sabato 13 ottobre 2018

GESÙ CRISTO è esistito? — Il vangelo è una catechesi


IL VANGELO È UNA CATECHESI


Gli evangelisti imposteranno il loro racconto per provare una tesi; questo compromette a priori l'imparzialità della trama e, se necessario, la veridicità dei fatti.
Celso aveva osservato questo perpetuo adattamento del testo all'apologetica. Diceva, circa verso il 178, ai cristiani: “È risaputo, anzi, che molti tra voi, come ubriachi che arrivano ad attaccar briga fra di loro, alterarono il testo originario del vangelo in tre e in quattro e in molti modi diversi e ne divulgarono rifacimenti per aver modo di controbattere le confutazioni”. [1]
Non evoco senza divertimento questa messa a punto minuziosa. Ecco, ad esempio, un probabile dialogo tra Celso e il suo cristiano; io lo limito all'essenziale: la resurrezione.

— Il vostro Gesù è rimasto solo tre ore sulla croce. Quando fu rimosso, non era morto e rinvenne nel sepolcro. [2]
- Leggi Marco (15:44): “Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe”.
— Così, i discepoli hanno rimosso il corpo durante la notte.
— Impossibile: “I giudei andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia” (Matteo 27:66).
Le guardie non avrebbero potuto tacere la risurrezione; ma non hanno detto nulla.
“Gli anziani deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: «Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia». Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi” (Matteo 28:13 ss).
— Dopo tutto, era possibile.
— No. Si è ritrovato nella tomba il sudario delicatamente rotolato e le bende a parte, ben in ordine (Giovanni 20:7). I discepoli, nella loro fretta di rimuovere il corpo, avrebbero portato via tutto.
— Le sante donne erano già venute: sono loro ad aver piegato la bende.
— Non avrebbero potuto trascinare la pietra della tomba, troppo pesante per loro (Marco 16:4).
— Tutti degli allucinati: apostoli e donne sante! Stavano aspettando febbrilmente la resurrezione ...
— Al contrario: avevano persino profumato Gesù (Giovanni 19:40). Nessuno poi volevo crederlo risorto. “Hanno portato via il Signore dal sepolcro” geme Maddalena di fronte alla tomba vuota. (Giovanni 20:2) E Gesù, che lei prende per il giardiniere, non può essere riconosciuto. (Giovanni 20:14 ss).
— Aveva dichiarato la sua resurrezione (Marco 10:34). Gli apostoli dovevano aspettarselo.
— Nessuno di loro aveva compreso (Marco 9:31).
— Dovevano solo interrogare il Maestro.
“Avevano timore di chiedergli spiegazioni” (Marco 9:31).
— Gli ebrei se ne erano impadroniti più velocemente (Matteo 27:63). I tuoi apostoli erano limitati.
— Fortunatamente! Avevano troppo poco spirito per inventare. [3]

A volte un libro corregge l'altro al rischio di contraddirlo. Secondo Marco e Matteo, Gesù passa immediatamente dal sepolcro al cielo. Questa rapidità nella manovra rese inverificabile la resurrezione: gli Atti rimediarono prolungando fino a quranta giorni la vita postuma di Gesù. Il Vangelo di Valentino l'estende addirittura fino a diciotto mesi. [4]
Si stava rispondendo pan per focaccia con crescente entusiasmo: “Come prove”, dice Anatole France, “le monete false, in generale, valgono meglio di quelle vere perché sono state fatte espressamente per i bisogni della causa”. [5]
Solo un rimprovero agli evangelisti: non furono abbastanza intelligenti da impedirsi di essere troppi. La perfezione delle prove tradisce il falsario.

Come, allora, non sorridere, della ingenuità vera o falsa degli apologeti?
L'innocente Fillion dimostra agli scettici la realtà dell'ascensione con “le parole del Salvatore che la predicono”. [6] Padre Renié nota che Pietro afferma la resurrezione “con una tranquilla assicurazione” che non teme “alcuna negazione degli avversari”. [7] Un altro uomo si vanta del metodo sperimentale di San Tommaso che vuole vedere e toccare prima di credere (Giovanni 8:24 ss) Uno dei miei professori ha provato il miracolo dei ciechi grazie all'inchiesta che lo accompagna. (Giovanni 9:8 ss).
Allo stesso modo il signor Guitton propone, dice in La Croix, di mostrare “che la storicità così attestata della tomba vuota mette il sigillo sulla realtà delle apparizioni dal momento che Gesù si è ritirato dall'universo”. Ho dichiarato che il vuoto più evidente per me non è quello della tomba.
Rops procede in questa maniera, completando con il metodo Coué: “Per quanto sconcertante come sembra a noi, Gesù è risorto dalla tomba, ha vissuto quaranta giorni di una seconda vita. Il fatto è storico tanto quanto gli altri eventi della vita di Cristo”. [8] Così tanto.

