mercoledì 28 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (3)

(proviene da qui)

(3) Arriviamo al vangelo di san Marco, nel quale la storia di Cristo è espansa da (a) il processo di utilizzare profezie dell'Antico Testamento come semi dai quali sviluppare “episodi” simbolici. Allo stesso tempo, (b) parecchio della discussione tra i primi cristiani, e tra cristiani ed ebrei, è suggerita in questo piccolo trattato chiamato “Il Vangelo di San Marco”.
Non è facile per noi, riguardo al primo di quei punti, afferrare oggi l'attitudine mentale dell'Oriente verso fatti storici.
Un tutore di Oxford raccontò al presente scrittore come, quando era in Palestina, egli lesse il Libro di Ester ad un siriano in siriaco. Al termine il tutore disse al siriano, “Ora raccontami la storia a parole tue”. Il siriano cominciò riferendo il racconto come figura nella Bibbia, poi si lanciò a raccontare narrazioni aggiuntive. “Ma quello non è nella Bibbia”, disse il tutore. “Oh, ma quello è come dev'essere stato”, disse il candido siriano.
L'orientale (essendo non scientifico) riferisce le storie secondo la sua immaginazione come se fossero Storia, perché sente che è come “dev'essere stato”; confronta i libri di Rut, Giona, e Daniele — non Storia, ma storie di tendenza, per provare qualcosa oppure per confortare gli oppressi.
Nel vangelo di Marco l'autore (ignoto) scrive (a) un numero di storie di Gesù, a partire dalle profezie e dai salmi dell'Antico Testamento, perché egli pensava che il messia “deve essere” vissuto così e morto e risorto di nuovo. Allo stesso tempo (b) incorporate in quelle storie si trovano pezzetti della storia della Chiesa dei primi gruppi di uomini di Cristo, le loro discussioni reciproche e con gli ebrei. Se procediamo attraverso il piccolo trattato questa doppia origine diventerà apparente.
La storia di Giovanni il Battista è fabbricata a partire da Isaia 40:3 e Malachia 3:1, mentre la descrizione di Elia in 2 Re 1:8 (“era un uomo peloso; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi”) è applicata a Giovanni. Giovanni, allora, era una figura ideale, non storica. Egli fu collocato nella storia di Cristo, come il predetto precursore simile ad Elia del Messia.
Il battesimo di Gesù richiama il salmo 2:7, mentre la storia delle tentazioni è costruita sulle linee delle tentazioni di Zoroastro nello Zend-Avesta dei persiani. Gesù è considerato (come lo fu Mitra) come colui prossimo a conquistare Satana (si veda 1 Giovanni 3:8).  Egli comincia con una battaglia contro Satana, poi egli espelle uno spirito impuro, poiché Zaccaria 13:2 ha detto. “Io estirperò dal paese i nomi degli idoli” (si veda 1 Corinzi 2:6-8; Colossesi 2:15, quanto a come Cristo fu crocifisso da demoni — arconti — e li aveva sconfitti). In Marco 2 ricaviamo probabilmente un quadro del tipo di discussioni che occorrevano tra cristiani ed ebrei, i primi che dichiaravano che loro (ossia Cristo in loro) potevano perdonare i peccati, potevano trascurare il digiuno, e potevano cogliere spighe di grano di Sabato. In Marco 3 il ritratto del Cristo (che visse in realtà nella Chiesa) è ripreso di nuovo mentre combatte gli spiriti maligni. Gli ebrei avevano detto che era grazie a Belzebù che la Chiesa antica esorcizzava “diavoli”. Questo è scritto come se il “Cristo” fosse stato così accusato dagli ebrei.
La parabola del Seminatore (Marco 4) è un'antica parabola gnostica (si vedano le opere di Ippolito), che originariamente significava che Dio semina il Logos (Parola o Ragione) nei cuori umani.
La quiete della tempesta (Matteo 4:37) proviene dal salmo 107:29, “egli muta la tempesta in quiete”, ed è raccontata nella maniera in cui lo ricorda il Libro di Giona (un uomo addormentato in un vascello, ecc.). Cristo quieta le tempeste nei cuori umani.
Il racconto dell'uomo di nome “Legione” è un altro racconto di come il Cristo giunse a combattere i mali, personificati come demoni. Oppure potrebbe essere un resoconto esagerato di un'opera di guarigione da parte dei cristiani. Sappiamo che la Chiesa antica inviò uomini a predicare e a “scacciare demoni” (Marco 6:7, 13).
La storia del nutrimento dei cinquemila è un'allegoria, il cui significato è offerto in Giovanni 6:41, 48: “Io sono il pane della vita”. La storia è modellata su quella di Elia che sfamò molti con un po' di (confronta Giovanni 6:9, “pani d'orzo”) pani d'orzo e pesci — si veda 2 Re 4:42-44. In entrambi i casi si disse che qualche cibo fu lasciato da parte. La storia del nutrimento dei quattromila (Marco 8) è una duplicazione, e la conversazione che segue la storia, in Marco 8:14-21, mostra come l'autore potesse comporre conversazioni per adattare la narrazione che stava raccontando (come se fosse Storia).
