?
Per “salvare il popolo dai suoi peccati” (Matteo 1:21). La sua morte non è l'immolazione di un patriota ma l'offerta espiatoria di un uomo-dio.

Tutto si spiega allora, anche il fallimento degli evangelisti. Perché i disgraziati dovevano risolvere un problema insolubile: come condannare legalmente l'innocenza stessa? Essi mobiliteranno invano falsi testimoni, traditori, giudici prevaricatori e, per rimuoverlo di mezzo, la folla vociferante degli ebrei. In breve, è necessario che il giudice dichiari: quest'uomo è innocente; lo si condanni.
È, alla lettera, un Mistero: il mistero della morte salvifica di un dio. Pilato, ovviamente, non capisce niente: è un politico. Ma Caifa, un uomo di Chiesa, ha rapidamente afferrato: “È meglio che un uomo solo muoia per il popolo” (Giovanni 11:50). E Giovanni aggiunge: “Questo però non lo disse da sé stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione” (Giovanni 11:51). Penseremmo di essere più in una chiesa che in un'aula di tribunale.

Tutto si presenta a noi come una liturgia: innanzitutto la messa in scena grandiosa che va dall'entrata trionfale in Gerusalemme fino al lutto della natura nei veli delle tenebre. E sono solo sfilate, processioni, movimenti di folla con star del calibro di Erode e di Pilato.
Pontefice e re, Gesù è rivestito a sua volta di bianco e di porpora; riceve scettro e corona, imponendo il suo regno a chi lo sbeffeggia perché i servi l'insultano senza riconoscerlo, umiliandolo senza abbassarlo. Era necessario che un dio soffrisse senza lasciare il suo prestigio: il problema, questa volta, è risolto.

La natura liturgica della storia appare ancora nella solennità del dialogo: “Ti scongiuro, per il Dio vivente”, dice Caifa, “perché ci dica se tu sei il Figlio di Dio” (Matteo 26:63). E Gesù gli risponde nella stessa lingua dalle nubi del cielo e dalla destra di Dio. Allora Caifa, nella maniera più semplice del mondo, strappa d'indignazione la propria veste.
Tutto è qui gesti e formule ieratiche; il ritmo lento evoca la messa cantata e il simbolo di sant'Atanasio. Al servo che lo colpisce su una guancia, Gesù dimentica di tendere l'altra (Matteo 5:39) ma lo confonde con una dialettica pontificia (Giovanni 18:23). Sa che i millenni ascoltano. Tutti qui parlano in bronzo, recitano in marmo.
Sullo sfondo, questa strana folla evangelica che appare quando fischiamo e scompare immediatamente. Ha seguito Gesù nel deserto, lo acclamò la domenica e grida ora: crocifiggilo!
— Sta a voi rispondere! lancia Pilato.
Allora tutto il popolo: Che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli! (Matteo 27:25)
No! Mai il popolo ebbe così tanto di stile e di odio: l'Eschilo di questa formula era un prete. La terribile imprecazione è una risposta liturgica; ma la si ascolta nelle cattedrali e non nelle sinagoghe.

Da qui il tono impassibile ammirato da Pascal e da Flaubert. Non una volta la penna ha tremato d'amore o di collera nel descrivere la passione di Gesù; questa serenità è concepibile solo in un dramma liturgico. Alla messa, il prete immola la vittima senza una parola di pietà.
Da qui ancora il ritmo di certe pagine, rilevato con un'inprudente sagacia da Padre Jousse. Destinati alla lettura pubblica o al canto, questi passi ritmici tradiscono il rituale. [10]

Infine, si distinguono nettamente nel vangelo due cicli liturgici: quello della predicazione in Galilea che si irradia intorno al battesimo; quello della morte in Giudea che è incentrata sull'eucarestia.
E Giovanni riassume il tutto in un simbolo: dal fianco divino trafitto dalla lancia, son scaturiti l'acqua e il sangue (Giovanni 19:34).

