giovedì 13 giugno 2024

L'INVENZIONE DI GESÙ — Dubbi su Paolo

 (segue da qui)


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Dubbi su Paolo

Nei commentari che tentano di prendere in esame il Nuovo Testamento o tale e tal'altra delle sue parti, il posto affidato, riconosciuto — assegnato — a Paolo è sempre eminente.

E diversi studiosi, che sanno cosa vuol dire eminente, non mancano di spingersi un po' oltre e di vedere in Paolo il fondatore del cristianesimo e il suo inventore. A sentirli, sarebbe stato Paolo che avrebbe fabbricato tutta la saga di Gesù...

Affiancato dalla famiglia Erode e da Pilato — i due soli riferimenti storicamente apparentemente solidi del corpus evangelico primitivo — Paolo assume, nella storia-per-tutti della Chiesa nascente, tutte le caratteristiche di un personaggio reale e realmente situato.

E, in effetti, si parla dappertutto, nei commentari sul Nuovo Testamento, della psicologia di Paolo, dei viaggi di Paolo, degli sforzi dottrinali di Paolo, delle difficoltà di Paolo, ecc., — come si parlerebbe, altrove e all'ingrosso, degli sbalzi d'umore di Caligola, delle peregrinazioni di La Pérouse, delle ipotesi e teorie di Keplero e delle tribolazioni di Socrate. Ecco tutto: Paolo è, nella voce erudita, il Socrate della Chiesa... Meglio: è un Socrate che scrive).

E ci si riferisce al Nuovo Testamento (Atti ed Epistole); e vi si eliminano le informazioni giudicate dubbie o contraddittorie;

Il dubbio, in questi recessi, e la gravità delle contraddizioni fluttuano a seconda dei capricci degli studiosi. Ma l'accordo - al di là o al di sotto di ogni dettaglio contestato - finisce per stabilirsi tra ricercatori su una piattaforma biografica minima dell'apostolo. Del Paolo storico, esclamano in coro i nostri storici, si sa nonostante tutto qualcosa di storicamente sicuro. Vediamo proprio.

e si concorda, in generale, sulle realtà seguenti:

Paolo è nativo di Tarso, in Cilicia: si conosce Tarso, e si conosce la provincia di Cilicia. La città esiste ancora, al di là delle devastazioni del tempo, qui, in fondo alla Turchia di oggi, su tutti i mappamondi... Me la si indica con il mignolo, con le sue semplici coordinate. E sulla Cilicia del I° secolo, e prima, e dopo, quante monografie... E dettagli... economici inclusi...

E poi Paolo è nato all'inizio del I° secolo:

Antifona delle enciclopedie: «Si può stabilire la cronologia della vita di Paolo a meno di un anno» (Bijbels Woordenboek, 1954-1957, articolo «Paolo»); «essendo la vita di Paolo relativamente ben conosciuta...» (Encyclopaedia Universalis, edizione del 1968, articolo «Paolo»); «siamo informati su Paolo meglio che su qualsiasi altra figura della prima generazione cristiana...» (M. Simon, La Civilisation de l'Antiquité et le christianisme, Paris, Arthaud, 1972, pag. 24) — cfr. anche i dizionari Larousse o Robert (stesso delirio biografico). — Non tarderemo a supporre che questo entusiasmo del dettaglio vero e della coerenza vissuta sia di poco sale e poco peso tenuto conto delle (vere) genesi di Paolo...

cosa di più evidente... per far coincidere e annullare tutti gli errori che esibiscono le cronologie del Nuovo Testamento.

Un (duplice) esempio di queste contraddizioni? senza fatica:

Si fa nascere Paolo nei primi anni del I° secolo («se non addirittura un po' prima», secondo Mons. Ricciotti, esperto). Ora, al momento della morte di Stefano, gli Atti dicono che l'apostolo è un giovane, ed è proprio in quanto giovane (in quanto ragazzo — greco neanias — per rispetto alle leggi ebraiche riguardanti la lapidazione), che non partecipa all'assassinio rituale e condotto ritualmente del suddetto Stefano e si accontenta di assistervi (Atti 7:58 e i dintorni del verso). Ma gli studiosi di turno concordano nel situare la morte di Stefano intorno all'anno 36. — Domanda: come può, nel 36, Paolo, nato proprio all'inizio del primo secolo, essere qualificato come «ragazzo» (e agire come un ragazzo, e astenersi, proprio in quanto ragazzo appunto, dal dare una pietra contro la vittima)?

