sabato 8 settembre 2018

La Leggenda di San Pietro : Pietro nel Nuovo Testamento

→  Prefazione Dell'Autore

I

PIETRO NEL 
NUOVO TESTAMENTO


Uno dei passi meglio conosciuti e più spesso discussi nel Nuovo Testamento è Matteo 16:18-19:

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli.

Questo passo è stato soggetto alle più variegate valutazioni. La Chiesa Cattolica Romana basa su di esso la sua dottrina del cosiddetto primato di Pietro — il fondamento della sua rivendicazione legale di autorità non solo su altre denominazioni, ma pure sulle anime. I critici protestanti, d'altra parte, sono generalmente d'accordo sul fatto che il passo sia un'interpolazione che esprimeva la visione di un periodo successivo, che rappresenta la rivendicazione del potere ecclesiastico, e che le presunte parole collocate sulla bocca del Gesù “storico” sono chiaramente impossibili. In effetti, se qualcosa intorno a Gesù è stabilito, è proprio il fatto che questo passo è conveniente solo alla fondazione di una congregazione o di una chiesa lungo le linee specifiche del cattolicesimo romano.
Secondo i vangeli, Gesù credeva nell'imminente fine del mondo. Egli era convinto che la catastrofe sarebbe occorsa prima che si fosse estinta la sua stessa generazione — in effetti, forse non appena il suo stesso destino venisse realizzato. Sotto tali circostanze, quale scopo ci sarebbe nella fondazione di una chiesa? Inoltre, il presunto detto è in manifesta contraddizione con altri detti di Gesù, dove egli concede piena autorità di legare e sciogliere non solo ad un discepolo soltanto, ma a tutti i discepoli. Proprio nello stesso vangelo di Matteo leggiamo nel verso 18:18 :
In verità vi dico [plurale]: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. [1]

Secondo Matteo 20:20s, Gesù rifiutò esplicitamente le suppliche dei figli di Zebedeo (in realtà, della loro madre) che nel suo regno uno di loro possa sedersi alla sua destra, l'altro alla sua sinistra. Egli dichiara che “Non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”, e dichiara precisamente, “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo. Gesù evita di fare distinzioni di rango tra i discepoli e non si stanca mai di esortare i suoi (discepoli) all'umiltà:
E non fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.  Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato. [2]

Per le leggi della normale psicologia, è assolutamente impossibile per qualcuno che aveva pronunciato tali parole e aveva ingiunto così ai suoi discepoli che poi nondimeno avesse conferito ad uno di loro una posizione di prominenza sugli altri. Secondo il vangelo di Giovanni, [3] Gesù rimette Pietro al suo posto molto esplicitamente quando Pietro, avanzando pretese ad una posizione privilegiata, indica Giovanni e domanda, “Signore, e di lui che sarà?” Gesù replica, “Se voglio che rimanga finché io venga, che t'importa? Tu, seguimi”.
Anche il libro degli Atti concorda in questa materia, anche se nella sua prima parte la sua attenzione è diretta principalmente a Pietro, descrivendo i suoi discorsi e atti straordinari ma mai presentandolo come capo della chiesa. Invece, gli permette di essere inferiore a Giacomo, senza nessuna posizione privilegiata. Così quando egli battezza il centurione gentile Cornelio e la sua famiglia direttamente nel cristianesimo senza che prima venissero accolti nella congregazione ebraica, egli è invitato a spiegare dagli altri fratelli e apostoli. Invece di riferirsi a qualche autorità di legare e sciogliere conferitagli da Gesù, egli si giustifica per motivi tecnici. [4]
Anche al cosiddetto “Concilio Apostolico”, non è il discorso di Pietro che è decisivo, ma piuttosto quello di Giacomo. [5] Quanto poco precisamente i cristiani di questo primo periodo sapessero di qualche posizione prominente accordata a Pietro lo si mostra dalle parole di Paolo, quando dichiara che nel giardino di Dio tutti sono eguali, servi dell'Altissimo, e Cristo è il solo fondamento sul quale i suoi discepoli dovrebbero costruire:
Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché tutto vi appartiene. Paolo, Apollo, Cefa [ossia, Pietro], il mondo, la vita, la morte, le cose presenti, le cose future, tutto è vostro! E voi siete di Cristo; e Cristo è di Dio. [6]

