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Pronunciamenti Dottrinali.
Sebbene nella nostra Epistola le espressioni dottrinali non emergono in primo piano, esse sono abbastanza numerose da dimostrare che, al pari dell'Epistola ai Romani, essa appartiene a un tempo posteriore a quello di Paolo. Il cristianesimo non è più una setta ebraica, ma una confessione indipendente, che si contrappone a quelle degli ebrei e dei greci. Non si aspetta la giustificazione né dall'obbedienza alla legge né da una coscienza priva di doveri (4:4). Non conosce giustizia, santificazione e redenzione se non in “Cristo Gesù” (1:30). Nulla di tutto ciò è ottenibile per mezzo di uno sforzo personale. Il cristiano riceve tutto per mezzo della grazia attraverso la fede. Prima dell'impartizione della fede c'è la predicazione della parola della Croce, del “Vangelo di Cristo”, cioè delle buone nuove concernenti Cristo. Ma non nel senso che la fede dipenda dagli uomini. Chi proclama il Vangelo lo fa “in Cristo” (4:15), e non può sottrarsi alla necessità a lui imposta (9:16). Un punto o l'altro può essere attinto dalla tradizione (11:23, 15:3); ma, nel complesso, il sistema dottrinale è stato reso noto per mezzo di rivelazione divina a coloro che lo predicano e lo ricevono; come, del resto, si può contare su continue rivelazioni (12:7, 14:6, 26). Lo strumento di queste rivelazioni è lo Spirito, che scruta tutte le cose, perfino le profondità di Dio (2:10). I credenti sono uomini spirituali (πνευματικοί) e come tali possono giudicare delle cose spirituali, che gli uomini naturali (ψυχικοὶ ἄνθρωποι) non possono conoscere. Lo Spirito di Dio, o Spirito Santo, dimora in loro (3:16, ecc.).
Punti di contatto con lo Gnosticismo sono già stati evidenziati nella discussione su Romani. Nel mondo attuale, come abbiamo visto, non Dio, ma altre potenze —“i dominatori di questo mondo” (2:6, 8), Satana (5:5, 7:5), la morte (15:26) — esercitano il dominio. Gli uomini in generale e la sapienza degli uomini si oppongono a Dio (1:25, 2:5). Il Dio supremo è il Dio dei cristiani, che sono il nuovo Israele, a differenza del vecchio “Israele secondo la carne”; e solo per la loro liberazione egli è interessato a questo mondo. Egli chiama alla comunione di suo Figlio (1:9), secondo il suo beneplacito (εὐδόκησεν ὁ θεὸς......σῶσαι τοὺς πιστεύοντας, 1:21) ebrei e greci, schiavi e liberi. Tra non molto egli ridurrà a niente i dominatori del mondo e darà la vittoria ai suoi attraverso Cristo; e solo allora Dio sarà in senso pieno “tutto in tutti” (15:28).
Gesù non è più soltanto ciò che diventò dopo la sua morte per i suoi primi discepoli: il Messia promesso, che dovette soffrire e morire per poter essere resuscitato dai morti e innalzato in cielo, da dove verrà per stabilire il suo regno sulla terra. Sebbene definito “uomo” quanto posto in antitesi ad Adamo, non è ritenuto che sia stato un uomo nel senso comune; egli è del cielo come Adamo è della terra (15:47). Questo è il punto del confronto (ὁ πρῶτος ἄνθρωπος ἐκ γῆς χοϊκός, ὁ δεύτερος ἐξ οὐρανοῦ), che non è influenzato dalle differenze di lettura nella seconda clausola. Egli è Cristo, il Figlio di Dio, il “solo Signore” (εἷς κύριος, 8:6), “il Signore della gloria” (ὁ κύριος τῆς δόξης, 2:8), per i “chiamati” la potenza e la sapienza di Dio (1:24). Poiché “i dominatori di questo mondo” non lo conobbero come tale, lo crocifissero nella loro ignoranza, ritenendolo un uomo comune, Gesù (2:8). Dio lo resuscitò dai morti, come tramite lui egli resusciterà anche coloro che hanno creduto nel Vangelo. Battezzati nel suo nome, essi hanno rotto col loro passato colpevole, si sono separati come “santi” (ἅγιοι) dal mondo peccaminoso e sono giustificati. Questi, e quelli che in seguito si aggiungeranno a loro, οἱ τοῦ Χριστοῦ, sono coloro per i quali Cristo morì.
Sebbene non sia del tutto posto in eguaglianza con Dio, per questa dottrina Cristo lo è poco meno. [1] Di conseguenza, l'argomentazione qui in relazione alla paternità è essenzialmente la stessa che si basò sui pronunciamenti dottrinali dell'Epistola ai Romani. Lo sviluppo cristologico è molto più grande di quanto possa essere concepito da un contemporaneo dei primissimi discepoli, che fosse passato ad essi dal giudaismo.
NOTE
[1] Si fa riferimento qui in particolare a 8:6. Da una lunga serie di passi si manifesta ulteriormente il carattere eccelso attribuito ai suoi attributi divini.
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