Questa gente non sono i primi venuti. Uno di loro insegna alla Sorbona, un altro può camminare, all'Istituto, sulle orme del signor Kemp e del signor Henriot. Io li colloco senza esitazione nell'elitè dei non analfabeti. La loro dialettica mi sorprende tanto più.
Ricordo loro che non si può provare la verità di un racconto dal racconto stesso. Dante, nel canto del Paradiso, stava commettendo questo circolo vizioso, ma Pietro stesso lo riporta alla logica. [9] Bravo San Pietro, ti affido i signori Rops, Guitton, Renié e tutti quanti. Avrai successo meglio di me nell'illuminarli: io non ho la pazienza.
Certo, la lenta messa a punto dei vangeli non esclude di per sé la storicità di Gesù. Ma non dimentichiamo la data tardiva dei libri sacri: fanno più luce sulle credenze del secondo secolo che sulle realtà dell'anno 30.
Pertanto, se suppongono l'esistenza di Cristo, non la dimostrano più.

Sono, almeno, ben informati sul loro eroe?
L'ignoranza di Origene e di Marcione [10] ci ha rivelato la lunga elaborazione della leggenda cristiana. Ma ci sono anche le contraddizioni tra vangeli malgrado le correzioni denunciate da Celso.

Le contraddizioni evangeliche.


Appaiono dalla prima pagina. Matteo (1:1 ss) dà una genealogia di Cristo e Luca (3:23 ss) un'altra: non concordano né sul nome degli antenati né sul loro numero. C'è un intervallo di sedici generazioni tra Davide e Gesù, su uno scarto di quattro secoli su dieci.
“L'esistenza di due genealogie divergenti”, dice giustamente Loisy, “dimostra che la tradizione non ne possedeva alcuna all'inizio”. Nota che Celso ne conosceva una terza e che il Diatessaron di Taziano li ignorava tutte. “Che cosa c’è di più chiaro”, ha osservato Pascal, “che queste non sono state compilate d’accordo?” (Pensiero 578). Ovviamente; l'accordo è negato dalle dissonanze; ma direi che Luca e Matteo erano d'accordo senza consultarsi.

Contraddizione sul luogo di nascita. Gesù è nato a Betlemme, dicono Matteo e Luca, ma nacque a Nazaret secondo Marco e Giovanni. Almeno questo è quello che intendono Renan, Goguel e Loisy. [11] Preferisco dire con Guignebert: “Se è molto certo che Gesù non è nato a Betlemme, come dicono Matteo e Luca, non è provato che sia nato a Nazaret, come la pensano Marco e Giovanni”. [12] Non è nemmeno sicuro che sia nato altrove.
Rops scrive: “Cosa contano queste piccole difficoltà [13] su cui scriviamo volumi di glosse? Che non si sa con precisione né l'anno della sua nascita né l'anno della sua morte, che si è mal identificato il suo villaggio originario, tutto questo e il resto è solo di secondaria importanza e di ristrette prospettive”. [14] Ciò conta, al contrario, molto. Se non sappiamo dove sia nato Gesù, la storia comincia male.

La data di nascita, non è meglio conosciuta. Tutti sanno quanto sia difficile riconciliare il censimento di Quirino (Luca 2:1 ss) con la nascita “ai giorni di Erode” di Matteo (2:1). I cristiani che hanno preso l'idea del censimento in Flavio Giuseppe  confusero tutto: personaggi, tempo e luoghi. L'errore sarebbe stato accettato da subito dai cattolici se si fosse trattato di Tacito o di Svetonio, ma la fede vuole aver ragione ad ogni costo e conduce immancabilmente alla malafede.
Non sappiamo, quindi, l'anno in cui Gesù sarebbe nato al pari del giorno della sua morte. Corre voce che sia morto sotto Tiberio (14-37). Infatti, i falsi Atti di Pilato, pubblicati all'inizio del quarto secolo dall'imperatore Massimino Daia, lo fecero morire nel 21. Era troppo presto, dato che Pilato, secondo Flavio Giuseppe, era diventato un procuratore solo nel 26.
Hanno fabbricato allora un altro rapporto di Pilato indirizzato... a Claudio, di cui era un funzionario, secondo Irereno. Ma Claudio regnò dal 41 al 54 e Pilato non era più un procuratore dal 36. Era troppo tardi.
Il Vangelo di Pietro pone la morte di Gesù sotto Erode; altri, specialmente a Gerusalemme, la riportarono al 58 sotto Nerone.
Non se ne sa nulla. Ma poco importa ad certi docenti universitari di storia che abusano del loro titolo per vendere monete fraudolenti. Uno di loro scrive che Gesù nacque la “notte del 25 dicembre” e che morì nel 33. [15] L'anno è tanto gratuito quanto il giorno.