L'opinione prevalente sostiene che la testimonianza più antica di Pietro si deve trovare nell'epistola ai Galati di Paolo. Secondo questo resoconto, Paolo visitò prima l'apostolo tre anni dopo la sua conversione, quando egli ritornò a Gerusalemme e trascorse con lui quindici giorni. [7] Principalmente comunque, egli ebbe possibilità di interagire con lui più strettamente quando, quattordici anni dopo il loro primo incontro, si era sviluppata una differenza di opinioni tra gli apostoli riguardante le attività missionarie e aveva condotto a feroci dispute. A quel tempo anche Paolo arrivò al “Concilio Apostolico” a Gerusalemme e vi trovò Pietro con Giacomo e Giovanni come uno dei “pilastri” della chiesa. Il problema in discussione era se un gentile che era stato convertito al cristianesimo dovesse sottomettersi alla consuetudine della circoncisione. Si concordò, con una stretta di mano, che Paolo avrebbe proclamato il vangelo tra i gentili, e Giacomo, Pietro, e Giovanni lo avrebbero proclamato tra gli ebrei, e che i cristiani gentili sarebbero stati esentati dalla circoncisione — a patto di intraprendere una collezione speciale a favore della “chiesa originale” di Gerusalemme.
Sotto quelle circostanze, Pietro non esitò a sedersi a tavola con i cristiani gentili ad Antiochia. Quando, comunque, seguaci dello zelota Giacomo giunsero ad Antiochia, Pietro si separò dai cristiani gentili, per paura di un rimprovero. Egli indusse anche altri a separarsi dalle tavole dei cristiani gentili, compreso un certo Barnaba, il compagno di Paolo nelle sue attività missionarie. A causa di questo, Paolo lo accusò di ipocrisia e lo rimproverò pubblicamene per la sua inaffidabilità e la sua incostanza. [8]
Il profilo caratteriale di Pietro che incontriamo in questa presentazione paolina non è di certo proprio favorevole, e non è contraddetto dai rapporti che riceviamo di lui dai vangeli. A dire il vero, la devota fiducia che il discepolo manifesta per Gesù e la sua audacia e il suo coraggio, che egli mostrò in momenti decisivi, parlano a suo favore. Perfino così, si deve notare che la storia della sua passeggiata sulle acque, dove egli senza esitazione obbedisce al comando di Gesù di venire da lui, [9] esibisce una natura fin troppo mitica perché sia addotta come dimostrazione delle qualità menzionate del carattere di Pietro. La sua azione audace nel tagliare l'orecchio, in occasione dell'arresto di Gesù, gli è attribuito solo da Giovanni, mentre tutti i tre sinottici dicono semplicemente che “uno” di coloro che erano con Gesù o stavano presso di lui recise un orecchio del servo del Sommo Sacerdote. [10]
Complessivamente, vediamo incostanza e inaffidabilità, un brusco cambiamento delle sue opinioni nei loro opposti, e debolezza di carattere; vi appare, in una parola, disunità nella sua essenza anche nelle scarse descrizioni dei vangeli, che descrivono Pietro come una persona non particolarmente amabile. La sua natura altamente eccitabile gli permette di essere il portavoce dei discepoli, uno che pronuncia audacemente una parola e risponde quando il maestro ha rivolto una domanda a tutti i discepoli. Inoltre, gli atti dell'uomo fin troppo spesso non seguono alle sue promesse. Perfino quando, con una certa rozza creduloneria egli si unisce a Gesù e, nella sua fiducia nella chiamata messianica del suo maestro, non si permette di deviare neppure sotto circostanze avverse, egli ancora non lascia nessun dubbio di aspettarsi una ricompensa per il servizio che ha reso e di contare su una ricompensa nel mondo a venire per le sue privazioni liberamente assunte. [11]
Complessivamente, il personaggio di Pietro nei vangeli oscilla tra audacia e codardia, tra una rozza decisione e una pietosa debolezza di volontà — così tanto che, a fronte del pericolo che minaccia il suo maestro e a dispetto dell'invito di quest'ultimo a stare in guardia, egli può dormire nel giardino del Getsemani. Immediatamente da allora in poi egli è sleale al suo maestro nell'ora critica della sua vita, rinnegandolo tre volte. Sembra del tutto più inconcepibile dopo questo episodio — e non si riflette bene sugli altri discepoli — il fatto che Gesù immediatamente lo scelga tra tutti gli altri non solo per conferirgli il ruolo di leadership nella chiesa futura, ma per completare il tutto, assegna un epiteto di onore — Cefa (ossia, roccia; petros in greco) — al discepolo il cui nome reale è Simone. [12] C'è davvero poca “roccia” nel Pietro evangelico, e la sua fede “solida come una roccia” in Gesù diventa così traballante che la condotta di questo discepolo non è per nulla in accordo con le sue intenzioni più interiori. 
I teologi, naturalmente, hanno tentato ogni sorta di cose per far sembrare buono Pietro e rendere comprensibile in qualche altra maniera il cosiddetto “conferimento delle chiavi” a questo discepolo. Così, dovviamo supporre che il maestro, con il suo “profondo sguardo penetrante” vide la “dura, solida roccia di un vero cuore al di sotto delle sabbie mobili di una disposizione d'animo fin troppo instabile, una solidità sulla quale era di fatto possibile costruire”, [13] e si suppone che Pietro fosse diventato un uomo spiritualmente diverso sotto l'influenza di Gesù — proprio ciò di cui Lui aveva bisogno per la sua chiesa. Anche Luca sembra aver sentito la necessità di giustificare il comportamento di Gesù quando gli fa dire a Pietro, “Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”. [14]
