domenica 4 dicembre 2022

L'INVENZIONE DI GESÙ



Conseguire una vittoria prima che la situazione si sia cristallizzata, è un fatto che non può essere compreso dai comuni mortali.
Sun Tzu, L'Arte della Guerra
È una normale domenica di pogrom nella vecchia Polonia e Salomone si rifugia in fretta e furia in una chiesa. Gli antisemiti si piazzano all'ingresso e ordinano a tutti quelli con genitori cristiani di uscire, poi a tutti quelli con padre cristiano di uscire, poi a tutti quelli con madre cristiana di uscire... e infine a tutti quelli con genitori ebrei di uscire. Salomone esita ancora quando gli viene battuto sulla spalla, si gira e vede il Cristo che è appena sceso dalla croce e gli dice: “Mio buon Salomone, io penso che dobbiamo abbandonare questa chiesa”.
(Una vecchia barzelletta ebraica)
Ho letto non so dove che il Vangelo rassomiglia ad una casa di cui si era perduta la chiave, il che ne rendeva impossibile la visita.
Errore: la chiave è sotto il tappetino. Apre tutte le porte e tutti i cassetti.
(Arthur Heulhard)

Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?

(Kent Murphy)

In ebraico antico e moderno, Storia si pronuncia historyah, è un termine attinto dal greco. Quanto basta per chiedersi se quella disciplina sia mai appartenuta alla forma mentis del giudaismo antico.

Un grande testo letterario non si rivolta mai. Subisce tutto: ammirazioni, liquidazioni, mal di pancia, sputi, respingimenti, rozzi commentari, silenzi interessati, chirurgia rabbiosa, psicanalisi, correzioni, deformazioni, interpolazioni, traduzioni, selezioni, versioni illustrate o per tutti, e talvolta adattamenti cinematografici. Unico padrone della sua interpretazione, attende con calma che ci si degni di leggerlo: ha l'eternità dalla sua parte. Spesso, si prende beffa silenziosamente della pretaglia che si accinge a spiegarlo. Non importa quanto fango si depositerà ai suoi lati, impotente a penetrare. Resterà sempre un blocco di pensiero concentrato che si deve solo afferrare e aprire per poterlo finalmente leggere. 


Da questo punto di vista, il destino del Più Antico Vangelo mi sembra dei più singolari. Fin dalla sua stesura, esso è stato la vittima di un genere unico di reazione a catena. Conosciuto nella sua versione più antica solo in greco, l'erudizione cosiddetta scientifica postulò che esso era stato scritto in quella lingua, pensando in quella lingua. Un greco inaccettabile? Fu scritto da analfabeti. Scritto in greco, pensato in greco,... “quindi” derivato dal pensiero greco. Partecipe del pensiero greco, esso era “Storia Ricordata”. Scrittori analfabeti di un racconto storico? Testimonianza di un candore commovente. Molti miracoli sono disseminati in questo testo? Esagerazioni clamorose! La sua struttura sembra «sofisticata»? Ma sì, ciò sarebbe dipeso da: utilizzo massiccio della mitologia greca, latina, indiana, nonché influenze del taoismo, senza dimenticare l'influenza del pensiero di Platone e di Aristotele, né quella di Omero, talvolta convocato al banchetto. 

 Queste trovate sono meravigliose, ma stanno cominciando ad appassire. Quando la loro decadenza diventa visibile, si cercano nuovi espedienti più adatti ai nostri tempi. Vengono quindi presentate novità critiche di cui non ci si può più fidare a lungo. Sono nuove solo per coloro che sostengono di esserne gli autori. Infatti, per una strana reminiscenza, ci si permette di utilizzare solo argomentazioni degne di figurare, per le loro incredibili stupidaggini (ricordiamo che a farle sono di solito i folli apologeti cristiani), nei trattati medievali (!) di polemica religiosa. Se il metodo dei folli apologeti cristiani non ci fa apprendere nulla sul Più Antico Vangelo, almeno possiede il merito di informarci sui nostri tempi, sulla demenza di teologi sotto mentite spoglie di storici.  

Quando i Romani distrussero il Tempio il Gerusalemme nel 70 E.C., negli anni successivi alcuni ebrei attinsero dal mito del Cristo-dio originario per integrare nella sua nuova, fabbricata non-vita sulla Terra la sintesi di tutti gli insegnamenti ebraici. In questo modo, un popolo consapevole di essere sull'orlo dell'annientamento ha cercato di sintetizzare la sua intera tradizione in un'unica storia “apologetica” facile da ricordare, la storia di un ideale Messia che personificasse un nuovo, ideale Popolo d'Israele. Trattandosi di tratteggiare un ideale, come tutti gli ideali, l'estetica letteraria doveva per forza fare la sua parte, dando quella strana impressione, alla lettura dei vangeli, che questo o quell'episodio sia lì solo per “far fare bella figura” al personaggio principale... ...E tuttavia nessuno era riuscito a PROVARE che una fabbricazione fosse in corso, nonostante il tenore generale dei vangeli abbia sempre deposto, da quando ci si è affacciati con un approccio critico alla questione, a favore della tesi di una totale invenzione. 