Ora, solo il genere del libro specifica la morte dell'eroe. Se il vangelo è un rituale, la morte di Gesù è una liturgia.
Gesù non muore affatto come Teuda o il Gaulonita ma come le divinità dei Misteri, gli dei della Salvezza.

Essi circondavano allora la Palestina: Attis in Frigia, Mitra in Persia, Osiride in Egitto, Adone in Siria, Tammuz in Mesopotamia, Dioniso in Grecia. I culti più fortunati avevano persino invaso la Terra Santa. Già al tempo di Ezechiele Tammuz vi aveva il suo culto. [11] Daniele (11:37) lo definì “l'amato dalle donne” così tanto piangevano per la sua morte. [12] Si pensa persino che questo dio dei cereali abbia dato il suo nome a Betlemme: la Casa del Pane. “Su Betlemme, che ora ci appartiene”, dice San Girolamo, “gettava la sua ombra il boschetto di Tammuz, cioè di Adone! E nella grotta dove in passato vagì il bambino Gesù, fu pianto l'amante di Venere”. [13]

Gesù, in attesa di conquistarli, fraternizzerà con loro. Sono tutti della stessa razza: quella dei secondi dei, mediatori tra l'uomo e il dio supremo.

Rendendo Gesù uguale al Padre attraverso le evoluzioni successive, la teologia sprofonda nell'assurdo. Vi si impantana perfino nel decidere che un dio unico, anche se in tre persone, si immola lui stesso in sacrificio.
Eppure Gesù dice nel vangelo: “Mio Padre è più grande di me” (Giovanni 14:28). Lo sa meglio di chiunque altro. [14] Per Paolo: “C'è un solo Dio: il Padre, e un solo Signore: Gesù Cristo” (1 Corinzi 8:5 e 6). Pietro disse a sua volta: “Dio lo ha fatto Signore e Cristo” (Atti 2:36). Il titolo di Signore (Kyrios) è precisamente quello delle divinità misteriche che la loro resurrezione conferiva.
Nota, comunque, che Gesù è Dio in “tutta la pienezza” (Colossesi 1:19) ma a sua misura: un piccolo bicchiere può essere tanto pieno quanto uno grande. Venti secoli di monoteismo ci impediscono di comprendere, ma dobbiamo piegare la nostra mente ai testi e non i testi alla nostra mente (se ne abbiamo). Anche ora, un cristiano possiede più o meno grazia, questa via divina; allo stesso modo gli dèi erano un tempo più o meno divinizzati. Mercurio era meno dio di Zeus e Gesù lo era meno di suo padre, ma essi lo erano tutti pienamente, ciascuno al suo posto. [15]

Successivamente, questi dèi avevano una leggenda identica; in particolare, morivano e risorgevano tutti in primavera. All'origine, infatti, i misteri celebravano la natura stessa, che, morta in inverno, rinasce con il bel tempo. Si personificò più tardi queste forze anonime: ogni cosa diventa dio e porta un nome venerabile. Tammuz, Adonis, Osiride, dopo tre giorni simbolici trascorsi nella tomba, resuscitavano come il giovane sole. Adone riviveva il 25 marzo, Marduk l'8 di Nisan. Gesù lo seguirà di qualche giorno. [16]

Si ritrovava nei misteri l'equivalente dell'Eucaristia sotto il suo duplice aspetto: memoriale della morte del dio e banchetto rituale. L'apologeta Firmico Materno paragona la Cena di Attis a quella di Gesù. [17] Giustino constata che Mitra praticava l'oblazione del pane e del calice. [18] E si conosce la formula egiziana: “Tu sei vino; tu non sei vino ma le viscere di Osiride”. [19]

