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Oppositori.
L'opinione comune è che gli oppositori di Paolo, in questa come in altre Epistole, siano giudeocristiani; eppure nell'Epistola stessa non appare alcun segno di ciò. I “fratelli deboli” che sono riluttanti a mangiare la carne sacrificale dei pagani sono presi sotto la protezione dell'Apostolo contro i più avanzati. Nel passo sulle “dispute” (1:10-3:23), egli rivolge i suoi biasimi non contro un partito particolare, ma contro la formazione di partiti in generale. Quello che reca il suo nome lui lo biasima tanto quanto gli altri. Se l'opposizione ai Giudaizzanti come quella che troviamo in Galati è il test della “genuinità”, allora la nostra prima Lettera ai Corinzi non è genuinamente paolina. In questo caso è il partito giudaizzante che ha bisogno di essere tollerato. Gli oppositori di cui si parla in 9:1-18, che contestano il diritto di Paolo ai privilegi di un Apostolo, non si presentano da membri della comunità cristiana di Corinto, ma da estranei (si veda soprattutto 9:2). Incomprensibile dal punto di vista della tradizione, questo brano ha un significato abbastanza chiaro di per sé. Non si tratta di una difesa dei diritti dell'Apostolo — che egli non intende esercitare — da parte di lui stesso davanti ai suoi convertiti recenti — ma di una difesa di coloro che si considerarono suoi successori contro coloro che, in un'epoca successiva, rifiutavano di ammettere che egli fosse stato veramente un Apostolo. Ciò spiega pienamente il tono acceso. Gli unici oppositori distintamente in vista all'interno della comunità — se vogliamo chiamare “oppositori” coloro la cui linea di pensiero è disapprovata — non sono Giudaizzanti retrogradi, ma Paolinisti dell'estrema sinistra — uomini che, ad avviso dell'autore, si spingono troppo in là nella sua stessa direzione, che si arrogano fin troppa libertà, che si credono superiori ai loro maestri. L'esistenza di siffatti oppositori è semplicemente inconcepibile in una comunità appena formata e composta da persone insignificanti (1:26-28) al tempo del vero Paolo.
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