La querela circa le regole ebraiche di pulizia (Marco 7:1-23) fornisce forse un pezzo di conversazione del genere che potrebbe benissimo aver preso luogo tra cristiani ed ebrei. La donna siro-fenicia (Marco 7:24-30) rappresenta i gentili in generale. Anche da loro la nuova vita d'Amore e il suo potere dovevano recarsi, sebbene i “figli” (ebrei) dovevano essere nutriti prima). In Marco 7:31-37 abbiamo la storia di un uomo che era sordo e aveva un impedimento nella sua parola. Questa guarigione da parte del Cristo è basata su Isaia 32:4, “la lingua dei balbuzienti parlerà spedita e distinta” (confronta Marco 7:35, “parlava correttamente”), e su Isaia 35:5-6, “Il vostro Dio giunge e viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi (spiritualmente ciechi) e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”
Qui c'era un passo “messianico” ad essere stato preso come la base di numerose storie nei vangeli (confronta Marco 8:22-26; 10:46-52). Senza dubbio erano intese a comunicare che il Cristo o Ideale d'Amore guarisce la cecità spirituale nell'anima. Un nuovo paragrafo del vangelo di Marco inizia in 8:27, quando si potrebbe dire che comincia la passione di Cristo. L'idea del Messia sofferente era una nuova idea per la maggior parte degli ebrei. Venne presa dalle Religioni Misteriche per interpretare l'esperienza cristiana di “morire per vivere” come legge d'Amore. Era supportata dal salmo 22 e da Isaia 53; Daniele 9:26; Zaccaria 12:10; 13:7.
Tali passi dell'Antico Testamento sono riferiti in Marco 8:31; 9:12, 31; 10:33, laddove viene ripetutamente detto che il Figlio dell'Uomo deve soffrire, e soffrire a causa delle Scritture (9:12). Anche Paolo aveva detto così (1 Corinzi 15:3-4).
La storia della Trasfigurazione è un'allegoria composta per dimostrare che Cristo è più grande sia della Legge che dei profeti, simboleggiati da Mosè ed Elia, “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltate lui!” (Marco 9:7).
La storia del bambino piccolo che viene ricevuto da Cristo è raccontata in vari modi (Marco 9:33-37, 42; 10:13-16). Non si riferisce a bambini piccoli, ma a “fanciulli e lattanti” (Matteo 11:25), che sono contrastati ai “sapienti e intelligenti”. Nella Chiesa antica alcuni pensavano che i fratelli giovani e inesperti e incolti non dovessero unirsi alla Chiesa, ma il senso migliore della Chiesa (“Cristo” nella Chiesa) li accoglieva come tali perché avevano umiltà.   
Anche la questione del divorzio era dibattuta nella Chiesa antica (Marco 10:1-12; il verso 12 non poteva essere stato pronunciato da un uomo Gesù, un ebreo, soltanto tra ebrei, in quanto essi non permettevano alle donne di divorziare dai loro mariti). La visione più severa del rabbino Shammai fu preferita alla visione più rilassata del rabbino Hillel nella Chiesa di quei giorni (ma si veda 1 Corinzi 7:15).
Il giovane possidente ricco (Marco 10:17-31) potrebbe rappresentare Israele, dal momento che, come ha sottolineato W. B. Smith, la rara parola greca per “rattristatosi” (Marco 10:22) occorre in Isaia 57:17, dove il riferimento è ad Israele. Se così, il significato mistico è che gli ebrei si rifiutavano di condividere la loro conoscenza di Dio coi pagani, e così per loro, in quanto ebrei, era difficile salvarsi.
Marco 11:1-10 racconta dell'ingresso a Gerusalemme del Cristo, una storia scritta chiaramente da Zaccaria 9:9, “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina”. La duplicazione (due animali) è poetica, e il riferimento è, naturalmente, solamente ad uno; ma Matteo, nel suo zelo per avere pienamente realizzata la profezia, fa montare Gesù su due animali (Matteo 21:7)!
La storia di Cristo che maledice il fico è un'allegoria simbolica da parte della Chiesa per indicare che la nazione ebraica non ha recato nessun frutto (spirituale) e doveva presto essere distrutta (essendovi riferita la distruzione di Gerusalemme nel 70 E.C. da parte di Tito).
La questione del tributo a Cesare era una questione dibattuta nella Chiesa antica (Marco 12:13-17; e si veda Romani 13:7, un documento più antico di Marco).
Anche la questione della resurrezione (Marco 13:18-27) era una questione dibattuta tra cristiani (confronta 1 Corinzi 15). C'è solo una sua fase qui.
I due comandi, Ama Dio e ama il tuo prossimo, erano stati collocati assieme nei “Testamenti dei Dodici Patriarchi” (scritto A.E.C.), e così non figurano originariamente nella loro congiunzione qui (Marco 12:35-37).