Questa rassomiglianza di Cristo con le divinità misteriche era riconosciuta da tutti nei primi secoli. Parecchi, secondo Tertulliano, consideravano il cristianesimo una setta mitraica e un sacerdote di Cibele affermò che “il dio dal cappello frigio” (Attis) era cristiano. [20]
La maggior parte dei Padri della Chiesa si rallegravano. Secondo loro, i pagani avevano conservato dei frammenti della Rivelazione primitiva, ma queste verità gridavano ora tra gli errori “come delle damigelle d'onore tra le p...”. [21]
Era necessario riconoscerle e riprenderle. I Padri fecero del loro meglio per farlo, proclamando cristiano tutto ciò che a loro piaceva degli infedeli e trasformando gli dèi pagani in precursori fraudolenti di Gesù. Tale fu per lungo tempo l'apologetica. Ancora nel dodicesimo secolo, Huet, l'illustre vescovo di Avranches, ritrova intregralmente la vita di Cristo in quella degli dèi: non vi manca alcun sacramento né alcun miracolo. [22] Conosciamo anche queste pagine del Genio del Cristianesimo dove Chateaubriand scopre la Trinità tra tutti i popoli, dall'India a Tahiti. Era quindi necessario dimostrare che il cristianesimo è tanto antico quanto il mondo e tanto universale quanto la verità.

Ma l'apologetica ha le sue mode, ed ora deve dimostrare l'originalità trascendente del cristianesimo per necessitare di una rivelazione. Da allora in poi, si gonfiano le più piccole differenze tra Gesù e i suoi rivali.
Io voglio notare qui la differenza più grande di tutte che ci sia, non per l'onore, ma per il beneficio del cristianesimo: le divinità misteriche non sono morte per gli uomini e non erano quindi, alla lettera, redentrici. [23] Il loro sacrificio, almeno originariamente, valeva solo per loro: sconfiggendo la morte con la resurrezione esse divenivano immortali.
Ma, per l'iniziazione, i fedeli si associavano alla loro vittoria per condividerla. [24] E il risultato era lo stesso. [25]
Ammetto, tuttavia, che il cristianesimo ha meglio soddisfatto il grande numero, dato che Gesù muore per ogni uomo; questa demagogia avrebbe fatto piacere. L'ultimo venuto dai misteri, ha approfittato dall'esperienza degli altri.

Dobbiamo quindi collocare Cristo tra gli dèi della salvezza e il cristianesimo tra i misteri. Essendo questi segreti per definizione li conosciamo male, ma sappiamo a sufficienza per indovinare il resto: il cristianesimo è uno di loro.
Clemente di Alessandria (150-215) alla fine del suo Protrettico impiega la terminologia degli iniziati: daduco, epopte, gerofante, miste, ecc., Per dimostrare che il vangelo è il vero mistero. Gesù, infatti, parla spesso nel mistero che rivela una Gnosi agli iniziati: “A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a quelli che sono di fuori, tutto viene esposto in parabole, affinché vedendo, vedano sì, ma non discernano” (Marco 4:11).
Dal momento che tendeva all'universale, il cristianesimo doveva essere iniziatico. Ogni popolo ha le sue tradizioni, i suoi costumi e i suoi pregiudizi che sarebbe avventato violare. È meglio adattarsi temporaneamente con una catechesi progressiva che impone dei gradi nell'iniziazione: si allontanava il catecumeno da certe cerimonie ed è per fasi che lo si conduceva al battesimo.

Infine, il successo del cristianesimo tra i pagani è tanto rivelatore quanto il suo fallimento tra gli ebrei. Questi monoteisti intrattabili respinsero generalmente il dio Gesù; ma i pagani, abituati alle divinità dei misteri, erano  moralmente preparati: il Buon Pastore, sul muro delle Catacombe, porta il flauto di Pan e la lira di Orfeo.
Così, la teologia primitiva, nel collocare il Cristo tra gli dèi della salvezza, conferma chiaramente la tesi mitica.

Si è visto che l'uomo condivideva la vittoria del dio risorto; ma a condizione che si identificasse con lui attraverso l'iniziazione, il battesimo e altri riti magici conosciuti ai soli iniziati. Si rappresentava allora un dramma sacro in cui i fedeli recitavano un ruolo. [26]

Questo era all'inizio un dramma semplice, antenato del teatro. Certe società iniziatiche, ancora ai nostri giorni, sono congelate in questo stadio. Ne conosco una in cui si simula la morte leggendaria di Hiram con brillantezza ma senza efficacia. [27]
Poi, sotto l'influenza del sacerdozio, il dramma diventa rito, dovrebbe realizzare ciò che rappresenta, che è l'essenza della magia. Così la messa è tenuta per vero sacrificio anche se tutto accade per allegoria.
Si rappresentava quindi liturgicamente il sacrificio celeste di Attis o di Mitra  per raccoglierne i frutti.