Nell'assenza di documenti storici, si è fissata la data di morte in base a quella della nascita, a sua volta determinata vedremo come. Per alcuni, Gesù è morto all'età di 33 anni, cifra perfetta. [16] Per gli altri, doveva santificare tutte le età della vita, compresa la vecchiaia; così Papia dice che “il Signore era morto in età avanzata”. [17] Gli altri, infine, tenendo la vecchiaia per un decadimento fecero una media e assicurarono che Cristo fosse scomparso intorno all'età di 50 anni. Era l'opinione di Ireneo che pretendeva di ricavarla dagli Anziani. [18]
Ciascuno fissava secondo le sue fantasticherie mistiche l'età di Cristo sulla croce e, di conseguenza, le date della sua morte e della sua nascita. Tali erano le incertezze del secondo secolo.
Ma i cristiani di oggi hanno meritato da duemila anni la virtù di saperne molto di più. [19

Per il credente medio, non ci sono contraddizioni nei vangeli, ma discrepanze.
Ascoltami, credente medio. “Due fatti contraddittori”, afferma Marcel Boll, “sono tali che se uno è esatto l'altro è inesatto”. [20] Se questo velo è bianco, qualsiasi altro colore è contraddittorio, perché il bianco esclude il rosa o il blu e il nero.
Le “divergenze” evangeliche sono di questo ordine. Padre Pinard La Boullaye domanda ingenuamente: “Quando è vero che certe particolarità attribuite da diversi evangelisti a uno stesso fatto sono inconciliabili, cosa ne risulterebbe?” [21] Domandalo allo Spirito Santo.

I Padri Grandmaison, Pinard, Lagrange, Renié e altri credono di cavarsela con una parola di Seignobos citata mille volte: “Sono i punti di concordanza delle affermazioni divergenti che costituiscono i fatti storici scientificamente stabiliti”. [22]
Non credo assolutamente niente. Primo, la storia non è scienza ma erudizione: chi confonde le parole confonde le idee. Quindi due falsi testimoni possono contraddirsi l'un con l'altro e si incontrano improvvisamente, per caso, nella stessa menzogna: il “fatto” è quindi scientificamente stabilito?

Lo Spirito Santo, tra parentesi, ha un principio esattamente opposto: vedi il capitolo 13 di Daniele.
Due anziani hanno accusato la casta Susanna di aver fornicato sotto un albero.
— Quale albero? domanda il profeta.
“Un leccio”, disse uno.
“Un lentisco”, disse l'altro.
Daniele, approvato da Dio, conclude che se mentono sui dettagli mentono anche nel complesso e proclama l'innocenza dell'accusata. Ora i nostri due amici avrebbero potuto perfettamente osservare il peccato senza notare l'albero.
Seignobos concluderebbe con così poca saggezza: il fatto che concordassero sul peccato mentre divergevano sulla natura dell'albero dimostra che non erano d'accordo: così Susanna è colpevole.
Tuttavia, si deve sapere, miei signori, chi ha ragione, Seignobos o lo Spirito Santo. [23]

Non insisterò ma mi si conceda questo: contraddicendosi sui punti essenziali che abbiamo detto (e sugli altri) gli evangelisti dimostrano, per lo meno, la loro mancanza di informazioni serie su Gesù. [24]

Una geografia fantasiosa.

Ne sanno di più sul contesto geografico? Naturalmente, si incontrano ad ogni pagina nomi come Gerusalemme o Cafarnao, ma la no man's land comincia nei sobborghi. Il vangelo non conosce nient'altro che il deserto, la pianura e la montagna, e Gesù visto dall'alto verso il basso per la landa desolata. Si allineano non si sa dove dei chilometri che un ecclesiastico ha avuto l'intelligente idea di contare. [25]
Se si lascia l'approssimazione, è di solito per l'inesattezza. Luca (7:17) trasporta Naim dalla Galilea alla Giudea; Marco (8:10) inventa il paese di Dalmanuta dove è necessario collocare, senza dubbio, la Jérimadeth di Hugo. Il geografo Dalman rileva venti errori o difficoltà nei vangeli e conclude che i loro autori “non conoscono bene i dettagli della topografia e non li descrivono come testimoni oculari”. [26]
Ne deduco che non hanno visto più dei fatti che raccontano.

Si noti che una geografia impeccabile non proverebbe l'esistenza di Cristo perché è possibile collocare dei personaggi fantastici in un luogo reale come un un falso dipinto in una cornice d'epoca. La riesumazione della corte di Pilato non autentica il processo di Gesù.
Alcuni, tuttavia, credono al contrario, come il mio avversario, il signor abate Gauthier, del Gran Seminario di Digione. Crede in Cristo perché ha visto la grotta a Betlemme.
Immagino il sorriso di Mérimée. Qualcuno gli raccontò che George Sand si era concessa per cento franchi a un corteggiatore.
“È improbabile”, disse lo scrittore.
— Come! disse l'altro; io ho visto l'assegno di cento franchi.
Molte ragionano in questa maniera. Niente li sorprende in Palestina, nemmeno che un dio sia nato là. Tutta loro è la grazia. Così Matteo (14:13) pone Nazaret vicino a un lago e Luca (4:29) non lontano da una montagna. Ora l'attuale Nazaret non ha né lago né montagna: tutto è scomparso. Ma invece di turbarsi il fedele adora: qui la fede trasporta le montagne e i laghi sono miracolosi.

