sabato 9 dicembre 2017

Gesù era mai vissuto? (VI) — Gesù in relazione ai demoni malvagi

(segue da qui)


VI
 
GESÙ IN RELAZIONE AI DEMONI MALVAGI

Un aspetto caratteristico del periodo durante il quale venne in esistenza il cristianesimo fu il credo in demoni malvagi. Anche i filosofi condivisero questo credo. La dottrina dei neo-pitagorici era che la purezza di Dio sarebbe stata contaminata per compromissione con la volgare materia, così che era necessario ipotizzare un ordine intermedio di esseri, la cui natura fosse parzialmente spirituale e parzialmente materiale. [Gli gnostici fecero la stessa divisione, dato che la loro psyche era intermedia tra il pneuma, puro spirito, e la carne.] Questa ipotesi offriva a portata di mano anche uno strumento di spiegazione delle antiche favole mitiche, così tante delle quali rappresentavano gli dèi mentre agiscono in una maniera che una coscienza illuminata non poteva più approvare. I demoni, si supponeva, personificavano gli dèi e commettevano gli atti immorali attribuiti a loro; un'idea che forniva ai cristiani la possibilità, di cui fecero buon uso, di attaccare le divinità pagane. E così la terra e l'aria diventarono popolate da una moltitudine di demoni, alcuni buoni e alcuni cattivi. La tendenza, comunque, fu immaginare i demoni sempre più come malvagi; o, ad ogni caso, percepire che i demoni malvagi fossero i soli di cui gli uomini hanno bisogno di preoccuparsi. Si credeva che i demoni stessero continuamente a guardare per un'occasione propizia di prendere possesso delle anime e dei corpi degli uomini, non appena si presentasse un'occasione per loro a causa anche solo di una leggera deviazione da una giusta condotta. Parole magiche e segni, nomi divini e simboli — tra quest'ultimi c'era il segno della croce — furono usati come difese contro una possibile invasione demoniaca.
Un credo di questo tipo esisteva non solo tra pagani, ma anche tra ebrei. Anche i farisei non ne erano esenti. Secondo i vangeli, essi dissero che Gesù cacciava demoni tramite Belzebù il principe dei demoni. Qualsiasi cosa fosse il significato di questa asserzione, l'implicazione in essa contenuta che i farisei credevano che Belzebù fosse principe dei demoni è certamente corretta. Un papiro che esiste a Parigi, contenente una preghiera ebraica rivolta ai pianeti, prova che ciascuno dei pianeti era creduto dagli ebrei abitato da uno spirito buono e da uno spirito malvagio. [Lublinski, loc. cit., pag. 124.] Belzebù si supponeva abitasse Saturno e fosse il signore degli spiriti malvagi che abitavano gli altri pianeti. Gli gnostici fecero proprio questo credo fino al punto di collocare tra cielo e terra sette demoni malvagi, che erano creduti risiedervi in attesa delle anime degli uomini che tentassero di oltrepassarli. Quella è la ragione per cui, nell'inno naasseno citato in precedenza, Gesù dice che egli discenderà “portando i sigilli”. i sigilli erano necessari per consentirgli di oltrepassare i demoni.
La prospettiva di sfuggire ai demoni sulla terra e di passare attraverso di loro sulla via per il cielo apparve così agli uomini estremamente desolante. E la conseguente disperazione di sfuggire ai demoni fu una causa importante della moltiplicazione di sette misteriche, ebraiche come pure pagane, nel periodo precedente l'era cristiana. I riti eseguiti, e specialmente il pasto sacramentale, si riteneva agissero come incantesimi contro la possessione demoniaca. Col cibo sacro il dio del culto penetrava nel corpo del partecipante e lo difendeva contro gli attacchi degli spiriti maligni. Di frequente gli uomini, non essendo in grado di decidere quale degli dèi del culto potesse rivelarsi il difensore più potente, avrebbero partecipato ai riti di più di uno dei culti misterici. “Il credente in Mitra si affretterebbe anche alle grotte della grande Madre e alle processioni di Iside e ad Adone e ad altri dei culti numerosi che esistevano a quel tempo. Perfino i bambini erano iniziati per timore che dovessero diventare una preda per i demoni malvagi. Numerose iscrizioni del tempo dei Cesari provano che uomini e donne si associavano ai più vari misteri”. [Lublinski, loc. cit., pag. 98] Una prova che alcuni che attendevano al sacro pasto cristiano avrebbero frequentato anche quello di altri culti è offerta nella prima epistola ai Corinzi. Dal cui fatto naturalmente segue che nella loro stima Gesù fu solo un dio del culto al pari di ognuno degli altri.
