domenica 13 ottobre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Il vangelo di Marcione»

(segue da qui)

Il vangelo di Marcione

L'opera così recata e rivelata a Roma intorno al 140 presenta un considerevole interesse, non solo perché si tratta di uno dei primi vangeli conosciuti, ma anche perché proviene dalla Siria, culla del cristianesimo. È (fermo restando il vangelo degli Ebrei, già nominato) il primo racconto coordinato della vita (o della leggenda) di Gesù. Si è visto che Marcione aveva portato, nello stesso tempo, le prime dieci epistole di Paolo.

Benché perduto, il vangelo può essere ricostruito, nelle sue grandi linee, secondo le citazioni e le critiche di autori cristiani che si sforzavano di confutarlo: l'abbondanza di queste critiche prova che l'opera di Marcione doveva essere molto imbarazzante.

La ricostruzione è stata fatta, prima da Harnack, poi ripresa da Couchoud. [4] Mi limiterò a riassumerne l'essenziale:

a) Sappiamo da Tertulliano che l'opera debuttava così: «Nel quindicesimo anno del regno di Tiberio, al tempo del governatore Ponzio Pilato, Gesù Cristo, figlio di Dio, discese dal cielo ed apparve a Cafarnao, città della Galilea». Così il primo testo che raccontava una vita di Gesù lo fa discendere direttamente dal cielo nel 29-30 della nostra era. Come il Logos di Filone e come Melchisedec, egli è senza generazione, senza principio di vita; egli si incarna all'età adulta, è un essere celeste. 

Il Cristo di Marcione insiste sul fatto che egli non è nato («ipse contestatur se non esse natum», dice Tertulliano). È per tentarlo che gli si parla di sua madre e dei suoi fratelli, al fine di fargli confessare la sua nascita («Tentaverunt per mentionem matris et fratrum, ut scirent natusne natusne esset an non»); ma non si lascia prendere in questa trappola, e risponde con questa frase, oggi privata di senso, che è restata nei canonici: «Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?» (Marco 3:33; Matteo 12:48; formula mitigata in Luca 8:21).

b) Per Marcione, d'altronde, Gesù non avrebbe potuto nascere secondo la carne: la nascita di un dio sarebbe una cosa vergognosa, perché la carne è malvagia. Egli ha solamente preso «una somiglianza d'uomo», cosa che Marcione dimostra con l'aiuto di un testo di Paolo, che non ci è evidentemente pervenuto, e che avrebbe detto: «Se fosse divenuto uomo, egli avrebbe cessato di essere Dio». [4 bis] Il Cristo di Marcione non ha un corpo umano, ma un corpo simile a quello degli angeli. Ne è rimasto qualcosa in Paolo, riveduto da Marcione: «Dio ha inviato suo Figlio in una somiglianza con la carne di peccato» (Romani 8:3). Fin dal concilio di Nicea, questa dichiarazione è divenuta eretica, ma l'eresia non è niente più che una tesi che non ha avuto successo.

c) Quantunque pura apparenza, Gesù fu comunque crocifisso. Paolo attribuiva questo supplizio ai principi delle tenebre; Marcione ammette che gli «Arconti» si erano serviti delle autorità di Gerusalemme, il che costituisce un passo ulteriore verso l'umanizzazione.  Ma Gesù non è veramente morto; se è risorto, è semplicemente perché il suo corpo non era di carne: infatti la carne è malvagia, dice Paolo, e il corpo di Gesù rassomigliava a quello degli angeli. Si vede che Marcione conosceva una versione delle epistole assai diversa dalla nostra!

d) Infine, il Cristo di Marcione non è venuto per realizzare la legge ebraica, ma, al contrario, per abolirla. Marcione intende distaccare il cristianesimo dall'ebraismo. La Chiesa ha in seguito capovolto la formula, ma ha conservato quella di Marcione che diceva: «Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi».

Un essere il cui corpo è simile a quello degli angeli, che prende solamente somiglianza d'uomo e che discende dal cielo da adulto... io credo di poter dire che siamo ancora più vicini ad un mito che ad un essere reale. Ma vediamo Gesù avvicinarsi a poco a poco all'umanità.

NOTE

[4] COUCHOUD: «Jésus, le dieu fait homme», pag. 163 e seguenti.

[4 bis] Citato da CRISOSTOMO, ad Phli. 2:7.

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