Altra bizzarria: nell'Epistola a Filemone (verso 9), Paolo si attribuisce l'epiteto di «vecchio». Gli studiosi sono sicuri che quella epistola risale agli anni 61, 62 o 63 (61-63 essendo, secondo loro, il periodo della cattività dell'apostolo a Roma). In questo caso, nuova aporia: come riesce Paolo ad essere nel contempo nel 62 un vecchio, nel 36 un ragazzo e, proprio all'inizio del secolo, un neonato? Aspetto, senza illusione di successo, che si risolvano per me questi enigmi. — E ancora faccio allusione qui solo alle impossibilità della cronologia... 

 

Altro punto sicuro: Paolo era ebreo (lo dice lui), e di lingua probabilmente greca (non lo dice, ma tutti lo sanno). Ma si concede — moltissimo a malincuore — che l'apostolo parlava probabilmente sia l'aramaico (dialettale) che l'ebraico (della Bibbia) — è il minimo...

Consultare Simon, opera citata, stessa pagina: Paolo «era un ebreo della Diaspora e di lingua greca»; affermazione che viene ampliata a pag. 99: «Pare assicurato» che Paolo «ha ricevuto la sua prima educazione in ambiente ellenico, nella sua città natale di Tarso». L'Encyclopaedia Universalis è al corrente, invece, del suo «intimo contatto con la letteratura ellenistica». Quanto al dizionario olandese che ho citato più sopra, esso osa pretendere che Paolo avesse una «vasta conoscenza... della lingua e delle idee greche».

E poi vedete Goguel (Naissance du christianisme, 1955, pag. 234): «La prima educazione che ha ricevuto Paolo è stata greca quanto alla forma e  quanto alla lingua. Il greco è la sua lingua materna...» (Quando si leggono le Epistole nel testo — nel greco che ci resta — ci si imbatte in una lingua scadente ricca — intrisa! — di espressioni semitiche; e ragionamenti che sono accessibili solo a chi sa l'ebraico — ma ci vuole ben di più, immagino, per fermare la furia degli storicisti e degli altri grecisti! Molti di loro discernono nelle epistole canoniche l'influenza delle abilità retoriche greche — la famosa diatriba. Si dicono veramente assurdità...)

Un manipolo di studiosi, che non disdegnano a comportarsi da eroi indovini, aggiungono che Paolo era, per forza certo, ma andiamo, proveniente da una famiglia agiata:

Di famiglia agiata, si occupava tuttavia ad aggiustate le tende (Atti 18:3) — senza dubbio questo era per lui un passatempo da aristocratico un hobby per un aristocratico in preda alla noia?

Riprendo i miei esegeti del Dict. Encycl. Olandese: «Suo padre era  cittadino di Tarso... e cittadino romano...; era quindi un uomo ricco».

la prova è che egli afferma di possedere il diritto di cittadino romano.

Questo riferendosi, per esempio, ad Atti 22:27-28: «...il capo di mille gli chiese: Dimmi, sei romano? — Ed egli rispose: Sì. — E il capo di mille replicò: È una grande somma di denaro che mi ha permesso di acquisire questa cittadinanza. E Paolo disse: Io, invece, l'ho di nascita...»

L'idea secondo la quale si può conciliare Paolo cittadino romano e Paolo fariseo non offende gli esegeti. Ma questa è un'idea insostenibile: ogni ebreo, della Diaspora o no, che accettava di diventare cittadino di Roma, perdeva di colpo ogni ebraicità agli occhi dei suoi correligionari; veniva immediatamente messo al bando da Israele (leggere, a questo proposito, le spiegazioni imbarazzate del rinnegato Flavio Giuseppe, autore  — ebreo — che acconsentì, invece, separandosi dalle sue origini, a mettersi sotto la protezione di Vespasiano: Yosef  — vale a dire Giuseppe — si trasformò allora in Flavio Giuseppe (= Giuseppe adottato dalla gens dei Flavi), e gli ebrei lo condannarono alla ĤRM, alla scomunica, all'infamia — cfr. E. M. Smallwood, The Jews under Roman Rule, alle pagine indicate, nell'indice, alla voce «citizenship» [cittadinanza]; così, per esempio, pag. 234, a proposito dell'Alessandria del I° secolo: «È irragionevole credere che l'intera comunità ebraica di Alessandria abbia aspirato, all'unanimità» alla cittadinanza romana, dal momento che l'adesione alla romanità «comportava il dovere di partecipare ai riti sociali pagani e alle osservanze religiose, altrettanto incompatibili con l'ortodossia ebraica»)...

Ecco quindi la piattaforma minima sulla quale concordano tutti gli esegeti, quelli di ieri e quelli di oggi. A quella piattaforma si accollano diversi dettagli che tendono al quotidiano — che tendono, voglio dire, a farci emotivamente gustare e toccare col dito la vita quotidiana dell'apostolo e le sue intimità:

Da una parte, nella stessa maniera in cui Gesù era carpentiere, Paolo fabbricava tende.

