sabato 25 luglio 2020

Perennità dei miti



PERENNITÀ DEI MITI

Se la leggenda di Ishtar (come quella di Marduc o quella delle Sacee) è una delle fonti del mito cristiano, ci si può stupire della sua trasmissione e della sua persistenza attraverso un millennio. Tuttavia, quella perennità di miti e di riti era comune nell'antichità; molti esempi potrebbero esserne forniti. Per quanto riguarda la presente ipotesi, possediamo diverse pietre miliari che stabiliscono la lunga durata di certi fatti religiosi.

a) La regina dei cieli babilonesi è stata conosciuta dagli Ebrei seicento anni prima della nostra era. Leggendo Geremia (7:18 e 44:17-25) apprendiamo che nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme i bambini raccoglievano la legna, i padri accendevano il fuoco e le donne impastavano la pasta per preparare torte per la Regina del Cielo e offrirle libagioni.

b) Da Epifanio (Haer. 78-23, 79:1, 18) sappiamo che in questi stessi luoghi, e anche a Patros in Egitto, la dea (sotto il nome di Vergine Maria) si vedeva offrire lo stesso culto da alcuni Cristiani, i Colliridiani (originari della Tracia e dell'Arabia), questo nel IV° secolo della nostra era.

c) La setta di Simon Mago, attestata dal Nuovo Testamento, è stata certamente un intermediario tra Ishtar-Iside e il cristianesimo. Simone discese dal cielo a Tiro, patria di Iside, per liberare Elena.

d) Non dimentichiamo che l'evangelion di Marcione cominciava con la frase seguente: «L'anno 15 del regno di Tiberio, Gesù Cristo, figlio di Dio, discese dal cielo...»

e) Esiste un testo babilonese che, almeno ai nostri occhi, riveste un'importanza che non è forse stata menzionata finora; lo si trova nella leggenda di Nergal, il dio della Peste. Ecco il brano: «La riva contro la riva, Elamiti contro Elamiti, Cassiti contro Cassiti, Kutei contro Cutei, nazione contro nazione, casa contro casa, uomo contro uomo, il fratello non farà grazia al fratello, essi si uccideranno a vicenda».

Le regioni citate sono le più vicine a Babilonia, quelle che dovevano essere abbandonate alla guerra e all'anarchia fino al momento «in cui sarebbe venuto l'Accadico a rovesciare tutto e a conquistarle tutte». Si tratta del trionfo di Hammurabi, re di Babilonia, che è predetto in quella parte del poema. 

Ora, di fronte a un testo del genere, si è irresistibilmente costretti a evocare alcuni passi di Marco (13:8, 12): «Si leverà infatti nazione contro nazione, regno contro regno... Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio». Anche se Marco è andato a cercare l'idea in Isaia (19:21), che l'aveva attinta da un testo babilonese, l'influenza di questo testo antico non è meno certa. 

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