domenica 24 dicembre 2017

Sull'Evoluzione del Cristianesimo (I) — Introduzione

(procede da qui)


CAPITOLO I

INTRODUZIONE

È estremamente difficile per ognuno che è stato educato in un ambiente cristiano giungere ad uno studio della Bibbia simile a quello di qualsiasi altro libro. Probabilmente dai suoi primi anni egli è stato così familiare colla storia del Nuovo Testamento che, quando la sua mente è diventata capace di critica, egli accetta senza questione impossibilità, e perfino contraddizioni, che di colpo lo colpirebbero se potesse poi incontrarli per la prima volta. Perfino critici scettici generalmente non applicheranno ai vangeli i canoni che uno storico scientifico recherebbe all'esame di un lavoro dichiaratamente storico. Dopo la rimozione di episodi che sono basati su passi dell'Antico Testamento oppure che hanno un motivo ovviamente dogmatico, rifiutando certe impossibilità e razionalizzando altre, essi accettano il resto come storico semplicemente perché esso è possibile. Un romanzo potrebbe essere ritenuto vero su quella base. E se nel vangelo un numero di episodi che sono possibili son da rifiutarsi perché le ragioni della loro inserzione sono note, come può il critico esser certo che altri eventi che sono possibili non furono inseriti dallo scrittore per ragioni che il critico non ha scoperto? Per giunta, da parte di molti, quando applicano la verifica di possibilità, la sola possibilità considerata è fisica, e sono accettati come storici episodi che, sebbene fisicamente possibili, in un'opera secolare sarebbero rifiutati di colpo in quanto inconcepibili sotto le condizioni date. Poche persone, per esempio, realizzano che l'intero racconto dell'ingresso a Gerusalemme, e dell'arresto e processo di Gesù, è impossibile come ricordo di eventi, e che i tre principali apostoli degli Atti, sebbene chiamati con gli stessi nomi, non sono gli stessi uomini come i Pietro, Giacomo, e Giovanni dei vangeli. E neppure, apparentemente, essi percepiscono qualcosa di disturbante nella dichiarazione che Gesù, che è immaginato essere stato di un'umile posizione sociale, avendo incontrato un pescatore gli dicesse “Seguimi”, e che l'uomo immediatamente lasciasse ogni cosa e lo seguisse. Questo poteva essere vero di un essere divino, ma non di un uomo. Cosa penserebbe il lettore se incorresse in questa dichiarazione in una biografia?
Alcuni critici del Nuovo Testamento hanno ammesso che noi non possiamo indicare alcun detto ricordato di Gesù riguardo al quale si possa con fiducia sostenere che fosse pronunciato da lui. Il signor Loisy, al pari di altri, accetta un certo numero di dettagli semplicemente perché sono possibili; ma apparentemente il solo fatto che egli considera storicamente certo è che Gesù fosse crocifisso sotto Ponzio Pilato. Il signor Salomon Reinach, mentre non accetta la teoria mitica, considera non storica perfino la Crocifissione. In quelle circostanze, e in vista del fatto che non c'è menzione di Gesù da parte di scrittori contemporanei e che i rabbini ebrei del secondo secolo non sapevano nulla di lui, [
1] noi siamo vincolati a dedurre che egli dev'essere stato una persona davvero oscura, se egli visse veramente. Come materia di prove storiche, non un singolo dettaglio della sua vita ci è noto. Sicuramente nel caso di un maestro di un carisma sufficiente all'origine di un movimento così importante, o perfino di un uomo che lasciò un pò di seguaci ad accarezzare la sua memoria, noi potremmo aspettarci di sapere almeno il luogo della sua nascita e quello della sua sepoltura. L'espressione “Gesù di Nazaret” capita tre volte in Marco nella nostra versione autorizzata, ma in ciascun caso le parole nel Testamento greco che sono così tradotte sono “Gesù il Nazareno”. In 1:9 leggiamo che Gesù venne da “Nazaret di Galilea”; ma nel passo corrispondente in Matteo le parole sono: “Poi venne Gesù dalla Galilea”. E' probabile che Matteo abbia preservato la lettura originale, e che la menzione isolata di Nazaret in Marco 1:9 sia un'intrusione posteriore. Il Professor W. B. Smith ha mostrato che non c'era nessun villaggio noto con quel nome nel primo secolo, e che il nome fu inventato per spiegare la designazione “Nazareno”. Questa tesi è accettata da alcuni dei critici migliori perfino della scuola biografica. E uno studioso così abile come Winckler dice: “Nazaret come la casa di Gesù forma solo una conferma della sua natura di Salvatore nel simboleggiante gioco di parole”. La radice ebraica N-Z-R significa sorvegliare. È possibile, comunque, che la derivazione di Nazareno sia da Netzer, un ramo; poiché nei Profeti il Messia è designato il Ramo. In ogni caso, la parola “Nazareno” è l'origine del nome “Nazaret”, e il luogo di nascita di Gesù è sconosciuto. Betlemme, come è ammesso generalmente, fu scelta da Matteo di sua autorità per ragioni dogmatiche.
