MANICHEISMO: Eresia giustamente condannata e detestata dai cristiani. I manichei ammettono nell'universo due princìpi di uguale potenza, il che è abominevole. I cristiani ammettono un dio onnipotente di cui il Diavolo, in ogni istante, può capovolgere i progetti, il che è molto ortodosso.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768
Il giorno seguente attraversarono un lago di gesso così fine che i pony non vi lasciarono traccia alcuna. I cavalieri si erano spalmati intorno agli occhi maschere di carbone d'ossa e qualcuno aveva annerito anche gli occhi del cavallo. Il riflesso del sole nel bacino bruciò la parte inferiore delle loro facce e l'ombra del cavallo e del cavaliere era dipinta sulla fine polvere bianca in puro color indaco. In lontananza, nel deserto a nord, vortici di polvere si sollevavano ondeggiando e trivellavano la terra, e qualcuno disse di aver sentito di viaggiatori che erano stati portati via in volo come dervisci da quei turbini impazziti fino a ricadere sul deserto sanguinanti, con le ossa spezzate, e forse avevano guardato l'essere che li aveva distrutti vacillare sopra di loro come un ginn ubriaco e dissolversi di nuovo negli elementi da cui era sorto. Nessuna voce usciva da quei mulinelli, e il viaggiatore che giaceva con le ossa spaccate poteva anche urlare e infuriarsi nel suo dolore, ma contro cosa? E quando la sua carcassa essiccata e annerita verrà trovata fra le sabbie da viandanti ancora a venire, chi potrà scoprire la causa della sua sventura?
(Cormac McCarthy, Meridiano di sangue, IX)
Una volta mi capitò di leggere del seguente paragone, a proposito di Spinoza:
Non a caso è stato parafrasato il titolo del capolavoro di uno dei più grandi mistici del pensiero cristiano: San Bonaventura de Bagnoregio (1221-1274). Anzi, un raffronto tra l'Itinerario della mente a Dio, che ha per fine di «insegnare alle anime la via o le vie dell'ascesa a Dio» (D. Scaramuzzi, Introd. all'o.c., Padova 1943, p. 17) e il De em. di Spinoza potrebbe rivelare spunti molto interessanti, come laddove Bonaventura afferma che «tutte le creature di questo mondo sensibile conducono a Dio eterno l'anima del saggio e del contemplante, poiché esse sono ombre, echi e pitture di quel primo Principio potentissimo, sapientissimo, ottimo; di Colui che è l'eterna fonte, la luce, la pienezza, la causa, l'esemplare e il fine di tutto; sono orme, simulacri, segni divinamente offerti ai nostri occhi per aiutarci a vedere Iddio» (o. c., capo II, n. 11, p. 57) o quando dice che «la beatitudine non è che il godimento del Sommo bene» (o. c., capo I, n.1, p. 35). Tenuto conto delle diverse prospettive, si ritrovano non poche analogie ‒ alle quali qui non abbiamo potuto che accennare ‒ nelle citate opere dei due grandi mistici: l'uno mistico del Dio-Persona, l'altro del Dio-Natura.A prima vista, si direbbe che l'amore per la natura, anche se intesa soltanto come creazione di un dio trascendente, sia altrettanto disinteressato ‒ e quindi spontaneo, naturale, genuino ‒ nella concezione cattolica come lo è per un panteista come Spinoza l'amore per la natura intesa come dio stesso. Mi sbagliavo. Ad ogni cattolico ‒ dal II secolo fino ad oggi ‒ non sarebbe mai passato per la mente di esaltare la natura con la scusa che è creazione di dio e che quindi ne riflette la gloria bla bla (e tante altre stucchevoli sciocchezze del genere, si pensi per esempio al Cantico di Frate Sole), se non fosse per una semplice quanto fredda ragione teologica: per pura opposizione allo gnosticismo.
(Gilberto Campana, Liberazione e salvezza dell'uomo in Spinoza, città nuova editrice, pag. 70-71, nota 67)
Ben in anticipo rispetto ai primi teologi cattolici, infatti, gli gnostici credevano che i dettagli della creazione possono rivelarci qualcosa di interessante intorno al carattere del creatore. Ma a differenza della successiva reazione cattolica, gli gnostici non erano confortati affatto dall'apparenza di ordine e armonia manifesti nell'universo. Per gli gnostici, quell'armonia è la prova di un creatore per nulla benigno i cui oscuri propositi si possono avvistare nel sinistro silenzio di una vuota prospettiva. E quel silenzio non significa l'assenza di un dio creatore. Bensì la presenza di un maligno demiurgo.
