giovedì 1 maggio 2014

Della totale ebraicità del concetto di Messia

Bart Errorman, si sa, è uno che nel suo libro contro i miticisti, pur suonando decisamente meno illogico del delirante folle apologeta Maurice Casey (nonostante il suo libro sia paradossalmente più divulgativo di quest'ultimo), ha scritto un sacco di sciocchezze, suonando nè più nè meno come il più famigerato telepredicatore cristiano della domenica, salvo solo due argomenti seri che si possono differenziare dal resto delle sue irrazionali obiezioni, anche se entrambi poco efficaci a raggiungere l'obiettivo che si sono prefissi (confutare l'ipotesi mitica).

Il primo argomento di Bart Errorman è il vano tentativo di trasformare un debole indizio pro storicità (praticamente l'unico in tutte le epistole) in una ''forte'' Prova con tanto di maiuscola della stessa: Gesù è esistito perchè Bart Errorman pretende di aver conosciuto di persona suo fratello. Se l'ironia di Bart Errorman serve solo a celare una rozza posizione dogmatica (come il suo grottesco equivalente italiano, Mauro Pesce, in un ''commento'' alla mia Critica al suo apologetico libro, ha più che ampiamente dimostrato), allora anch'io avrei lo stesso diritto a ridicolizzare la questione dicendo magari che si vede benissimo che Bart Errorman non ha mai assistito ad una Messa cristiana: l'avesse fatto, avrebbe sentito il pastore o reverendo o prete di turno chiedersi ''Vedo il fratello Bart ma non vedo il fratello Sam''. Oppure si vede che non è mai andato a Roma, per vedervi il Santo Padre.

L'altro argomento di Bart Errorman è più degno di prendere in considerazione, prima di cestinare il suo libro.

A proposito della concezione del messia, Bart Errorman sostiene che si trattava di un'idea squisitamente ed esclusivamente ebraica. Alcune versioni ne facevano una sorte di eroe conquistatore, come Simone Bar Kokhba. Altre versioni lo dipingevano nei tratti inconfondibili di una figura celeste che sarebbe discesa nell'imminente futuro dalle nubi del cielo per instaurare il suo regno glorioso sulla terra, un nuovo ordine mondiale. In queste istanze della medesima idea, l'unico elemento in comune è uno solo: il Messia è un CONQUISTATORE.

Così, recita Bart Errorman, se qualche ebreo avesse voluto ''inventarsi''  un messia, non lo avrebbe di certo fatto fallire ingloriosamente, anche solo ad un primo momento, sulla croce. Non avrebbe inventato un Messia CONQUISTATO, ma un Messia CONQUISTATORE.

Ma Bart Errorman ha dato davvero una descrizione precisa di quello che hanno fatto in realtà i primissimi cristiani?

I primissimi cristiani infatti (leggi: Paolo & Pilastri, ovviamente attribuendo ai secondi i tratti essenziali del vangelo del primo, al di là delle divergenze) dichiaravano che Gesù era (ed è ancora) il Messia perchè era un CONQUISTATORE: più precisamente, era CONQUISTATORE DELLA MORTE.

Non si può mica negare che questa fosse la pretesa dei primi cristiani. Ma c'è di più. I cristiani credevano anche in una retribuzione delle anime dopo la morte: i buoni al paradiso (o qualcosa che vi rassomigli) e i cattivi all'inferno (o qualcosa che vi rassomigli). Non si tratta di un'idea ebraica ma comunque penetrò in qualche modo nella fede principale degli ebrei di allora.

Così Flavio Giuseppe:
[I farisei] Credono alla immortalità delle anime, e che sotto terra vi siano ricompense e punizioni per coloro che seguirono la virtù o il vizio: eterno castigo è la sorte delle anime cattive, mentre le anime buone ricevono un facile transito a una nuova vita.
(Antichità Giudaiche XVIII, 14)

Anche il concetto del Logos non è un'idea ebraica. Eppure anche quell'idea di chiaro marchio platonico influenzò il pensiero degli ebrei ellenistici prima, e dei cristiani dopo.

(Un folle apologeta ebreo della rete insisteva che gli ebrei ellenistici non sono ebrei:  no comment.)

Anche il concetto di un'apocalisse non è originariamente un'idea ebraica. Eppure basta dare uno scorcio al finale del libro di Daniele per accorgersi della commistione in tal senso di idee greche con quelle ebraiche.

Anche la stessa Bibbia ebraica fu tradotta in greco, duecento anni prima di aver notizia dei cristiani.

La risposta è ovvia. SINCRETISMO. Idee non ebraiche giunsero a sintetizzarsi mirabilmente e implicitamente con idee ebraiche.
L'influenza ellenistica, che piaccia o no agli amici ebrei, ha cambiato da allora la percezione ebraica della loro stessa religione. Cosa impedisce allora anche all'idea di Messia di non subire la medesima sorte di altre idee ebraiche, venendo ad essere soggetta al medesimo, inevitabile sincretismo? Cosa avrebbe impedito ad una religione non ebraica di assorbire l'idea ebraica del Messia e farla propria, per poi ritornare ad evolversi per proprio conto lungo altre trasformazioni?

L'unica cosa che la civiltà ellenistica nel suo complesso non avrebbe in linea di principio mai potuto carpire dagli ebrei non era il concetto di Messia, ma la consapevolezza tipicamente ebraica dell'ancestrale nobiltà della loro religione, per via della sua antichità più remota. Questo fatto procurava agli ebrei il rispetto perfino da parte del caustico pagano Celso, che di certo non si sarebbe fatto scrupolo di insultare l'ebraismo pur di colpire il cristianesimo.

È pur vero che non posso offrire una dimostrazione del contrario, perchè non riesco a portare nessun esempio concreto di  una religione misterica che abbia cooptato idee ebraiche usurpandole e facendole proprie. Eppure quello di cui posso dichiararmi certo, con una certezza ''al di là di ogni ragionevole dubbio'', è che tale religione misterica prima o poi DOVEVA COMPARIRE. Era INEVITABILE la sua comparsa.

Per le inevitabili leggi del primo, meraviglioso sincretismo, che l'Umanità abbia mai conosciuto.

Ecco perchè nel caso migliore l'argomento di Bart Errorman è semplicemente inconclusivo. Ma non dubito, dato l'uomo, che il suo argomento non nasconda anche altri errori logici.