È riconosciuto perfino da studenti ortodossi della topografia di Gerusalemme che la posizione della tomba in cui Gesù è detto esser stato sepolto è sconosciuta. Il sepolcro mostrato a visitatori non può essere il sepolcro reale, se ci fu un sepolcro reale. Hermann Raschke ha fornito ragioni per credere che il sepolcro descritto nel vangelo sia la tomba regale realizzata dalla regina Elena di Adiabene, che abbracciò la religione ebraica e si insediò a Gerusalemme attorno al 42 A.E.C.. Raschke identifica Giuseppe di Arimatea con suo figlio Izate. La tomba è descritta da Pausania e menzionata da Flavio Giuseppe. Naturalmente, solo un membro della famiglia reale poteva esservi stato sepolto veramente.
È concepibile che un uomo così sconosciuto alla Storia, e vissuto nel primo secolo della nostra era, potesse esser stato adorato come un dio non molti anni dopo la sua morte? Se Gesù fosse stato un uomo davvero sorprendente e l'originatore di qualche nuovo movimento religioso, egli avrebbe ottenuto un riconoscimento storico; ma in quel caso egli non sarebbe stato il dio della religione. Se, d'altra parte, egli fosse una persona davvero oscura, egli non può esser stato ampiamente adorato come un essere divino subito dopo la sua morte. I teologi, comunque, ancora mantengono che egli dev'essere esistito, fosse soltanto come una sorta di stampella sul quale la storia fittizia potesse essere appesa; poiché la tacita assunzione è che la religione cristiana deve aver avuto un fondatore. Sir James Frazer ha riconosciuto che il racconto della Crocifissione, il punto centrale dell'intera storia, e il solo fatto che Loisy considera certo, non è quello dell'esecuzione di una persona condannata, ma nei suoi principali dettagli è la descrizione di un antico rito di sacrificio umano; a dispetto di ciò egli crede che l'ipotesi, infatti essa è non più di quella, di uno storico Gesù crocifisso debba essere mantenuta. Ma le religioni mondiali, come una regola, non hanno un singolo fondatore umano, perciò il cristianesimo non ha bisogno di averne avuto uno. Il maomettanesimo senza dubbio ne aveva uno; ma Maometto non diventò il dio della religione che stabilì. Se egli possiede qualche analogo nel cristianesimo, si tratta di Paolo oppure di uno degli evangelisti o apostoli. Le religioni mondiali si sono sviluppate mediante un processo di evoluzione. Naturalmente, essi si originarono nelle menti degli uomini; e senza dubbio i loro aspetti principali furono concepiti da pochi uomini di talento che insegnarono ai loro seguaci. Perché il cristianesimo non dovrebbe aver avuto uno sviluppo simile? In un certo senso si potrebbe dire che il cristianesimo ebbe un fondatore o dei fondatori nella misura in cui certi uomini del primo secolo svilupparono e diffusero idee in circolazione che erano giunte loro da un tempo più antico. Essi veicolarono una propaganda e stabilirono comunità. E la base della loro propaganda fu la divinità di Gesù. Il problema principale dell'origine del cristianesimo è rintracciare la fonte di questo Gesù divino. Noi non la troveremo in un oscuro ebreo.