Darò un ultimo esempio di questa geografia fatata. È stupefacente nei vangeli che un branco di 2000 maiali pascolasse a Gerasa. [27] Dei maiali, animali proibiti agli ebrei!
La parata cristiana è immediata: vi trasporta Gérasa e i suoi maiali nel territorio pagano della Decapoli al confine della Palestina. È tanto più facile che Gérasa sia ancora da scoprire e che si possa, quindi, metterla dove si vuole. Allo stesso modo, un umorista propose di passare la linea dell'Equatore per i due poli per riscaldarli. [28]
Ma ecco la cosa più intrigante della storia: Gerasa non esisteva. Il suo nome è un gioco di parole che significa: Egli espelle, per allusione al miracolo che accadrà.
E che miracolo! Gesù caccia i demoni da un povero diavolo e li travasa nella mandria di maiali che era lì e che, improvvisamente indiavolata, precipita nel mare dove annega.
Qual è il tuo nome? Gesù chiede allo spirito immondo.
Il mio nome è Legione! dice l'altro.
Questa è una bella allusione alle legioni romane che occupavano allora la Palestina; la decima Legione Fretensis, in presidio a Gerusalemme dal 70, aveva persino un maiale per insegna.
Gli ebrei, naturalmente, desideravano tutte queste legioni al fondo del lago: questo è ciò che accade grazie a questo strano prodigio. Abbiamo qui una buona storia della Resistenza, di un sale grezzo ma salubre. I cristiani hanno preso questa diavoleria per un indemoniato; è proprio il caso di dire con Désaugiers: “Sveliamo! Sveliamo i tratti della satira!”. [29]

Un racconto puramente simbolico.

I vangeli rivelano una natura più irreale di quanto non si ammetta.
Non penso qui ai miracoli. Rifiutare un libro perché contiene dei miracoli è un'opzione filosofica che mi proibisco. Meglio ancora, io sono pronto a credere; non tocca che ai vangeli convincermi.
Non capisco nemmeno che si possa cavillare sui miracoli evangelici se si ammette l'autenticità dei libri sacri. Rops, credente vergognoso, spiega la pesca miracolosa mediante una miscela naturale di acque calde e di acque fredde; respingo la spiegazione di questo bagnino. E perché dunque mantenere la metamorfosi di Cana? [30] Entrambe sono il soprannaturale e divertente fratello della fisica divertente.

Un altro ammette la divinità di Cristo e respinge la sua presenza reale nell'ostia; non capisco di più. “Come mi sono odiose queste sciocchezze”, disse Pascal, “di non credere nell'eucarestia, ecc.! Se il vangelo è vero, se Gesù Cristo è Dio, che difficoltà c'è in tutto questo?” (Pensiero 224). Non so se è impensabile che Dio diventi un uomo, come sostiene Spinoza. [31] Ma ammesso che avesse voluto rassomigliare ai signori Rops e Guitton, può benissimo rendersi in seguito ciotola o bicorno accademico: nulla mi sorprende di più.
Lasciamo la questione miracoli e apriamo il Nuovo Testamento quasi a caso. Qui, per esempio, Satana porta Gesù su una montagna e gli mostra tutti i regni della terra. [32] È, alla lettera, impossibile per le ragioni che conosci. Ora questa visione immaginaria, ispirata di fatto al buddhismo, si presenta a noi come un fatto reale che è connesso agli altri: Gesù passa dal Giordano al deserto, da lì sulla montagna, poi in Galilea. Qui siamo avvertiti che gli evangelisti non hanno lo stesso senso che noi abbiamo della realtà.

Altrove, il simbolo evoca le apoteosi finali del Châtelet. Al battesimo di Cristo, tutta la Trinità è sulla scena: Gesù ha i suoi piedi nell'acqua, lo Spirito vola in una colomba e la voce del Padre, caduta dalle grucce, cita erroneamente Isaia. [33] È indubbiamente la drammatizzazione di una teologia, ma il cristiano vi vede un fatto reale e l'amabile Fillion pensa di confonderci affermando che Giovanni Battista era presente. [34]
La trasfigurazione di Gesù è della stessa natura. [35] La sua divinità sfolgora di neve e di sole e due personaggi simbolici vengono a incorniciarla: Mosè che rappresenta l'Antica Legge, Elia che doveva tornare sulla terra all'apparizione del Messia. [36]

Questi personaggi tipici brulicano nei vangeli, come il vecchio Simeone, il Samaritano o il notturno Nicodemo. Fermiamoci un attimo nella casa poliglotta di Simone di Cirene (Marco 15:21). Il padre porta un nome ebraico e i suoi due figli, Alessandro e Rufo, un nome greco e un nome latino. Egli rappresenta la Chiesa che, nata ebraica, dà alla luce a Cristo la gentilità greca e romana. 

Il simbolo è anche in un tale miracolo che viene proprio per concretizzare una parola di Cristo. “Io sono la Resurrezione  e la Vita” dice Gesù (Giovanni 11:25) e Lazzaro, che sente, si sta già rallegrando nel sepolcro. Se questa resurrezione spettacolare non è un puro simbolo inventato da Giovanni, è inconcepibile che gli altri tre l'abbiano rimosso o ignorato.
Il Fico maledetto è di un genere simile: è una parabola in azione dove si vede Gesù che fa seccare un onesto albero che non portava dei fichi fuori stagione. (Marco 11:13). Che sia interpretato come si voglia [37] ma sarebbe irragionevole prendere questo racconto alla lettera.

