lunedì 22 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLE PASTORALI (Contro le Antitesi)

 (segue da qui)

III

POLEMICA ANTIMARCIONITA

1. Contro le Antitesi.

La prima epistola a Timoteo si conclude con la frase seguente: «O Timoteo, custodisci il deposito, fuggendo le chiacchiere empie e le antitesi della falsa scienza»

Dei tre pensieri che compongono questo testo due riappaiono entrambi altrove. Timoteo riceve di nuovo, infatti, nella seconda epistola, 1:14, l'ordine di custodire il deposito e, 2:16, di evitare le chiacchiere empie. In compenso le «antitesi» (oppositiones nella Vulgata) occorrono solo qui. E questo fenomeno è sorprendente in un autore che si diletta nelle ripetizioni.

Se ci rivolgiamo agli antichi commentatori, alcuni ci dicono che le «antitesi» indicano le obiezioni della falsa scienza contro il dogma cristiano. Secondo altri si dovrebbero vedervi piuttosto le opposizioni che le dottrine della falsa scienza si fanno tra loro. 

Vi è qualcuno che ci parla frequentemente delle antitesi: è Tertulliano nel suo libro contro Marcione. Riportiamo alcuni suoi testi: (1:19) «L'opposizione tra la Legge e il Vangelo è l'opera propria di Marcione, la sua opera capitale... Ecco le Antitesi di Marcione; esse si sforzano di mettere il Vangelo in opposizione alla Legge; dal conflitto dei due Testamenti vogliono dedurre la distinzione dei loro Dèi»; (2:29): «Avrei confutato con più dettagli le Antitesi di Marcione, se la difesa del Creatore avesse richiesto una lunga polemica»; (4:1): «Per accreditare il suo vangelo Marcione lo ha accompagnato con un commentario designato a raccogliere le opposizioni e che ha chiamato Antitesi. Questo libro mette in conflitto la Legge e il Vangelo, per dedurre che esistono due Dèi opposti di cui ciascuno possiede il suo proprio strumento, o, come si dice, il suo Testamento»; (4:4): «Nelle sue Antitesi Marcione pretende che il nostro vangelo di Luca... sia stato interpolato dai sostenitori del giudaismo» (si veda ancora 2:16; 4:2, 6, 9, ecc.). 

Quindi l'epistola a Timoteo ha condannato le «antitesi della falsa scienza» e Marcione ha scritto il libro delle Antitesi. Coincidenza strana! Tentiamo di farvi luce. A chi appartiene la priorità? Alla condanna? O alla composizione? Le «Antitesi» sono state proscritte prima di essere scritte? La loro proscrizione ha seguito la loro apparizione? Inutile dire che, per i teologi, la questione non si pone nemmeno. Secondo loro, le epistole pastorali derivano integralmente da Paolo. Il libro scritto da Marcione risale al 140 circa; le lettere di Paolo appartengono al 60 circa: la condanna ha preceduto. Ha preceduto; ma ha con il libro di Marcione solo una relazione fortuita di omonimia. Ciò che Paolo ha voluto denunciare non sono le empietà che Marcione doveva proferire intorno al 140, bensì le dottrine eretiche che circolavano sotto i suoi occhi e di cui aveva conoscenza (non sarebbe però costato di più a Paolo annunciare le blasfemie di Marcione rispetto a profetizzare, come fa in 1 Timoteo 4:1 e 2 Timoteo 3:1, ciò che accadrà «negli ultimi giorni»; ma i teologi si sono vagamente resi conto che lo Spirito Santo non poteva denunciare logicamente il libro di Marcione senza denunciare i libri di Celso, di Lutero, di Calvino, di Renan, ecc. Hanno preso la saggia decisione di rifiutare alle «antitesi» un significato profetico). Ecco la soluzione dei teologi. 

Un sacco di critici arrivano allo stesso risultato, quantunque per un'altra via. Secondo loro, le epistole pastorali sono state scritte, sotto il nome di Paolo, intorno al 125 (utilizzando forze delle note di Paolo). Le «antitesi» che denunciano sono i sistemi in voga nel primo quarto del secondo secolo e non il libro di Marcione. 

Esaminiamo ciò da vicino. Le epistole pastorali attribuite a Paolo — a torto o a ragione — sono diffuse nelle chiese, almeno nelle chiese principali, o dal 60 o dal 125 circa. Munite dell'impronta del grande apostolo, esse sono oggetto della venerazione universale. Marcione, anche lui, soprattutto lui, le venera. Soprattutto lui; ecco perché. Secondo lui i Dodici, sviati dai loro appetiti carnali, hanno sfigurato la dottrina del divino Maestro. Solo Paolo ha compreso il mistero del Cristo, solo Paolo lo ha predicato. Paolo è l'unico vero apostolo del Cristo. Marcione è il discepolo di Paolo. Egli lesse dunque le epistole attribuite a Paolo con entusiasmo, con fervore, con attenzione. E di conseguenza conosce l'attacco impresso dal suo maestro alle «antitesi della falsa scienza». Egli lo conosce meglio di tutti. E quando, intorno al 140, si accinge a provare che la religione del Cristo è diametralmente opposta alla religione di Mosè, che le due religioni derivano da due Dèi diversi, egli chiama il suo libro le Antitesi! Egli non può immaginare niente di meglio di questo titolo per rovinare la propria opera. 