Ma non si poteva rimanere là. La loro qualità di uomo-dio, osserva Couchoud, doveva naturalmente condurre ad incarnarli: chi muore ha vissuto, chi ha vissuto è nato. Avrebbero quindi ricostituito la vita a partire dal rito.
Questo sarebbe stato l'affare dei visionari. Essi avrebbero spiegato che il dio aveva veramente realizzato nel passato i gesti ora liturgici.

Gli storicisti lo ammettono per gli altri dèi invece che per Gesù. Loisy riconosce che Osiride non è mai esistito e che è stato il rituale dei faraoni morti a darlo alla luce. [28] Guignebert insiste: “Va notato che i riti che troviamo nelle religioni misteriche sono anteriori ai miti; che i riti sono esistiti prima (...) e che i miti nascono solo dopo per spiegarli, per farli comprendere”. [29]
Padre Lagrange, nel suo trattato sull'Orfismo [30] accusa Firmico Materno di non aver compreso l'uccisione di Zagreo da parte dei Titani. “È un evemerista determinato”, dice il padre. “Egli riprodurrà perciò sotto la forma di una storia vera il mito che ha udito raccontare come la causa del rito e che deriverebbe piuttosto da esso sotto il pretesto di una spiegazione. Non diamo alcun credito a questa storia, è ovvio, ma spetta a noi riportarla alla sua forma di mito e questo mito al rito di cui ha preteso rendere ragione”.
Aggiungo che i personaggi e lo scenario del libro di Ester furono inventati per spiegare la festa ancestrale del Purim. È quindi certo che il rituale possa dare alla luce la leggenda. [31]

Come era nato il dramma e poi il rito? È un'altra storia. All'origine di tutto, c'era un visionario, gli dèi derivando dalle nebbie dell'uomo. Un furbo si proclama allora sacerdote del dio fornendo la sua sola arroganza per prova. Poi inventa un rituale abbastanza complicato da poter pretendere di riceverlo dall'alto. Il rituale, a sua volta, galvanizzò altri visionari che, ammirati dagli ingenui, curati dalle donne e usati dai sacerdoti, svilupparono il mito tra gli applausi generali. Tutto si illuminava alle loro parole; presto si ritroveranno anche le reliquie del dio.

Si scoprirà per prima cosa la sua tomba, poiché tutto partiva dalla morte salvifica che da sola interessava veramente l'egoismo umano. Si venerava quindi la tomba di Marduk a Babilonia [32] e quella di Ercole a Cadice. Apollo era sepolto a Delfi, Crono nel Caucaso, Helios ad Atra, Ermes in Tracia, Asclepio a Epidauro. Certi avevano due tombe: come Osiride che riposava ad Abide e a Nisa vicino ad Attis. [33] Orfeo giaceva a Libetra e a Dium, ma si adorava la sua testa ad Antissa. [34]
Si poteva immaginare la vita pubblica del dio, i suoi miracoli e il suo insegnamento. Si risaliva così all'infanzia trascorsa rapidamente: l'uomo è impaziente che il dio metta su peso per farlo morire.
Si arrivava infine alla nascita in una grotta; così per Tammuz, Adone, Ermes, Dioniso.