In un saggio folgorante, l’Invention de Jésus, Bernard Dubourg aveva avanzato quell'ipotesi fondamentale: il Più Antico Vangelo è di natura midrashica. Dubourg appoggiò essenzialmente la sua ipotesi sul ricorso all'ebraico soggiacente al greco dei nostri vangeli. 

Lui partì da una constatazione: i vangeli canonici e apocrifi sono scritti in un pessimo greco pieno di semitismi. Sarebbe quindi logico immaginare che il testo originale da cui sono derivati tutti gli altri fosse ebraico o aramaico, oppure che l'autore originale fosse uno scrittore bilingue aramaico che scriveva in greco, ma pensava in ebraico.

L'ebraico era la lingua sacra, la lingua degli studiosi in cui ci si sbizzarrisce in ogni sorta di piroette linguistiche, giochi di parole sacri, calcoli numerologici e cabalistici sul testo della Bibbia, secondo le modalità midrashiche e i virtuosismi cabalistici propri di questa lingua: ciò è favorito dal fatto che l'ebraico ha un alfabeto di 22 consonanti senza vocali, per cui è frequente che due parole non correlate siano scritte in modo identico, o quasi.

E proprio praticando la retroversione (il contrario della traduzione) dal greco all'ebraico, ci rendiamo conto che un certo numero di nomi propri e di toponimi furono inventati mediante tali pratiche. Questo mette in dubbio la storicità di molti personaggi... compreso Gesù. Anzi: soprattutto Gesù.

Un altro punto importante è che in ebraico i verbi non sono coniugati al presente/passato/futuro. Siamo nell'eternità del testo biblico, lontani da qualsiasi Storia. Una delle caratteristiche del midrash è l'assenza di considerazione per la Storia fattuale. Gli eventi riportati dal midrash si verificano in un luogo e in un tempo indeterminati (alla maniera del clinamen di Lucrezio: nec tempore certo nec loci certa). Ecco perché tutti i riferimenti cronologici (Tiberio, Erode, Pilato, Caifa, in primis) nel vangelo sono probabilmente aggiunte posteriori, introdotte quando oramai il Più Antico Vangelo era stato equivocato per una biografia autentica.

Così il Più Antico Vangelo fu abilmente concepito secondo criteri strettamente letterari, e quindi antistorici, in balia di migliaia di giochi di parole di cui Dubourg svela la ragione avvincente e la logica meticolosa. “Gesù”, “Giovanni il Battista”, “Paolo”, “Nazaret”, e tanti altri personaggi, luoghi e massime del Nuovo Testamento sono pure invenzioni verbali, proprio come tutte quelle rivendicate nella bibbia ebraica, con cui l'ermeneutica ebraica si diletta da secoli. 

Dubourg mostra e dimostra senza ombra di dubbio che Gesù non ha mai avuto un'esistenza concreta, che il suo nome e i suoi detti sono stati elaborati da settari ebrei molto colti in riferimento cabalistico al Giosuè biblico. La consistenza storica del Più Antico Vangelo, dei canonici, degli apocrifi e di altri testi “intertestamentari” è quindi nulla, come ad esempio i libri di Rut o di Giona. Queste favole, così come Il lupo e l'agnello o Il corvo e la volpe, non raccontano alcun evento reale. 

Così il Più Antico Vangelo fu un midrashim, ovvero un commentario erudito della Bibbia, che ne cerca il senso nascosto attraverso riscritture creative all'infinito. Queste riscritture furono così creative che non mancarono divergenze nei risultati. Ad esempio, i giudeo-cristiani hanno assimilato il Messia a Giosuè-Gesù, quando altri invece lo hanno assimilato a Giovanni-Giohanan. Questo perché nell'escatologia ebraica la Storia si riassume in due periodi: l'esilio e la fine dell'esilio. Mosè è legato dal midrash cristiano all'esilio, perché non entra nella Terra Promessa. Giosuè, al contrario, è legato alla fine dell'esilio perché egli stabilisce gli ebrei nella loro terra, ecco perché Giosuè è la prefigurazione de messia, e gli dà il suo nome (Gesù). Il nome di YWĤNN (Giohanan/Giovanni) fece concorrenza al nome di Gesù in quanto il suo valore gematrico è lo stesso di MŜYĤ («Messia»). Tale apparente rivalità fu eclissata ricordando che YWĤNN è anche il nome dell'uomo che condusse il popolo di Giuda in Egitto per mettersi in salvo dopo l'invasione babilonese del 586 (Geremia 42:8–22), il che mise il nome YWĤNN in parallelo con il popolo che si riunisce e anticipa il messia, il salvatore. Giovanni apre la strada alla venuta del salvatore, proprio come Giohanan ha aperto la strada al popolo di Giuda verso la salvezza.