Il riferimento è Atti 18:2-3: «...egli era del medesimo mestiere...; infatti erano fabbricanti di tende...». Apprezzeremo più oltre le ragioni di questo mestiere e di quella fabbricazione — e ci permetteremo il lusso di apprezzarle in ebraico.

Nel frattempo, apprezziamo quanto sono attenti gli esegeti al lavoro: quanto sono pieni di attenzione ai testi... E ci chiosano; e ci rimuginano; e si ricopiano gli uni gli altri. Leggo dappertutto che Paolo, esercitando un mestiere manuale, si conformava agli usi e costumi dei farisei, che condannavano o disapprovavano l'ozio (l'ozio pagano — quello dei notabili empi). E che Paolo era autosufficiente (gli esegeti benedettini si mostrano sensibilissimi all'artigianato e all'autosufficienza dell'apostolo neotestamentario, la regola di san Benedetto essendo derivata da ciò). E che l'apostolo faceva prova, con ciò, di una meritoria modestia.  E così via...

Dettaglio in supplemento: l'apostolo era un malaticcio. In Galati 4:13-14, non deplora forse l'infermità della sua carne e, in 2 Corinzi 12:7 ss., la «spina» che lo tormenta?

Come è giusto, i ricercatori si sono concentrati — da professionisti — sulle malattie dell'apostolo: vi si è rilevato — errori ben noti e sui quali non voglio prolungarmi... — una oftalmia, una lebbra, dei reumatismi, un'epilessia e, talvolta, per finire, attacchi di emorroidi. I medici, al riguardo, non hanno fallito nella diagnosi...

Sulla base delle cosiddette informazioni biografiche-storiche contenute nel Nuovo Testamento, i fabbricatori di apocrifi (antichi) hanno ricamato, su Paolo, ritratti per metà peggiorativi (Paolo è un malaticcio...), per metà lusinghieri (Paolo è apostolo...). Negli Atti di Paolo e di Tecla, si legge:

Testo greco in Acta apostolorum apocrypha, edizione Lipsius, volume 1, 1891, ristampato in Olms Verlag 1972, pag. 237.

Gli Acta Pauli et Theclae si servono di materiale testuale risalente ai primi tempi del cristianesimo.  

 «Scorse Paolo arrivare: un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe (o: le caviglie) arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte,

Il congiungimento delle sopracciglia, nella coscienza orientale (antica), è un segno di bellezza fisica o spirituale.

il naso alquanto sporgente,

Segno, tra i semiti, di una grande pazienza, dal momento che il naso è per loro la sede dell'ira. Avere il naso lungo equivale ad  essere restii ad adirarsi (far prova di longanimità).

pieno di grazia...»

Il seguito del testo è interessante:

«...a volte appariva un uomo, a volte assumeva i tratti di un angelo...»

Si realizza, sullo sfondo di una lettura delle Epistole, che l'autore dell' apocrifo non sa davvero a cosa attenersi con l'apostolo dei gentili. Esita, infatti, tra la riverenza dovuta al santo neotestamentario e la constatazione, nei testi cristiani che egli ritiene sacri, delle sue infermità.

Infermità sulle quali un Nietzsche, pur essendo filologo, ha commesso, in centinaia di aforismi e apoftegmi, i più decisivi fraintendimenti.  

Altra insistenza dei nostri studiosi: Paolo era, prima che suonasse l'orologio della sua conversione,

Sulla conversione di Paolo ritornerò — e sulle aberrazioni che vi si aggregano...

un fariseo di stretta osservanza: un allievo — dice — di Gamaliele.

Riferimento: Atti 22:3: «...io sono stato... formato ai piedi di Gamaliele nella rigida osservanza della legge dei padri...»

E gli studiosi hanno cercato di quale Gamaliele si parla qui; e lo hanno trovato! Ma sì: Gamaliele il Vecchio, della scuola (rabbinica) di Hillel, e suo nipote; ecco tutto: Gamaliele, presidente (altrimenti NŜYʼ/«principe») del Sinedrio di Gerusalemme nel I° secolo. Nel secolo di Paolo: tutto corrisponde!

In effetti, nulla corrisponde:

Gamaliele pronuncia, negli Atti (capitolo 5), un discorso inverosimile, un discorso nel mezzo del quale si permette, inoltre, di commettere degli errori cronologici: dapprima si parla della rivolta di Teuda, rivolta che ebbe luogo, secondo Giuseppe, solo dieci anni più tardi; e poi il Gamaliele neotestamentario  rende la rivolta del suddetto Teuda premonitrice di quella di Giuda il Galileo: ora Giuda il Galileo (o: lo Zelota?) si è ribellato, sempre secondo Giuseppe, una quarantina d'anni prima di Teuda!