Questo processo è esattamente quello della leggenda cristiana. I testi più antichi non conoscevano che la morte di Gesù (san Paolo). I più recenti sono quelli della nascita (san Luca). E l'infanzia è descritta in poche parole nei canonici: “E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia” (Luca 2:52 ss). Nel prossimo capitolo egli ha trent'anni in più.
Si finiva col sapere tutto sugli dèi. “Diamo la loro descrizione”, dice Cicerone, “diciamo la loro età, le loro genealogie, i loro matrimoni, le loro alleanze”. [35] L'iniziato ai misteri lo sapeva ancora di più: per le persone non iniziate, Artemide era figlia di Latona, ma l'iniziato di Eleusi sorrideva in silenzio: sapeva che era figlia di Demetra. [36]
Si aveva i migliori testimoni: sappiamo da Firmico Materno (circa 350) che i sacerdoti di Attis pretendevano di averlo seppellito con le loro mani e di aver constatato in seguito la sua resurrezione. [37] Questo vuoto così testimoniato della tomba impressionava molte persone.
Gli storici laici confermavano: Erodoto descrive la vita umana di Attis. [38]
Infine, un certo Eubulo racconta la vita di Mitra “in molti volumi” analoghi ai nostri vangeli. [39]

Vale lo stesso caso per Gesù, ma è più complesso.
La sua vita deriva principalmente dalle profezie messianiche: vedi il prossimo capitolo. Questo è il contributo ebraico.
Ma la sua morte eucaristica e la sua morte con le apparenze di Storia reale, provengono da una liturgia preesistente, da un dramma sacro. È il contributo pagano.
Il cristianesimo fu la fusione dei due.

Fusione che cominciò a realizzarsi nella persona di Paolo, un ebreo paganizzato.
Paolo conosceva, molto prima dei vangeli, l'oblazione del pane e del vino, un vecchio rito millenario di uso universale. Lo si fa risalire a Melchisedec, re di Salem (Genesi 14:18). Era, per ora, un rito troppo svalutato dalle eucarestie pagane e che doveva essere ringiovanito e rivitalizzato. Paolo se ne occupò.
Egli diede un nuovo significato al rito antico introducendovi il “Signore Gesù”. Qualunque dio sia, costui è detto “sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek” (Ebrei 5:6) che non manca di essere strano. [40] Viene quindi proclamato il rapporto della Cena con l'Oblazione.
 Paolo ricavò dal Signore stesso (evidentemente) il racconto dell'istituzione eucaristica (1 Corinzi 11:23 ss). Il rito è quindi, secondo la consuetudine, spiegato dal visionario. Gli evangelisti preciseranno in seguito e storicizzeranno perfettamente. In Paolo, l'istituzione sacramentale è vaga così come tutto il resto.

Chi era questo Signore Gesù? Vasto problema.
Dujardin pensa a suo rischio e pericolo che fosse l'antico dio Giosuè rimesso a nuovo. Altri hanno visto una setta precristiana in questi “Nazareni” menzionati da Epifanio. [41] È inverificabile.
Personalmente penso che il Signore Gesù fosse uno Spirito che si manifestava allora tra gli estatici, viveva e parlava in loro, come lo si è visto in precedenza. [42] Continua ad agire tra i mistici di oggi. È, a mio avviso, analogo al demone di Socrate e a queste “entità” misteriose, che provengono dal profondo dei tempi e degli astri sulle labbra degli intermediari.

Non dubito di un culto pre-cristiano. Se ne sente l'eco nell'inno cristologico ritmico dell'Epistola ai Filippesi (2:6-11), ma non posso dire altro. È un soggetto oscuro tra tutti perché si sospetta che la Chiesa vittoriosa abbia soppresso i testi disturbanti.
Ma una deduzione che si impone non è arbitraria.

Ora domando agli storicisti perché Gesù farebbe eccezione alla regola delle divinità dei misteri.
La sua esistenza umana, come si è visto, non è affatto dimostrata dalla storia secolare.
E volerla provare tramite il vangelo è ridicolo perché non si prova il dio tramite il rituale.
Il problema di Cristo non si porrebbe da molto tempo se non ci fossero milioni di cristiani. “Il culto vivente fa credere che il dio sia vissuto”. Ma se Mitra, il suo più pericoloso rivale, l'avesse vinto, avremmo ora dei preti in berretti persiani, dei tauroboli al posto di battesimi e dei mitrei invece di calvari. Pochi dubiterebbero dell'esistenza di Mitra e tutti negherebbero quella di Cristo.
Tra di loro la gara fu indecisa per 300 anni. [43] Poi Gesù ha seminato il suo rivale ed è arrivato da solo al traguardo; l'altro era scivolato nel tornante della Storia.