Va ricordato che nel IV° secolo, quando una delle sette cristiane trionfò sotto Costantino, si fece un'enorme opera di riscrittura, rielaborazione e cancellazione di testi imbarazzanti. Così il numero di scritti apocrifi cristiani scartati è di almeno 70! Un esempio eclatante è il “Pastore” di Erma. Non si tratta nemmeno di un apocrifo, ma di un testo che non fa più parte del canone, ma che è ancora raccomandato dalla Chiesa. In questo testo, nemmeno una volta il Salvatore viene chiamato “Gesù”. Ciò si spiega con il fatto che questo testo è stato scritto prima che il Messia fosse identificato con Giosuè.

Conseguenze tra le altre e non meno comiche della scoperta, grazie a Dubourg, di una tale terra incognita – perché finalmente possiamo gridare “terra!” – Le chiese si sono illuse per duemila anni sul linguaggio (e quindi sul significato) dei loro testi sacri; allo stesso modo, Gesù non è solo un mito, ma è anche e prima di tutto un personaggio midrashico, proprio come Giovanni il Battista, Barabba, Giuseppe d'Arimatea, Simone di Cirene, Maria Maddalena e altri. 

G. Ferri 


BERNARD DUBOURG


L'INVENZIONE

DI GESÙ

I

L'EBRAICO 

DEL NUOVO TESTAMENTO


ai miei amici


Questi otto saggi ripercorrono le tappe della mia ricerca sulla lingua originale del Nuovo Testamento e, più in particolare, dei cosiddetti Vangeli «canonici». Quella ricerca, ci si accorgerà fin dalle prime pagine del libro, va, di sicuro senza alcuna concessione né il minimo rammarico, contro i ritornelli più comunemente accettati dell'esegesi maggioritaria. E, prendendo per bersaglio alcuni dei proponenti di quella esegesi (gli altri, maestri, discepoli e sotto-discepoli, avranno la tristezza di sentirsi solo allusivamente indicati e fischiati), questi saggi sono prima di tutto dei pamphlet: non sono aggressivi, vogliono esserlo; pretendono di mettere giù delle enormità basilari-troppo-basilari. Traggo piacere, riunendoli qui nella loro forma originale (otto passi di una cronologia della collera), a vendicarmi di tante ore che mi hanno sottratto tanti e tanti commentatori «autorizzati» dei testi del cosiddetto corpus cristiano. Tutti questi commentatori basano infatti le loro para-spiegazioni dei Vangeli sulla tesi di una redazione originariamente greca del corpus: ciò non è più nemmeno una tesi per loro — è un'ovvietà, un luogo comune che niente e nessuno può mettere in discussione. Tesi, ovvietà o luogo comune, non importa — gli studi che si stanno per leggere hanno per unico scopo, invece, adducendo prove ed esempi molteplici (e progressivi) a sostegno, di rovinare la bella unanimità dei «grecisti», di additare qualcuno dei loro controsensi (delle loro menzogne?), e di dare finalmente spazio all'ebraico.


NOTA

1. Da nessuna parte nei testi che seguono, «ebreo» e «giudaico» sono sinonimi di «fariseo» e di «rabbinico».

2. In tutto il libro i termini greci sono in corsivo e trascritti in caratteri romani minuscoli (senza considerazione degli spiriti e degli accenti); i termini semitici, ebraici o aramaici sono traslitterati in caratteri romani maiuscoli.

3. Salvo rare eccezioni — facilmente identificabili —, solo la grafia dei termini semitici è presa in conto, e non la loro vocalizzazione.

L'alfabeto di 22 lettere è qui traslitterato nella maniera seguente:


aleph ʾ   

beth B      

ghimel G   

daleth D    

hé H          

waw W      

zaïn Z     

heth Ḥ    

teth T     

yod Y     

kaph K      

lamed L

mem M

nun N

samekh S

aïn 

phé P

tsadé 

qoph Q

resh R

shin Ŝ

taw 

1 commento:

Giuseppe Ferri ha detto...

Sarà interessante allora trovare la relazione tra Marcione e il Più Antico Vangelo quale lo abbiamo descritto in questa introduzione al capolavoro di Bernard Dubourg. A mio avviso, Marcione attinse dal Più Antico Vangelo proprio come i nostri vangeli canonici sono una reazione a Marcione.