Nondimeno, il Pietro di Paolo e il Pietro di Atti non sono essenzialmente diversi dal Pietro dei vangeli, come abbiamo già visto. Egli manifesta la sua antica inaffidabilità non solo nel patto che comporta un'intesa con i cristiani gentili di Antiochia: nonostante gli sia stato comandato dallo Spirito Santo di battezzare il centurione Cornelio e la sua famiglia, e a nonostante i numerosi miracoli che confermano la giustizia di quell'azione, il Pietro che si era difeso così bene di fronte alla chiesa in quella vicenda si ritrova all'incontro del concilio apostolico al fianco dei fanatici giudeo-cristiani che rimproverarono Paolo per la sua missione ai gentili! [15]
Sembra come se la preghiera di Gesù a suo beneficio non avesse nessun effetto. Alla doppia faccia di Pietro, gli Atti degli Apostoli aggiungono tuttavia l'orgoglio spirituale del “pilastro” della chiesa, che colpisce a morte Anania e Saffira a causa di un peccato che non era peggiore di quello che lui stesso aveva commesso quando rinnegò il suo signore e maestro. Invece in Atti vediamo l'apostolo rivestito di qualità che sono finzioni leggendarie talmente ovvie — e rendono l'“uomo-Roccia” così simile a Gesù stesso — da far sembrare le storie raccontate sul suo conto come un a rivisitazione delle storie di Gesù nei vangeli. Pietro esegue gli stessi miracoli di Gesù. Egli sana i malati, [16] ridà la vita ai morti, [17] ed è liberato miracolosamente dalla prigione in cui era stato rinchiuso da Erode Agrippa, allo scopo di consegnarlo al popolo per la condanna durante la Pasqua. Proprio come un angelo rotola la pietra dal sepolcro di Gesù e il salvatore è risorto dalla tomba, così le catene cadono dalle mani di Pietro. Le porte della prigione si spalancano di fronte a lui, ed egli è rimesso in libertà da un angelo. Al pari di Gesù, a meraviglia degli altri apostoli, egli bussa rapidamente alla loro porta e appare nel loro mezzo proprio dopo essere stato incontrato alla porta da una serva stupefatta. [18] Anche allora, la storia della morte di Pietro, per cui egli richiede deliberatamente di morire come il suo maestro sulla croce, sembra essere interamente un'imitazione della crocifissione di Gesù.
Il Pietro degli Atti e della letteratura successiva è un personaggio leggendario; di questo non può esserci nessun dubbio. Il suo ritratto è raffigurato così completamente di aspetti mitici che ora è abbastanza impossibile isolare qualche “nucleo storico” dai rapporti sopravvissuti. Che ci fosse un reale Pietro che recitò un ruolo importante nella chiesa embrionale di Gerusalemme, che combattè al fianco degli avversari di Paolo nella lotta contro il cristianesimo gentile, che fosse coinvolto in molteplici intrighi contro di esso, e che il suo comportamento non fosse esente da biasimo sembrerebbe essere tutto ciò che possiamo tranquillamente concludere dal libro di Atti riguardo alla vita di Pietro. Questo è, comunque, niente più di quanto già abbiamo concluso dall'epistola di Paolo ai Galati.  
Questo solleva l'interrogativo se il Pietro dei vangeli sia un personaggio reale, e se la sua relazione personale con Gesù sia libera da ogni accrescimento mitico.
A quest'ultimo interrogativo abbiamo già dato una risposta negativa, quando abbiamo mostrato, almeno, che la storia circa il discepolo che cammina sulle acque non può corrispondere ad alcuna realtà storica. Ma anche la maniera in cui viene chiamato dal maestro è una pura invenzione degli autori sinottici. Infatti la storia circa i poveri pescatori Simone e Andrea che lasciano immediatamente sospese le loro reti alla chiamata di Gesù e, senza ulteriore indugio, si uniscono al Salvatore [19] non solo pretende credibilità oltre il limite ma è un'ovvia copia della chiamata di Eliseo da parte di Elia. [20]
Si può solamente sorridere alla ingenuità di coloro che vedono in questo episodio una dimostrazione dell'“impressione travolgente” che Gesù arrecò su uomini semplici di classe inferiore. Che le storie circa la retata di pesci da parte di Simone [21] e le guarigioni nella sua casa [22] appartengono al reame della Storia reale non più di quanto vi appartiene la storia circa la moneta (statere) nella bocca del pesce [23] sarà come minimo contestato dalla teologia “storica”. Ma essa dovrà sacrificare la storicità della descrizione dell'arresto di Gesù, dove Giovanni fa estrarre a Pietro una spada, come pure il rinnegamento di Pietro nel palazzo del Sommo Sacerdote. Infatti il primo episodio, come ha mostrato correttamente Jensen, [24] è un eco della persecuzione e della cattura di Eliseo da parte del re di Siria, [25] e il secondo episodio è in ogni dettaglio talmente improbabile che solo coloro che desiderano credere al racconto evangelico solamente perchè è il vangelo non metteranno in discussione la sua affidabilità. Ma è chiaro che tutti i passi nei vangeli che trattano di Pietro sono mitici, e di un “nucleo storico” vi rimane al massimo l'idea che Simon Pietro, un discepolo del Signore, fosse un personaggio ardente ma inaffidabile. L'evangelista sapeva così poco da poter dire circa gli atti di Pietro e di altri dettagli al punto da da dover inventare tutti i passi rilevanti. Per questa ragione, il Pietro dei vangeli — nella misura in cui non è rivestito di leggenda — è una figura del tutto indifferente e indistinta, proprio come gli altri discepoli, di cui a loro volta per la maggior parte non sappiamo niente più dei loro nomi. Solo a questo punto la luce adeguata cade sul passo matteano con cui abbiamo cominciato. Per ora sembra che la consegna del “potere delle chiavi” a Pietro è la sola cosa interessante e significativa da poter trovare nei vangeli riguardo questo discepolo. Questo ci obbliga, comunque, a trattare il passo di Matteo 16:18s con particolare cautela e ci solleva l'interrogativo inevitabile: non stiamo trattando qui dopotutto una semplice, mitica finzione? 