Costantino aveva scommesso sulla sua vittoria: lui sapeva perché. Gesù ebbe grazie a lui una Chiesa monarchica, gerarchica, intransigente, quando gli altri culti, senza autorità centrale, si indebolivano nel sincretismo. Per realizzare l'unità morale e religiosa dell'impero, Gesù valeva meglio.
Inoltre, la sua leggenda non si perdeva nel profondo dei tempi come quella di Mitra, più antica della sua di quattordici secoli. Lo si sapeva nello stesso tempo collocato nella storia recente [44] e in relazione con il primo uomo attraverso i patriarchi e i profeti. Era il più antico degli dèi e il più giovane. La prova che doveva essere vittorioso è che lo era.
Ma Mitra rivive tutti gli anni la notte tra il 24 e il 25 dicembre. Si collocava lì in passato il solstizio d'inverno per un errore di pochi giorni: il sole che declina da giugno risale e, in un certo senso, rinasce. Sol Invictus. Questo Sole Invincibile è Mitra.
Impotente a sopprimere questa festa, la Chiesa l'ha cristianizzata: la notte mitraica è diventata quella di Gesù la cui nascita, nei primi secoli, si celebrava a gennaio, ad aprile o a maggio.
Rivincita annuale del dio persiano sul palestinese: è lui che tutta la cristianità adorò, quella notte, sotto un altro nome …

NOTE


[1] È questo che conferma la tesi recente della signora Jaubert: La date de la Cène (Gabalda; 1958). Ma l'autrice non ne deriva le conseguenze logiche.

[2] Giustino, Dialogo con Trifone (11:3) scoprirà che l'agnello pasquale, attraversato da due aste perpendicolari, prefigurava Gesù sulla croce. Spero che ci si ricorderà di questa osservazione quando studieremo la crocifissione di Cristo, pag. 128.

[3] Vediamo altrove il lento sviluppo di uno di questi simboli liturgici. Secondo il Vangelo degli Ebrei, l'architrave della porta del Tempio si spezza alla morte di Gesù; era poco spettacolare e meschino. I sinottici faranno di meglio: è il principale velo del Tempio che si lacera subito, dall'alto verso il basso. Dev'essere stato magnifico.

[4] Klausner, Vie de Jésus, pag. 503.

[5] Dal greco tragos: capra.

[6] Si veda il vescovo Duchesne, Hist. anc. de l'Eglise, t. 1, pag. 143.

[7] Il fico dell'impiccagione fu mostrato all'imperatore Antonino a est di Gerusalemme; cento anni dopo era ad ovest. Ora è a sud ed è diventato un bagolaro (secondo Dalman, Itinéraires de Jésus, pag. 435).

[8] Rops, op. cit., pag. 62. Un altro passo, caro Rops. Dì che gli Undici erano Galli: Gallia, Galazia, Galilea, tutto era popolato dai nostri antenati, i fieri Galli dalle teste rotonde. Insegnaci ben presto che Gesù è nato da una vecchia famiglia bretone insediata lì.

[9] Tale formula apparentemente bellicosa (Matteo 10:34) è di uno stile mistico come prova il contesto. Gesù chiede altrove che la spada sia rinfoderata (Giovanni 18:11).

[10] Quanto siamo lontani dalla candida narrativa in cui credevamo una volta!

[11] Ezechiele 8:14.

[12] Si tratta di Tammuz-Adone nel famoso verso di Heredia: “il giovane adorato dalle vergini di Siria” (Trophées; le rêve d'un dieu).

[13] San Girolamo, lettera 58 a Paolina. Il testo non è così chiaro come si vorrebbe.