Per mostrare quanto i vangeli siano complessi, si segnala anche il simbolismo dei numeri. Se ci sono nella rete di Pietro 153 pesci ben contati (Giovanni 12:11), stai certo che gli iniziati sapevano perché.
Temo che il numero di apostoli non sia più sicuro di quello dei pesci. Erano dodici, a quanto pare, come le tribù di Israele, che essi dovevano giudicare. (Matteo 19:28). Questo mi preoccupa. Ricordo allora che la lista dei Dodici era  abbastanza lunga da stabilire, che essa varia secondo i vangeli [38] e che, in breve, non si sa nulla di loro.
Non sono più sicuro dei 70 discepoli destinati alle 70 nazioni enumerate nel decimo capitolo della Genesi. [39] Questi simboli cifrati ci sembrano puerili, ma gli antichi giudicavano diversamente: Gesù stesso, secondo Marco (8:21) sottolinea il valore mistico del numero sette. [40]

Potrei nominare molti altri simboli di tutti i generi nei vangeli, ma ho già troppo corso il rischio di “essere allo stesso tempo troppo breve, troppo lungo e frammentario”.

Ma ecco un ultimo esempio che voglio mettere a parte per meglio onorarlo.

L'autore degli Atti (1-9 ss) ci descrive l'Ascensione come se l'avesse vista: Gesù ascende al cielo davanti agli apostoli che lo seguono con gli occhi verso la nuvola che glielo nasconde. Poi rimangono allora a fissare il cielo, aspettando il ritorno. Ma due angeli in forma umana e vestiti di bianco li congedano.
Ora, sappiamo che l'Ascensione è inconciliabile con la scienza moderna: andare in cielo non significa nulla; i teologi lo riconoscono e cercano di farla franca.
Padre Lagrange raffina in modo contorto: l'ascesa al cielo è per lui una “apparizione” di Cristo agli apostoli. [41] Viene fornita in due righe, alla leggera.
Per Padre Renié, Gesù si dà dinanzi ai suoi fedeli ad un “movimento locale nell'aria”. [42] Ma una nuvola tira rapidamente il sipario sulla pantomima. Si ignora il seguito: la nuvola non ha mai detto nulla.
Per il canonico Goossens, l'Ascensione è solo “la fine della presenza visibile del Salvatore sulla terra”. Un giorno non lo si è visto più quaggiù; si è concluso che era salito lassù e qualcuno si è impegnato a raccontare la scena secondo l'astronomia del tempo. Ma bisogna ammettere, dice il canonico, che “certe verità rivelate sono formulate nell'ambito di concezioni definitivamente messe da parte dalle scienze naturali”. [43] Non c'è più nessuna questione di acrobazie nell'aria. Ma se l'Ascensione non è più reale della discesa agli inferi, essa è vera alla sua maniera che basta ascoltare. Questa non pertiene più alla Storia ma alla rivelazione. [44]

Eppure ce la raccontano nello stesso stile e con lo stesso lusso di dettagli della nascita o della morte di Cristo. Evoca ancora di più la Resurrezione di cui è la continuazione. Invidio coloro che possono mantenerne l'una e respingere l'altra, come Rops che ritratta l'Ascensione [45] e dichiara “storica” la Resurrezione. Eppure trovo nelle due gli stessi eroi, gli stessi testimoni e gli stessi angeli: li riconosco dal costume.
Senza l'indiscrezione di Galileo si crederebbe ancora l'Ascensione tanto reale quanto tutto il resto. In epoche di fede e d'ignoranza si prende tutto alla lettera, perfino il serpente della Genesi [46] e si brucia vivo Cecco d'Ascoli che nega troppo presto che si veda tutta la terra dalla cima di un monte. Allora siamo disillusi: “Quando la parola di Dio, che è vera, è falsa letteralmente, è vera spiritualmente”. (Pensiero 687) Poi un bel giorno non lo è più del tutto. Dei libri interi sono scivolati dalla Storia alla leggenda, come il libro di Ester. [47]

Questa triste sorte attende il Vangelo; leggelo velocemente quando è ancora Storia.

Profezie di tutti i generi.

Quando sarai lì, leggi anche l'Antico Testamento: scoprirai che la vita di Cristo fu raccontata prima di essere vissuta.
Passi ancora per gli avvenimenti di prim'ordine che potrebbero tentare un profeta, ma tutto è pianificato in dettaglio, fino all'offerta dei magi (Isaia 60:6) Malachia annuncia anche l'Annunciatore (3:1).
Alfaric ha mostrato che la Tempesta placata (Marco 4:35) traspone il salmo 107 (23 ss). La maledizione del fico concretizza una profezia di Osea (9:16). Gerasa punta già ad Isaia (65:3 ss) con i suoi maiali e le sue tombe; si ritrova anche il “Vattene!” di Marco (5:17).

Ma è soprattutto la Passione di Cristo che l'Antico Testamento descrive prima dell'ora con minuzia: Davide sapeva con mille anni di anticipo che si sarebbe tirato a sorte il vestito del crocifisso (Salmo 22:19). Amos (2:16) profetizza: “Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno”. Non preoccuparti: lo ritroverai in Marco (14:51).
Si conosceva da secoli le parole di Gesù durante l'agonia: “Dio mio, perchè mi hai abbandonato?” (Salmo 22:2) o: “Rimetto la mia anima nelle tue mani” (Salmo 31:6). Alla fine scopre lui stesso di non aver dimenticato nulla: “Tutto è compiuto!” (Giovanni 19:30). Lui può morire.
Allora la notte sommerge la terra: lei lo stava preparando fin da Amos (8:9).
Poi per soddisfare Isaia (53:9), si seppellisce Gesù nella tomba di un ricco e si attende la resurrezione. Osea (6:2) la annunciò per il terzo giorno: Gesù obbedisce. Egli aveva perso ogni iniziativa.

