giovedì 28 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Cristianesimo Paolino e Giovanneo (VII) — La Cristologia Paolina è Indipendente da un Gesù Storico

(segue da qui)
CAPITOLO VII



CRISTIANESIMO PAOLINO E GIOVANNEO

7. LA CRISTOLOGIA PAOLINA È INDIPENDENTE DA UN GESÙ STORICO

Parecchi dei teologi che hanno scritto sulle epistole hanno sottolineato che il paolinismo non è derivabile in alcuna maniera particolare dall'insegnamento di Gesù. Noi non abbiamo, in realtà, nessun diritto di interpretare espressioni paoline sull'ipotesi di uno sfondo per il quale c'è una prova solo in documenti di una data successiva. E se l'indipendenza del paolinismo è visibile a uomini che hanno accettato come genuino il nucleo delle epistole, con quanta più decisione si può affermare ciò una volta che i documenti paolini siano stati separati dai discorsi cattolicizzanti e da altri discorsi dogmatici in cui essi sono stati inseriti, oppure che sono stati inseriti in loro! Lo scrittore delle epistole paoline non sa assolutamente nulla riguardo la storia della vita di un Gesù umano, e né hanno saputo qualcosa le comunità per le quali egli scrisse, se hanno ragione Bousset e Reitzenstein — e sicuramente la hanno — nel dire che il paolinismo fu uno sviluppo, non un sistema modellato dentro la mente di un singolo uomo. E lo sviluppo dev'essere continuato su un periodo considerevole di tempo. Lo abbiamo rintracciato dalla Sapienza di Salomone attraverso le Odi fino alle epistole paoline, mentre evolve gradualmente sotto l'influenza del pensiero contemporaneo; ma di qualsiasi influenza dovuta all'insegnamento di Gesù non c'è la più pallida traccia. “La concezione di Gesù come Signore della comunità”, scrisse Bousset, [15] “non fu l'opera dell'Apostolo, ma la convinzione fondamentale della comunità cristiana”. Che equivale a dire, Gesù per la comunità paolina fu “il Signore” proprio come Adone oppure Osiride fu “il Signore” per le comunità che li adorarono. Da comunità religiose il titolo fu usato assolutamente solo a proposito di esseri considerati divini. Gesù, in realtà, fu l'eroe del culto delle comunità paoline;  dio del culto sarebbe un termine inappropriato, poiché, sebbene Paolo non poteva applicare il termine “dio” a Gesù, tuttavia, come osserva Bousset, il credo generale delle comunità avrebbe trasceso facilmente la distinzione e, come mostra l'esempio di Clemente di Alessandria e di altri scrittori cristiani ellenistici, avrebbe parlato consapevolmente da molto tempo del grande mistero della divinità di Cristo. Poiché nel culto e nel rituale aveva già fatto così inconsciamente. Ma se Gesù era stato per certe comunità “il Signore”, se come dio oppure come Figlio di Dio, prima di Paolo - e quanto tempo prima chi lo dirà? — il periodo di “deificazione” assunto dai teologi è ridotto così tanto da rendere il fatto presunto perfino meno credibile di quanto già lo fosse. Bousset non distingue chiaramente tra le comunità paoline e le altre comunità cristiane, ed è possibile che Paolo introdusse il nome Gesù in certe comunità che avevano adorato in precedenza un Cristo senza nome; ma il nome dev'essere stato un nome divino prima di poter essere applicato così.
Nel fatto che Bousset ha visto ed esaminato onestamente e coraggiosamente così tanto della verità come egli ha fatto noi potremo percepire il primo raggio dell'alba di un trattamento più scientifico dell'antica storia del dogma cristiano. La critica teologica non può essere soddisfatta permanentemente nel riposare al punto a cui lui l'ha portata. Egli sintetizza come segue le sue conclusioni:
Il ritratto che Paolo deriva veramente del Signore Gesù non è preso dalla carriera terrena di Gesù di Nazaret. Il Gesù che Paolo conosce è il preesistente Cristo supremo, che fu ricco e divenne povero per amor nostro, che fu nella forma di Dio e prese la forma di un servo. È in questa personificazione di Gesù che sono aderenti tutte le caratteristiche che Paolo porta qua e là in prominenza: la sua umiltà, la sua ubbidienza, il suo amore, la sua veracità, la sua fedeltà perfino fino alla morte sulla croce. Il soggetto di tutti quei predicati non è il Gesù “storico”. Per un profilo di un ritratto personale di Gesù, strettamente parlando anche per una sua fondazione, specialmente per quanto riguarda la sua pietà e la sua fede in Dio, Paolo nella proclamazione del suo vangelo non ha più posto del tutto. Egli predica, non la fede di Gesù, ma una fede in Gesù. Come qualcuno potrà mai ancora parlare di un ritratto personale di Gesù da parte di Paolo nel nostro significato del termine? [16]
NOTE

[15] Kyr. Chr., pag. 107.

[16Kyr. Chr., pag. 144.


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