Dal capitolo 8:10 di quell'epistola apprendiamo che era la pratica di alcuni seguaci cristiani stare “seduti a tavola in un tempio di idoli”. Il che significa che la loro fede nel potere salvifico del mistero cristiano non fu così grande da prevenirli dal rendersi più sicura la salvezza partecipando al sacro pasto di qualche altro dio-salvatore. Nel capitolo 10:20 la stessa pratica è condannata. E noi vediamo anche qui una differenza tra la visione cristiana e pagana che forse contribuì all'eventuale trionfo del cristianesimo. Nel credo pagano tutti gli dèi del culto erano dèi veri. Ma molti scrittori cristiani e capi della Chiesa ereditando il monoteismo ebraico mantennero che gli dèi pagani fossero demoni. Infine questa diventò l'opinione ortodossa della Chiesa, e ai cristiani si proibì di partecipare ai misteri pagani.
C'è un sacco di prove nell'antica letteratura cristiana del credo che Gesù fosse venuto sulla terra per salvare gli uomini dai demoni malvagi. Il rito del battesimo fu indubbiamente una formula di esorcismo allo stesso tempo. [Carl Schmidt, Gnostische Schriften in Koptischer Sprache mentiona “gli esorcismi che recitarono un ruolo altamente significativo durante il battesimo”. Citato da W. B. Smith, Ecce Deus, pag. 222.] Ogni convertito pagano fu ritenuto posseduto da un demone. Ireneo scrisse di cristiani, alcuni scacciano i demoni con fermezza e sincerità, così che spesso quelli purificati dagli spiriti maligni credono e sono nella chiesa”. [Evidentemente, come utilizzata da Ireneo, la frase “scacciare i demoni” significò la conversione di pagani al cristianesimo.] Nei Riconoscimenti Clementini Pietro dice che chi adora idoli oppure quelli che i pagani nominano dèi, oppure consuma quello che viene loro sacrificato, diventa posseduto da uno spirito maligno, e di conseguenza necessita la purificazione del battesimo affinché lo spirito impuro possa uscire via da lui. [2:71.] 
Ogni persona pensante che legge i vangeli si deve di sicuro sorprendere dal numero di indemoniati che vissero in Palestina in quei giorni. Il loro numero straordinariamente grande è dovuto semplicemente al fatto che era necessario per gli scrittori illustrare una delle funzioni principali del Cristo. Il lettore potrebbe anche notare che quando, in Marco 6:7, Gesù inviò i suoi discepoli due a due egli dette loro autorità sugli spiriti impuri; e la cacciata dei demoni sembra essere stata i fine principale della loro missione. Lo stesso fatto è evidente da Luca 10:17, dove il solo risultato della missione dei settanta discepoli che si ritiene degno di menzione è che “i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. E Gesù disse in risposta, “Io ho visto Satana cadere dal cielo come un fulmine”. Quest'esclamazione si potrebbe interpretare un'espressione del credo dello scrittore che il dio Gesù stesse prevalendo, o avrebbe prevalso, sugli dèi pagani. I commentatori riconoscono generalmente che questa missione dei settanta simboleggia la missione cristiana ai gentili. I teologi liberali non sanno cosa fare di passi del genere come quelli sopra riferiti. Essi devono o escluderli del tutto oppure ridurre l'opera principale di Gesù e dei suoi discepoli al recupero della sanità mentale di un certo numero di gente malata. È certo che gli evangelisti intesero qualcosa più significativo di ciò. Gesù fu per loro un essere divino, non un comune operatore di miracoli; essi devono aver concepito le sue operazioni in funzione della sua divinità. Un'operazione del genere sarebbe la liberazione del genere umano dalla tirannia di demoni malvagi, e più in particolare di coloro che agivano nei nomi delle divinità pagane. Altri antichi scrittori cristiani ebbero la stessa concezione del significato di Gesù.
È importante ricordare che per uomini di quel periodo salvare gli uomini dalla tirannia di falsi dèi non significò, come lo sarebbe per uno spirito moderno, un mero cambiamento di opinioni quanto alla realtà della loro esistenza. Nel pensiero di quelli uomini i demoni erano davvero reali e da temersi davvero grandemente. Nessuno meno potente di un dio o del figlio di un dio poteva aspettarsi di prevalere su di loro. Un maestro che andava in giro comunicando agli uomini che la fede nei demoni era una superstizione e che i demoni non avevano un'esistenza reale sarebbe stato piuttosto inefficace. Lo scrittore dei Riconoscimenti Clementini fa esprimere chiaramente a Pietro la sua convinzione che gli uomini sono salvati dagli spiriti maligni, per niente affatto col giungere a credere nella loro non-esistenza, ma col credere in colui che aveva il potere di salvarli da loro. Egli dice:   