E' Matteo il grande specialista della profezia all'ingrosso e al dettaglio. Ecco, forse, il suo capolavoro.
Racconta che Giuda ricevette per il suo tradimento trenta pezzi di denaro che egli riporta immediatamente ai sacerdoti i quali li rifiutarono. Giuda li getta allora nel Tempio e fugge; alla fine, secondo Matteo (27:7) si acquistò con l'argento del crimine il “Campo del Vasaio”.
Per far passare questa storia, l'evangelista si appella a Geremia che l'avrebbe previsto. Comincia a ingannarsi come un profeta; ma Zaccaria, a cui egli pensa, non ha detto nulla del genere. Racconta semplicemente la parabola di un buon pastore che, stanco di pascolare delle bestie disobbedienti, chiede al suo padreone il salario e se ne va. [48] Il padrone gli dà trenta sicli d'argento per ogni zuppa. Tutto sembra finito ma Dio veglia. Dice al pastore che si tratta di un salario irrisorio e aggiunge: “Gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo”. Il pastore obbedisce e getta l'argento nella stessa casa di Jahvè.

La parabola è oscura, e Matteo, malgrado l'assistenza divina, vide nell'ombra solo quattro candele: buon pastore, trenta sicli, Tempio di Jahvè, vasaio. Ha preparato tutto e ne è uscito quello che sai. 
La cosa più intrigante è che lui non ha compreso l'espressione ebraica “getta l'argento al vasaio” che significa: respingi con disprezzo. Ha sistemato come poteva questo fantasma che lo stesso signor Guitton non aveva mai visto.

Si conosce l'errore dell'evangelista a proposito dell'asino di Zaccaria. Completando con la forza una profezia mal letta, dimostra di non aver visto nulla o di aver visto doppio. [49]
Un altro esempio del suo metodo storico: si dà al crocifisso del vino  mescolato con aromi per mitigare la loro agonia. Ora, secondo Matteo (27:34) i soldati offrono a Gesù sulla croce del vino misto a fiele. Da dove proviene questo errore? Dal Salmo 69:22. E come Davide aggiunge: “per dissetarmi mi hanno dato da bere dell'aceto” Matteo, senza ulteriori indugi, passa a Gesù l'aceto. (27:48).
Rabelais riscoprirà la procedura. Narrando la triste avventura di sei pellegrini inghiottiti nell'insalata da Gargantua [50] egli si riferisce al Salmo 124 che descrive la loro odissea, punto per punto, duemila anni fa. [51]

Due profezie convivevano a volte in cattivi rapporti. Così una diede alla luce il Messia a Betlemme (Michea 5:2) e l'altra proclamava: “Sarà chiamato Nazareno” (Matteo 2:23). Il problema era di riconciliarle.
Marco e Giovanni non vi tentarono: essi ignorarono Betlemme. Ma gli altri s'arrischiarono ciascuno per sé.
Secondo Matteo (2:11), Giuseppe e Maria vivevano a Betlemme e il bambino era nato nella casa dei genitori. [52] La difficoltà era di portare la Sacra Famiglia a Nazaret: per traslocarla, Matteo inventa la Strage degli Innocenti [53] poi la mostra ai coccodrilli d'Egitto e la stabilisce infine dove è necessario. Si può giudicare sui mezzi impiegati se avesse voglia di spostarsi.
Secondo Luca (1:26) Giuseppe e sua moglie vivevano a Nazaret, e senza dubbio, si trovavano molto bene. Per condurli con la forza a Betlemme, Luca mette l'Impero romano sul loro percorso per un censimento da lui solo conosciuto. Poi, ad affare fatto, riporta la sua gente a Nazaret. Matteo ignora il censimento di Quirino, Luca il massacro degli Innocenti e la Fuga in Egitto.

La cosa più curiosa è che l'esistenza di Nazaret a quest'epoca è molto discussa. La Bibbia e Flavio Giuseppe non citano questo villaggio una sola volta; tutti gli storici la ignorano prima di Giulio l'Africano (230 circa). Infine, la si è identificata soltanto (!) nel nono secolo. Alcuni hanno concluso, a torto o a ragione, che Matteo prende il Nazireato per una città. [54]

Nota che per il gesuita Bonsirven la possibile inesistenza di Nazaret è priva di  effetti gravi. “Supponiamo, dice, che questo sia vero: l'esistenza di Gesù non è legata a quella di Nazaret ed è quasi sempre fuori da Nazaret che predicava”. Allo stesso modo, senza dubbio, l'esistenza di Poldèves non è legata a quella di Poldévie. Ammiro anche che si possa predicare, di solito, fuori da una città inesistente e quindi, all'occasione, al suo interno. [55]

Quindi l'Antico Testamento compreso male è la fonte essenziale delle narrazioni evangeliche. [56]
A maggior ragione, i Padri andranno a documentarsi sul Cristo. Si è discusso, per molto tempo, ad esempio, sull'aspetto fisico di Gesù. Era brutto, dicono Tertulliano, Origene ed altri; per Giustino era “deforme”. Questi si appoggiano su un testo di Isaia (53:2). Ma Gregorio di Nissa, Girolamo e Teodoreto sostengono sulla base del Salmo 45:3 che Gesù era “il più bello tra i figli degli uomini”.

