lunedì 18 marzo 2019

LE TESTIMONIANZE SULLA STORICITÀ DI GESÙ di Arthur DrewsIl Talmud.

Flavio Giuseppe.
3. IL TALMUD

Quando abbiamo così escluso Flavio Giuseppe dal numero di testimoni della storicità di Gesù, rimane solo il problema se non ci possano essere delle prove nell'altra letteratura ebraica dell'epoca: nel gruppo di scritti rabbinici raccolti sotto il nome del Talmud, che copre un periodo dal 200 A.E.C. circa al 600 E.C. La risposta è che nessuna informazione su Gesù è da trovarsi nel Talmud. Si potrebbe supporre che, in opere destinate esclusivamente ad un pubblico ebraico, i rabbini del tempo non avrebbero mancato di cogliere l'opportunità di attaccare Gesù, se avesse parlato e agito come descritto dai vangeli. Invece di questo, lo ignorano quasi del tutto e, quando lo menzionano, i loro riferimenti non hanno la minima importanza storica. Von Soden dichiara che non avevano l'opportunità di trattare seriamente di lui, poiché la raccolta più antica, intitolata “Detti dei Padri”, contiene solo sentenze morali. Nondimeno, tutti questi aforismi morali, definizioni della legge religiosa, e  prescrizioni rituali sono strettamente legati al significato dell'opera. Riferiscono parzialmente agli stessi argomenti dei detti di Gesù. Portano assieme le opinioni contrastanti dei vari rabbini famosi. Perché il Talmud è silente circa Gesù a questo proposito? Perché non c'è il minimo riferimento definitivo all'uomo che ha esposto la legge in modo più sottile di ogni altro maestro ebreo, e ha fatto l'attacco più serio alla concezione ortodossa?

È una povera consolazione per i sostenitori della storicità di Gesù quando un esperto del Talmud, Chwolson, afferma che non esisteva una letteratura rabbinica contemporanea. Nell'esistente letteratura rabbinica del secondo secolo c'è, in bella mostra, molto materiale e molti detti che “appartengono ai rabbini del secondo e del primo secolo dell'era cristiana”. [1] In realtà, si suppone che esistono tra loro tre preziosi riferimenti del primo e dell'inizio del secondo secolo: l'esperienza, precisamente, del rabbino Eliezer ben Hyrcanus, cognato di Gamaliele II, con il giudeo-cristiano Giacomo di Kefar-Schechania, di cui è detto che era un “allievo” (discepolo) di Gesù, e aveva guarito i malati nel nome di Gesù. Poi c'è la spiegazione di Gesù di una difficoltà nella legge, che il suddetto Giacomo gli sottopose, e che Gesù risolse con un certo verso, secondo la maniera dei rabbini. Infine, c'è il dubbio del rabbino quanto all'ortodossia di Gesù e al disprezzo che lui stesso ha subito diventando cristiano. Ma chi dubita per un momento del fatto che alla fine del primo secolo e nella prima metà del secondo detti e spiegazioni della legge fossero correnti nel nome di Gesù, che il nome di Gesù fosse usato negli esorcismi, e che la simpatia per la setta di Gesù potesse avere in certe circostanze conseguenze molto spiacevoli per un rabbino? [2]

Non c'è spazio per dubitare che dopo la distruzione di Gerusalemme, e specialmente durante il primo quarto del secondo secolo, l'ostilità degli ebrei e dei cristiani fosse aumentata, come non solo lo stesso Chwolson (Das letzte Passahmahl Christi) e Joel, [3] ma anche Lublinski, ha recentemente mostrato. [4] In effetti, entro l'anno 130 l'odio degli ebrei per i cristiani divenne così feroce che un rabbino, la cui nipotina era stata morsa da un serpente, preferì lasciarla morire piuttosto che vederla guarita “nel nome di Gesù”. Ma quando Chwolson dice che vediamo da quei passi che i rabbini della seconda metà del primo secolo, o dell'inizio del secondo, “conoscevano bene la persona di Cristo” (13), egli inganna chiaramente sé stesso e i suoi lettori, se l'impressione data è che avessero avuto qualche conoscenza personale di lui.