E soprattutto:

Gamaliele fa qui delle osservazioni concilianti (il che è allora proprio nella sua maniera perché, proveniente dalla scuola di Hillel, Gamaliele il Vecchio, come si riesce a immaginarlo sulla base dei Talmud, non condivideva i rigorismi della scuola farisaica opposta, quella detta della «casa di Shammai»); ma allora non si capisce più del tutto perché Paolo dice d'altro canto di aver acquisito il suo carattere di fariseo intrattabile «ai piedi» dello stesso Gamaliele. ..

Conclusione: o Paolo fariseo rigoroso, oppure Paolo allievo di Gamaliele — ma non entrambi allo stesso tempo!

Finzione, quindi, il ricorso neotestamentario a questo rabbino? — vedremo.

E poi ci sono le Epistole. Paolo è l'autore — riconosciuto, no? — di varie epistole (ai Romani, ai Corinzi, ecc.): e molte delle Epistole di Paolo si inseriscono giustamente in quello che si conviene oggi chiamare il Nuovo Testamento.

Ehi: battaglia degli studiosi a proposito dell'attribuzione a Paolo di questa o quella delle Epistole paoline. Quali sono di lui? Quali sono degli pseudepigrafi?...

Lotta che, lo vedremo anche, per quanto da vicino o lontano la si affronta, non è altro che una bolla d'aria.  

Aggiunte ulteriori alla nostra piattaforma biografica minima (perché non abbia l'aria troppo minima...):

1. i viaggi missionari e la prigionie di Paolo;

2. la via di Damasco.

Non dimentico certo la via di Damasco. — Damasco? ma si sa... Come si sa la Cilicia e Tarso. Damasco: l'attuale capitale dell'attuale Siria. Là! ancora una volta sulla mappa. A nord-est di Israele. — Per sfortuna, lo mostrerò tra un momento, su Damasco e le sue geografie gli studiosi che sanno tutto non sanno e non indovinano nulla.

Eppure, ciononostante, quante chiacchiere tra i commentatori!

Leggete Atti 9:2 e l'ingiunzione del Signore (= YHWH?) ad Anania divinamente incaricato di convertire (sic) l'apostolo a Damasco:

«...alzati e va' nella via che è chiamata Diritta...».

Su quella «via Diritta», quante note a piè di pagina da ridere... Così, nel nostro dizionario olandese di poc'anzi, leggo: «La via dove... S. Paolo soggiornò si chiama ancora «la diritta» (sük et-tawil); attraversa la città da est a ovest ed un tempo era fiancheggiata da colonne, di cui si sono ritrovati i resti». E l'autore di quella nota non ha vergogna. Non gli viene in mente che il nome della via («la Diritta») potrebbe risalire a una data molto devotamente posteriore all'epoca della scrittura degli Atti degli Apostoli. — Quanto al volume NT Illustrations del Cambridge Bible Commentary, ci dà un'idea del suo amore per le reliquie: a pag. 21, contemplo una foto della via Diritta di Damasco (solo che non ci vedo san Paolo...).

P.-S. Nella pagina precedente dello stesso album figura una foto di Tarso con, all'inizio della didascalia, questo: «Tarso era il capoluogo della provincia romana di Cilicia e la residenza del governatore». Voltaire rispondeva già a questa menzogna notando nel suo Dizionario filosofico (articolo «Paolo»): «Paolo era davvero cittadino romano, come si vanta? Se era di Tarso in Cilicia, Tarso divenne colonia romana solo cento anni dopo di lui; tutti gli storici dell'antichità sono d’accordo». — Bravi i catechismi...

Credo di aver fatto il tour degli orizzonti di Paolo. Saulo prima della via di Damasco; Paolo dopo. Tour degli orizzonti della geografia e della storia di Saulo-Paolo l'apostolo. Luoghi e tempi reali, in effetti, di un personaggio storico. Controversia, tra gli studiosi, sui dettagli — accordo generale sulla piattaforma; su, in altre parole, i nomi e il pedigree dell'apostolo; sul suo mestiere; sulla sua via di Damasco; sui suoi viaggi e le sue prigionie; sulle sue infermità; sulla sua scrittura di epistole; sulla sua grecità, la sua ebraicità e la sua romanità.

Affretto la mia evocazione del Paolo dei catechismi e dell'esegesi. È perché sono ansioso di venire a dei fatti e di non ingoiare più delle mosche.

Il mio lettore, con una pazienza migliore della mia, saprà colmare le lacune del mio viaggio tra gli idioti. Forse anche lui vuole prendere quota e velocità.

Avanzo. Smetto di girare intorno; procedo.


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