Ancora più strano: Marcione affermò, intorno al 140, che il Cristo era disceso dal cielo all'età di trent'anni nei pressi di Cafarnao. [57]
Questa affermazione sorprende, ma la replica è stupefacente. Non si invia Marcione a documentarsi a Betlemme che non avrebbe potuto dimenticare così rapidamente la notte radiosa e i suoi angeli. Non lo si manda dagli abitanti di Nazaret, e nemmeno ai cuginetti di Giuseppe e Maria. Non gli si oppone alcun riferimento storico, alcun certificato di nascita, alcuna testimonianza, alcuna tradizione. Ma lo si confuta per mezzo di Isaia (9:5) che profetizzò la nascita e i giovani anni del Messia.
Dallo stesso Giustino [58] si fa riferimento al Salmo 22 per provare la morte di Gesù: il fatto della morte e non il suo valore redentore. Equivaleva ad ammettere la mancanza di documenti storici.

Se Gesù non fosse che un mito sarebbe stato altrimenti? [59]
NOTE

[1] Celso, in Origene, Contra Celsum. Si veda Louis Rougier, Celse, pag. 54 e 361 (Delpeuch).

[2] I condannati, secondo Petronio, potevano sopravvivere tre o quattro giorni sulla croce.

[3] È per questa ragione che il vangelo li rende sciocchi più di quanto non siano in realtà: prendono regolarmente le metafore per realtà, che è il pont-aux-ânes della follia.

[4] Valentino pretese di ricavare la sua conoscenza da Paolo; ciascuno ha tutti i riferimenti di cui ha bisogno.

[5] France, L'Ile des Pingouins.

[6] Fillion, Vie de N-S J-C, t. 3, pag. 621.

[7] Renié, Manuel, t. 5, pag. 82.

[8] Rops, op. cit., pag. 580.

[9] Dante dimostra quindi la veridicità dei vangeli con la testimonianza e la santità della Chiesa, unendosi così ad Agostino (qui, pag. 48). Capisco che il signor Rops e il signor Guitton assumano lo stesso vangelo approvato dalla Chiesa e dalla Tradizione, ma per seguirli è necessaria la fede. Credo che il vangelo, non possa, da solo, dimostrare la sua veridicità.

[10] Pag. 44.

[11] Si appoggiano a Marco (6:1 ss) e a Giovanni (4:44).

[12] Guignebert, Jésus, pag. 101.

[13] Rops, Jésus et son temps, pag. 6. Si leggevano enigmi invece di difficoltà nella prima versione del testo: Comment connaissons-nous Jésus? pag. 2 (Sequana; 1943).

[14] Rops, tuttavia, conosce l'importanza di tutto ciò che riguarda le culle. Egli ha presentato con competenza Le Journal d'une grossesse di Madame Corot (Amiot-Dumont) "Dai primi fogli, disse, mi sentivo necessario, allenato”. A cosa? 

[15] J-A Bernard, professore al Collegio Stanislas, Histoire Romaine, pag. 146 e 256 (Vitte).

[16] La Divina Commedia, opera simbolica tra tutte, si divide in 3 parti di cui ciascuna ha 33 canti.

[17] Il vescovo Duchesne lo ammette nel tentativo, con una rapida penna, di minimizzare la testimonianza di Papia. Si veda la sua Hist. anc. de l'Eglise, t. 1, pag. 143 (Parigi; 1910).

[18] Ireneo, Contra Haereses, 22:5, si veda Giovanni 8:57.

[19] Noto qui un'altra contraddizione che va da un'estremità all'altra dei vangeli. Gesù moltiplica i miracoli e tuttavia gli ebrei sono insensibili. Diderot è stupito che resistono così tanto ai miracoli veri quando i falsi fanno correre tutto il mondo.

[20] Boil, l'Education du Jugement, pag. 247 (P. U. F.; 1954) Il caro Marcel Boll ci ha donato un nuovo Discorso sul Metodo.

[21] Pinarde de la Boullaye, Jésus et l'Histoire, pag. 171.

[22] Si veda il testo completo in Rops, op. cit., pag. 47. Rops ammira.

[23] Sono entrambi in torto perché non c'è una regola nella storia: ogni caso è unico e deve essere studiato appositamente. Questa è la ragione che impedisce alla storia di essere una scienza.
Sono sorpreso che Seignobos, prof. alla Sorbonna e Rops, erudito di storia, non l'abbiano scoperto da soli.

[24] Si noteranno nelle pagine a venire parecchie altre contraddizioni.