D'altra parte, si dice che i rabbini abbiano posseduto, già nell'anno 71 E.C., un vangelo che, secondo Chwolson, “fu probabilmente il vangelo originale di Matteo”. A quel tempo un giudice costituito dai Romani, “indubbiamente un giudeo-cristiano delle tendenze paoline”, anche se non è descritto espressamente come tale, cita Matteo 5:17, nella lingua aramaica, dove è detto che Cristo non ha voluto abolire, ma integrare, la legge Mosaica. Nella sua opera Jesus, die Häretiker e die Christen nach den ältesten jüdischen Angaben (1910, pag. 19, ecc.), Strack ci ha dato una traduzione letterale di questo passo. [5] Recita:  
Imma Salom era la moglie del rabbino Eliezer, la sorella di Rabbino Gamaliele. Tra i suoi conoscenti c'era un “filosofo” che aveva la reputazione di essere incorruttibile. Volevano renderlo ridicolo. Perciò lei [Imma] gli portò un candelabro d'oro e disse: “Desidero una parte della proprietà di famiglia”. Rispose loro: “Dividila”. Allora [B. Gamaliele] disse: “È scritto per noi [6] che, dove c'è un figlio, la figlia non eredita nulla”. Rispose: “Poiché siete stati cacciati dalla vostra terra, la legge di Mosè è abolita, e vi è Avon-gillajon [Evangelium = il Vangelo], in cui è scritto: ‘Figlio e figlia erediteranno insieme’. Il giorno successivo lui [E. Gamaliele] da parte sua gli portò un asino libico. Allora rispose: “Ho cercato ulteriormente nell'Avon-gillajon, e vi è scritto: ‘Io, Avon-gillajon, non sono venuto per eliminare la Torà, ma per aggiungere alla Torà di Mosè io sono venuto’. E vi è ulteriormente scritto: ‘Dove c'è un figlio, la figlia non erediterà’. Allora lei disse: ‘La tua luce brilla come una candela’. "Ed E. Gamaliele disse: ‘L'asino è arrivato, e ha attaccato la candela’. 
— vale a dire, qualcuno aveva rovinato l'effetto di una piccola donazione dandone una più grande.

È possibile che qui abbiamo davvero un riferimento al testo di Matteo, e questo è più probabile quando consideriamo l'ironia sul candelabro, in riferimento a Matteo 5:14-16. Il fatto che non ci sia menzione del nostro Matteo è certo, poiché non c'è un passo del genere in nessuno dei nostri vangeli secondo cui il figlio e la figlia erediteranno assieme; Gesù, al contrario, spesso dissuade espressamente dal mischiarsi in quelle dispute sull'eredità. [7] Ma che diritto ha Chwolson di far risalire la testimonianza di questo “Matteo primitivo”, che sembra essere menzionato nell'aneddoto, intorno all'anno 71 E.C.? Chwolson si basa sul fatto che il rabbino Gamaliele (morto nel 124 circa) era il figlio del rabbino Simeone ben Gamaliele che ci è noto da Atti 5:34, dove parla efficacemente a favore dei cristiani, e da Atti 22:3, come un maestro dell'apostolo Paolo, e che fu ucciso verso il 70 E.C., con altri rabbini che avevano preso parte alla rivolta contro i Romani. Egli assume gratuitamente che il passo nel Talmud si riferisce alla disputa sulla proprietà del padre morto, che sarebbe stata divisa intorno all'anno 71. Questo sarebbe abbastanza plausibile se ci sia menzione nel passo di un'autentica disputa sull'eredità. Ma questo è precisamente ciò che il testo del passo esclude. Si afferma espressamente che volevano mettere in ridicolo il “filosofo” che aveva una reputazione immeritata di incorruttibilità. Si tratta, quindi, di una disputa puramente fittizia intorno all'eredità, e non vi è alcuna ragione per supporre che ciò si riferirebbe necessariamente all'anno 71. In effetti, il testo stesso mostra che non vi si riferiva, siccome gli ebrei non erano ancora stati espulsi nel 71; cosicché Chwolson si ritrova costretto a cambiare l'espressione “siete staticacciati dalla vostra terra” in “avete perso la vostra terra”. Da qui crolla la dichiarazione di Chwolson per cui c'è la prova di un vangelo di Matteo nel 71 E.C.. Inoltre, perfino se l'esistenza di questo vangelo a quel tempo fosse dimostrata, non avrebbe alcun effetto sulla storicità di Gesù. Il detto in Matteo 5:17 non è affatto citato nel passo del Talmud come un detto di Gesù, come si potrebbe realizzare da Chwolson. “Osserviamo”, dice Chwolson enfaticamente e in grassetto, “da questo importante riferimento che non solo esisteva  un vangelo di Matteo intorno all'anno 71 E.C., ma che era già ben noto ai cristiani dell'epoca”. Come vi piace; ma si vorrebbe sapere che cosa prova questo in riguardo alla storicità di Gesù. [8]