La questione del Cristo come “Figlio di Davide” era un altro rompicapo messianico di quei giorni (Marco 12:35-37).
Marco 13 dà un discorso sul tempo in cui il Messia era atteso dal cielo, una materia che agitava grandemente la Chiesa antica, come evidenziato dalla prima e seconda epistola ai Tessalonicesi e dal Libro dell'Apocalisse. Questo capitolo in Marco non è un discorso di un uomo Gesù. Implica (verso 14) la distruzione di Gerusalemme nel 70 E.C. (si veda il parallelo in Luca 21:20).
Nella storia della donna e del l'ampolla di alabastro di unguento, espansa in Luca 7:36-50, abbiamo una storia allegorica per indicare quanto grandemente i peccatori gentili (si veda Luca 7:39, “una peccatrice”) accoglievano l'ideale di Cristo, in contrasto al rifiuto ebraico a fare così (Marco 14:4, “Perché tutto questo spreco di olio profumato?”).
Giuda è una figura composita nel dramma, fabbricata dal salmo 41:9; Zaccaria 11:11-12 (“trenta sicli d'argento gettati nella casa dell'Eterno”); 13:6 (“ferito nella casa dei miei amici”).
La storia dell'Ultima Cena vi perviene da Paolo (1 Corinzi 10:16-21), il quale ricavò l'idea dalle Religioni Misteriche, mentre la morte di Cristo è posta nel periodo di Pasqua perché lui era chiamato l'“Agnello” (Apocalisse 5:6; 14:1; Giovanni 1:29; si veda Isaia 53:7; 1 Corinzi 5:7-8). Nessuno era con Cristo, oppure ascoltò le sue parole nel Giardino del Getsemani, quindi ancora non abbiamo Storia qui, ma una bellissima allegoria di come mai l'amore soffre in segreto, eppure prega ed è rafforzato in tal modo. La cornice del quadro proviene da Isaia 63:3, “Io ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me”. Cristo è rappresentato come lasciato solo nella sua preghiera e in seguito abbandonato dai suoi discepoli.
Di nuovo, nel processo di Gesù ci sono difficoltà nel considerarlo come Storia, perché gli ebrei non giudicavano casi capitali in un giorno soltanto, né prima o durante un giorno di festa, né il Sinedrio si riuniva nella notte (verso 68, “il gallo cantò” mostra che il processo avvenne di notte).
Pilato (14:1-15) è una figura fantoccio, e non il crudele procuratore di cui ci racconta Flavio Giuseppe. Un Pilato che si lava le mani in pubblico, e ascolta il sogno di sua moglie (si veda Matteo), e cerca di liberare Gesù, non è una figura storica. La flagellazione di Gesù (Marco 15:15) ricorda Isaia 1:6. Lo sputare su Gesù è posto nella storia anche a causa di Isaia 50:6, dove è detto che il Servo Sofferente “non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.
Il salmo 79:21 racconta, in un salmo “messianico”: “Mi hanno invece dato fiele per cibo, e, nella mia sete, mi hanno dato da bere dell'aceto” (si veda Marco 15:23 e paralleli).
Che altri (e criminali) dovessero essere crocifissi con Cristo era suggerito da Isaia 53:12, “è stato annoverato fra i malfattori”. Il fatto della crocifissione è dato dal salmo 22:16, “mi hanno forato le mani e i piedi”.
“Eloì, Eloì” è preso dallo stesso salmo 22:1. Il racconto dello squarciamento del velo del tempio (15:38) è una storia simbolica per indicare che ciò che separa gli ebrei dai gentili è rimosso in Cristo (si veda Efesini 2:13-38).
Che un uomo ricco dovesse seppellire Gesù (Matteo 15:43) è tratto da Isaia 53:9, “Gli si diede sepoltura ... con il ricco”.
La resurrezione del Messia era suggerita dalle Religioni Misteriche (come lo era la morte), ma fu supportata da Isaia 53:10; salmo 16:10 (citato in Atti 2:27); “Tu non abbandonerai l'anima mia in potere della morte”.
Così Marco non è una storia di un uomo, ma una drammatizzazione del cristianesimo paolino, in dettaglio, e una sua ambientazione nei giorni di Pilato e Caifa, che sono qui figure fantoccio.
La storia dietro Marco è che c'era una Chiesa antica a Gerusalemme, che discuteva questioni a proposito del tributo a Cesare, del divorzio, e del momento quando doveva apparire il Messia. 
Ma il rifiuto del culto di Cristo da parte degli ebrei (un fatto storico, dato che Paolo perseguitò la Chiesa) è raccontato come una crocifissione di Cristo da parte degli ebrei, com'era il metodo consueto nelle religioni di quei giorni.
Il vero Potere che guarisce gli uomini spiritualmente ciechi e che muore per risorgere di nuovo è “Cristo”, la Vita Spirituale dell'Amore nell'anima, nata in tutti coloro che muoiono al dominio del più inferiore sé.

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