[14] I teologi allegri pretendono: “Gesù è inferiore nella sua natura umana al Padre nella sua divinità”. Da quando si può confrontare due esseri o due cose in una relazione diversa? Se Gesù fosse solo un uomo, passi ancora; ma lui è uomo E Dio. E, teologicamente, la sola persona che è in lui è la persona divina.

[15] Che Gesù fosse una creatura non cambia nulla: un semplice demiurgo avrebbe potuto creare.

[16] La passione di Marduk, un dio babilonese, assomiglia a quella di Gesù in dettaglio.

[17] De errore, 18.

[18] Giustino, Apologia 66. Secondo lui, i demoni volevano screditare in anticipo l'Eucarestia cristiana.

[19] Riferimento in Guignebert, Le Christ, pag. 373.

[20] Sant'Agostino, In Johan. 7:16.

[21] Prendo in prestito l'espressione dal gesuita Richeome (diciassettesimo secolo) in l'Adieu de l'âme dévote, pag. 152.

[22] Si veda il suo trattato Alnetanae Quaestiones (Le questioni d'Aulnay) tradotto parzialmente da Racine. Il grande Arnaud stava per denunciare alla Chiesa questa pericolosa apologetica.

[23] Erano piuttosto degli Iniziatori.

[24] Il sacerdote di Mitra diceva ai fedeli: “Fatevi coraggio, sacro gruppo di iniziati: il vostro dio è risorto; le sue pene e le sue sofferenze vi renderanno salvi” (formula conservata da Firmico).

[25] La passione del dio, dichiara padre de Grandmaison, non era la causa della salvezza dell'uomo. Chiedo scusa. Non era la causa intenzionale ma efficiente. Allo stesso modo, non è per me che Pasteur ha inventato il vaccino ma, alla fine, egli mi salverà.

[26] La collaborazione umana è indispensabile e si ritrova simboleggiata ovunque: si associava al dio Assur un condannato che muore con lui, Simone di Cirene porta la croce di Gesù. L'uomo deve completare per sé la passione del dio.

[27] Si veda Gérard de Nerval, Voyage en Orient.

[28] Loisy, Les Mystères païens, pag. 124 (Nourry; 1930). Il rituale di Osiride è il più antico di tutti e sembra aver ispirato gli altri.

[29] Guignebert, Dieux et Religions, pag. 63 (Riéder; 1926).

[30] Pag. 71.

[31] Un mito degradato, Babbo Natale, è nato di recente dal rito dei regali nel camino. Gli studiosi dell'anno 5000 crederanno che Babbo Natale abbia creato la festa che porta il suo nome.

[32] Secondo Diodoro e Strabone.

[33] Nisa era un villaggio santo dove Dioniso aveva vissuto: Dio-Nisa.

[34] Gli dei abbandonarono le loro spoglie mortali nella tomba come la farfalla la sua crisalide; solo Gesù ha importato tutto lassù.
“Prendiamo in giro quelli che adorano Zeus”, dice Origene, “poiché mostrano la sua tomba a Creta” (Contra Celsum, libro 3).

[35] Cicerone, De natura deorum, 2:28.

[36] Allo stesso modo, il signor Guitton sa sugli angeli delle cose che noi ignoriamo.

[37] Firmico Materno, De errore profanarum religionum, 3:1.

[38] Erodoto, Storie, 1:34-43. Fa di Attis un figlio di Creso morto in una battuta di caccia al cinghiale.

[39] Secondo Porfirio, Sull'Astinenza, 4:16.

[40] Nessun teologo userebbe questa formula oggi. Avrebbe detto che il sacrificio di Melchisedec era una prefigurazione molto imperfetta del vero sacrificio di Gesù. Avrebbe subordinato Melchisedec a Gesù e non Gesù a Melchisedek.

[41] Epifanio, Haer., 18.

[42] Pag. 26.

[43] Si può vedere un monumento mitraico a Bourg-Saint-Andéol (Ardèche). Due meravigliose sculture che rappresentano il dio Attis sono conservate nel museo archeologico di Narbona.

[44] Si veda pag. 122.

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