Oltre ai pochi riferimenti del primo secolo citati da Chwolson e considerati da lui come “di grande valore storico”, il Talmud contiene un numero relativamente grande di riferimenti a Gesù, per lo più del terzo e del quarto secolo. Non hanno, naturalmente, come ammette Chwolson, “nessun valore storico di sorta” (pag. 11). Sono piuttosto caricature di Gesù, quando si riferiscono chiaramente a lui; tuttavia questo, a causa del criptico fraseggio dei rabbini, non sembra essere il caso abbastanza frequentemente come generalmente si suppone. Derenbourg ha mostrato che il tanto citato Stada o ben Sat'da non è originariamente identico a Gesù, e Strack ammette a sua volta che lo scarso materiale riguardo a Gesù, che i primi studiosi hanno trovato nel Talmud, si riduce ancora ulteriormente ad un'indagine più attenta. [9] Jülicher, comunque, ha sottolineato che, poiché le caricature della storia di Gesù sono familiari al rabbino Akiba, possiamo concludere che la stessa tradizione cristiana sia molto più antica. Ora, Akiba incontrò la sua fine, in tarda età, in occasione della sanguinosa sollevazione degli ebrei sotto Bar Kochba, nell'anno 135. Non è contestato il fatto che la tradizione evangelica esisteva nel primo terzo del secondo secolo, quando l'ostilità degli ebrei e dei cristiani era al culmine. Quale “prova” vi è, allora, della storicità di Gesù nel fatto che Akiba, un fiero nemico dei cristiani, parlasse ostilmente di Gesù a quel tempo? Certamente lo considera un personaggio storico, così come il Talmud generalmente non dubita mai che Gesù fosse realmente esistito. Ma Joel, a questo proposito, ha dimostrato che i talmudisti del secondo secolo erano incuranti di tutto tranne che dello studio delle Scritture e della legge, e ha sottolineato che è “una delle conseguenze più curiose e sbalorditive” di questa indifferenza il fatto che fossero così poco informati riguardo agli eventi al tempo di Gesù. [10] Il Talmud deriva tutto ciò che sa dell'origine del cristianesimo dal poco che lo ha raggiunto della tradizione evangelica e dall'impressione che ha della vita di Gesù dagli eventi del secondo secolo; e cambia le sue dichiarazioni, col passare del tempo, in armonia con i cambiamenti nella tradizione cristiana. Così Akiba, ad esempio, ha seguito il racconto dei sinottici in merito alla morte di Gesù, e ha collocato l'esecuzione nel giorno della festa. D'altra parte, l'alquanto posteriore Mishnà 4:1, e la Ghemara presentano la versione successiva del vangelo di Giovanni, secondo cui la morte era nel Giorno di Preparazione per la Pasqua. Quindi il Talmud non possiede nessuna tradizione indipendente intorno a Gesù; tutto ciò che dice di lui è semplicemente un'eco di leggende cristiane e pagane, che riproduce secondo le impressioni del secondo secolo e dei secoli successivi, non secondo la tradizione storica. [11] Quella è, inoltre, l'opinione di Jülicher in Kultur der Gegenwart, dove afferma che il Talmud ha “copiato” la sua conoscenza di Gesù dai vangeli. Il Talmud, infatti, conosce in modo così imperfetto il tempo e le circostanze di Gesù da confonderlo con il Rabbino Giosuè ben Perachia, o con un suo allievo dallo stesso nome (100 A.E.C. circa), e fa di lui perfino un contemporaneo di Akiba nel primo terzo del secondo secolo. Possiamo, in tali circostanze, pretendere che ci sia qualche prova della storicità di Gesù nel fatto che il Talmud non la mette in discussione?

Non è vero, tuttavia, come è stato recentemente affermato, che nessun ebreo abbia mai messo in discussione la realtà storica di Gesù, così da poter vedere in questo qualche prova della sua esistenza. L'ebreo Trifone, che Giustino introduce nel suo Dialogo con Trifone, si esprime in maniera molto scettica al riguardo. “Voi seguite un vuoto rumore”, dice, “e create un Cristo per voi stessi”. “Se nacque e visse da qualche parte, è completamente sconosciuto”. [12] Quest'opera apparve nella seconda metà del secondo secolo; è perciò il primo indizio di una negazione dell'esistenza umana di Gesù, e mostra che tali opinioni erano correnti al tempo.

NOTE

[1] Ueber die Frage ob Jesus gelebt hat, pag. 11.

[2] Inoltre, non è stabilito in alcun modo che il Gesù che Giacomo di Kefar seguiva fosse il Gesù dei vangeli. Neubauer, nel suo testo del Talmud, leggeva, invece di Gesù ha-Nozri (il Nazareno), Gesù Pandira, che era creduto un contemporaneo del rabbino Akiba (pag. 135). Si veda Karpel Lippe, Das Evangelium Matthaei vor dem Forum der Bibel unde des Talmud, 1889, pag. 26.

[3] Blicke in die Religionsgeschichte, II, 1883, specialmente pag. 73, ecc.

[4] Die Entstehung des Christenthums aus der antiken Kultur, 1910.

[5] Babyl. Talmud Sabbath, pag. 116, ecc.

[6] Numeri 27:8.

[7] Luca 12:14.

[8] Confronta Steudel, Im Kampf um die Christusmythe, 1910, pag. 83, ecc.

[9] Esiste una collezione completa dei passi rilevanti in H. Laible, Jesus Christus im Talmud, 1891, seconda edizione, 1900.

[10] Loc. cit., pag. 54.

[11] Joel, loc. cit., pag. 54, ecc.

[12] 8:3. Confronta anche K. Lippe, Das Evangelium des Matthäus

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