La vivacità con cui Gesù viene dinanzi a noi e il senso della sua realtà da cui siamo stati impressionati sono il risultato della storia evangelica. Ma un abile scrittore di fiction può produrre un egual senso di realtà, e, comunque grande potrebbe essere il valore dei vangeli rispetto ad altre cose, essi non sono la testimonianza di testimoni oppure l'opera di personaggi noti. Essi non contengono nessuna prova di un Gesù storico che soddisferebbe uno storico scientifico quando esamina qualche evento o personaggio secolari. C'è un sacco di gente acritica che preferisce credere quel che è una fonte di conforto per loro piuttosto che qualcosa che possa essere provata vera. Essi sono titolati alla loro scelta. Ma uomini che fanno qualche pretesa di essere investigatori critici si rendono esposti all'attacco quando impiegano un metodo che è fondamentalmente non-scientifico. Per 150 anni i critici del Nuovo Testamento sono stati vanamente intenti a costruire una vita plausibile di Gesù. Albert Schweitzer ha scritto un libro [
2] in cui, con un giudizio disincantato e un ammirevole acume critico, ha annichilito ogni presentazione della vita di Gesù che è finora stata avanzata. Egli dice che ogni individuo critico crea Gesù secondo la sua stessa personalità. Ma questo si applica anche alla sua stessa creazione, che non reca più persuasione delle altre. Schweitzer dice che metodi storici ordinari non sono applicabili in questo caso, e che l'inchiesta della vita di Gesù ha dovuto modellare il suo proprio metodo. Essa certamente ha fatto così, ed è un metodo stupefacente. Essenzialmente, esso consiste nell'assumere l'esistenza di Gesù, e formare un'idea di quel che la sua natura e i suoi fini dovevano essere stati, e poi usare quell'idea come la pietra angolare per l'autenticità dei suoi detti ricordati e delle dichiarazioni circa lui. Nessuno ha caratterizzato questo metodo teologico meglio di Schweitzer stesso. “Spesso”, egli dice, “un apprendimento vuoto di intuizione ha fatto alla Storia il servizio [?] di trattenere nuova conoscenza storica tanto a lungo quanto poteva; esso porta nel campo ogni sorta di possibilità in opposizione alla sola realtà, supporta una mediante l'altra, e pensa alla fine di aver estratto da possibilità una realtà vivente”. Ma perché i metodi storici ordinari dovrebbero essere inapplicabili? Il teologo si rifiuta di applicarli perché non garantiranno una conclusione desiderata in anticipo? I critici tedeschi hanno mostrato un acume stupefacente in analisi testuale e documentaria, ma spesso il loro trattamento del più vasto problema storico è piuttosto non scientifico. Il risultato di un centinaio d'anni di devota fatica sull'ipotesi di un Gesù storico è che, mentre al principio dell'inchiesta una buona quantità fu ritenuta nota intorno a lui, alla sua fine noi non siamo certi di niente. Poiché, comunque, l'ipotesi fallisce di spiegare parecchie difficoltà, e può esser resa plausibile solo attraverso una violenta ed arbitraria ricostruzione dei testi evangelici, sembra tempo di tentare un'ipotesi che ha lavorato in altri campi. Non potrebbe l'evoluzione del dogma cristiano esser rintracciabile  a partire da miti più antichi e da più antiche credenze religiose e filosofiche? L'applicazione di quel metodo è già stato seguito da un successo davvero incoraggiante, e ha giustificato sé stesso chiarendo un numero di difficoltà che i teologi non sono mai stati capaci di risolvere.
Se le dottrine cristiane fossero state la produzione di un singolo fondatore, sarebbe impossibile spiegare il fatto che la visione più antica che otteniamo del movimento cristiano lo mostra già diviso in un numero di sette rivali. Quelle divisioni, secondo i documenti, esistettero perfino nel primo secolo. Gli stessi vangeli sono opere polemiche. Quello di Marco è scritto da un punto di vista diverso da quello di Matteo. Anzi, perfino alcune delle espressioni poste sulle labbra di Gesù stesso sono così contradditorie che non potevano mai essersi originate dallo stesso uomo durante il breve intervallo di tempo entro il quale l'insegnamento è dichiarato di esser stato contenuto; esse ovviamente rappresentano le opinioni di sette o partiti diversi che le inserirono nel vangelo come propaganda. Da un singolo maestro noi dovremmo almeno aver avuto un corpo di dottrina approssimativamente  coerente.
