mercoledì 27 giugno 2018

Gli Inizi del Cristianesimo Gnostico : Cristianesimo Paolino e Giovanneo (VII) — Gli Arconti

(segue da qui)


CAPITOLO VII



CRISTIANESIMO PAOLINO E GIOVANNEO

6. GLI ARCONTI

Associato al credo popolare nei demoni era il credo, derivato dall'Oriente, nell'esistenza di sette “Arconti” — esseri spirituali che corrispondono ai sette corpi planetari, essendo compresi il Sole e la Luna. Gli gnostici li definivano “Arconti di questo eone”. Nel primo secolo erano creduti — come lo sono ancora i pianeti da alcuni — in possesso del destino degli uomini (heimarmenē) e quindi la causa di tutte le loro disgrazie. Si credeva anche che ostacolassero l'anima nel suo viaggio al Cielo. Per quanto gli gnostici avessero una dottrina di predestinazione essa era quella della predestinazione astrologica di heimarmenē. Da questa tirannia, comunque, gli uomini potevano essere liberati dal Nous, oppure dal Logos, oppure dal Cristo, ed era creduto dagli gnostici cristiani che la liberazione venisse effettuata in qualche maniera, non definita esplicitamente, mediante la morte del Cristo. Una spiegazione possibile è che il Cristo morì volontariamente come riscatto, per cui egli ottenne dagli Arconti la liberazione di tutti coloro che lo confessavano e divenivano uniti con lui. La spiegazione comporta la supposizione che gli Arconti si aspettavano che il Cristo, di cui temevano il potere, rimanesse morto. E uccidendolo essi condannarono sé stessi, poiché erano andati al di là di ciò che era lecito per loro come dominatori del cosmo. Un'altra spiegazione possibile è che il Cristo, quando egli discese attraverso le sfere celesti, assunse la forma di un uomo, così che gli Arconti non lo riconobbero e così incorsero nella colpa dell'uccisione del Figlio di Dio. Questo tipo di inganno del malvagio è un tema favorito nella mitologia. Bousset accetta la spiegazione nella misura in cui egli scrive in riferimento a 1 Corinzi 2:8, e Colossesi 2:15: 
Attraverso la sua morte sulla croce Cristo spogliò i principati e le potenze [gli Arconti] delle loro armi e trionfò su di loro apertamente. [13]
Ma evidentemente un trionfo attraverso la morte richiede qualche spiegazione ulteriore; il trionfo non sarebbe stato completo senza una resurrezione; e questo sembra comportare l'inganno degli Arconti. La spiegazione chiarisce in maniera soddisfacente l'oscurità di 1 Corinzi 2:7-8:  
Noi esponiamo la sapienza di Dio misteriosa ed occulta che Dio aveva prima degli eoni predestinata a nostra gloria, e che nessuno degli Arconti di questo eone ha conosciuta; perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.