E là si vede la precisa differenza tra ciò che è spontaneo, genuino, sincero, naturale (l'odio gnostico per un dio creatore del male) e ciò che è artefatto, edulcorato, finto, simulato (il rispetto cattolico del creato). Ma in fondo ci si prende rapidamente l'abitudine al fatto che nel cattolicesimo, a parte le solite falsificazioni della propaganda ecclesiastica (e qui penso soprattutto ai tendenziosi Atti degli Apostoli, per finire con l'impostura chiamata Sindone), niente è originale, ma tutto è cooptato e rubato da tradizioni precedenti (spesso rivali), al solo scopo di addomesticarle sotto l'ombrello della “Grande Chiesa”:
“Il cattolicesimo ... cerca di afferrare tutte le fiches da poker sul tavolo, calcia tutti fuori dal gioco, e poi fa finta che non ci fossero mai lì fino a quando il gioco fu effettivamente finito. È solo una ridicola, ovvia storia revisionista.”È facile constatare, dati alla mano, questa triste realtà della cosiddetta “traditio” cattolica:
(Robert M. Price)
La festa di Natale? Un modo per cattolicizzare l'antica festa pagana del “Sol Invictus” (e quindi per nulla una festa cristiana nella sua essenza).
Il vangelo di Luca? Un modo per cattolicizzare il vangelo utilizzato da Marcione e dai marcioniti (e quindi per nulla un vangelo proto-cattolico falsificato da Marcione).
Il vangelo di Giovanni? Un modo per cattolicizzare un precedente vangelo gnostico (e quindi per nulla un vangelo proto-cattolico in origine).
Il vangelo di Matteo? Un modo per cattolicizzare il Gesù di carta correggendo il vangelo di Marco (e quindi per nulla un vangelo giudeo-cristiano se non per finta).
L'epistola di Giacomo “il Giusto” ? Un modo per cattolicizzare il Pilastro Giacomo al fine di rivaleggiare la sola autorità delle epistole di Paolo (e quindi per nulla un'epistola giudeo-cristiana se non per finta).
Le Pastorali? Un modo per cattolicizzare l'apostolo Paolo, al fine di contrastare Marcione (e quindi per nulla lettere autentiche di Paolo).
L'Apocalisse? Un documento del II secolo posteriore a Bar Kochba (circa 130 E.C.) e quindi per nulla uno scritto giudeocristiano del tardo I secolo.
Il vangelo di Marco? Uno scritto paolino ‒ e paolino non significa proto-cattolico.
Se dunque perfino dietro tanta mostra (antica e moderna) di ecologismo cattolico si nasconde in realtà una fredda ragione teologica (nel caso specifico, contrastare con ogni mezzo quello che viene chiamato istericamente il “serpente della gnosi” dal demente apologeta cattolico di turno), allora perfino dove appare più sincera, la spiritualità cattolica in realtà suona arida e terribilmente ipocrita. Perciò sono davvero grato al critico letterario Harold Bloom per aver evidenziato, nel suo “Sermone Gnostico” (che vale da solo la lettura del suo Omens of Millennium: The Gnosis of Angels, Dreams, and Resurrection), come la stessa spiritualità gnostica sia immensamente più profonda e superiore rispetto a quella cattolica (che non merita neppure di essere definita “spiritualità”, a tal punto è spoglia di ogni originalità nella stessa origine). E tutto questo lo dico e lo constato da ateo antiteista.