La diversità di opinioni che esistevano nell'antico movimento cristiano è ampiamente illustrato dai documenti che sono giunti fino a noi dal primo o secondo secolo. Perfino le epistole paoline sono esempi di questo. Lo scrittore dell'epistola ai Galati intima che il Gesù che lui predica non è lo stesso Gesù predicato da altri, e dichiara di non aver appreso nulla, e desidera non apprendere nulla, dai più antichi apostoli. Dall'epistola ai Corinzi apprendiamo che forme distinte di dottrina cristiana furono insegnate, connesse rispettivamente ai nomi di Apollo, Cefa, e Paolo. Più di questo, in porzioni diverse di Romani e Corinzi troviamo pareri discordanti sui punti più fondamentali discussi nella stessa epistola — un fenomeno che indica che quelle epistole sono fabbricate da precedenti epistole più corte di diversi scrittori che tenevano opinioni diverse, e i vari dogmi hanno più l'apparenza di aver avuto un'origine indipendente che di esser cresciuti da una radice comune. Gli scrittori di quelle epistole sembrano non saper nulla di un'esistenza terrena di Gesù, e se fossero stati familiari con qualche dottrina proveniente da lui sicuramente l'avrebbero citata. È vero che molti critici hanno mantenuto che le epistole paoline tradiscono qualche conoscenza di un Gesù umano e di qualche dettaglio che lo riguardano. Questo punto sarà trattato in un capitolo posteriore. Il Gesù di quelle epistole non è un maestro oppure un operatore di miracoli, ma un essere divino. L'epistola di Giacomo e Giuda, di nuovo, e le opere apocrife, l'epistola di Barnaba, e il
Pastore di Ermas devono essere state prodotti e in una regione di pensiero piuttosto diversa da quelle che dettero origine alle epistole paoline e al vangelo secondo Matteo. L'epistola di Barnaba e il Pastore di Ermas hanno già affinità con l'Insegnamento dei Dodici Apostoli, probabilmente il più antico documento cristiano in esistenza — il quale, comunque, non possiede nessun riferimento ad una vita di Gesù come un uomo sulla terra. La differenza, di nuovo, tra le opere sopra citate e il libro dell'“Apocalisse” è sorprendente — un fatto il cui significato non è stato riconosciuto a sufficienza. La cosa più notevole circa quei vari scritti, distinti dal vangelo, è la loro indifferenza all'opera e all'insegnamento di Gesù come un uomo e la varietà di dogma contenuta in loro riguardante la sua natura come un essere divino — un fenomeno privo di esempi in opere relative ad un reale maestro umano e inconciliabile con la tesi tradizionale.
L'esistenza dei circoli di pensiero davvero dissimili indicata da quelli scritti, e il numero di sette o partiti in cui il movimento cristiano si è ritrovato diviso ad una data davvero antica, puntano molto più ad una molteplicità di fonti che ad un unico fondatore; e l'investigazione storica conferma sempre più questa supposizione. Tutti i principi essenziali che realizzano il corpo generale della dottrina cristiana si possono far risalire a fonti pre-cristiane. Il flusso principale cristiano fu formato dall'intreccio di numerosi flussi di origine indipendente. Ed è molto più naturale supporre che l'amalgama fosse imperfetta piuttosto di supporre che alla morte di un fondatore il movimento che, su quell'ipotesi, poteva essere stato soltanto piccolo e unito, di colpo si fosse diviso in frammenti. La risultante Chiesa cattolica fu, per così dire, il minimo comune multiplo di un numero di movimenti i quali, sebbene originariamente distinti, possedettero alcuni fattori comuni. In ciascun gruppo, comunque, c'erano estremisti che rifiutavano di essere assorbiti, e che erano successivamente stigmatizzati come eretici. Questa vista non è più mera ipotesi. La setta pre-cristiana degli esseni certamente contribuì qualcosa al cristianesimo. Questo fatto è stato riconosciuto da numerosi critici del Nuovo Testamento, che hanno tentato di spiegarlo supponendo che Gesù fosse un esseno. Il Professor W. B. Smith ha sostenuto che i Nazareni fossero pre-cristiani, citando la prova di Epifanio, e il suo argomento non è stato seriamente sfidato. Se questo è il caso, è probabile che anche gli Ebioniti fossero pre-cristiani. I loro principi potevano quindi essere meglio spiegati  invece di ritenerli una derivazione del cristianesimo.