NOTE

[1] Si veda anche Giovanni 20:23.

[2] Matteo 23:10ss.


[3] Giovanni 21:20ss.


[4] Atti, capitoli 10 & 11.


[5] Atti, 15:13ss.


[6] 1 Corinzi 3:21ss.


[7] Galati 1:18.


[8] Atti 11:15; Galati, capitolo 2.


[9] Matteo 14:27ss.


[10] Giovanni 18:10; Matteo 26:51; Marco 14:47; Luca 22:50.


[11] Matteo 19:27; Marco 10:28; Luca 18:28.


[12] Marco 3:16; Luca 6:14; Giovanni 1:42.


[13] F. Sieffert, nel Reallexikon für protestantische Theologie und Kirke, sotto il titolo “Petrus, der Apostel”

[14] Luca 22:32.


[15] Si veda anche la valutazione di questo comportamento da parte di Eduard Zeller, in Die Apostelgeschichte nach inhrem Inhalt und Ursprung kritisch untersucht, Macken, Stoccarda, 1854, pag. 179ss.

[16] Atti 3; 5:15s; 9:32ss.


[17] Atti 9:36ss.


[18] Atti capitolo 2.


[19] Matteo 4:18ss; Marco 1:16ss; Luca 5:10ss.


[20] 1 Re 19:19ss.


[21] Luca 5:4-9; Giovanni 21:1ss.


[22] Matteo 8:14ss; Marco 1:29ss; Luca 4:38ss.


[23] Matteo 17:24ss.


[24] Jensen, Moses, Jesus, Paulus, Drei sagen varianten des babylonischen Gottmenschen Gilgamesch, seconda edizione, 1909, pag. 25s.

[25] 2 Re 6:10-22.

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