[25] L'abate Bousquet, curato di Vanves, Eléments de géographie sacrée (Delalain).  Il prete, che fornisce tutti i dettagli desiderabili, arriva ad un totale di 2740 km, 649 m 58 (sic). Ma non conta “i viaggi fatti per rincorrere la pecora perduta di Israele”.

[26] Gustave Dalman, direttore dell'Istituto archeologico tedesco di Gerusalemme, Les Itinéraires de Jésus, pag. 28 (Payot; 1930).

[27] Marco (5:1 ss), Luca (8:26).

[28] Padre Renié identifica Gerasa con Djérash, alla pag. 192 del suo Manuel (t. 4) ma dichiara, alla pag. 146, impossibile quest'identificazione.

[29] Théodore Reinach scoprì per la prima volta questa bufala. Il racconto di Marco non lascia alcun dubbio.

[30] Rops, op. cit., pag. 223 e 191.

[31] “Non è meno assurdo di chi mi dicesse che il cerchio ha rivestito la natura del quadrato”, Lettera a Oldenbourg, Oeuvres di Spinoza, pag. 1339 (Pleiade).

[32] Matteo 4:8; Luca 4:5.

[33] Matteo 3:13 ss; Marco 1:10; Luca 3:22.

[34] Fillion, op. cit., t. 2, pag. 536.

[35] Matteo 17; Marco 9; Luca 9:28 ss.

[36] Intorno al 150, l'ebreo Trifone disse a Giustino: “Dal fatto che Elia non è ancora venuto concludo che Gesù non sia il Cristo” (Giustino, Dialogo 49). Da dove questa pagina.

[37] Nessuno ha avuto più successo di Alain. Si veda il suo Propos, pag. 568 (Pléiade).

[38] La Chiesa si è ridotta a fingere che molti apostoli avessero diversi nomi.

[39] Lo stesso capitolo aveva senza dubbio ispirato in precedenza la leggenda dei 70 traduttori della Bibbia (la Septuaginta).

[40] Questa è la cifra dell'Universalità: le 7 ceste simboleggiano in Marco i 7 diaconi inviati al mondo greco-romano.

[41] Lagrange, op. cit., pag. 604.

[42] Renié, Manuel, t. 4, pag. 679.

[43] Goossens, professore di dogmatica al grande seminario di Gand nell'Apologétique di Bloud e Gay, pag. 1141 (Parigi; 1937).

[44] Si veda qui, pag. 152.

[45] Rops, op. cit., pag. 595.

[46] “Alcuni considerano questo serpente un puro simbolo, ma quest'ultima interpretazione deve essere respinta” Renié, Manuel, t. 1, pag. 395 (scritto nel 1941).

[47] Il mito si è tradito dal nome stesso dei personaggi: Mardocheo (in ebraico Mordecai) è il dio assiro Marduk, sua sposa Ester è la dea Ishtar, il ministro Aman è Human.

[48] Zaccaria, 11:13 ss.

[49] Zaccaria 9:9 e Matteo 21:2.

[50] Gargantua, libro 1; cap. 38.

[51] “Le profezie citate nel Vangelo, secondo voi, sono state riferite per indurvi a credere? No, ma per distogliervi dal credere” (Pensiero 568). Ci riescono.

[52] Lo stesso nell'Ascensione di Isaia, il celebre apocrifo.

[53] Nessuno storico ne parla, nemmeno Flavio Giuseppe che conta i crimini di Erode. Al tempo di Origene, gli ebrei negarono questo massacro di Grand Guignol.
Tale carneficina si trova alla nascita degli dèi e di grandi uomini del passato: Krishna, Mosè, Ciro, Sargon, Attis, Cesare, ecc. È folclore. Fatto il suo colpo, Matteo si appella a Geremia (31:15) e il suo riferimento è deplorevole (come dovrebbe essere).

[54] Sul Nazireato, sorta di voto ascetico, si veda Numeri 6 e Giudici 13:3 ss. Forse c'era un campo di Nazareni (Messianisti) simile a quello di Qumran e nominato approssimativamente Nazaret. Ipotesi interessante del signor Lassalle in Bulletin du Cercle Renan (maggio 58).

[55] Padre Bonsirven, in Essai d'une Somme catholique contre les Sans-Dieu, pag. 303 (Spes; 1936).
Questo rigore scientifico permette al Padre di distinguere due tipi di studiosi: i falsi che negano l'esistenza di Gesù e i veri, che credono in esso e sbeffeggiano i primi. Il più beffardo di quelli veri è il padre Bonsirven.

[56] Rops lo riconosce per gli apocrifi (Ecclesia di natale 1949). Io dico altrettanto dei canonici.

[57] Si veda Matteo (4:13 ss). Ricordiamo che l'edizione evangelica di Marcione non conteneva le storie dell'infanzia ancora sconosciute. Si veda pag. 44.

[58] Giustino, Apol., 1:35.

[59] Alcuni penseranno intorno al 180: la morte di Cristo è senza dubbio provata dai profeti: quindi c'erano dei documenti storici che lo attestavano. Se Satana li ha fatti sparire, rifacciamoli di nuovo. Da qui la lettera di Pilato o il rescritto di Tiberio. Il pio falsario non pensa di mentire: egli ristabilisce la verità.

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