È ora ammesso da teologi al confronto conservatori — ad esempio, Bousset, Pfleiderer, e Harnack — che ci fossero gnostici prima del primo secolo della nostra era. Non è molto più probabile che gli eretici gnostici del secondo secolo fossero successori di quelli piuttosto che si originassero nel flusso principale del cristianesimo e vi si separassero? Una prova non è mancante a supporto della supposizione. In un articolo che apparve nel 1925 [
3] Rudolf Bultmann rintraccia una relazione tra lo gnosticismo del quarto vangelo e i principi della setta gnostica pre-cristiana dei mandei, e dice: “Non possiamo trascurare la possibilità che il cristianesimo giovanneo rappresenti un tipo più antico del cristianesimo dei sinottici”. Di nuovo, Melito, vescovo di Sardi, che scrisse in difesa del cristianesimo intorno all'anno 170 E.C., e che descrive la sua religione come “nostra filosofia”, dice che questa filosofia, “che fu inizialmente propagata tra i barbari, cominciò a prosperare nell'Impero Romano sotto la sovranità dell'imperatore Augusto”. Per barbari Melito intende gli ebrei, in quanto una razza orientale; e questa sua dichiarazione rimanda l'origine di alcuni elementi della dottrina cristiana a tempi pre-cristiani. Il vescovo si stava probabilmente riferendo agli gnostici pre-cristiani. È senza dubbio vero che la posteriore corrente di pensiero gnostico fosse influenzata dal contatto con dottrine cristiane più specificamente cattoliche, proprio come gli gnostici per parte loro contribuirono con idee al prodotto comune; ma la linea principale del loro pensiero dev'esser sopraggiunta dagli gnostici pre-cristiani. 
Perfino se ci fosse stato un Gesù storico sarebbe impossibile, alla luce di quel che è ora noto circa la speculazione precristiana riguardante materie teologiche, considerare il cristianesimo come venuto rapidamente in esistenza ad una data precisa, oppure essersi originato nell'insegnamento di un unico uomo. Le idee prevalenti la cui fusione crearono il cristianesimo erano in esistenza prima dell'era cristiana. È ammesso generalmente da seri studenti di origini cristiane che il corpo della dottrina cristiana contiene elementi mitici — elementi derivati da speculazioni pre-cristiane gnostiche e metafisiche, e parecchi attinti direttamente dall'Antico Testamento.
Non c'è che un breve passo da queste ammissioni al riconoscimento del fatto che il sistema completo della dottrina e della fede cristiane fosse il risultato di un sincretismo di idee che era andato sviluppandosi per un tempo considerevole. Un pò di critici ben-informati ma tradizionalisti sembrano essere prevenuti ad accettare questo come una spiegazione sufficiente dell'origine del cristianesimo soltanto per via della fede che dev'esserci stato qualche fatto centrale o qualche figura in grado di servire come un punto focale di cristallizzazione, ed essi trovano questa figura nel Gesù storico. Per esempio, Loisy, citando Nietzsche, dice: “Un fondatore di religione potrebbe essere insignificante. Un fiammifero, niente più”. Riguardo a questa considerazione, si potrebbe osservare che Gesù è ritenuto essere qualcosa davvero molto più del fondatore di una religione. Cosa noi dobbiamo spiegare è la 
deificazione di un uomo insignificante. Ora, concedendo che c'è forza nell'obiezione che qualche punto cristalizzante fosse necessario per precipitare le dottrine preesistenti nella forma di una religione proprio come la religione cristiana fu precipitata nel primo secolo, noi riteniamo che questo punto cristallizzante si deve trovare,  non in un uomo, ma in un dio; e una prova sarà prodotta in questo libro che punta al fatto che l'adorazione di un dio Gesù in realtà esistette in tempi pre-cristiani. Se, come dice il signor Loisy, fosse stato un fiammifero, un maestro umano non sembra sufficiente a tener conto dei fatti. Infatti idee e dottrine da sole, per quanto eccezionale fosse l'uomo da cui esse sono enunciate, non possono costituire una religione, ma al più una filosofia. Il cristianesimo è una religione  perché il suo punto centrale, intorno a cui si raggrupparono le idee, fu l'adorazione di Gesù come un Dio. Se fosse stato sufficiente un maestro umano, perfino se insignificante, perché non Paolo oppure l'autore del vangelo primitivo? Sia concesso che debbano esserci uomini eccezionali al principio di ogni grande movimento. C'erano uomini eccezionali, profondi pensatori, al principio del movimento cristiano; ma Gesù non fu uno di loro. Le controversie tra i vari partiti in tempi antichi non si volgevano su differenze di interpretazione della dottrina di Gesù, ma su differenze dogmatiche riguardanti la natura di Gesù come un essere divino; a parte la controversia intorno alla circoncisione tra i cristiani ebrei e paolini, che non aveva niente a che fare con Gesù del tutto.