Not by Faith, nor by the Angels: A Gnostic Sermon
Traduzione di
G. Ferri
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di chi eravamo
di che cosa siamo diventati
di dove eravamo
di dove siamo stati gettati
di dove ci affrettiamo
di ciò da cui siamo stati liberati
di cosa è nascita
e di che cosa è rinascita
Were you ever instructed by a wise and eloquent man? Remember then, were not the words that made your blood run to your cheeks, that made you tremble or delighted you,– did they not sound to you as old as yourself? Was it not truth that you knew before, or do you ever expect to be moved from the pulpit or from man by anything but plain truth? Never. It is God in you that responds to God without, or affirms his own words trembling on the lips of another.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
Come, quando, e dove una tale Gnosi venne fuori? Il giudaismo normativo, il cristianesimo dogmatico, e ortodosso, l’islam sunnita tutti considerarono e ancora considerano la Gnosi un’eresia, come qualcosa di blasfemo alla fede in Dio e alle rivelazioni di quella fede proclamata tramite Mosè, Gesù, e Maometto. Una disputa accademica è nata sulla questione delle origini della «eresia Gnostica», o «religione gnostica», come preferisco chiamarla, ma poichè sto fornendo un sermone – una dichiarazione, e non un argomento – io definirò la controversia per me stesso, e per ogni lettore principalmente preoccupato con la ricerca spirituale, come lo sono io. Lo Gnosticismo per prima sorse tra gli Ebrei ellenistici, entrambi dell’Egitto Alessandrino e della Siria-Palestina, un intero secolo o quasi prima di Cristo. Non penso che esso iniziò come una ribellione contro il sacerdotale Dio-Creatore di Genesi 1, sebbene infine lo diventò, e continuò a considerare la falsa Creazione di Genesi 1 come la vera Caduta di uomini e donne. Piuttosto, quelli ebrei intertestamentali (tra Antico e Nuovo Testamento) stavano cercando di rivivere una più arcaica religione ebraica che il culto del Tempio aveva oscurato, una religione in cui la demarcazione tra Dio e l’umanità non era una barriera fissata. Antichi miti ebraici e teosofie avevano da tempo anticipato lo Gnosticismo, e quelle speculazioni furono rivissute durante il primo secolo formativo dello Gnosticismo Ebraico. La più importante di loro riguardò l’originale o Primordiale Adamo, l’Anthropos, o Uomo, come gli ebrei di lingua greca lo chiamarono, un essere nel contempo Adamo e Dio, il cui enorme corpo assunse l’intero cosmo, ma che realmente trascendeva quel cosmo. Il nostro mondo, ancora prima di cadere (o di rimpicciollirsi nella Creazione di Genesi 1), era contenuto dentro la forma di Adamo, Anthropos, Uomo, che fu indistinguibile da Dio. Di qui la Gnosi, in cui un singolo atto di conoscenza personale in una sola volta comprende l’uomo che conosce Dio e Dio che conosce l’uomo.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di chi eravamo
...il vero Uomo ha una posizione superiore agli dèi, o per lo meno è perfettamente uguale ad essi quanto a potere. Nessuno degli dèi celesti scenderà infatti mai sulla terra varcando il confine del cielo; l’Uomo al contrario può elevarsi fino al cielo ... non ha bisogno di abbandonare la terra per salire in alto, tanto è capace di estendersi. Bisogna dunque osare affermare che l’Uomo che vive sulla terra è un dio mortale, il dio celeste un uomo immortale.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di che cosa siamo diventati
senso di angoscia all’avvicinarsi del Millennio, un’angoscia che ha il suo proprio distintivo afflato, ed è notevolmente simile all’angoscia gnostica di due millenni fa. Le nostre attuali ossessioni americane con gli angeli, con sogni parapsicologici, con l’«esperienza di pre-morte» e le sue manifestazioni astro-corporee: tutto ciò ha chiare analogie nel periodo formativo dell’antico gnosticismo. Cosa la Gnosi meglio ci insegna, in questa materia, è di finirla col nostro entusiasmo per gli angeli, che secondo lo Gnosticismo non sono i nostri guardiani ma le nostre guardie carcerarie.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove eravamo
Smettila di aspirare a Dio, alla creazione e a simili cose e cerca la compagnia di te stesso con te stesso, e apprendi chi è che appropria tutte le cose all’interno di te senza eccezione e dice, «Mio Dio, mia mente, mio pensiero, mia anima, mio corpo», e apprendi da dove viene afflizione, e gioia e amore e odio, e sveglia senza intenzione, e sonno senza intenzione, e ira senza intenzione, e amore senza intenzione. E se con cura consideri quelle cose, troverai te stesso all’interno di te stesso, essendo insieme uno solo e molti come quella battuta, e troverai il risultato di te stesso.
Questo Uomo è una singola unità, incomposta e indivisibile, composta e divisibile; interamente amichevole, interamente pacifica, interamente ostile, interamente in ostilità con sé stessa, dissimile e simile, come qualche armonia musicale, che contiene all’interno di sé ogni cosa che uno potrebbe nominare o lasciare innominata, che produce tutte le cose, generante tutte le cose. ...
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove siamo stati gettati
Così essi ignoravano il Padre: Egli è ciò che essi non vedevano. Poiché questo significava spavento, confusione, instabilità, dubbio e incertezza, esistevano molti inganni, attivi per le cause suddette, e vuote finzioni, come se la gente si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno; o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria, sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o essi stessi stanno uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro sangue. Fino al momento in cui non si ridesta, colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, non si accorgeL’incubo della morte-nella-vita, realizzato diciotto secoli fa, non necessita che di piccola modifica. Il Gesù Gnostico del Vangelo di Tommaso, un Gesù viandante, più vicino a Walt Whitman che al Gesù delle Chiese, ci parlò come se ciascuno di noi fosse un viandante, e con una finale eloquenza ci dice precisamente in che cosa siamo stati lanciati:
che esse non significano nulla.