Gli Arconti sono riferiti di nuovo in Romani 8:38, Efesini 4:12, e altrove. In quest'ultimo verso la parola greca tradotta “dominatori del mondo” è kosmokratoras, un regolare termine gnostico per gli Arconti. Più probabilmente anche il riferimento in Galati 4:8 — “quelli che per natura non sono dèi” — è a quelli Arconti. La “schiavitù” da cui Cristo liberò il cristiano era duplice — la schiavitù della Legge mosaica e l'heimarmenē. La parola “principi elementari” (elementi) — in greco stoicheia — è un altro nome per loro e per i pianeti con cui essi sono connessi. Nel Testamento di Salomone c'è menzione di “sette spiriti di bell'aspetto .... coloro che sono chiamati stoicheia, i kosmokratores di questo cosmo”. A ciascuno di quelli è dato il nome di un peccato. Evidentemente questa identificazione degli Arconti coi peccati sarebbe stata in grado di dare origine all'idea che il Cristo spirituale che è messo a morte nell'anima di un uomo malvagio fosse stato ucciso dagli Arconti. Ma naturalmente l'idea di un conflitto nell'universo tra le forze del bene e le forze del male e il successo temporaneo del male è un'idea molto antica. È probabile che in Galati 4:10 ci sia un riferimento a osservanze ebraiche; ma i giorni della settimana erano associati ai pianeti, e i mesi alle costellazioni zodiacali — a loro volta esseri spirituali. Molti ebrei, anche farisei, credevano che in ogni pianeta risiedesse un angelo ed un demone che esercitava un'influenza sulle esistenze degli uomini; e la Predicazione di Pietro rimprovera agli ebrei di “servire” [=adorare] il Sole e la Luna, che, naturalmente, erano stoicheia. Nel primo secolo gli ebrei non erano esenti in alcun modo da superstizioni — per non menzionare i cristiani che erano stati pagani — ed era facile associare l'osservanza cerimoniale ebraica delle stagioni alla riverenza pagana per i poteri demoniaci che erano creduti governare quelle stagioni. [14] E quando apprendiamo da un antico testo ebraico che le lettere dell'alfabeto ebraico erano personificate come dominatori di pianeti, costellazioni, e stagioni, noi realizziamo che nell'ebraismo ci furono speculazioni religiose, ed eventualmente perfino culti, di cui non udiamo nulla nel Talmud.
Dato che la varietà della dottrina cristiana alla fine del primo secolo era incoerente con l'ipotesi che si fosse sviluppata uniformemente lungo una singola linea, il dogma della morte del Cristo fu elaborato senza dubbio differentemente in diversi circoli. Paolo non fu l'originatore dell'idea che il Cristo era stato ucciso dagli Arconti. I versi citati sopra da 1 Corinzi chiariscono che il credo espresso era il credo stabilito della comunità per la quale egli scrisse.
Come sono di origine astrale gli Arconti, così potrebbe essere stata tale anche la “crocifissione”; infatti in una carta astronomica il Sole è crocifisso apparentemente nel punto di intersezione dell'equatore e dell'eclittica al momento della sua discesa nell'emisfero inferiore, l'emisfero di oscurità e morte; e lo è di nuovo così al momento della sua resurrezione nell'emisfero di luce e vita; mentre il periodo di transito è di tre giorni. Il Sole, naturalmente, era adorato molto tempo prima di diventare uno dei sette Arconti. Al tempo in cui si originò il mito della morte del dio-Sole, il Sole, essendo nella costellazione dell'Ariete all'equinozio di Primavera, fu identificato con l'Ariete. Quello è l'Agnello che era stato “ucciso fin dalla fondazione del mondo”. La pratica di rivestire l'agnello pasquale nella forma di una croce è riconducibile allo stesso mito.
Ovviamente la scena dell'uccisione di un Cristo spirituale ad opera di malevoli Arconti spirituali non era da nessuna parte sulla Terra; e non c'è nulla nelle epistole paoline gnostiche che ha bisogno di intendersi nel senso di implicare un'incarnazione individuale. Dal momento che lo Spirito di Dio, secondo Paolo, è incarnato in tutte le persone pneumatiche, la dichiarazione (Romani 8:3) che Dio inviò suo Figlio nella somiglianza di carne peccaminosa potrebbe avere lo stesso significato della dichiarazione nelle Odi di Salomone che “simile a me fu creduto, perché lo potessi rivestire”. Comunque non si può escludere il docetismo, perché la parola greca per “somiglianza” è homoiotes, che significa similitudine e così esclude per implicazione un'identità. In nessun caso si suppone che il Cristo diventò veramente carne. In Filippesi 2:6-8, di nuovo, dove è detto che Cristo, “essendo nella forma di Dio ... spogliò se stesso, assumendo la forma di servo e divenendo nella somiglianza di uomini”, e fu trovato “nell'apparenza come un uomo”, l'implicazione della parola esclude l'idea che il Cristo sia diventato letteralmente uomo. La frase “assumendo la forma di servo” è reminiscente del Logos setiano. Il docetismo è suggerito più fortemente da questo passo che dal precedente; poiché la parola greca tradotta “fashion” [forma] nelle versioni inglesi è schema, che, secondo il lessico greco, significa forma, apparenza esteriore opposta alla realtà, un semplice spettacolo, apparizione, aspetto, eccetera. I due passi potrebbero non essere stati scritti dallo stesso uomo. Qualunque interpretazione del secondo passo si adotti, non abbiamo nessun diritto di attribuire ad uno scrittore che descrive così la discesa di un essere divino nella forma di un uomo il credo che egli fosse nato da una donna.
La dichiarazione paolina che colui che riceve lo Spirito di Dio diventa “una nuova creatura” illustra alcune frasi nelle Odi che, come si è sostenuto in precedenza, sono state equivocate. Quando l'Odista scrisse: “Mi sono liberato dalle vanità … Viso e somiglianza di nuova persona ho ricevuto”“quanti mi scorgono rimarranno stupiti, perché ad altra stirpe appartengo e frasi simili, egli non stava citando il Cristo, come hanno immaginato alcuni critici; egli stava affermando in un linguaggio poetico e alquanto iperbolico la sua convinzione che in quanto un figlio spirituale di Dio egli era diventato “una nuova creatura”

NOTE

[13] Kyr. Chr., pag. 142.

[14Preghiere ebraiche agli angeli planetari sono stati preservati nel Codex di Parigi, 2419. 

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