sabato 6 aprile 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AI FILIPPESI (Il Cristo ha in apparenza l'aspetto di un uomo)

 (segue da qui)

II. — VERSIONE MARCIONITA

1. Il Cristo ha in apparenza l'aspetto di un uomo. 

Passiamo ora ad un'altra serie di testi. E innanzitutto studiamo il brano 2:1-11 dove i cristiani sono urgentemente pregati di prendere il Cristo come modello, di fare gli uni per gli altri ciò che il Cristo ha fatto per tutti loro. Cosa ha dunque fatto il Cristo? Invece di considerare la sua uguaglianza con Dio come una preda di cui non si privava, se ne è spogliato. E di questa spoliazione quale è stato il termine? Qui ci attende una delusione profonda. Noi pensavamo che l'autore avrebbe menzionato l'incarnazione del Cristo preesistente; contavamo di incontrare o la formula del Quarto vangelo «Il Verbo si è fatto carne», o quella del credo «Si è fatto uomo». Al posto di ciò cosa leggiamo? Che il Cristo ha preso «una forma di schiavo», che è diventato «nella rassomiglianza degli uomini», che ha avuto «in apparenza l'aspetto di un uomo». Perché non dire semplicemente che il Cristo si è fatto uomo? Quale è il secondo fine che si cela sotto questi giri di parole precauzionali?

Naturalmente teologi e critici ci rassicurano a volontà. Con un accordo commovente essi affermano che il nostro testo parla evidentemente dell'incarnazione del Cristo e che non nasconde alcun inganno. La cosa sembra loro così chiara che non hanno creduto di dover perdere il loro tempo a fornire spiegazioni. Ma che lo vogliano o no, quando si dice che un oggetto rassomiglia all'oro o all'argento, si suppone necessariamente che non sia né in oro né in argento. E quando si dice che Pietro ha, in apparenza, l'aspetto di Paolo, si lascia chiaramente intendere che Pietro non è Paolo. Il linguaggio ha le sue leggi di cui si liberano solo i dementi e i vecchi indeboliti. A meno di non appartenere ad una di queste due categorie di malati — e nulla ci autorizza a sospettare l'autore di esserlo — quest'ultimo deve essere considerato un avversario dell'incarnazione del Cristo, che ha scritto che il Cristo, venendo sulla terra, è diventato «nella rassomiglianza degli uomini» e che ha avuto «in apparenza l'aspetto di un uomo». Egli non ha creduto nel Cristo incarnato, ma ha creduto in un Cristo Dio che, senza farsi uomo, ha preso un'apparenza umana. 

Ma si scopre che quella dottrina è proprio uno dei dogmi fondamentali del marcionismo. Si scopre che il Cristo «diventato nella rassomiglianza degli uomini», il Cristo che «in apparenza ha l'aspetto di un uomo» corrisponde esattamente al Cristo spirituale dei marcioniti. Lo scrittore che ha forgiato queste formule ha lasciato la sua firma. Egli è il discepolo di Marcione, ha scritto intorno al 140 per diffondere le massime del suo maestro. E per procurare a queste massime l'autorità di Paolo, le ha allegate alle note di questo apostolo. Segnaleremo presto in 6-9 le correzioni cattoliche. Ad eccezione di questi rimaneggiamenti, l'oracolo 2:1-11 è stato scritto da un apostolo del Cristo spirituale. E, siccome esso fa parte di una dissertazione che comincia in 1:27 e finisce in 2:18, siamo autorizzati a concludere che tutta quella dissertazione sia di origine marcionita. 

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