Ma se non conoscerete voi stessi, vivrete nella povertà, e sarete la povertà.
Beato colui che era prima di divenire.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di dove ci affrettiamo
Cosa la Gnosi ci dice è che il tempo, che degrada, in se stesso è il prodotto di una divina degradazione, un fallimento all’interno di Dio. Ho esitato a parlare circa la divina degradazione fino ad ora, perchè nessun aspetto dello gnosticismo è più frainteso, o più offende i pii delle chiese stabilite. Ma la crisi all’interno del Pleroma, la scissione nell’originale Pienezza, doveva essere reciproca: quando noi ci schiantiamo giù in questo mondo fatto da angeli inetti, allora anche Dio si schianta, precipitando giù non con noi, ma in qualche ignota sfera, impossibilmente remota. Ci sono (almeno) due kenoma, due cosmologiche vacuità: il nostro mondo, questo mondo, e le invisibili sfere anch’esse formate nella paura, come Herman Melville racconta nel suo vero capolavoro gnostico, Moby-Dick. In quei desolati luoghi, Dio ora vaga, egli stesso un alieno, uno straniero, un esule, esattamente come noi vaghiamo qui. Il tempo, un’ombra invidiosa (come il poeta Gnostico Shelley lo chiamò) cadde dalla Pienezza sul nostro mondo. Un’ombra egualmente invidiosa, una senza nome, avvolge tutt’attorno l’errante Dio dell’Abisso, non solo tagliato fuori da noi, come noi lo siamo da lui, ma come indifeso privo di noi come noi lo siamo privi di lui.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di ciò da cui siamo stati liberati
Gia la parola «cristianesimo» è un equivoco. In fondo è esistito un unico cristiano, e questo morì sulla croce. Il «Vangelo» morì sulla croce. ... È falso fino all’assurdo il vedere in una «fede», per esempio nella fede della redenzione per mezzo di Cristo, la caratteristica peculiare del cristiano: solo la pratica cristiana, una vita tale come quella che visse colui che morì sulla croce, è cristiana.
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di cosa è nascita
Una donna tra la folla gli disse: «Beato il ventre che ti ha portato e i semi che ti hanno nutrito».Da qualche altra parte nel Vangelo di Tommaso, Gesù distingue tra la «vera» madre e la madre meramente reale o naturale, e di nuovo in questa collezione di detti egli osserva davvero oscuramente: «Chiunque conosce il padre e la madre sarà chiamato il figlio di una prostituta», perchè è un errore «conoscere» la stirpe naturale di uno, che semplicemente non pertiene alla Gnosi. Solo la scintilla o l’originale sé può esser conosciuto, in se stesso o in altri. Niente di questo discute o denuncia la paternità o la maternità come tale; il suo effetto piuttosto è di distoglierci dal vedere la nascita stessa come una partecipazione o un rinnovamento della Creazione-Caduta. Questo non significa lamentarsi o disprezzare la nascita naturale; è solo una questione di prospettiva. Ma che mi porta al cuore di questo sermone, infatti esso è il centro della Gnosi: cos’è la giusta comprensione della rinascita e della risurrezione?
Egli le rispose: «Beati coloro che udirono la parola del padre e la custodirono veramente. Giorno verrà nel quale direte: ’Beato il ventre che non ha concepito e i seni che non hanno allattato’».
Ciò che ci rende liberi è la Gnosi
di che cosa è rinascita
Nel Vangelo di Tommaso, come lo interpreto io, la rinascita è associata con la condivisione della solitudine di Gesù, o essere un pellegrino con lui. Infatti il Gesù gnostico non ha nulla a che fare con la Crocifissione; il «Gesù vivente» del Vangelo di Tommaso era risorto senza sottoporsi al sacrificio dell’Espiazione. Non si tratta di una nostra mancanza fondamentale il fatto di trovar noi stessi solitari in una giungla cosmica, la nostra galassia, tagliata fuori dalla salvezza tramite il vero Dio che non ha fatto questo mondo, non ha fatto l’anima dell’uomo, non ne ha fatto neppure la scintilla, o il vero sé dell’uomo, perchè quella è coeterna con Dio. Non c’è quindi nessuna base per un sacrificio all’interno di Dio, o all’interno dell’uomo, e cosa James Joyce chiamò il Dio Carnefice del cristianesimo dogmatico è perciò irrilevante al processo di resurrezione. Quando fu chiesto agli antichi gnostici di confrontare l’immagine di Cristo sulla croce, essi replicarono che essa fu un’«apparizione», e che il fiero spirito di Gesù non poteva soffrire. Alcuni dissero che il «Salvatore che ride» rimase prossimo alla croce, deridendo i persecutori della sua apparizione o sostituto.
Nulla sembrò più sublimamente assurdo ai cristiani gnostici dell’adorazione della Chiesa di uno strumento di tortura con cui il degradato, falso dio aveva tentato di umiliare e distruggere l’Uomo di Luce. I musulmani furono più lenti a concordare con questa visione, e noto che parecchi gruppi spirituali di indigeni americani o ripudiano la croce (come fanno i mormoni) oppure hanno solamente la semplice croce con nessuno su di essa, la Croce della Risurrezione. Lo gnostico Trattato sulla Resurrezione domanda il significato della Resurrezione, e risponde: «È sempre la rilevazione di coloro che si sono elevati». Questa «migrazione nella novità» ha preso posto già all’interno di ciascuno gnostico, e la Resurrezione è perciò la Gnosi stessa. Il Nuovo Testamento, in un atto di impressionante censura, non ci dice quasi nulla circa i quaranta giorni e quaranta notti che i Discepoli passarono in compagnia di Gesù dopo la sua resurrezione. Se consulti la Catholic Encyclopaedia su questa non trascurabile materia, incontrerai solo un cortese scoraggiamento quanto a ulteriore indagine. Ma il cristianesimo dogmatico abbandonò quei quaranta giorni dal principio; gli gnostici antichi e moderni hanno reimmaginato loro, e se tu sei un Cristiano Gnostico o puramente un conoscitore distante da ogni credo, ti invito a ponderarli con me, e con tutti coloro, dagli antichi valentiniani ai moderni mormoni, che si sono rifiutati di esser scoraggiati dai dogmatismi, cortesi o coercitivi. «Fin che siamo in questo mondo conviene che acquistiamo la resurrezione», secondo lo Gnostico Vangelo di Filippo, e i poeti hanno concordato: William Blake, Arthur Rimbaud, Rainer Maria Rilke, e così numerosi altri. Forse i Sufi sciiti hanno immaginato più coerentemente e comprensibilmente riguardo alla difficile immagine del Corpo della Resurrezione; come gli ultimi Cabbalisti dopo di loro, essi ebbero dottrine di mondi alternativi, di variegati stati dell’essere che incrocia in questa vita. Forse la Gnosi in definitiva richiede tali complesse teosofie, ma questo è un sermone sulla libertà spirituale, e così io voglio tentare una visione dell’immagine della rinascita o risurrezione molto più diretta di quanto il Sufismo o la Kabbala possano permettermi.
Se la Gnosi ci rende liberi, può solo essere che essa ci insegna una resurrezione che precede la morte, addirittura come ci dice Il Vangelo di Filippo a proposito del Cristo che «Egli, infatti, prima risorse e poi morì».
La principale, preparatoria immagine che Il Vangelo di Filippo (un’antologia di gnosticismo valentiniano) impiega per la resurrezione è «la camera nuziale», un simbolo sacramentale gnostico per la perduta, androgina Pienezza del Pleroma. Bentley Layton sottolinea che non possiamo esser certi se gli gnostici valentiniani effettivamente celebrarono un sacramento della camera nuziale, o semplicemente lo impiegarono come un’immagine spirituale; ad ogni modo, esso serba una mitica forza come un preludio alla riesurrezione. Io sospetto che ci fu un rituale prestabilito della camera nuziale, per restaurare l’androgino che fu Anthropos, ma qualunque cosa potevano esser state le procedure sessuali, il fardello simbolico fu l’annientamento del reame della morte. A parte il Vangelo della Verità, abbiamo solo frammenti di Valentino, e questo è uno di loro:
Dall’inizio siete immortali e figli della vita eterna, e avete voluto che la morte fosse divisa fra voi per consumarla e dissolverla: e la morte è morta in voi e per voi. Infatti allorché dissolvete il mondo, voi non siete dissolti, ma dominate sulla creazione e su tutta la corruzione.
[Valentino] suppone che ci sia un popolo che per la sua stessa natura è salvato; che questa razza, infatti, è giunta fino a noi per la distruzione della morte, e che l’origine della morte è l’opera del creatore del mondo.
Questo è il Luogo dei beati, questo è il loro luogo. Quanto agli altri sappiano essi, nei luoghi in cui si trovano, che non è conveniente per me, dopo che sono stato nel Luogo del riposo, parlare di altre cose.
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