Senza dubbio egli ha un po' dappertutto dei sostenitori; ma di gran lunga più numerosi sono quelli che chiama i giudaizzanti — che noi chiamiamo i cattolici — a cui la sua dottrina pare un tessuto di blasfemia, che si apprestano a condannarlo o che forse lo hanno già condannato, a seconda che siamo prima o dopo il 144. Questi acerrimi avversari trionferanno quando vedranno apparire le Antitesi. Diranno: «Ecco il libro che l'apostolo Paolo, illuminato dallo Spirito Santo, ha annunciato! Ecco il libro contro il quale ci ha messo in guardia quando ha scritto: «Fuggite le chiacchiere empie e le antitesi della falsa scienza!» Marcione avrebbe potuto facilmente, senza toccare il contenuto del suo libro, dagli un altro titolo. Non ne fa nulla. Tra cento titoli possibili, scelse quello che Paolo suo maestro ha screditato, quello che faciliterà la sua prossima condanna o giustificherà la sua condanna passata! Chi non vede che siamo in un abisso di impossibilità? 

Ma, si dirà, perché Marcione avrebbe necessariamente conosciuto le epistole pastorali scritte intorno al 125? Egli poteva ignorarle e, di conseguenza, ignorare il testo che prescrive di fuggire «le antitesi della falsa scienza»

Quell'obiezione vuole dire che Marcione ha ignorato gli scritti che, intorno al 125, circolavano sotto il nome di Paolo. Marcione è arrivato a Roma prima del 140; vi ha soggiornato a lungo; vi è stato condannato nel 144. Nessuno crederà che questo discepolo esaltato di Paolo abbia potuto ignorare testi che, sotto i suoi occhi, erano presentati ai fedeli di Roma come provenienti dal suo maestro. Sicché si tratta semplicemente di sapere se la chiesa romana avesse, intorno al 140, dato ospitalità alle epistole pastorali che, da una ventina d'anni, si diffondevano sotto il nome di Paolo nelle comunità cristiane. Ridotta a questi termini, la questione si risolve senza troppe difficoltà. [1

Ecco un falsario che, intorno al 125, lancia al pubblico, sotto il nome di Paolo, lettere che lui stesso ha fabbricato o completamente, o utilizzando note autentiche. 

Il nome del grande apostolo è, sotto la sua penna, un mezzo di pubblicità, un appello alle idee che vuole propagare; i suoi scritti testimoniano che non è sprovvisto di cultura. Non può ignorare che Roma, che è la padrona del mondo in ambito politico, fa legge anche nell'ambito del pensiero. Sa che niente di serio, niente di durevole può essere tentato al di fuori di Roma. Lui, che ci tiene tanto alla propagazione delle sue tesi, ha quindi dovuto portare o far portare le sue pretese lettere di Paolo a Roma dove Marcione le ha necessariamente incontrate intorno al 140. 

Ammettiamo che le abbia respinte. In ogni caso le ha lette. Non ha potuto mancare di leggerle, anche solo per essere in grado di motivare il suo approccio dinanzi ai cattolici che, invece, le veneravano a causa della loro pretesa origine apostolica. L'autorità di cui esse si rivestivano ha risvegliato la sua curiosità e perfino la sua simpatia. Le ha quindi lette con attenzione, e le ha respinte solo dopo averne acquisito una conoscenza seria. Notiamo peraltro che il precetto relativo al rifuggire le antitesi della falsa scienza non è sommerso da digressioni verbose sulla disciplina ecclesiastica. Esso chiude la prima epistola a Timoteo, è in evidenza; attira gli occhi; non si può non vederlo non appena si ha tra le mani anche solo un manoscritto delle epistole pastorali. Marcione ha letto le suddette epistole e non lo ha visto! E la fatalità ha voluto che abbia dato per titolo al suo libro proprio le «antitesi» che le epistole condannano! Chi crederà ad una tale enormità?

Ecco a quali impossibilità ci si scontra, quando si pretende che le «antitesi della falsa scienza» siano state scritte nella prima epistola a Timoteo prima del libro di Marcione. Non è questa la prova per assurdo che l'ordine di priorità deve essere invertito? Invertiamolo quindi senza temere di ingannarci, e diciamo che le «antitesi della falsa scienza» sono designate a combattere Marcione, l'uomo delle «Antitesi».

NOTE

[1Essa naturalmente non si pone nemmeno per i sostenitori dell'autenticità integrale; loro, in effetti, devono credere e credono che le epistole pastorali abbiano goduto, dal 60 e dappertutto, di un'autorità canonica.

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