L'atmosfera mentale durante il secondo e il primo secolo A.E.C. era davvero favorevole alla crescita di nuove idee religiose e allo sviluppo di quelle già esistenti. Il contatto tra teologia ebraica e filosofia greca naturalmente dette origine a speculazione metafisica e teologica di una natura piuttosto diversa da ciascuna che l'aveva preceduta. Agli ebrei di lingua greca che divennero familiari colla speculazione filosofica greca si presentarono parecchi problemi importanti. Per esempio, come poteva un essere spirituale agire su un universo materiale, e come poteva una materia che è soggetta alla decadenza essere immortale? Gli ebrei non avevano tenuto in precedenza la fede in un'anima immateriale. Di nuovo, se Dio è un giusto giudice e tutti gli uomini sono peccatori, come può ognuno fuggire la condanna; e Dio avrebbe fatto dell'osservanza della Legge Mosaica la sola condizione di salvezza? Dopo che fu ottenuta una concezione più estesa e più universale della divinità, secondo la quale Dio fu concepito, non come semplicemente una divinità tribale, ma come il Dio del mondo intero, l'interrogativo spuntò necessariamente: Non devono i gentili essere un soggetto di interesse per lui nella stessa misura degli ebrei, e non dev'esserci anche per loro la possibilità di redenzione? Alcune delle Apocalissi sono fortemente influenzate da questo pensiero. Quindi si originò la concezione di un Messia, o Cristo, che dovrebbe in qualche modo redimere i giusti di tutte le nazioni, e non solo gli ebrei che si attenevano strettamente alla Legge Mosaica. E questa concezione fu pre-cristiana nella sua origine. Un altro problema urgente fu quello della resurrezione dai morti. Come i greci pensavano che ci fossero dèi del mondo inferiore, così gli ebrei, che erano venuti sotto l'influenza del pensiero greco, personificarono la Morte, o Ade, e immaginarono che parte dell'opera redentiva del Cristo debba essere la conquista della Morte così che quelli tenuti in suo potere potessero essere liberati. Nel tentare la soluzione di quelli e altri problemi simili il metodo dell'antica mente orientale non fu scientifico o critico, ma mistico e simbolico. Difficoltà metafisiche erano risolte metaforicamente, e il simbolismo fu poi trattato come se fosse qualcosa di concreto. Gli uomini di questa mentalità si preoccupavano davvero poco della verità oggettiva di ogni dichiarazione dichiaratamente storica; per loro il suo valore principale consisteva nella misura in cui gli si potesse far incarnare una verità etica o metafisica. Nella loro visione, queste dichiarazioni erano vere nel loro senso più profondo, perché simboleggiavano verità della più alta importanza. Da coloro per i quali scrissero esse erano comprese abbastanza bene, ma i lettori successivi hanno errato grandemente comprendendole in senso letterale. Immedesimarsi nella mentalità di quelli scrittori orientali è difficile; ma se non riusciamo in una certa misura a farlo, andremo continuamente fuori strada nel tentativo di interpretarli. È in gran parte per il fallimento in questo che la maggioranza dei critici del Nuovo Testamento sono sulla traccia sbagliata al tempo presente.

NOTE

[1] Si veda Appendice B.

[2] Geschichte der Leben-Jesu-Forschung.

[3Zeitschr. f. d . neutestamentl. Wiss. (Giessen), 1925, Heft 1-2.

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