Gli stessi demoni, del resto, in proporzione di quanto vedono la fede crescere in un uomo, si ritirano da lui e si limitano a occupare soltanto quella parte in cui continua a persistere una qualche infedeltà, mentre se ne vanno senza scampo da coloro che credono con fede piena. . . . [I demoni non avevano nessun potere su un credente, perché Cristo era morto come un riscatto per lui, come apparirà in seguito.] Ma essi penetrano, attraverso cibi e bevande ad essi consacrati, nelle menti e nei corpi degli uomini che se ne cibano.
Qui l'identificazione dei demoni maligni colle divinità pagane è evidente; e vediamo che lo scrittore, sebbene un cristiano, continuava a credere nella loro reale esistenza. Alcuni seguaci gentili avrebbero potuto dubitare se Gesù fosse più potente di altri dèi-salvatori, ma essi non dubitarono che Gesù fu un dio; e i loro maestri religiosi, assicurandoli che gli dèi-salvatori pagani erano essi stessi demoni, e sostenendo la loro pretesa a beneficio di Gesù tramite dimostrazioni dell'Antico Testamento, li condussero al credo che Gesù era il solo vero Figlio di Dio e il solo Salvatore. A meno che coloro che parteciparono al pasto sacramentale non avessero creduto alla presenza del dio-salvatore nel cibo santificato da loro preso, essi non l'avrebbero considerato di alcun valore.
Aristide scrisse che il Figlio di Dio diventò incarnato così da poter richiamare gli uomini dall'errore politeista. Di certo non, comunque, attraverso la convinzione che gli spiriti maligni non esistono, ma attraverso il loro venire a credere che Gesù fosse il Figlio del vero Dio. Giustino fa la stessa dichiarazione nell'altra forma - cioè, che Gesù venne “per la distruzione di demoni”. Questa veduta è posta da Marco proprio al principio della predicazione di Gesù, evidentemente allo scopo di mostrare ciò che considerava il fine principale di Gesù nella venuta nel mondo. Nel primo capitolo del suo vangelo lo “spirito impuro” espulso da Gesù a Cafarnao grida: “Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio”. Lo stesso nome Cafarnao prova che lo scrittore non intendeva che questo caso fosse capito come un caso di epilessia oppure di una possessione. Non esiste nessuna prova indipendente dell'esistenza di Cafarnao a quel tempo. Le dichiarazioni di scrittori successivi quanto alla sua posizione sono contradditorie, e gli archeologi sono incapaci di concordare riguardo alla sua ubicazione. Flavio Giuseppe dice che ci fu una fontana chiamata Cafarnao non lontana dal Lago di Genesaret. [Guerra Giudaica, 3, 10:8.] L'evangelista ha evidentemente accoppiato questa fontana alla fontana di Zaccaria, [13:1-2.] che è associata all'abolizione degli idoli e all'espulsione dello “spirito impuro”, ed egli ha creato coerentemente un villaggio simbolico come lo scenario di un episodio simbolico. Gesù, perciò, nei primi anni del cristianesimo non fu un maestro, ma un dio del culto che era in grado di distruggere demoni. Storicamente la distruzione si avvicinava attraverso la cessazione dell'adorazione delle divinità pagane. Ma quello era il risultato, non dell'insegnamento di Gesù, ma del credo nella sua superiore divinità.
I riti sacri dei culti antichi erano di solito definiti “misteri”. L'utilizzo frequente del termine “mistero” da parte dei primi cristiani in riferimento ai loro propri riti indica che il cristianesimo cominciò come una religione misterica. Nuovi membri di quei culti non venivano ammessi ai misteri. Essi dovevano sottoporsi ad un periodo di iniziazione, passando attraverso parecchi gradi nella misura in cui se ne rendevano degni. La classe più alta di iniziati erano chiamati “i perfetti”, e loro soltanto venivano ammessi ai misteri più segreti. Esistono indizi sufficienti che questa era la regola anche nei culti misterici cristiani. Qui abbiamo la spiegazione del detto di Gesù, altrimenti così inspiegabile, che egli si pronunciava in parabole così che la gente comune non dovesse comprenderlo. Lo stato del caso è reso perfettamente chiaro da Matteo 13:11: “A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato”. I discepoli rappresentavano naturalmente la cerchia interna dei “perfetti”. Di nuovo, nel verso 44 leggiamo, “Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo”. Anche al tempo di Origene la distinzione sussisteva, poiché nella sua opera contro Celso, [Contra Celsum, 3:59.]  Origene scrisse: “Poi, e solo allora, noi li chiamiamo ai nostri segreti, perché noi parliamo la sapienza fra uomini perfetti”.

Nessun commento: